sabato 31 gennaio 2009

On


Attracco


L'informazione mediata non esiste più. Esiste solo la rete

"Qualcosa di straordinario sta accadendo in questi giorni. Per la prima volta la rete e la sua "memoria" rischiano di scalfire seriamente il paludato mondo dell'informazione italiana. Per un giorno e mezzo le pagine web dei commenti di Corriere della Sera e della Repubblica sono state intasate da centinaia e centinaia di messaggi di lettori indignati per il modo con cui era stata seguita dai due quotidiani la manifestazione di piazza Farnese. Solo uno sciocco potrebbe dire che si trattava esclusivamente di sostenitori di Di Pietro decisi ad assediare con le loro proteste le redazioni dei giornali. Certo, tra di loro i dipietristi non mancavano. Ma la verità è un'altra. Anche in Italia esiste ormai un pubblico nuovo che cerca d'informarsi attraverso la rete.
I giornali scrivono che Di Pietro ha attaccato Napolitano dandogli del mafioso? Si va sul web, si rivede il suo intervento. E ci si fa un'opinione.
All'improvviso il re resta nudo. La realtà non è più mediata. È immediata. Ciascuno può giudicare, almeno per quanto riguarda eventi pubblici come questi, se i cronisti hanno riportato fedelmente i fatti, o meno. Se gli opinionisti ragionano sulla realtà o su quella che loro vorrebbero essere la realtà.
Rispetto a questa rivoluzione le classi dirigenti del Paese sembrano vecchie di molti secoli. Del resto proprio i quotidiani ieri ci hanno spiegato che Napolitano aveva deciso di replicare con un comunicato a Di Pietro dopo aver letto i dispacci delle agenzie su quanto stava accadendo in piazza. È stato lì, su un take di agenzia, che lo staff del Presidente ha trovato la prima ricostruzione sbagliata degli avvenimenti (la frase sul «silenzio mafioso» veniva impropriamente accostata ad altre). Ed è stato in quel momento che è scattata la reazione. Un corto circuito mediatico, insomma, facilitato dall'ormai evidente avversione del Quirinale per le voci che cantano fuori dal coro Pd-Pdl, ma pur sempre un corto circuito.
La stampa su tutto questo deve riflettere. I quotidiani sono in crisi, perdono copie ogni giorno, mentre le loro pagine web doppiano ormai come diffusione quelle di carta. Prendere sotto gamba il popolo della rete insomma è pericoloso. Anche perché la pubblicità, vera linfa vitale dei media, è destinata a spostarsi sempre più su internet. E in futuro vicinissimo le vere battaglie per la conquista del mercato si giocheranno lì.
Quello che è accaduto negli Usa, dove Obama ha raccolto attraverso il web milioni e milioni di dollari per la sua campagna elettorale e dove giornali dalla storia centenaria rischiano di chiudere, è un segnale di quanto avverrà da noi. Quello che è successo con gli articoli su piazza Farnese è invece un monito per molti giornalisti che dovrebbero ricominciare a ricordare di avere un solo padrone: il lettore". (Peter Gomez)

Direzione.


Gli stupri non sono tutti uguali

"In questi giorni abbiamo tutti potuto assistere nei vari tg al violento tentativo di linciaggio che un nutrito gruppo di abitanti di Guidonia ha perpretato nei confronti dei rumeni protagonisti dello stupro di Guidonia" (seguito, tra l’altro, da raid contro gli stranieri della zona). Non mi soffermo sulla legittimità di tali gesti, anche se ovviamente sono sbagliati (ma posso parzialmente comprendere l’esasperazione e la paura che stanno alla base del tentativo linciaggio: aver paura di vedere sè o i propri figli subire una simile bestialità può far perdere la testa).Quello che voglio sottolineare, invece, è che non abbiamo avuto notizia, però, di alcun tentativo di linciaggio nei confronti dell'italiano protagonista dello "stupro di Capodanno" (anzi i suoi amici hanno attaccato striscioni di solidarietà con lo stupratore nostrano n.d.r).Che dite, è un caso oppure non sono poi così folli le persone che sostengono che in Italia sta dilagando un forte sentimento razzista, che fa ritenere più gravi gli stupri commessi da stranieri che quelli commessi da italiani?" (http://www.agoravox.it/)

Punta Paratella


Italia allo sbando 2. Morire di razzismo

"Un immigrato senegalese di cui non si conosce al momento l’identità è stato ucciso nella prima mattinata dai colpi di arma da fuoco sparati da un agente della polizia a Civitavecchia, una città portuale a nord di Roma; è avvenuto in un palazzo nel corso di una lite scoppiata per motivi condominiali.C’erano vecchi rancori tra il poliziotto e il senegalese, ucciso stamani da un agente a Civitavecchia. E così stamani quando i due verso le 9 si sono incontrati sulle scale del palazzo è scoppiata l’ennesima lite. Il poliziotto è tornato in casa ha preso un fucile a pompa, ha raggiunto il senegalese e gli ha sparato da distanza ravvicinata un solo colpo. La vittima è stata colpita ad una coscia ed è rimasta lesa l’arteria femorale. Poi il suo trasporto in ospedale, dove l’uomo è morto. Il poliziotto omicida è ancora sotto interrogatorio negli uffici del commissariato".

Tower


Amministrati da mafiosi in nome dell'inciucio

"Cosentino rimane al suo posto in seguito al parere negativo espresso dalla Camera sulle sue dimissioni, chieste a gran voce da Pd, Udc e Idv. E proprio il Pd lo ha salvato, fra astensioni e assenze. Perfino Veltroni, che tanto ipocritamente parlò in un comizio a Napoli chiedendo alla gente di ribellarsi alla camorra, se n’è rimasto tranquillo fuori il Parlamento.
Ancora una volta grazie a tutta la sinistra, a tutta la destra, a tutto il centro per averci fatto capire ancora una volta che siete tutti nella stessa barca, che non esistono più le ideologie (se sono mai esistite), che siete una sola cosa e che sapete solo tutelare i vostri interessi.Mercoledì, alla Camera, si è tenuta una seduta per votare le dimissioni di Nicola Cosentino, attuale sottosegretario all’economia, accusato da sei pentiti di essere un uomo di fiducia del clan dei Casalesi. Fu l’Espresso a svelare le dichiarazioni dei camorristi e la Procura di Napoli medesima a confermare le indagini avviate nei confronti del politico, menzionando che su di esse vige il segreto istruttorio.Il Pdl avrà fatto fronte compatto e difeso il "povero" Cosentino, anche lui accusato ingiustamente da un clan masochista verso i politici e dalle tremende toghe rosse? Macchè, ci ha pensato il Partito Democratico, che pure aveva chiesto insieme all’Udc e all’Idv le dimissioni. Questi sono i nomi degli uomini del Pd che hanno consentito, fra astensioni e misteriose assenze, a Cosentino di rimanere saldo al suo posto: Capano, Sposetti, Bachelet, Cuperlo, Parisi, La Forgia, Bernardini, Madia, Mantini, Maran, Boccia, Capodicasa, Concia, Coscioni, Ferrari, Giachetti, Ginefra, Marini, Mecacci, Recchia, Sarubbi, Schirru, Tempestini, Turco Maurizio, Vannucci, Viola, Zamparutti Zunino, Tenaglia, Calearo, Fioroni, Gasbarra, Lanzilotta, Letta Enrico, Morassut ,Bobba, Sereni, Vassallo, Merloni, Boffa, Bonavitacola, Bressa, Bucchino, Carra, Castagnetti, Corsini,Cuomo, D’Antona, De Pasquale, De Torre, Fadda, Ferranti, Fiano, Fiorio, Genovese, Giacomelli, Giovannelli, Gozi, Losacco, Lovelli, Lulli, Marantelli, Margiotta, Mosca, Murer, Narducci, Pedoto, Piccolo, Rosato, Russo, Samperi, Scarpetti, Servodio, Testa, Vaccaro, Vassallo, Vernetti, Vico, Veltroni, Bersani, Colannino, D’Alema, Lusetti, Melandri, Pistelli, Touad, Ventura, Gentiloni, Beltrandi, Calvisi, Cenni, Colombo Furio, Damiano, Gaglione, Luongo, Lusetti, Marroccu, Melis, Motta, Portas, Tullo, Calipari, Fassino, Migliavacca, Bindi, Albonetti, Barbi, Farina, Rigoni.C’è qualche notiziario che ne ha parlato? No, come al solito.Quando a Napoli si tenne un incontro fra i vari politici nazionali e regionali del Pdl, c’era da rimanerne sconcertati: Cesaro, Cosentino, Landolfi, Bocchino e, ciliegina sulla torta, la Carfagna. I primi tre tutti indagati per concorso esterno in associazione mafiosa di stampo camorristico, Bocchino solo per lo scandalo Romeo. Cesaro è il candidato alla Provincia di Napoli del Pdl. Al Comune e alla Regione, a questo punto, chi si candideranno? E la sinistra, dopo Bassolino e la Iervolino, chi candiderà?Un bel consiglio alle prossime elezioni? Non votare, basta farsi prendere in giro". (http://www.agoravox.it/)

Questi signori non hanno niente da fare o sono al servizio di qualcuno.

"L'Unione delle camere penali (il cui responsabile è legale della famiglia Berlusconi, n.d.r.) ha denunciato il leader dell'Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, per vilipendio, per aver offeso l'onore e il prestigio del presidente della Repubblica. Nella denuncia, l'Unione camere penali ricorda le reazioni indignate per «la vistosità della portata offensiva delegittimante provocate» nel mondo politico dalle accuse formulate da Di Pietro nei confronti del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Di Pietro ha detto di accettare «ben volentieri la sfida che il presidente dell'Unione delle camere penali, Oreste Dominioni, - persona che rispetto e stimo sia sul piano personale che sul piano professionale - mi lancia dichiarando di denunciarmi per vilipendio al Capo dello Stato. Sono certo che vincerò la causa per tre buone ragioni: la prima perché non ho mai accusato il Capo dello Stato di essere mafioso né l'ho mai pensato; la seconda perché ... ho esercitato un legittimo diritto di critica che la Carta costituzionale garantisce a tutti i cittadini nei confronti di ogni autorità; la terza perché, a prova del predetto diritto di critica (di ben più ampio spessore), porterò in tribunale una copiosa rassegna stampa riguardante numerosi casi di critica nei confronti di altri presidenti della Repubblica (Cossiga e Ciampi), senza che nessuno abbia sollevato tale e tanto clamore come quello scatenatosi nei miei confronti solo perché non sono allineato al sistema e non mi rassegno ad abbassare la testa". Di Pietro ha anche preannunciato che non chiederà che gli sia riservata l'insindacabilità delle dichiarazioni rese come parlamentare".

La giustizia dei pupari.

Oggi ho letto sul "Corriere della Sera" l'accanimento di tutti i poteri precostitutiti sul magistrato De Magistris (omonomia di magistero?!?). Sono sbalordito, indignato e stupito. Senza scordarmi che il capo della magistratura è sempre il nostro presidente Napolitano (vice Mancino...) mi chiedo di quale giustizia parliamo in Italia. Qui ci vuole una rivoluzione. Qui di seguito l'articolo che riporta le varie iniziative disciplinari contro De Magistris, dove gli inquisiti diventano inquisitori, che ieri è stato anche sottoposto ad interrogatorio da Rutelli, anche lui nominato nelle sue inchieste. Insomma, il cerchio politico-economico-mediatico di destra, sinistra e centro si sta mangiando l'Italia mentre noi stiano a guardare. Onore a questi magistrati coraggiosi su cui si stanno scagliando fulmini e saette del potere malavitoso precostituto mascherato da democrazia.
"Il 20 febbraio prossimo sarà giudicato dalla sezione disciplinare del Csm per aver dato un' «abnorme delega di indagini» al consulente tecnico Gioacchino Genchi. Ma i guai per l'ex pm di Catanzaro Luigi De Magistris - che proprio oggi è stato ascoltato dal Copasir sulla vicenda dell'archivio del suo perito - potrebbero non essere finiti, visto che il Csm si appresta a segnalare altri suoi comportamenti ai titolari dell'azione disciplinare, e cioè al ministro della Giustizia e al procuratore generale della Cassazione. La Prima Commissione di Palazzo dei marescialli ha infatti approvato nelle scorse settimane una proposta che chiede al plenum di trasmettere una parte dei propri fascicoli sul magistrato ad Alfano e al Pg Esposito. Fascicoli che la Commissione - che ha come unico strumento di intervento sui magistrati il trasferimento d'ufficio - intende archiviare prendendo atto del fatto che De Magistris è già stato allontanato da Catanzaro e che non fa più il pm, ma il giudice al tribunale di Napoli in esecuzione di una condanna disciplinare dell'anno scorso. Le vicende per le quali i consiglieri di Palazzo dei marescialli intendono investire il ministro e il Pg della Cassazione si riferiscono tutte al periodo in cui De Magistris era ancora a Catanzaro. Una, risalente a due anni fa, riguarda la pubblicizzazione del decreto di perquisizione a carico del Pg di Potenza Vincenzo Tufano nell'ambito dell'inchiesta sulle Toghe Lucane, oggetto di un'indagine da parte della procura di Matera, che ha indagato diversi giornalisti e il capitano dei carabinieri Zacheo. Tra i cronisti finiti sotto inchiesta c'è Carlo Vulpio del Corriere della Sera, che ricevette il decreto su Tufano da Zacheo,il quale a sua volta lo aveva avuto per posta elettronica da De Magistris. L'altra invece è sui contrasti con il procuratore aggiunto di Catanzaro Salvatore Murone, che lamentava che anche dopo l'avocazione dell'inchiesta a De Magistris dell'inchiesta Poseidone, questi avesse continuato a svolgere un' attività di indagine parallela in violazione dei criteri di assegnazione dei fascicoli. La terza vicenda ha per oggetto un esposto al Csm dell'avvocato Massimo Dinoia, che stigmatizzava il comportamento dell'allora pm di Catanzaro in un procedimento che riguardava due suoi assistiti: in particolare, secondo il legale il magistrato aveva continuato a indagare su di loro anche dopo che il Pg della Cassazione aveva dichiarato la sua incompetenza, modificando il titolo di reato. Intanto un fascicolo «atti relativi», ovvero senza per il momento notizie di reato nè indagati, è stato aperto dal procuratore della repubblica di Roma Giovanni Ferrara dopo l'invio da parte della procura generale di Catanzaro dei faldoni riguardanti il cosiddetto archivio Genchi. A piazzale Clodio sono giunti, infatti, i faldoni riguardanti le migliaia di contatti telefonici e records raccolti dall'ex consulente dell'ex pm di Catanzaro Luigi De Magistris durante l'inchieste Why Not e Poseidone, inchieste poi avocate dalla procura generale di Catanzaro dopo i provvedimenti disciplinari adottati dal Csm nei confronti dello stesso De Magistris".

L'Italia allo sbando. Giustizia subsahariana.

"Inaugurazione dell'Anno giudiziario: magistratura divisa sulle intercettazioni. Tutti d'accordo sulla lentezza dei processi: l'Italia è al 156˚posto dopo Guinea e Gabon. Altri 16 giorni di ritardi nella durata media dei nostri processi e supereremo a ritroso anche lo staterello incastonato tra l'Eritrea e la Somalia. Questione di tempo: nella nostra retromarcia andiamo già peggio dell'Angola, del Gabon, della Guinea Bissau... Certo, Berlusconi spara sui «disfattisti » che demoralizzano le plebi incitando tutti ad essere ottimisti. L'ultimo rapporto «Doing Business 2009», però, non lascia scampo. La classifica, compilata «confrontando l'efficienza del sistema giudiziario nel consentire a una parte lesa di recuperare un pagamento scaduto », dice che gli Usa stanno al 6˚ posto, la Germania al 9˚, la Francia al 10˚, il Giappone al 21˚ e i Paesi dell'Ocse, fatta la media dei bravissimi e dei mediocri sono al 33˚ posto. La Spagna, che tra i Paesi europei sta messa male, è 54˚. Noi addirittura 156˚. Su 181 Paesi. Un disastro. Tanto più che quell'elenco non rappresenta solo un'umiliazione morale. La Banca Mondiale la redige infatti per fornire parametri di valutazione agli operatori internazionali che vogliono investire in questo o quel Paese. Il messaggio è netto: dall'Italia, in certe cose, è bene stare alla larga. Perché uno straniero dovrebbe venire a mettere soldi in un'impresa italiana davanti a certe storie esemplari? Prendete quella di una vecchia signora vicentina che aveva fatto causa alla banca perché l'aveva incitata a investire tutti i suoi risparmi in una finanziaria a rischio e nei famigerati bond argentini. Sapete per che giorno le hanno fissato la prossima udienza? Per il 17 febbraio 2014. Un piccolo imprenditore veronese si è visto dare l'appuntamento per il 2016. Per non dire del caso del signor Otello Semeraro, che mesi fa non s'è presentato al tribunale di Taranto dov'era convocato per assistere all'ennesima puntata del fallimento della sua azienda. Indimenticabile il verbale: «Il giudice dà atto che all'udienza né il fallito né alcun creditore è comparso». C'era da capirlo: come dimostravano le carte processuali della moglie, citata come «vedova Semeraro», l'uomo era defunto. Nonostante la buona volontà, non era infatti riuscito a sopravvivere a un iter giudiziario cominciato nel 1962, quando la Francia riconosceva l'indipendenza dell'Algeria, Kennedy era alle prese coi missili a Cuba e nella Juve giocavano Charles, Sivori e Nicolè. Quarantasei anni dopo, le somme recuperate dal fallimento sono risultate pari a 188.314 euro. Ma nel '62 quei soldi pesavano quasi quanto quattro milioni attuali. Forse, se la giustizia fosse stata più rapida, qualche creditore non sarebbe fallito, qualche dipendente non avrebbe passato dei periodi grami... . Perché questo è il punto: la catastrofe ammessa ieri dal presidente della Cassazione Vincenzo Carbone, a conferma della denuncia di giovedì del presidente della Corte Europea per i diritti umani, Jean-Paul Costa, durissimo nel ricordare che l'Italia è la maglia nera della giustizia europea («4.200 cause pendenti contro le 2.500 della Germania e le 1.289 della Gran Bretagna, quasi tutte per la lunghezza dei processi»), non tocca solo la dignità delle persone. Incide pesantemente sull'economia. Basti citare il libro «Fine pena mai» di Luigi Ferrarella: «Confartigianato, elaborando dati 2005 di Istat e Infocamere, ha proposto una stima di quanto la lentezza delle procedure fallimentari, in media 8 anni e 8 mesi, possa costare ogni anno alle imprese artigiane: un miliardo e 160 milioni di euro per il costo del ritardo nella riscossione dei propri crediti, e un miliardo e 170 milioni di euro di maggiori oneri finanziari per le imprese costrette a prendere in prestito le risorse». Totale: oltre 2 miliardi e 300 milioni di euro. Cioè 384mila di «buco giudiziario» per ogni impresa. Un sacco di soldi. Che in anni di vacche grasse possono azzoppare una piccola azienda. Ma in anni di vacche magre o magrissime, come questo, l'ammazzano. Di più: il sistema si è avvitato in una spirale così perversa che la «legge Pinto » per il giusto processo ha partorito altri 40 mila processi intentati dai cittadini esasperati dalla lentezza dei processi precedenti e cominciano già ad ammucchiarsi i processi che chiedono un risarcimento per la lentezza dei processi avviati per avere un risarcimento dei danni subiti da processi troppo lenti. Un incubo. Due anni fa la battuta dell'allora presidente della Cassazione Gaetano Nicastro («Se lo Stato dovesse risarcire tutti i danneggiati dalla irragionevole durata dei processi, non basterebbero tre leggi Finanziarie») pareva uno sfogo esagerato. Ieri è arrivata la conferma: avanti così e ci arriveremo. Dall'introduzione della legge Pinto fino al 2006 lo Stato aveva dovuto tirar fuori 41,5 milioni di risarcimenti ma «in due anni sono 81,3 i milioni già sborsati, più almeno altri 36,6 milioni dovuti ma non ancora pagati, per un totale di circa 118 milioni». Una emorragia devastante. Al quale si aggiunge un'altra ferita che butta sangue: il gratuito patrocinio concesso a decine di migliaia di persone. Ottantaquattromila sono stati, nel solo 2008, gli imputati che hanno ottenuto l'avvocato difensore pagato dallo Stato. Per un totale di 85 milioni di euro. Spesso buttati in un eccesso di garantismo peloso. Con l'assegnazione automatica di un difensore d'ufficio non solo a tutti gli stranieri «irreperibili» (che magari danno un nome falso e verranno processati inutilmente fino in Cassazione) ma addirittura a mafiosi che dichiarano un reddito inesistente (come Leoluca Bagarella e Antonino Marchese che, imputati dell'omicidio di un vicebrigadiere, chiesero la ricusazione della Corte d'Appello perché aveva loro revocato l'avvocato gratis) e perfino a latitanti. Ma in questo quadro, più nero di un quadro nero del Goya, sono davvero centrali la battaglia sulle intercettazioni o la separazione delle carriere? Giustiniano, di cui il Cavaliere disse di avere in camera un ritratto, forse si muoverebbe in modo diverso". (Gian Antonio Stella)

Lettera aperta al Presidente Napolitano: "Lei ci ha delusi".

"Egregio Presidente, lei dice di sentirsi offeso dalla manifestazione di piazza Farnese di mercoledi 28 gennaio. Uno dei leader di detta manifestazione, Antonio Di Pietro, avrebbe osato far notare alla S.V. di "non essere un arbitro imparziale" e di tacere su temi cruciali come la giustizia. Lei, Presidente, ha reso noto di considerare "del tutto pretestuose le offensive parole usate dall’onorevole Di Pietro per contestare i presunti silenzi del Capo dello stato, le cui prese di posizione avvengono nella scrupolosa osservanza delle prerogative che la Costituzione gli attribuisce". E dice ciò, Presidente, pur sapendo che in quella piazza c’erano più di un migliaio di persone. Persone solidali con l’oratore e che l’hanno sonoramente fischiata. Forse bisognava "sciogliere" tutta la piazza? Persone che una fredda mattina d’inverno hanno spento la tv per riunirsi e creare una partecipazione eminentemente civile, prima ancora che politica; persone che si sono ritagliate, manifestando, lo spazio per un agire politico squisitamente partecipativo, sfuggendo, per un attimo, alla presa della propaganda mediatica del regime. Signor Presidente della Repubblica, è con profondo rammarico che devo dirle che le sue parole mi offendono profondamente. Il diritto di riunione, Presidente, è uno dei piu’ antichi pilastri del costituzionalismo ed e’ riconosciuto da tutte le costituzioni democratiche. Quando lei dice di sentirsi offeso da una manifestazione è lei, Presidente, che offende chi sta sopra di lei, ovvero il popolo. Presidente lei è stato fischiato dal popolo riunito. Mi permetto di ricordarle, Presidente, che lei rappresenta il popolo, ma non ne è al di sopra. Sovrano è il popolo, non Lei. Lei dovrebbe rappresentare gli italiani, tutti gli italiani. Dovrebbe, Presidente. Perché quando si firma l’impunità per i potenti e si criticano le critiche della piazza pacificamente riunita, e’ difficile sostenerlo. Io credo fermamente che il popolo abbia un sacrosanto diritto di criticare l’autorità. Qualsiasi autorità, anche la sua, soprattutto la sua. Forse i manifestanti non sempre articolano le loro critiche con l’eloquio ciceroniano, ma non mi sembra il caso di sottilizzare e cercare pretesti, come lascerebbero intendere i suoi comunicati. Di più signor Presidente: io sono convinto, invincibilmente convinto, che ogni popolo abbia il diritto e il dovere di ribellarsi alla tirannia, in ogni sua forma. Sto parlando di quel "diritto alla resistenza" che uomini come Dossetti volevano inserire nella Costituzione italiana e che trovarono l’opposizione di altri "uomini", come, per esempio, Andreotti. Quando lei venne eletto Presidente della Repubblica io credetti, dato il suo passato, che sarebbe stato degno della Suprema Magistratura della Repubblica e pensavo che grazie alla sua esperienza ed autorevolezza avrebbe saputo tenere il timone del Paese, nei passaggi piu’ difficili di quest’epoca di transizione globale. Mi sbagliavo. Mi sbagliavo, Presidente, perché dietro il suo eloquio forbito e la sua retorica pragmatica e onnicomprensiva si cela l’aquiescenza, quando non la condiscendenza, verso una pratica politica sempre piu’ autoritaria. Una pratica politica in cui la moderna video carne televisiva sta usando l’Italia come laboratorio per un esperimento di "democrazia autoritaria" che non trova eguali nel resto dell’Occidente e ci sta conducendo alla rovina. Una pratica politica, quella italiana, che vede l’uomo più ricco del Paese padrone del Parlamento, padrone dei media, padrone, tra poco, della Magistratura e in cui la politica e la stessa socialita’ regrediscono ogni giorno ad un livello sempre piu’ cinico e bestiale. Io, Presidente, non vedo dove sia la democrazia, in tale situazione. Quando un ombrello è rotto, esso non è più un ombrello, anche se io continuo a chiamarlo in tal modo. Io vedo solo un Paese allo sbando, privo di coscienza civile, privo di spirito civico, privo di quella fratellanza che dovrebbe coesistere con ogni patto sociale. Credo sarebbe suo preciso compito, Presidente, il denunciare tale situazione, anche con gesti estremi, che facciano capire la gravita’ della situazione. Al contrario lei la avalla. Lei non muove un dito e, quando lo muove, è per difendersi dalle critiche della piazza o per approvare leggi ignobili. Per questo io mi vergogno di lei, Presidente. Io mi vergogno di lei, perché lei dovrebbe ascoltarla, quella piazza, lei dovrebbe, lei sì, rispettarla, quella piazza. Anche se la critica. Soprattutto se la critica. Lei, Presidente, in quella piazza, mi permetta, avrebbe dovuto andarci personalmente e non solo in qualità di Presidente del Csm, ma anche, e soprattutto, come Presidente di tutti gli italiani, specie di quelli "in basso" e che contestano; avrebbe dovuto guardare i manifestanti in faccia, uno per uno, occhi negli occhi, a viso aperto, come un generale che passi in rivista i suoi uomini prima del combattimento, e dirgli: parlate, vi ascolto, sono qui, perché rappresento tutti gli italiani, non solo i ricchi, non solo quelli che mi applaudono, nelle parate ufficiali. Invece nulla di tutto ciò. Uno striscione ha osato, bonariamente, contestarla e ciò ha originato il pronto intervento di rimozione della polizia e, successivamente, un comunicato del lontano colle presidenziale: il suo. Forza pubblica, indifferenza, superiorità.Questo, Presidente, è il rapporto col popolo proprio dei regimi dispotici. Lei dovrebbe rispondere e comunque comunicare con chi manifesta democraticamente. Invece lei firma leggi e decreti ignobili, palesemente illiberali e anticostituzionali, che ci ridicolizzano di fronte al mondo e ci sfibrano moralmente. Invece di proseguire nel cammino verso la democrazia l’Italia sta rapidamente regredendo, rinnegando decenni di conquiste repubblicane e il sangue dei suoi fondatori. E con le sue firme in calce, Presidente. Lei si sente offeso dalla piazza, Presidente, ma lei offende e disonora me e tutti gli uomini liberi, di tutti i tempi e di tutti i paesi, quando firma il cosiddetto "lodo Alfano". Lei approva l’impunità per le più alte cariche dello stato tra cui il capo dell’esecutivo, plurinquisito e pluriprocessato (e "pluriassolto", grazie ai suoi legulei in parlamento e alle Sue firme in calce ai provvedimenti, Presidente). Vede, Presidente, tutto si puo’ discutere e valutare, in ogni campo. Io non rivendico alcuna superiorita’ morale. Ma neppure inferiorità. Si ricordi Presidente, e glielo dico col massimo rispetto e altrettanta fermezza, che il principio di uguaglianza è, in democrazia, assoluto e universale, non negoziabile, non sospendibile, eterno, almeno finché dura la democrazia. Di più, direi che il principio dell’uguaglianza è, insieme a quello della libertà, l’essenza stessa della democrazia. Questo io credo e lei, Presidente, apponendo il suo sigillo alle leggi vergogna che postulano l’intoccabilità delle supreme magistrature, non ha fatto altro che rinforzare il mio sentire. So che non è in suo potere legiferare o rifiutarsi reiteratamente all’approvazione delle leggi italiane. Cosi’ come so che lei non è il primo "costretto" a firmare leggi cattive o che comunque non la trovano d’accordo. Già il Presidente Ciampi fu costretto, dopo un rinvio alle camere, a firmare l’immonda mostruosità chiamata "lodo Schifani" (quando si dice nomen omen, Presidente...). Già il suo predecessore, la più alta carica del Paese, aveva pugnalato alle spalle il terzo articolo della Costituzione italiana. Ma quello, il "lodo Schifani", accadeva quasi un decennio or sono. Oggi è diverso. Oggi è molto peggio. Crisi economica, crisi di valori, elezioni decise dalle segreterie partitiche, parlamento schiavo dell’esecutivo,commistioni tra mafia, politica e business ai massimi livelli, insicurezza, indifferenza, precarieta’, violenza, corruzione, razzismo: questa e’ la fotografia dell’Italia del 2009. (sic) E lei dov’è, Presidente? Sul più alto colle di Roma, che dottamente pontifica sul linguaggio di noi poveri plebei? Non si sente un po’ come una certa Maria Antonietta, signor Presidente? Non usi le parole come i mainstream di regime. Venga, per favore, ai fatti. Lei dice di sentirsi offeso dalla piazza. Lei dice di rappresentare tutti gli italiani. Lei dice di essere arbitro imparziale. Poi però Lei critica chi la critica, Lei parla per laconici comunicati, Lei approva leggi palesemente antiegualitarie, anticostituzionali, vergognose. C’è molta differenza, Presidente, tra le sue parole e le sue azioni. E le sue azioni offendono me, la mia intelligenza, la mia dignità, per quel poco che valgono. Presidente Napolitano, lei ha recentemente firmato una legge che cancella l’articolo 3 della Costituzione. I cittadini italiani non sono più tutti uguali di fronte ai tribunali, perchè quattro di loro non sono più processabili. Questo impone il "lodo Alfano". Tale provvedimento, Presidente, sarebbe già stato grave se avesse difeso i quattro più poveri e miserabili cittadini della Repubblica. Invece, somma vergogna, voi avete apposto il sigillo all’impunita’ dei quattro più potenti 'magistrati' del Paese: Voltaire direbbe che la tirannia ha gettato la maschera. Lei, Presidente, ha rinnegato l’antica saggezza del diritto romano che recita: dignitas delinquentis peccatum auget. Lei, Presidente, ha rinnegato uno dei principi fondanti della democrazia moderna, quello della responsabilità degli agenti del potere. Lei Presidente, ha ripristinato uno dei cardini delle tirannie: l’intoccabilità del potere e, così facendo, non ha fatto certo nulla di nuovo; ha solo, con un tratto di penna, ripristinato ciò che per millenni è stato proprio del potere, l’impunità. Le ricordo, Presidente, che nelle vere democrazie i cittadini (e i media) fanno dimettere i capi dell’esecutivo (Nixon docet). Non il contrario. Presidente, io credo che il suo sia un grande potere, anche se non siamo una repubblica presidenziale. Ma il suo è un potere morale. Il suo è, o dovrebbe essere, il potere che deriva dalla dignità, dall’esempio, dalla specchiata onestà. Ma le sue azioni dicono il contrario. Per questo credo che Lei abbia perduto il suo potere, la sua autoritas, di fronte agli uomini liberi e di fronte alla democrazia stessa. Mi vergogno di lei, Presidente, e la compiango se si sente vittima di eventi ai quali non può resistere. Io, nel mio piccolo, posso e devo obbedire solo alla mia coscienza e così mi sarei aspettato anche da Lei. Soprattutto da lei. Lo ripeto: mi sbagliavo. E dico ciò con un grande dolore, perche’ non avrei mai pensato che l’Italia, il Paese in cui sono nato e dove vivo, fosse destinato ad una tale bancarotta morale, civile, politica, culturale. Il resto verrà da sè. Però, non disprezzi la piazza, signor Presidente. Non disprezzi coloro che stanno in basso e si ricordi, come ci ricordano le inesorabili ed eterne parole di Piero Calamandrei, la democrazia non è nata nei salotti, né nelle stanze del potere, ma sulle montagne, accanto ai corpi degli uccisi, tra i fuochi delle città in rivolta. Questo le dico, signor Presidente, con un singhiozzo strozzato in gola, che trattengo a fatica. E così sarà sempre. Perché senza lotta, non c’é e non ci sarà mai libertà. I miei saluti piu’ cordiali". (Maurizio Carena-www.agoravox.it)

venerdì 30 gennaio 2009

Tacchinaia.


Irma.


Viva la pennichella.

"Il Guardian, secondo me il miglior quotidiano di Londra, pubblica oggi un divertente articoletto sui benefici del pisolino. Una volta lo facevano in tanti; poi, nella nostra civiltà che fa tutto di corsa e di fetta, è stato deriso come un segno di inaccettabile pigrizia. Ma adesso una serie di ricerche scientifiche lo hanno rivalutato, riscontrando le prove che una dormitina, anche breve, a metà giornata, fa bene alla salute e alla mente: ci si risveglia più creativi, più pronti ad affrontare qualsiasi problema, di migliore umore e più produttivi. Pare che un pisolino di 60 minuti migliori la prontezza per le successive dieci ore. Ricerche compiute dalla Nasa dimostrano che una pennica di 26 minuti durante un volo (quando è stato innestato, naturalmente, il pilota automatico, o quando un secondo pilota ha preso i comandi) migliore le prestazioni del 34 per cento e la prontezza del 54. Uno studio di Harvard indica che un pisolino di 45 minuti migliora la memoria e la capacità di apprendimento. Schiacciare un pisolino, inoltre, riduce lo stress, abbassa il rischio di attacchi cardiaci e quello - incredibile a dirsi - di ingrassare. Anche la pennichella più breve produce vantaggi: una ricerca tedesca mostra che perfino pochi minuti di sonno pomeridiano mettono in moto processi per migliorare la memoria. E uno studio britannico rivela addirittura che basta sapere che uno sta per fare un pisolino per far scendere la pressione del sangue. Insomma: la pennica ci rende più intelligenti, più sani, più in gamba. La prossima volta che il datore di lavoro o un insegnante a scuola vi scoprono a ronfare su una scrivania o su un banco, potete dirgli: non lo faccio perchè sono un dormiglione, piuttosto lo faccio per il mio bene e per il bene della società. Ma adesso scusate, visto che io non ne faccio mai, vado a schiacciarne almeno uno". (Enrico Franceschini)

Gli inglesi non vogliono gli stranieri italiani. "Ci tolgono il lavoro".

"Le frasi rivolte ai lavoratori stranieri sono più o meno queste: “Sporchi immigrati. Tornate a casa vostra. Togliete lavoro a gente di qui che ne ha bisogno”. Quante volte si sentono ripetere espressioni simili, in Italia, da chi non sopporta la vista degli immigrati di un colore o di un altro. Be’, in questi giorni le stesse frasi sono state pronunciate qui in Inghilterra all’indirizzo di lavoratori italiani. Alla raffineria Lindsey Oil di Grimsby, gestita dall’azienda petrolifera francese Total, è stato assunto un gruppo di manovali italiani e portoghesi, scrive il quotidiano Daily Express di Londra, apparentemente perchè costano meno. Una legge europea lo permette. Sono ospitati da una speciale nave-albergo, con un contratto di lavoro a tempo. Ma agli operai inglesi la cosa, in piena recessione, non è andata giù: ieri hanno dichiarato sciopero e protestato piuttosto vigorosamente per la presenza degli italiani. Alcuni dei quali, o almeno presunti tali, sono ripresi in una fotografia del Daily Express mentre agitano il dito medio e fanno il gesto dell’ombrello davanti al naso degli operai inglesi. “Gli italiani lavorano male e non rispettano le norme di sicurezza”, dice un operaio inglese al quotidiano di Londra. “La nostra non è una protesta razzista, ma quei posti di lavoro spettavano a noi. E’ un’ingiustizia”.
Chiunque abbia ragione, è la prova di come i ruoli possono cambiare in fretta: in Inghilterra possiamo essere visti come i vu’cumprà che tanti di noi non sopportano in patria. Che è stato poi, quello dei poveri immigrati guardati male dai nativi, il nostro ruolo per secoli. Sarebbe bene non dimenticarcelo". (Enrico Franceschini)

Moonlight.


giovedì 29 gennaio 2009

Insenatura.


Lampedusa mon amour.

Un giorno voglio andare in vacanza a Lampedusa. Voglio conoscere quei seimila isolani in mezzo al mare. Voglio imparare da loro la lezione di civiltà, tolleranza, comprensione ed accoglienza che hanno mostrato nei confronti di chi arriva da loro in cerca di fortuna. Devo imparare da loro ad accogliere chi è diverso da me, chi sta peggio di me, chi ha la pelle diversa dalla mia, chi ha fame e chi ha sete. Voglio imparare da loro ad abbracciare i miei simili, voglio imparare da loro ad oppormi ad uno Stato che considera gli altri come degli animali. Voglio imparare da loro come si fa a vivere di pesca e turismo, voglio imparare come si fa ad organizzarsi lontano da Dio e da tutti. Voglio anche sapere come si fa ad eleggere un sindaco così rappresentativo della propria popolazione, qualcuno che sa opporsi alla prepotenza dei furbetti del momento. Voglio imparare poi come si fa ad abbracciare ed ospitare a casa propria quei padri, madri e bambini che la maggioranza degli italiani vorrebbe ghettizzare e schiavizzare. Lampedusa e lampedusani, avete dato una lezione di civiltà alle barbarie italiane di questi tempi, ai razzisti ignoranti delle periferie, ai lanzichenecchi padani e alle barzellette di un premier ignorante. Grazie, sappiate che non siete soli.

L'Italia muore e loro attaccano Di Pietro.

"Grazie a tutti.Ringrazio soprattutto quei tanti ragazzi, quelle tante persone che ho incontrato oggi qui e che vengono da tutte le parti d'Italia. Sono quei ragazzi che incontro quando vado in giro per l'Italia a gridare la mia rabbia e a cercare di suscitare nella gente quella indignazione che ritengo che tutti dovrebbero avere nel vedere il baratro nel quale stanno facendo precipitare il nostro Paese.Vedete, ieri Sonia Alfano mi ha telefonato e mi ha detto: “dobbiamo proiettare un video nel quale si vedranno delle immagini crude, delle immagini della strage di Paolo”.Mi ha chiesto se poteva farlo, se sarei stato in qualche maniera colpito, sconvolto. Quelle immagini non mi sconvolgono affatto, vorrei che venissero proiettate ogni giorno in televisione, perché la gente si rendesse conto di quello che è stato fatto. Si rendesse conto di qual è il sangue sul quale si fonda questa disgraziata Seconda Repubblica, che capisse che è fondata sul sangue di quei morti. Vedere quelle immagini non mi sconvolge. Una cosa mi sconvolge: vedere le immagini di quelle stragi dopo aver visto quelle due persone che prima parlavano di Dell'Utri, delle bombe che metteva Mangano, e ridevano.Ridevano, ghignavano rispetto a quelle cose: questo mi sconvolge.
Vorrei che quelle due persone venissero messe in una cella come mettevano quegli assassini di Arancia Meccanica, aprirgli gli occhi e costringerli a vedere, vedere, vedere, vedere in continuazione quelle stragi. Ecco quello che vorrei.Io ho visto oggi quelle stragi e mi sono ricordato di una cosa che mi ha detto Gioacchino Genchi, che è arrivato sul luogo della strage due ore dopo il fatto. Io ci misi cinque ore a sapere che mio fratello era morto perché la televisione dava notizie contraddittorie: forse è stato ferito un giudice, forse sono stati feriti uomini della scorta. Fu mia mamma che, cinque ore dopo, mi telefonò dall'ospedale e mi disse: “tuo fratello è morto”.C'era qualcuno, però, che si chiamava Contrada che lo seppe ottanta secondi dopo che mio fratello era stato ucciso e io vorrei, io chiedo, io grido: voglio che queste cose vadano a finire nelle aule di giustizia!Che ci siano processi per queste complicità che ci sono state all'interno dello Stato!L'avete sentito di cosa parlavano Berlusconi e Dell'Utri: ecco perché vogliono impedire le intercettazioni, perché quelle cose non possiamo, non dobbiamo sentirle.Non dobbiamo sentirle se no ci rendiamo conto di quella che è la classe politica che ci governa, ci rendiamo conto di chi oggi ha occupato le istituzioni.Il più grande vilipendio alle istituzioni è che queste persone indegne di occupare quei posti occupino le istituzioni. Questo è il vilipendio alle Istituzioni e allo Stato.E' il fatto che una persona che è stata chiamata “Alfa”, in un processo che non è potuto andare avanti perché è stato bloccato, come tutti gli altri processi che riguardano i mandanti occulti e esterni, possa occupare un posto così alto all'interno delle nostre Istituzioni.Genchi arrivò in quella piazza due ore dopo la strage, mi ha raccontato che aveva conosciuto Emanuela Loi un mese prima perché faceva da piantone alla Barbera.Era una ragazza che non era stata addestrata per fare il piantone, per fare la scorta a un giudice in alto pericolo di vita come Paolo Borsellino. Eppure quel giorno era lì a difendere con il suo corpo, e nient'altro che con quello, Paolo Borsellino. Questi sono gli eroi, non quelli di cui parlano Berlusconi e Dell'Utri, dicendo che Vittorio Mangano è un eroe.
Gli eroi sono questi ragazzi che il giorno dopo la morte di Falcone, ce n'erano cento tra poliziotti e Carabinieri, si misero in fila dietro la porta di Paolo per chiedergli di far parte della sua scorta.Se erano messi in fila per andare a morire, perché Paolo sapeva che sarebbe morto. Quei ragazzi, mettendosi in fila dietro la porta di Paolo, sapevano che sarebbero morti anche loro.Gioacchino Genchi mi raccontò che due ore dopo la strage, arrivando in via D'Amelio vide i pezzi di Emanuela Loi che ancora si staccavano dall'intonaco del numero 19 di via D'Amelio.La riconobbe perché c'erano dei capelli biondi insieme a quei pezzi.I pezzi di quella ragazza vennero messi in una bara, vennero riconosciuti perché era l'unica donna che faceva parte della scorta, vennero mandati a Cagliari.Sapete cosa venne fatto? Quello che chiamiamo Stato ha mandato ai genitori di Emanuela Loi la fattura del trasporto di una bara quasi vuota da Palermo a Cagliari. Questo è il nostro Stato. Questo è lo Stato che ha contribuito ad ammazzare Paolo Borsellino e io vi racconto queste cose non per farvi commuovere, non per farvi piangere. Non è il tempo di piangere.E' il tempo di reagire, di lottare, è il tempo di resistenza! Il tempo di opporsi a questo governo che sta togliendo il futuro ai nostri ragazzi, che ci sta consegnando un Paese senza futuro. E la colpa è nostra che abbiamo permesso che tutto questo succedesse.Quando Cossiga dice - dopo la manifestazione degli universitari che hanno capito che in Italia si sta cercando di distruggere l'istruzione perché l'istruzione può portare alla resistenza, anche durante il fascismo le scuole erano centri di resistenza e i ragazzi l'hanno capito - e Cossiga cosa ha detto? Ha detto che bisogna mettere infiltrati in mezzo a quei ragazzi perché rompano vetrine, perché vengano distrutte macchine perché le ambulanze sovrastino le altre sirene. Si augura addirittura che venga uccisa qualche donna, qualche bambino perché si possano manganellare quei ragazzi.Dobbiamo essere noi a metterci davanti a loro, siamo noi che ci meritiamo quelle manganellate per avere permesso che il nostro Paese diventasse quello che è diventato. Un Paese che non è degno di stare nel mondo civile, siamo peggio della Colombia.Genchi è arrivato in via D'Amelio due ore dopo la strage, ripeto, si è guardato intorno e ha visto un castello. Ha capito che non poteva essere che da quel posto fu azionato il telecomando che ha provocato la strage.Genchi allora è andato in quel castello, ha cercato di identificare le persone che c'erano dentro, mediante le sue tecniche. Ha capito che da quel castello partirono delle telefonate che raggiungevano cellulari di mafiosi. Perché Genchi ha quelle capacità, le sue conoscenze tecniche sono enormi, egli è in grado, dagli incroci dei tabulati telefonici e non dalle intercettazioni, di riuscire a inchiodare i responsabili di quella strage.Ecco perché si sta cercando di uccidere Genchi, ecco perché così come hanno ucciso i magistrati si cerca di uccidere anche Genchi. Questo è il vero motivo: per togliere un'altra arma a quello che è la parte sana di Stato che è rimasta.Cercano di uccidere Genchi, hanno ucciso dei magistrati. Io ieri ho sentito un magistrato – uno di questi uccisi senza bisogno di tritolo – che mi ha detto: “avrei preferito essere ucciso col tritolo piuttosto che così, giorno per giorno, come stanno facendo”. I magistrati oggi, chi ancora cerca di combattere la criminalità organizzata, non viene più ucciso con il tritolo, viene ucciso in maniera tale che la gente non se ne accorga neanche, non reagisca.
Le stragi del 1992 portarono a quella reazione dell'opinione pubblica, a quello che mi ero illuso di riconoscere come quel fresco profumo di libertà di cui parlava Paolo. Quel profumo di libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, dell'indifferenza, della contiguità e fin della complicità. Quel puzzo che oggi ci sta sommergendo. Il puzzo dal quale oggi non possiamo stare lontani perché sta permeando tutto il nostro Stato, tutta la nostra vita politica, tutte le nostre istituzioni.Io, dopo la morte di Paolo, arrivai a dire che se Dio aveva voluto che Paolo morisse perché il nostro Paese potesse cambiare allora avrei ringraziato Dio di averlo fatto morire. Questo era il sogno di Paolo, Paolo sarebbe stato felice di sapere che era morto per questo.Oggi, guardate il baratro nel quale siamo precipitati: io ringrazio Dio che Paolo sia morto, che non venga ucciso come stanno uccidendo De Magistris, Apicella, Clementina Forleo. Io ringrazio Iddio che Paolo non venga ucciso in questa maniera. Che messaggi ci arrivano dalla magistratura? Il presidente dell'Anm dice: “abbiamo dimostrato che la magistratura possiede gli anticorpi per reagire”. E' una vergogna che un magistrato possa dire queste parole! La magistratura ha dimostrato, semmai, di avere al suo interno quelle cellule cancerogene che la stanno distruggendo, e così come hanno vissuto e pervaso tutte le istituzioni, la classe politica. La magistratura, nei suoi organi superiori, ha dimostrato di essere corrotta al suo interno.Ormai il cancro sta entrando in metastasi anche negli organi di governo della magistratura.
Non è difficile, se pensiamo che a vice presidente del Csm, quello che dovrebbe essere l'organo di autogoverno della magistratura, c'è una persona indegna, indegna!, come Mancino! Una persona che mente! Mente spudoratamente dicendo di non avere incontrato Paolo Borsellino il primo luglio del 1992, quando sicuramente a Paolo Borsellino venne prospettata quella ignobile, scellerata trattativa tra lo Stato e la criminalità organizzata per cui Paolo Borsellino è stato ucciso. Perché Paolo non può aver fatto che mettersi di traverso rispetto a questa trattativa, questo venire a patti con la criminalità che combatteva, con chi poco più di un mese prima aveva ucciso quello che era veramente suo fratello, Giovanni Falcone. Paolo non può che essere rimasto così sdegnato da opporsi a questa trattativa e a quel punto andava eliminato, e in fretta.Tant'è vero che il telecomando della strage di via D'Amelio fu premuto. Queste cose non sono potute arrivare al dibattimento perché tutti i processi sono stati bloccati.Genchi ha dimostrato che quel telecomando era nel castello Utveggio, dove c'era un centro del Sisde, i servizi segreti italiani, è da lì che è arrivato il comando che ha provocato la strage.Ecco perché Genchi deve essere ucciso anche lui. Hanno ucciso Paolo Borsellino, hanno ucciso Giovanni Falcone e adesso uccidono anche Genchi, De Magistris, tutti i giudici che cercano di arrivare alla verità.Così qualunque giudice che arriva a toccare i fili scoperti muore, non si può arrivare a quel punto perché oggi gli equilibri che reggono questa seconda repubblica sono basati sui ricatti incrociati che si fondando sull'agenda rossa.Un'agenda rossa sottratta dalla macchina ancora in fiamme di Paolo Borsellino, in cui queste trattative, queste rivelazioni che in quei giorni gli stavano facendo pentiti come Gaspare Mutolo, come Leonardo Messina erano sicuramente annotate. Quell'agenda doveva sparire, è questo uno dei motivi della strage. Quell'agenda doveva sparire, su quell'agenda io credo che si basano buona parte dei ricatti incrociati su cui si fonda questa seconda repubblica.E allora Mancino non può venirmi a dire che non ricorda di aver incontrato Paolo Borsellino! Non può soprattutto adoperare quel linguaggio indegno che adopera. Dice: “Io non posso ricordare se fra gli altri giudici c'era anche Paolo Borsellino, che non conoscevo fisicamente”. Ma Mancino non hai visto chi era quel giudice vestito con la sua toga che trasportava la bara di Falcone? Non l'hai visto? Non ti interessavano quelle immagini? Eri ministro dell'interno e non ti interessava che cosa stava succedendo in Italia in quei giorni?Non ti interessava, a fronte di quell'agenda che ho mostrato e nella quale c'è scritto: “ore 19.30 Mancino” scritto di pugno autografo da Paolo? Lui ha mostrato un calendarietto in cui non c'era scritto niente, l'ha mostrato semplicemente e c'erano tre frasi con gli incontri della settimana.E' questo quello che fanno i nostri ministri, oltre che cercare di accordarsi con la criminalità organizzata. E' per questo che è stato ucciso mio fratello: perché mio fratello si è messo di traverso rispetto a questa trattativa, per questo doveva essere ucciso. Io chiedo, e non smetterò di chiederlo finché avrò vita, che sia fatta giustizia, che vengano cacciati dalle istituzioni quelle persone che sono complici di quello che è successo. Non che venga data l'impunità a chi dovrebbe essere sottoposto a processi e invece non può essere neanche indagato, intercettato, non si può fare nulla.Dobbiamo subire, stanno adottando la tecnica della frana, per cui ci hanno infilato in un'acqua che a poco a poco si riscalda e la gente non si accorge il punto a cui arriviamo.Attenzione! Attenti! Stiamo precipitando nel baratro e da questo baratro dobbiamo uscire perché lo dobbiamo ai nostri morti. Lo dobbiamo a Giovanni Falcone, a Paolo Borsellino, a Emanuela Loi, a questi che veramente sono eroi. Dobbiamo riappropriarci del nostro Paese, questo Paese è nostro, lo Stato siamo noi! Non queste persone che indegnamente occupano le istituzioni.Vi lascio con tre parole che un altro dei giudici che hanno tentato di uccidere ha detto, ed è quello che dobbiamo fare, l'unica cosa che ci resta da fare prima di cadere in un regime dal quale non ci potremo più districare: resistenza! Resistenza! Resistenza!" (Salvatore Borsellino)

Napolitano, esci dal Quirinale e unisciti a noi.

"Ieri in Piazza Farnese nessuno ha offeso Napolitano. Lo dimostrano i video disponibili in Rete. Se è necessario possono testimoniarlo le migliaia di persone presenti. E' vero invece che è stato rimosso uno striscione con la scritta: "Napolitano dorme.L'Italia insorge" dalla Polizia. La prossima volta scriveremo che: "Napolitano è sveglio ed è anche un bell'uomo".Ieri in Piazza Farnese hanno parlato i familiari delle vittime di mafia, non era una manifestazione politica, io sono stato invitato e ho aderito, così come hanno fatto Travaglio, Vulpio, Di Pietro e altri. Ieri in Piazza Farnese le parole importanti sono state quelle di Salvatore Borselllino, di Sonia Alfano e le loro accuse con nomi e cognomi a persone che occupano alte cariche dello Stato. Nessuna delle loro parole è stata riportata dall'informazione. Schifani ha espresso la sua solidarietà a Napolitano per un'offesa che non gli è mai stata rivolta. Il Senato, ridotto a un gruppo di penose comparse, ha applaudito in piedi. Nessuna parola in Senato per i caduti di mafia, per i fatti gravissimi denunciati dai loro familiari.I nostri dipendenti fanno quasi tenerezza quando non fanno anche schifo. Uno schifo misto a tenerezza. Gli stiamo togliendo il giocattolo e fanno i capricci.Il discorso di Salvatore Borsellino in piazza Farnese sarà ricordato come l'orazione funebre della seconda Repubblica". (Beppe Grillo)

Beach.


mercoledì 28 gennaio 2009

Borgo Vecchio.


Il Pd dell'inciucio. Un regime senza opposizione.

"Il 22 gennaio il partito democratico, con un gentile voto di astenzione, ha smesso di opporsi alla frantumazione dell'Italia. Lo ha fatto al Senato sul federalismo fiscale: nessun progetto politico è più generico e dunque più rischioso. Le due parole non significano nulla perché la seconda (fiscale) ha senso solo con una cifra accanto. E “federalismo” non descrive nulla perché l’Italia non è una federazione di diverse entità nazionali o etniche o politiche.Al contrario, è un unico Stato-Nazione con una sola Costituzione. Ha un solo codice, un solo sistema giudiziario, un solo sistema scolastico, un solo sistema di polizia e di ordine pubblico. Tutto ciò si caratterizza per un decentramento di poteri locali in parte storico (i sindaci, che hanno compiti quasi solo amministrativi) e in parte previsti di leggi fondamentali ma realizzati solo di recente: sono le regioni, istituite con un ambito di autonomia prefissato dalla Costituzione e uno specifico esercizio di responsabilità solo sul sistema sanitario, sulla rete ospedaliera, i trasporti locali.Dunque “Federalismo Fiscale”, come progetto politico, ha senso soltanto in presenza di una nuova legge costituzionale che ridefinisca giuridicamente funzioni, responsabilità, limiti e costo della frantumazione della Nazione-Stato Italia. E con una nuova identificazione di soggetti (i Presidenti e le Assemblee), di codice (non esiste finora un codice regionale) e di competenze giudiziarie e di polizia, visto che fino ad ora tutto è regolato, sanzionato e deciso in ambito nazionale.Infatti l’Italia è l’unico Paese del mondo per il quale la destra di governo prefigura una “federazione” attraverso la divisione di uno Stato unico, invece che la creazione di uno Stato unico attraverso la federazione di unità minori. E’ l’unico in cui non gli stati che si federano cedono alla entità più grande una parte del potere, ma è l’entità più grande, lo Stato italiano, che cede potere alle prima inesistenti entità minori. Dunque occorre, per discutere, esaminare e decidere, un progetto politico. Un progetto sorretto da specifiche strutture giuridiche e organizzative, e da una visione d’insieme. Ci federiamo perché non possiamo più vivere insieme o perché “federati” si vive meglio? Tutto ciò è necessario per passare alla valutazione del “Quanto costa il Federalismo”. Solo allora possiamo parlare di “Federalismo Fiscale”.Tutto ciò non è avvenuto. Non sappiamo quanto costa la frantumazione dell’Italia che la Lega Nord, il grande affare di Bossi, esige per rinunciare alla secessione della sua immaginaria Padania. Non sappiamo con quali leggi, quali codici e quali cambiamenti della Costituzione.Ma quando si è trattato di votare in Senato questo concetto inutile perché vuoto, ma proprio perché vuoto, rischioso come un assegno senza la cifra, il PD, principale partito di opposizione, ha apposto la sua firma sul rischio, sul vuoto, sull'assegno senza firma con l’espediente amichevole della “astensione”. Vuol dire; “Noi ci stiamo. L'opposizione non si oppone. Continuano dunque i trionfi della maggioranza, resi possibili dal misterioso Pd. Gli elettori (o ec elettori del Pd) hanno smesso di farsi domande inutili. Non votano. (Furio Colombo)

Villa.


"Io so". Informazione di regime.

Della manifestazione a Roma per la legalità tutti i media (dico tutti) hanno solo riportato che Di Pietro ha attaccato il quirinale (ma chi l'ha detto che non si può criticare?). Nessuno ha parlato delle nefandezze denunciate e dell'impegno di migliaia di persone di riportare la legalità in Italia contro il malaffare legale. E' in atto un boicottaggio completo e generale contro tutto quello che non rientra nell'inciucio generale. Resta solo la rete, a cui prima o poi qualcuno cercherà di mettere il bavaglio. Se questo non è un regime come lo si vuole chiamare? Qui di seguito l'intervento di Grillo.
"Ragazzi, io voglio abbracciarvi tutti perché avete fatto una cosa fantastica.Siamo i grandi perdenti! Siamo i perdenti, guardatevi in faccia: dove vogliamo andare con queste facce? Da nessuna parte.Siamo in una piazza dove dal suo superattico ci sta guardando Previti agli arresti domiciliari e se la sta ridacchiando!Signori, noi siamo quelli che alla catastrofe ci arrivano con ottimismo. Vedo che sono arrivati gruppi da tutta Italia, siete fantastici. Gente che arriva dalla Calabria, dalla Salerno-Reggio Calabria: li riconosci perché hanno la macchina ancora piena di terra.Ho visto quelli di Napoli, il MeetUp di Napoli: li riconoscete perché sono fosforescenti con le loro scorie tossiche.Ci sono i sardi, che non sapevano nulla di questa manifestazione perché hanno il digitale terrestre e non sanno più un c...o di quello che succede nel mondo.Io voglio ringraziare i parenti delle vittime della mafia. Abbiamo messo in galera Riina e Provenzano ma i mandanti sono ancora in un Palazzo di questa città.Voglio dire che hanno fatto delle leggi, noi che siamo sfigati, disgraziati e perdenti facciamo leggermente paura. Facciamo paura con le nostre webcam, facciamo paura con la Rete.Un cittadino oggi rimane escluso da qualsiasi decisione che possa influire sul suo futuro.Abbiamo fatto i V-Day, le petizioni popolari, abbiamo fatto i referendum. Ho portato io alla Cassazione di Roma le firme per i referendum e davanti avevo un giudice di 85 anni che si chiama Carnevale.Un giudice - non fischiate! - che mi aveva raccomandato Totò Riina dicendo che è una persona perbene.Questo Paese è alla rovescia, noi parliamo di giustizia, abbiamo sentito Kriptonite Di Pietro che è l'unico che fa un po' di opposizione.Il Parlamento è chiuso! Il Parlamento non legifera più! Abbiamo al governo nani, psiconani, ballerine, ruffiani, abbiamo di tutto!Non ne bastava uno di psiconano, abbiamo anche l'altro nano, Brunetta: l'iPod nano!E' uno che per mettersi le mani in tasca deve sedersi.Siamo in un momento strano, dove non si dice più la verità. I mezzi di informazione non hanno detto niente, qui c'è pieno di Digos che ci sta riprendendo: saluto la forza pubblica, grazie di esserci, avete riempito la piazza... se non era per voi eravamo quattro gatti.Guardate il vicino: è travestito, non si capisce più chi siamo, cosa facciamo.E' un Paese che non c'è più, un Paese dove la Fiat tre giorni fa dichiara che ha comprato il 35% della Chrysler e crolla in borsa. Oggi dichiara che deve licenziare dai 60.000 ai 100.000 individui.E' un Paese che non c'è più, dove la verità si sa all'ultimo momento. Siamo invecchiati di cento anni con Obama. Obama parla di Rete, di democrazia dal basso, mette le leggi e le fa discutere in Rete una settimana prima di promulgarle.Noi abbiamo lo psiconano che fa la campagna elettorale in Sardegna a spese dello Stato. Un premier che fa campagna elettorale per un partito... italiani!Non voglio gridare, voglio calmarmi, voglio essere buono e non dire neanche una parolaccia. Non voglio neanche nominare Napolitano, se no poi dicono “Grillo attacca il Presidente”.Non voglio dire nulla. Voglio dire solo: Maroni ha dato disposizione di non fare più assemblee nelle piazze. Non si potranno più fare manifestazioni nelle piazze dove ci sia una chiesa.Praticamente in tutte le piazze d'Italia c'è una chiesa e dove non c'è una chiesa ci faranno delle madonnine nascoste nell'angolo.Maroni, che manda la polizia nelle scuole, manda la polizia in antisommossa contro i cittadini.Maroni, che sembra un rappresentante DeLoreal. Maroni, che è stato condannato in via definitiva per oltraggi a pubblico ufficiale. Pensate! Lui era contro la polizia in una manifestazione, è caduto per terra e ha preso la caviglia di un poliziotto e l'ha morsicata!Abbiamo un ministro degli interni che morsica le caviglie ai poliziotti. Quando i poliziotti vedono Maroni hanno paura, si mettono degli anfibi lunghi fino qua!Noi siamo in un Paese in delirio, stiamo delirando con l'economia, con la giustizia.E' un Paese che non so che fine farà. I referendum li mettono nei cassetti, le leggi popolari nei cassetti.Noi avevamo chiesto col primo V-Day, e sono state depositate quattrocentomila firme, di togliere i pregiudicati dal Parlamento. Ne abbiamo ancora 18, condannati in via definitiva, e sono quelli che sono i grandi mandanti di tutti i casini che ci sono stati. Li abbiamo ancora.Chiedevamo due legislature poi a casa, non trent'anni o trentacinque anni di politica a 20.000 euro al mese: queste cose vanno mandate affanculo.Terzo: voto di preferenza. Nessun cittadino ha scelto chi ci governa, ci hanno preso per il culo, continuano a prenderci per il culo e questo è un governo abusivo, anticostituzionale e illegale.Italiani! Oggi la mafia è stata corrotta dall'interno dallo Stato. Questo è un Paese da rifare, democrazia dal basso significa cominciare a essere informati, cittadini informati con l'elmetto che decidono di occuparsi della propria città.Questa è una città da rifare moralmente. E' una città meravigliosa data in pasto a della gente che è ai limiti della criminalità. Bisogna reimpadronirsi dei comuni.Noi abbiamo lanciato un'operazione, attraverso la Rete, che si chiama fiato sul collo: ragazzi dei MeetUp con una webcam vanno dentro i consigli comunali e li mandano via, vengono arrestati.Uno che ha gridato “viva Caselli, viva il pool antimafia” è stato messo in una camera per sei ore.Uno che grida a Fini “fascista” l'ha preso la polizia.Io mi rivolgo alla polizia: io so che dentro di voi non ce la fate più, so che siete sull'orlo di un esaurimento nervoso. Siete costretti a difendere i criminali contro i cittadini. Bisogna che la smettiate anche voi, perché davanti avete dei cittadini.Italiani! Cosa dire? Avremo l'esercito: un militare ogni bella donna. Chissà quanti militari avremo. Se facciamo questa regola, dovremo avere, per ogni mignotta, quanti presidenti del Consiglio?Signori, noi perderemo. Noi perderemo, siamo fieri di perdere! Forse non è giunto ancora il nostro momento, forse l'economia darà la mazzata finale in questo Paese che è fallito.Quando un ministro delle finanze, che si chiama Tremorti, preleva i fondi dormienti siamo arrivati a raschiare il barile.I conti correnti sono quei conti correnti, libretti di risparmio, dei nostri nonni e dei nostri padri che non hanno movimentato per dieci anni. I nostri emigranti, i morti. Sono i conti dormienti.Tremorti è andato come un principe azzurro coi conti dormienti e invece di baciarli li ha presi e li ha sodomizzati.Tremorti prende quei soldi per finanziare la social card, due parole in inglese per prendere per il culo gli italiani.Prende i soldi dai morti per darli ai morti di fame. Quando ci sono queste cose bisogna stare molto attenti.Han fatto una legge sul federalismo fiscale. Ve lo giuro sulla mia famiglia, l'ho letta: non sono arrivato alla dodicesima pagina, non si capisce niente.Quando fai una legge che dovrà cambiare l'assetto di tutti i sessanta milioni di italiani e non si capisce siamo al delirio.Signori, noi saremo presenti. Noi ragazzi e ragazze che sono venuti da tutta Italia con i mezzi di fortuna, tutti i MeetUp, le associazioni.Faremo delle liste civiche dal basso. Gli iscritti dovranno avere la fedina penale pulita, un miracolo, e non dovranno essere iscritti ai partiti, che sono morti.PDL e PD-meno-elle. Di la abbiamo uno psiconano e dall'altra parte abbiamo Topo Gigio Veltroni, che non è neanche un parlamentare o un politico: è scemo!" (Beppe Grillo)

Rimorchio.

Il partito dei senza partito.

martedì 27 gennaio 2009

Reti.


Riflessi.


Giornata della memoria. Ma come è stato possibile tale orrore?

"Mangiavamo la neve. Quello era il solo modo di nutrirci". Quando l'11 aprile del 1945 gli uomini del generale Patton entrarono a Buchenwald, varcando finalmente le porte di un Lager nazista, quel che trovarono fu, assieme a 21.000 detenuti stremati, anche un migliaio di bambini. La maggior parte adolescenti, tutti comunque sotto i 17 anni. Molti invece davvero piccoli, fra i 6 e i 12 anni. I due in più tenera età ne avevano appena 4. Come mai i gerarchi, soliti eliminare subito i prigionieri più giovani - la "forza inerme" considerata un costo vivo - risparmiarono la vita a questo gruppo di ragazzini, tutti maschi? La risposta emerge dall'incrocio di nuovi documenti usciti dal grande archivio nazista di Bad Arolsen, in Germania, che un anno fa ha aperto ai ricercatori i suoi 26 chilometri di uffici e sotterranei in cui custodisce le carte del Terzo Reich. I bambini superstiti di Buchenwald erano esattamente 904. "Mangiavamo la neve", ricorda appunto uno di loro oggi, Sol Luri. Nei faldoni impolverati si scorrono i nomi di detenuti giovanissimi. Alcuni diventeranno celebri. Come il 15enne Elie Wiesel, immortalato assieme agli altri nella celebre immagine scattata dal fotografo americano Henry Miller quando gli Alleati irruppero nel Lager, che sarà scrittore e premio Nobel. O come Meir Lau, 7 anni, futuro rabbino capo di Tel Aviv. Oppure come Stefan Jerzy Zweig, 4 anni, il prigioniero più piccolo. Gli americani trovarono i ragazzini soprattutto in due blocchi, il numero 8 e il 66, altri nel 23 e nel 49. A proteggerli, nutrirli, scaldarli, furono un pugno di detenuti, anch'essi molto giovani, che si batterono con tutte le forze contro i comandanti per assicurare i bambini nei blocchi speciali, e non spedirli sui vagoni piombati destinati a mete terminali come Auschwitz. Le SS addirittura temevano di entrare in alcune parti del campo, dove si diceva girasse il tifo. Ora alcuni storici, per quegli ultimi mesi di guerra stanno configurando l'ipotesi di una vera e propria resistenza nei Lager.
Un docente dell'Università del Michigan, Kenneth Waltzer, direttore del dipartimento di Studi ebraici, e selezionato dal Museo dell'Olocausto di Washington fra i primi 15 esperti incaricati di valutare i documenti su Buchenwald, sta studiando queste carte. "Nella nostra ricerca - dice Waltzer, di origine ebraica e che negli ultimi tre anni si è concentrato su una vicenda i cui file ha potuto avere in mano solo ora - abbiamo trovato qualcosa di unico: la storia di questi 904 bambini ancora vivi, in un campo di concentramento dove perirono più di 56.000 persone. A salvarli, un gruppo di prigionieri poco più grandi. E' quasi incredibile. Come è possibile che questi giovani detenuti fossero stati mantenuti in vita, quando la regola interna ai Lager voleva che venissero eliminati gli elementi non utilizzabili, a cui non poteva essere dato da mangiare perché non costituivano una 'forza lavoro'? La nostra conclusione è che esistesse un vero e proprio network di prigionieri 'anziani', in grado di agire in quella sorta di 'zona grigià fra i comandanti e i detenuti, capace di barricare quei bambini. Non solo hanno dato loro rifugio, ma hanno impartito loro alcuni rudimentali principi scolastici, come se si trovassero davvero in classe". Il lavoro di scavo di Waltzer è un "work in progress" che entro l'anno diventerà un libro dal titolo "The rescue of children and youth at Buchenwald" (Il salvataggio dei bambini e dei giovani a Buchenwald). Nell'archivio di Bad Arolsen i segreti del Terzo Reich emergono non appena ci si addentra nelle carte sepolte da più di sessant'anni. Il blocco 66 ospitò, negli ultimi tre mesi prima della liberazione, centinaia di ragazzi. Su uno scaffale una serie di volumi di colore giallo intitolati "Verlegungen innerhalben der Blocks" (Trasferimenti dentro il blocco) svelano la vicenda di quella storica baracca. Le stanze putrescenti e nude, con i letti accatastati uno sull'altro, erano già piene di detenuti a metà gennaio 1945. Ne arrivarono di nuovi, tanti giovani, fino a febbraio. Elie Wiesel era già lì. Tra gli ultimi ci fu invece Meir Lau, piazzato al vicino blocco numero 8. I copiosi trasferimenti di bambini evacuati da Auschwitz (nei giorni 22, 23 e 26 gennaio), portarono il 25 e 26 gennaio a un travaso colossale al blocco 66. Entrarono prima in 170, poi 180, dopo altri 95, infine 77. Tutti ai numeri 8 e 66. I blocchi della salvezza.
Nelle carte si leggono i nomi dei protagonisti della resistenza, i salvatori dei bambini. Impegnati in un braccio di ferro mortale, ai margini del campo c'erano due giovanissimi: l'ebreo ceco Antonin Kalina, di Praga, comunista, e il suo vice, il polacco Gustav Schiller, proveniente da Lvov, detto "Gustavo il rosso". Insieme riuscirono a salvare centinaia di vite. La lista comprende piccoli detenuti polacchi, ungheresi, cechi, slovacchi, romeni, lituani, alcuni russi e ucraini, qualche zingaro, un solo greco. Molti passarono poi per l'Italia, per essere assistiti, prima di andare in Palestina. La resistenza venne organizzata soprattutto al blocco 66, nella zona più profonda del campo, una baracca non disinfestata, dove non venivano fatti gli sfibranti appelli mattutini. Furono Kalina e Schiller a salvare da morte certa i due internati più piccoli, 4 anni, Josef Shleifstein e Stefan Jerzy Zweig, rifiutandosi di far evacuare la baracca il giorno prima della liberazione, il 10 aprile, quando le SS fecero marciare tutti verso l'uscita principale. Scrive infatti Elie Wiesel ne "La Notte" (editore Giuntina): "Così venimmo ammassati nella grande piazza centrale, in file di cinque, aspettando che si aprissero le porte". Ma all'improvviso Kalina ordinò di rompere le righe e di correre indietro alle baracche. "Al blocco 8 - spiega ora Waltzer - i leader si chiamavano Franz Leitner, comunista austriaco di Vienna, e Wilhelm Hammann, comunista tedesco di Hesse, il cui ruolo è già stato riconosciuto dallo Yad Vashem, il Museo dell'Olocausto di Gerusalemme. Al 49 il capo era invece Walter Sonntag, anch'egli poi onorato. Al 22 il comunista Emil Carlebach. E al blocco 23 c'erano Yaakow Werber, Eli Grinbaum e Jack Handelsman". Altri nomi stanno adesso venendo fuori. Il pomeriggio dell'11 aprile, i soldati di Patton spezzarono i fili spinati, entrando nel campo. Una traccia di quelle ultime ore Zweig le ha lasciate nel suo romanzo, apparso poco tempo fa in Israele, dal titolo "Le lacrime non bastano". Il pianto amaro, però, è quello del rabbino Meir Lau. Fu accudito da un giovane russo di Rostov, di nome Fyodor, 18 anni, che gli regalò un cappello con paraorecchie, e nascose il piccolo Meir al blocco 8. "Fyodor rubava le patate per me, e mi cucinava una minestra calda", scrive nelle memorie del 2005, dal titolo "Non alzare le mani sul bambino". Lau ha passato una vita a cercarlo, "63 anni - dice - persino con appelli sul quotidiano Izvestija e tramite l'aiuto del Cremlino". Il mistero è stato risolto solo ora, grazie ai file ritrovati nell'archivio. C'erano almeno tre Fyodor al numero 8: uno di loro, si legge, era "Fyodor Michailicenko, nato nel 1927, prigioniero numero 35692, russo di Rostov, studente lavoratore". Era lui il suo salvatore. Il rabbino, che è anche presidente del Museo dell'Olocausto, ha saputo delle carte e ha contattato i parenti. Ma Fyodor, purtroppo, è morto tre anni fa".

Bolivia. Giustizia è fatta.

"La nuova costituzione proposta da Evo Morales e votata con il 60% circa di "sì", affronta due dei punti focali della politica del premier boliviano: il riconoscimento della maggioranza indio nella popolazione; lo Stato al centro dell’economia, come motore della stessa. "La nuova Costituzione riconosce l’esistenza di 36 «nazioni», eredi dei popoli originari che furono assoggettati e decimati con la Conquista spagnola. Tutte le autonomie avranno uguali diritti e doveri e dovranno dividere il potere con le istituzioni esistenti. Persino nella giustizia, dove si riconoscono pratiche di «diritto tradizionale e comunitario» oltre a quelle dei codici. La Carta definisce nei dettagli, dall’alto dei suoi 400 articoli, persino il ruolo della foglia di coca, ricchezza tradizionale del popolo boliviano. In religione il Dio dei cristiani e la Pachamama (madre Terra) degli Incas sono ugualmente venerati e la Chiesa cattolica perde il suo rapporto fin qui privilegiato con lo Stato". Morales conferma inoltre la linea dura nei confronti degli Stati Uniti, annosa questione di difficile spiegazione e risoluzione. A vederlo Evo Morales sembra proprio acqua e sapone, una persona venuta da una periferia così lontana da non riuscire nemmeno ad immaginarla. Ha sul viso lo stesso sorriso ingenuo e benevolo degli indios di tutto il sud america, quella espressione che sembra non riuscire proprio a tramutarsi in cattiveria. Partecipa agli incontri con i grandi del mondo con vestiti semplici, ed aria semplice. Evo Morales sembra uscito da una favola. La favola del povero che arriva al potere e stabilisce il regno dei giusti, senza distinzioni tra ricchi e poveri. Una favola, forse. A sentire le opposizioni, tutt’altro. E’ molto difficile parlare del Sud America, specie dall’altro capo del mondo, e per alcuni semplici motivi. Gli Stati Uniti hanno sempre avanzato pretese coloniali su tutto il sud, ed hanno sempre agito nella storia con fini tattiche di dissoluzione delle autorità che venivano formandosi dal basso, spesso riuscendo a traghettare la politica degli stati con astuzie e bustarelle, altre volte con la violenza (come nel caso di Allende). Se si immaginano le opposizioni in mano agli Stati Uniti viene da credere alle favole. Se invece si pensa alla storia e alle numerose volte che un povero, un campagnolo, proprio come Morales, una volta arrivato al potere non è riuscito a fare altro che gustarselo, il potere, viene da credere alle opposizioni. Il fatto è che le informazioni, anche giornalistiche, su ciò che riguarda il sud america sono sempre e comunque faziose, e non saprei dirvi il perchè. Diversi quotidiani italiani si sono spesso scagliati a piena voce contro il premier brasiliano Lula, sostenendo che non aveva consensi, che il popolo non lo voleva. Questo è successo poco dopo la sua elezione e nel 2008, due campagne mediatiche contro Lula di qualche giorno. In realtà, nello stesso periodo, i brasiliani lo acclamavano per i risultati ottenuti ad oggi. E lo dico con certezza per esserci stato, avere visto, chiesto, documentato. Per cui i fatti della Bolivia sono, a mio giudizio, incommentabili. Se è da credere che alcuni degli strati meno rappresentati del Sud America (gli indios), i più poveri, hanno da oggi più potere, più visione e rappresentatività, certo il risultato è memorabile. Se è vero che tutto questo è stato fatto in funzione di una futura rielezione di Morales, che ha dovuto far cambiare la costituzione per sperare in un nuovo premierato, questo, come dire, esula dalle favole. Resta comunque il fatto che avrei molto piacere nello scrivere alla fine "e vissero per sempre felici e contenti". Magari passerò anche dalla Bolivia, prima o poi, e cercherò di aprirmi gli occhi". (da www.agoravox.it)

Berlusconi pigliatutto. Anche l'aria.

"Tutto comincia nel 1996. Il ministro delle Comunicazioni del governo Prodi, Antonio Maccanico, presenta il ddl 1138 con una norma antitrust: entro il 28 agosto, come ha stabilito nel 1994 la Corte costituzionale, Mediaset dovrà cedere una rete o mandarla sul satellite. Ma subito dopo annuncia un decreto salva-Rete4: proroga di 5 mesi in attesa della riforma complessiva del sistema, che non arriverà mai, bloccata dall’ostruzionismo della destra in commissione Lavori pubblici e Telecomunicazioni del Senato (presidente Claudio Petruccioli). A fine anno la proroga di agosto sta per scadere. Ma niente paura: Maccanico ne concede un’altra. Intanto D’Alema diventa presidente della Bicamerale coi voti di Forza Italia: due anni di inciucio sfrenato.Il Parlamento approva una piccola parte della riforma Maccanico: nessun operatore può detenere più del 20% delle frequenze nazionali, dunque Rete4 è di troppo. Ma a far rispettare il tetto dovrà essere la nascente Agcom, e solo quando esisterà “un effettivo e congruo sviluppo dell’utenza dei programmi via satellite o via cavo”. Solo allora Rete4 andrà su satellite e Rai3 trasmetterà senza spot. Cioè mai. Che vuol dire «congruo sviluppo» del satellite? Nessuno lo sa.Nell’ottobre ’98 cade il governo Prodi, rimpiazzato da D’Alema. L’Agcom presenta il nuovo piano per le frequenze e bandisce la gara per rilasciare le 8 concessioni televisive nazionali che si divideranno le frequenze analogiche disponibili, in aggiunta alle tre reti Rai. Oltre a Mediaset e Tmc, si presenta un outsider: Francesco Di Stefano, imprenditore abruzzese proprietario di un network di tv locali: Europa7. La commissione ministeriale esamina le offerte e stila la graduatoria: Canale5, Italia1, Rete4, Tele+ bianco, Tmc, Tmc2, Tele+ nero, Europa7. Quest’ultima è 8° in totale, ma addirittura 1° per qualità dei programmi. E passerà al 6° posto appena Rete4 e Tele+nero traslocheranno su satellite dopo il famoso “congruo sviluppo” delle parabole. Il 28 luglio ‘99 un decreto del governo D’Alema le assegna la concessione. Di Stefano apre un mega-centro produzione di 22 mila mq sulla Tiburtina, 8 studi di registrazione, uffici, library di 3mila ore di programmi e tutto quanto occorre per una tv nazionale con 700 dipendenti. Non sa che sta iniziando un calvario infinito: diversamente che per le altre reti, già attive da anni, il decreto ministeriale non indica le frequenze di Europa7: sono occupate da Rete4 e Tele+ nero.Nel 2002 si rifà viva la Consulta: basta proroghe a Rete4, che dovrà emigrare su satellite entro il 1° gennaio 2004. Così le frequenze andranno a Europa7. Ma Berlusconi, tornato al governo, salva la sua tv con la legge Gasparri: il tetto del 20% va calcolato sui programmi digitali e le reti analogiche, cioè sull’infinito. Dunque Rete4 non eccede la soglia antitrust e può restare dov’è. Il 16 dicembre 2003, però, Ciampi respinge la legge al mittente. Ma a fine anno Berlusconi firma il decreto salva-Rete4: altri 6 mesi di proroga. Intanto scatta la Gasparri-2: per mantenere lo status quo in barba alla Consulta, si stabilisce che nel 2006 entrerà in vigore il digitale terrestre moltiplicando i canali per tutti e vanificando ogni tetto antitrust. Nel frattempo i «soggetti privi di titolo» che occupano frequenze in virtù di provvedimenti temporanei, cioè a Rete4, possono seguitare a trasmettere. Chi ha perso la gara (Rete4) vince, chi ha vinto la gara (Europa7) perde. Di Stefano non demorde. Respinge gl’inviti a ritirarsi o a “mettersi d’accordo” e nel luglio 2004 si rivolge al Tar Lazio. Che però nel 2005 gli dà torto. Si va al Consiglio di Stato, per avere le frequenze negate e un risarcimento danni di 2 miliardi di euro (con le frequenze) o di 3 (senza). Il Consiglio di Stato passa la palla alla Corte di giustizia europea di Lussemburgo perchè valuti la compatibilità delle norme italiane con il diritto comunitario.Nel maggio 2006 il centrosinistra torna al governo. Ma non fa nulla per sanare l’illegalità legalizzata dai berluscones. E si guarda bene dal modificare le regole d’ingaggio all’Avvocatura dello Stato, che seguita a difendere la Gasparri in Europa. Come se governasse ancora Berlusconi.Il 31 gennaio 2008, finalmente, la sentenza della Corte di Lussemburgo: le norme italiane che consentono a Rete4 di trasmettere al posto di Europa7 sono “contrarie al diritto comunitario”, dunque illegali: la Maccanico, il salva-Rete4, la Gasparri,ma anche il nuovo ddl Gentiloni.Tutte infatti concedono un infinito“regime transitorio” a Rete4, che va spenta subito, dando a Europa7 ciò che è di Europa7. Le norme comunitarie “ostano a una normativa nazionale che impedisca a un operatore titolare di una concessione di trasmettere in mancanza di frequenze assegnate sulla base di criteri obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati”. Uno tsunami che spazza via vent’anni di tele-inciuci. O almeno dovrebbe.La sentenza è immediatamente esecutiva e il governo Prodi –pur dimissionario- dovrebbe applicarla ipso facto. Ma il ministro Gentiloni ci dorme sopra, e intanto finisce anticipatamente la legislatura. Quella nuova si apre con un’ennesima legge salva-Rete4, poi ritirata da Berlusconi. Non ce n’è più bisogno. Il governo assegna a Europpa7 una frequenza della Rai, peraltro inattiva. Ma l’altro giorno il Consiglio di Stato, dopo 10 anni di soprusi, si beve anche l’ultima truffa.Ed emette la sentenza-beffa: Europa7 ha ragione (Rete4 andava spenta fin dal 2004). Ma ha diritto alla miseria di 1.041.418 euro di danni, anche perché "non poteva ignorare i caratteri specifici della situazione di fatto nella quale maturò il bando": avrebbe dovuto "dubitare seriamente" che le frequenze gliele dessero davvero e rassegnarsi, abbandonando il settore tv, anziché proseguire la battaglia legale. Dove si credeva di vivere, questo ingenuo signore: in una democrazia?" (Marco Travaglio-L'Unità)

L'informazione è morta. Viva l'informazione!

"Quando un indagato parla con un altro indagato e il giornalismo sta a guardare. Ieri sera la puntata dell’Infedele di Gad Lerner ha recitato il De Profundis al giornalismo televisivo. Un indagato, Antonio Bassolino (PD), che discute con un altro indagato Mario Landolfi (PDL) in mezzo il signor Lerner che movimenta il discorso sulla politica che costruisce la società, invece del contrario di questo come sottolineava intelligentemente Maurizio Braucci. Ieri sera ho potuto constatare anche in una sorta di diretta mediatica moderna e distorta quanto il parere del pubblico televisivo a cui tutti si appellano per sopravvivere nell’audience non conti nulla. Comincia la puntata, accendo il portatile e leggo il blog di Lerner. Moltissimi ricordano che Landolfi è indagato, quasi implorano che Lerner gli ponga le dovute domande sul suo comportamento. Nulla. Dicasi nulla. Quando nello studio si pronuncia la parola imputato, camorra, rifiuti, Landolfi si siede scomodo, sa che può arrivargli una dura contestazione. Nulla. Dicasi nulla. Eppure anche le enciclopedie lo sanno, da Wikipedia: “Un’inchiesta della Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere rivelerà un giro di raccomandazioni per assunzioni nella società Poste Italiane, che vede coinvolti lo stesso Ministro Landolfi, il suo segretario particolare e l’Amministratore Delegato della Società, Massimo Sarmi. Nel 2007 l’imprenditore e pentito di Camorra Michele Orsi gli rivolge diverse accuse, nell’ambito delle assunzioni nella nettezza urbana del comune di Mondragone. Landolfi viene indagato con l’accusa di corruzione e truffa, con l’aggravante di aver commesso il fatto per agevolare il clan mafioso La Torre. Michele Orsi verrà ucciso in un agguato di Camorra l’1 giugno 2008”.
La trasmissione continua serenamente, e nessuno, ma proprio nessuno ricorda che tutti i collaboratori di Landolfi sono stati arrestati, che il sindaco di Mondragone Ugo Conte è tornato a casa agli arresti domiciliari solo qualche giorno fa dal carcere, e qualcuno ha sparato i fuochi d’artificio per il benvenuto a casa. Landolfi con Cosentino segnano oltre dieci anni di governo parlamentare in Campania 2. Nessuno contesta nulla. Attendevo impaziente che Marco Imarisio, giornalista del Corriere della Sera colpisse duro. Nulla. Lerner invece rivendica il suo essere un cavaliere di altri tempi che sa rispettare il suo nemico, leggasi una sua risposta nel blog: “Un’ultima notarella, prima di andare a dormire, la dedico a Ermanno (239) secondo cui la vicenda delle raccomandazioni al Tg1 fra me e Landolfi sarebbe finita a tarallucci e vino. Ma per favore! Ho vinto contro Landolfi una causa penale e una civile. L’Ordine dei Giornalisti ha riconosciuto la correttezza del mio comportamento. Ti pare che invitarlo a una trasmissione nove anni dopo quei fatti significhi cedere al pappa e ciccia? A me, francamente, no. Ho portato fino al suo esito dovuto il conflitto politico e giudiziario, poi gli ho stretto la mano. Nove anni dopo”. Embè verrebbe da chiedersi? Nove anni dopo e non si deve dimenticare, perché quella è stata la china che ha preso un signore, Landolfi, che oggi attualmente in tempi di crisi guadagna migliaia di euro come parlamentare, anche se è indagato. Mentre il suo paese di provenienza, Mondragone, muore di fame. Memoria, gentile Lerner, perché la memoria non la può usare solo in questo giorno, il 27 di gennaio. C’è un’altra memoria da proteggere. La memoria dei tantissimi morti per camorra: poliziotti, magistrati, carabinieri, imprenditori, cittadini innocenti, giovani disoccupati, giovani impazziti in una terra che non concede speranza, ma solo favori. Ahimè non abbiamo ancora istituzionalizzato il giorno della memoria per il sud che è morto e defunto. Ma almeno si abbia rispetto. Memoria, quindi. Landolfi argomenta di spazzatura con Bassolino. Così mentre il signor Antonio Bassolino non risponde ad una, dicasi una domanda, sui milioni di euro sprecati, Landolfi può ribattergli chissà cosa poi sul ciclo della monnezza. Ma se Landolfi è indagato per assunzioni e spartizioni nell’ambito del CE4, cioè è stato parte di quello sfacelo che ha sommerso di monnezza tutti. Nessuno gli chiede del signor Giuseppe Valente, arrestato, nominato da Landolfi quale presidente del consorzio CE4? E di Michele Orsi che lo ha tirato in ballo? Michele Orsi è stato ammazzato, già. Mi preme aggiungere quanto segue: mi auguro che Landolfi sia innocente di quanto gli imputa la Direzione Distrettuale Antimafia. Me lo auguro. Perché altrimenti è atroce il tradimento delle istituzioni da parte di un uomo che dovrebbe rappresentarle le istituzione, ed è stato anche Ministro. Ma rimane la responsabilità politica, l’argomento tanto caro ieri a Lerner. Non hanno risolto nulla questi signori in oltre dieci anni. L’incompetenza non si paga più in questa Nazione. No! Gli stipendi rimangono alti, mentre tantissimi sono precari e sono licenziati. Offesa grave alla morale della Nazione stessa. Ancora più indegno è lo sdoganamento di Landolfi in TV. Dopo essere scomparso anche dalle strade del suo paese, dopo che hanno arrestato tutti i suoi collaboratori, dopo che finalmente era uscito di scena, aspettando che passasse la bufera, ecco la TV di Lerner lo riporta in auge. Ha superato la difficilissima prova, ha combattuto Bassolino in TV con tutti i suoi guai e ne è uscito bene. Ma chissà, se va in qualche altro programma non saranno così gentili. Forse ho parlato poco di Bassolino, ma si commenta da solo. Triste, ignobile nel suo sviare sempre il discorso. Sempre. Non una risposta concreta a dove sono finiti i soldi. Mai. A parlare di politica, a giustificarsi, a fare bla bla. E neanche se ne va! Nessuno riesce ad affrontarlo di petto. Se avesse avuto un poco di dignità avrebbe confessato apertamente i patti scellerati di questi 15 anni. Allora si in Tv a dire la vera verità. Nulla. Dicasi. Nulla.
Veltroni, D’Alema se lo difendono. Veltroni in fine campagna elettorale (che ha miseramente perso) lo ringrazia a Napoli. Già Roma deve ringraziare la periferia per chissà quale grande strategia politica. E la gente muore di tumore. Così mentre il mondo deve affrontare grandi crisi, noi non abbiamo più una classe dirigente, ma burocrati attaccati al loro stipendio che si credono anche dei politici. La trasmissione continua, il blog dice moltissime verità, ma Lerner ignora. A che ti serve un blog se non lo consideri?
Mi sento triste, per davvero. Mi alzo la mattina presto per scrivere la mia indignazione. Mi tocca andare in ufficio a guadagnarmi il mio stipendio precario. Loro Lerner, Bassolino, Landolfi, si sveglieranno con calma, cornetto e cappuccino, lo stipendio sicuro, e leggeranno i giornali con calma. Nel giorno della Memoria si deve dire che ci sono ancora treni carichi di giovani che per trovare una speranza devono fuggire, emigrare. Nel giorno della Memoria offende chiunque non ricordi ciò che è successo il giorno prima.
Ad Maiora". (Sergio Nazzaro-www.agoravox.it)

sabato 24 gennaio 2009

Immigrati. Quando un governo naviga a vista.

Ci sarebbe da ridere se non si trattasse di cose tragiche. La vicenda dei centri per immigrati di Lampedusa la dice lunga sulla preparazione di questo governo in materia. Per non parlare poi del rilancio dell'impiego di altri militari nelle nostre città. Si continua così a mettere benzina sul fuoco, dando la caccia allo straniero per nascondere le proprie incapacità e i veri problemi che stiamo attraversando. Addirittura un esponente della Lega, il nostro ministro dell'Interno Maroni, volerà in Tunisia per vedere il presidente Alì e concordare una condotta comune per arginare un fenomeno che non può essere arginato, perché viene originato proprio da noi, dalle nostre economie e dai nostri consolati all'estero, fucina di raccomandati incapaci. Se fossi il leader tunisino metterei il nostro ministro nelle carceri di Tunisi, solo per il fatto di come il suo partito parla di loro, dei maghrebini, di tutti quelli che non sono italiani, dei musulmani, di come tratta il problema di tanti esseri umani, che vieta addirittura le manifestazioni davanti ai sagrati. E dulcis in fundo, mentre lampedusani ed immigrati si uniscono per gridare allo scandalo, il premier da un'altra isola, in Sardegna dove ha le sue ville e fa propaganda elettorale in prima persona contro lo scomodo Soru pur essendo il primo ministro di tutti, rilancia l'impiego dei militari in nome di un'insicurezza che lui stesso provoca. Non restano più parole per descrivere in quale disgrazia il nostro Paese è scivolato, Napolitano permettendo.

Il grande bluff delle nuove carceri.

Qui sopra, nella foto, c'è quello che resta del supercarcere che il generale Dalla Chiesa voleva aprire all'isola di Gorgona al tempo delle brigate rosse. Milioni di euro buttati al vento, con resti anche di amianto che infestano l'isola. Decine e decine di nuove carceri sono state costruite in Italia e mai aperte, ingrassando pochi e dilapidando i nostri soldi. Oggi, questo nostro governo di affari ci propone di nuovo la costruzione di nuove carceri per combattere il sovraffollamento delle strutture di detenzione. "Ma ci faccia il piacere!", avrebbe detto il nostro Totò, cogliendo il ridicolo di questa decisione, mentre una pernacchia alla De Filippo li avrebbe sommersi di lazzi e sputazzelle. Qui di seguito un intervento di un esperto, l'ispettore del ministero di Giustizia, Luigi Morsello, che spiega quello che sta accadendo:
"Leggevo di recente un interessante articolo, che si occupava del sovraffollamento che affligge nuovamente le carceri italiane, al ritmo di 1.000 nuovi ingressi al mese.“Quando il parlamento approvò il cosiddetto indulto - tanto indigesto agli italiani da costituire, secondo gli analisti, uno dei principali motivi della sconfitta elettorale del centro-sinistra dello scorso anno -, lo fece per il sovraffollamento. Le carceri erano strapiene. C′erano, cioè, 139 detenuti ogni 100 posti. Ora, due anni dopo, il problema è tale e quale quello di allora. Il rapporto è solo di poco più basso: 136 reclusi ogni 100 posti disponibili. Che fare dunque?Sembra che il guardasigilli Angelino Alfano non abbia molta scelta. Se si vogliono avere risultati immediati, l′unica soluzione è introdurre la messa in prova dei detenuti ai lavori utili, con eventuale estinzione del reato. Pare che l′opzione su cui si ragiona al ministero di grazia e giustizia sia se limitare la misura ai condannati a pene inferiori ai due anni o se estenderla a quelli che hanno anche 4 anni di carcere da scontare.Nel primo caso, la novità equivarrebbe ad un′effimera boccata d′aria: la popolazione carceraria liberata sarebbe di circa 6 mila unità, circa il 10% del totale. Diversamente, nella seconda ipotesi, i reclusi a godere del beneficio sarebbero, secondo il Dipartimento dell′amministrazione penitenziaria, ben 15 mila: più di un quarto del totale. Ma si tratterebbe - dicono i critici - d′un «indulto mascherato». La Lega nord ha già espresso la sua netta contrarietà.I problemi delle carceri italiane restano sempre gli stessi. Primo: mancano strutture adeguate alle necessità. Il governo ha annunciato un proprio piano detto "carceri leggere". L′obiettivo è costruire in pochi mesi prefabbricati da 200 celle singole in grado di "ospitare" 15 mila detenuti non pericolosi o in attesa di giudizio. Il secondo problema, tuttavia, è a nostro avviso più grave: il 55% dei detenuti nei penitenziari italiani è in attesa di giudizio. Si tratta di 32.547 persone presunte innocenti, in maggioranza straniere, contro 25.953 colpevoli acclarati. La nuova misura, più o meno estesa, rischia di trasformare le nostre prigioni in un parcheggio per gli imputati che non possono permettersi i migliori avvocati, liberando i condannati in via definitiva.” (Consorzio Parsifal, 21.1.2009).L’idea era buona, ma si metteva di traverso la solita Lega Nord, non capisco bene in base a quale specifica conoscenza della materia, posto che il suo Ministro di Giustizia Roberto Castelli durante i cinque anni della sua permanenza a quel dicastero si è occupato principalmente di far realizzare lavori nelle carceri lombarde (a Lodi fece realizzare un edificio di tre piani destinato alle attività trattamentali e ad archivi del costo 1.700.000 euro) e di riformare l’ordine giudiziario, nulla importando e interessando che l’ordinamento penitenziario del 1975 e le fondamentali modifiche inseritevi nel 1986 con la legge Gozzini richiedessero uno sforzo di politica dell’esecuzione penale, anche di natura economica, poderoso.Non fu varato un piano di edilizia carceraria nuovo, per quanto io ne sappia, si strombazzò il finanziamento (415 milioni di euro) di soli otto nuovi istituti penitenziari dei quali cinque in Sardegna (Cagliari, Sassari, Oristano, Tempio Pausania, Lanusei) e tre in continente (Rovigo, Savona, Forlì), [Sardegna Oggi, 9 giugno 2004], la cui realizzazione si è persa nell’oblio più completo.Sono passati cinque anni inutilmente, siamo ancora lì, nelle peste !Venerdì 23 gennaio 2009 La Repubblica dava notizia che il CdM aveva approvato il piano carceri presentato dal ministro di Giustizia Angiolino Alfano.Esaminiamolo punto per punto.“L'edilizia. "Fino ad ora l'emergenza carceraria è stata affrontata solo con le amnistie e gli indulti. Con la realizzazione di nuove carceri abbiamo scelto di seguire un'altra strada", ha detto il ministro. L'obiettivo segnalato dal Guardasigilli è quello di accogliere in modo regolare oltre 60mila detenuti, mentre attualmente i posti regolari sono 43mila (il limite tollerabile invece è di 63mila). "I criminali - ha argomentato Alfano - non possono smettere di andare in galera, perché non ci sono galere che possano ospitarli. Noi dobbiamo costruirne di nuove facendo sì che chi ci finisce sia trattato da uomo con piena dignità e con la possibilità di scontare la pena sperando nella rieducazione del detenuto".”Sono frasi di una genericità sconcertante. Possibile che il ministro di Giustizia ignori quante carceri nuove sono state costruite nei piani edilizi varati nel 1974, rifinanziati periodicamente di anno in anno per almeno vent’anni ?Vedremo in seguito quale strada è stata scelta per affrontare ciò che il ministro stesso definisce “emergenza carceraria”.A parete la forma parlata in un italiano piuttosto impervio e contorto (peccato veniale), ma chi si è mai sognato di pensare e basta di non mandare i criminali in galera !Personalmente penso che ce ne sono che in galera dovrebbero andare, eccome ! Il fatto che non ci vanno questa sì che è una distorsione del sistema politico-giudiziario.Tralasciamo il richiamo alla “rieducazione del detenuto”, che un Ministro di Giustizia non si dovrebbe mai sognare di citare in modo così sintetico.Esaminiamo adesso dove va il ministro Alfano a prendere i soldi necessari: “Forme di finanziamento. Secondo quanto indicato dal piano, i nuovi edifici dovranno essere "eco-compatibili e ad emissioni zero". Le risorse per l'edilizia potranno seguire tre canali: "La cassa delle ammende, la corsia preferenziale che consente l'accesso ai fondi previsti dal decreto anticrisi e il ricorso a finanziamenti privati come accade in tanti paesi occidentali". In quest'ultimo caso Alfano ha garantito la "massima trasparenza" (in altri casi no ?, n.d.a.) e spiegato che i privati potranno concorrere alla realizzazione dei nuovi penitenziari "con strumenti contrattuali innovativi come per esempio il project financing, oppure altri che possono essere immaginati". "Il Cdm - ha aggiunto - potrà dimezzare i termini relativi alle autorizzazioni proprio per rendere più corto l'iter di edificazione di nuove carceri".”.Dunque i canali sono tre:1) La cassa delle ammende;2) fondi previsti dal decreto anticrisi;
3) finanziamenti privati, come il “project financing” o altri da individuare.La Cassa delle Ammende: che cos’è ?Dal sito del ministero della Giustizia:“La Cassa delle ammende è un ente con personalità giuridica, disciplinata dall'art. 121 e seguenti del D.P.R. 30 giugno 2000, n. 230 “Regolamento recante norme sull'ordinamento penitenziario e sulle misure privative della libertà”.La Cassa è dotata di un fondo patrimonio e di un fondo depositi.Inizialmente, attraverso la gestione del fondo patrimonio, la Cassa attuava la finalità di sostenere con finanziamenti, l'attività dei Consigli di aiuto sociale (artt. 74 e segg. della legge 354/75 - Ordinamento Penitenziario).Il D.P.R. 30 giugno 2000, n. 230, ha ampliato le competenze della Cassa all'art. 129, assegnandole anche il compito di finanziare:a - “progetti dell'Amministrazione penitenziaria che utilizzano le disponibilità finanziarie dei fondi strutturali europei, nonché progetti che utilizzano finanziamenti previsti dalla normativa comunitaria, nazionale e da quella regionale” (II comma);b- “programmi che attuano interventi di assistenza economica in favore delle famiglie dei detenuti e degli internati, nonché programmi che tendono a favorire il reinserimento sociale dei detenuti e degli internati anche nella fase di esecuzione di misure alternative alla detenzione” (III comma).questo significa chea - la Cassa delle ammende può essere soggetto cofinanziatore dei fondi strutturali europei che vengono erogati unicamente in favore di progetti già finanziati, ad opera del paese membro, al momento della loro presentazione.la normativa comunitaria consente di utilizzare questi fondi ad esempio per fare formazione, orientamento, creazione di imprese (es. cooperative), inserimento lavorativo per le categorie svantaggiate tra cui quella dei detenuti ed in particolare quelle dei detenuti tossicodipendenti e extracomunitari.In questo modo l'amministrazione penitenziaria ha oggi a disposizione un ulteriore strumento per incentivare il lavoro dei detenuti e per offrire loro opportunità di reinserimento;b - la Cassa delle ammende continua ad esercitare attività di tipo assistenziale, attività che già svolgeva attraverso i Consigli di aiuto sociale, con la novità, però, che oggi vengono elargiti fondi unicamente attraverso la presentazione di appositi progetti. Non più, quindi, finanziamenti assistenziali a pioggia, come per il passato, bensì finanziamenti mirati che hanno come destinatari i detenuti, gli internati ed i loro familiari.La normativa del 2000 ha quindi attribuito all'amministrazione penitenziaria la possibilità di ampliare sia le forme di intervento in materia di lavoro dei detenuti, sia quelle opportunità di reinserimento che deve tendere ad assicurare al condannato al momento della sua dimissione dall'istituto penitenziario, ovvero alla fine dell'esecuzione di una misura alternativa alla detenzione.NormativaLa Cassa delle ammende, prevista dall'art. 149 c.p. (abrogato dall'art. 89 della legge 354/75), è ente con personalità giuridica istituito dall'art. 4 della legge 9.5.1932, n. 547.La sua attività fu inizialmente disciplinata con il R.D. 18.6.1931 n. 787 ‘Regolamento degli istituti di prevenzione e di pena' e poi dalla parte seconda del D.P.R. 431/1976 ‘Regolamento di esecuzione alla legge 354/1975' ,dagli artt. 108 e segg. così come modificati dagli artt. 33 e segg. del D.P.R. 248/89.Attualmente La Cassa delle ammende è disciplinata dall' art. 121 e segg. del D.P.R. 30.6.2000, n. 230 ‘Regolamento recante norme sull'ordinamento penitenziario e sulle misure privative della libertà'.”Non si scappa, la disciplina attuale non prevede che si utilizzino fondi della Cassa delle Ammende per costruire carceri nuove, né per la manutenzione ordinaria e straordinaria di quelle esistenti.Quindi occorrerà modificare, anche con una norma transitoria, le norme vigenti.Chiariamo come si alimenta la Cassa delle Ammende.Soccorre l’art. 125 del d.P.R. 230/200:“La dotazione finanziaria della Cassa delle ammende è costituita dal conto depositi e dal conto patrimoniale (comma 1)”.“Al conto depositi affluiscono tutti i versamenti effettuati a titolo provvisorio o cauzionale.( comma 2).“Sul conto patrimoniale sono versate tutte le altre somme, ed in particolare quelle devolute alla Cassa per disposizione di legge o per disposizione dell'autorità giudiziaria.(comma 3)”.Quanto c’è sul conto patrimoniale ?Soccorre al riguardo la relazione della Corte dei Conti –Sezione controllo – anno 2008, per la quale la Cassa della Ammende ha un fondo patrimoniale ammontante ad € 139.343.309,46. la stessa delibera certifica impegni di spesa per progetti già presentati, pari ad € 53.991.309,80, per cui il saldo attivo oggi è pari ad € 85.351.999,66.Ammessa la totale disponibilità di questa somma, accantonando tutti i progetti finanziati o finanziabili, vorrei sapere quanti carceri pensa il ministro Alfano di costruire con circa 140 milioni di euro.Questa fonte di finanziamento è già di per sé risibile e allo stato indisponibile.Non credo che il D.L. 29 novembre 2008, n. 185, contenente Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale.(GU n. 280 del 29-11-2008 - Suppl. Ordinario n.263) possa essere ulteriormente maltrattabile per reperire fondi da destinare ad un piano pluriennale per l’edilizia penitenziaria.Quindi, anche la seconda fonte di finanziamento è di scarso pregio.Resta il “project financing” o altra fonte privata di finanziamento.La finanza di progetto (o project financing in inglese) è una operazione di finanziamento a lungo termine, che consiste nell'utilizzo di una società neocostituita (cosiddetta SPC, Special Purpose Company) la quale serve a mantenere separati gli assets del progetto da quelli dei soggetti proponenti l'iniziativa d'investimento (i cosiddetti "promotori").La SPC viene finanziata sia da capitale equity (azioni), fornito generalmente dai promotori e non deve superare l'ammontare del 15-20%, il rimanente 80-85% da capitale di debito (obbligazioni) normalmente ottenuto da un pool di banche. In questo modo, attraverso l'imputazione di attività e passività alla SPC è possibile mantenere un controllo più stretto sull'andamento del progetto. È, inoltre, un modo per proteggere gli interessi dei soci promotori, i quali sono così "schermati" dall'eventuale fallimento del progetto stesso. Lo schema del Project Financing ha riscosso i maggiori successi per quei progetti per loro natura più complessi, quali la realizzazione di centrali elettriche o di nuove attività estrattive, dove alti sono i rischi ambientali, tecnici, politici ed economici. Anche i progetti di ricerca possono beneficiare di questo sistema di finanziamento, dato che i finanziatori in equity potranno garantirsi sulla proprietà della SPC, la quale detiene la titolarità su ogni risultato (brevetti o altro) del progetto di ricerca.Il coinvolgimento dei soggetti privati nella realizzazione, nella gestione e soprattutto nell'accollo totale o parziale dei costi di opere pubbliche in vista di guadagni futuri rappresenta la caratteristica principale di tale operazione economica. (Wikipedia).Di guadagni futuri non si dice nulla. Ma ne parlerà il Corriere della Sera il giorno successivo, come vedremo in seguito.È abbastanza chiaro, abbastanza per capire che questo sistema di finanziamento è un libro dei sogni.Sembra, e a mio giudizio è, una operazione di facciata.Continua l’articolo di Repubblica:“Circuiti differenziati. La maggior parte dei penitenziari italiani, è stato ricordato, "sono stati realizzati tra il 1400 e il 1800" e dal 1944 al 2006 ci sono stati oltre quaranta provvedimenti di indulto e amnistia. Il titolare della Giustizia ha specificato che l'obiettivo è anche di creare "circuiti differenziati". "Non c'è motivo - ha detto Alfano - che i detenuti a bassa pericolosità siano ristretti come quelli ad alta pericolosità. Con le attuali strutture tutto ciò non è possibile".”.Buon Dio, ma lo prevede la legge penitenziaria e il regolamento di attuazione del 2000.Adesso si parla di come Franco Ionta è stato messo nei guai:“Il commissario straordinario. Secondo quanto spiegato dal Guardasigilli, Ionta avrà poteri speciali per accelerare la costruzione di nuovi istituti di pena e dovrà presentare il piano entro 60 giorni. Il suo compito è di prevedere l'allocazione delle nuove strutture e contemplare il fabbisogno finanziario. Il neocommissario, ha spiegato il ministro, potrà sostituirsi alle "amministrazioni inadempienti e ci sarà una riduzione dei tempi per i ricorsi amministrativi: le gare non verranno bloccate in fase di contenzioso".Franco Ionta è stato fino a ieri P.M. a Roma, dov’era procuratore aggiunto.Dal sito del ministero della Giustizia:“Prima di assumere l'incarico di Capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e del Corpo di polizia penitenziaria, é stato procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Roma.Nato a Casale Monferrato, si laurea all’Università di Napoli “Federico II” ed inizia la sua carriera in magistratura nel 1976 presso la Procura di Nuoro, per approdare, nel 1983, alla Procura di Roma, occupandosi di terrorismo nazionale ed internazionale, e per nove anni anche di criminalità organizzata.Entra a far parte della Direzione Distrettuale Antimafia, diventando poi coordinatore di un pool di magistrati impegnato nella lotta al terrorismo nazionale e internazionale.Nell’ambito di queste attività ha seguito tutte le crisi internazionali, quali i rapimenti dei nostri connazionali all’estero, le stragi, Nassirya, il sequestro Sgrena, la vicenda Calipari.”.Ebbene, pare che non abbia nessuna esperienza nel settore del diritto civile, meno che mai del diritto amministrativo.È stato messo fuori ruolo per assumere l’incarico amministrativo di cui sopra. Adesso gli sono conferiti poteri straordinari per accelerare e, se del caso, dimezzare i tempi tecnici di costruzione delle nuove carceri; inoltre dovrà presentare, entro 60 giorni dal conferimento dei suddetti poteri speciali, un piano per accelerare la costruzione di nuove carceri, il suddetto piano dovrà prevedere dove saranno costruiti i nuovi carceri e ‘contemplare’ (che strano verbo usa il ministro !): un compito immane, sono curioso di vedere come sarà assolto, se verrà assolto.Il Corriere della Sera riporta la notizia con ulteriori dettagli in un articolo del 24.1.2009.“Carceri «leggere» per detenuti in attesa di giudizio. Nuovi edifici modulari costruiti su terreni demaniali con criteri ecocompatibili, sfruttando vetro, acciaio, materiali isolanti, pannelli fotovoltaici, lampade a basso consumo, caldaie ad alta efficienza termica e, magari, una tinta a basso impatto ambientale per i muraglioni dell'intercinta.”.Carceri leggere ? Davvero ? E i detenuti in attesa di giudizio per mafia, camorra, ‘ndrangheta, narcotraffico, gli aggressori sessuali, i pedofili, gli omicidi seriali, per esempio, li teniamo in attesa di giudizio in carceri leggere ?Siamo su scherzi a parte ?Si richiama il concetto di carcere ecocompatibile, che viene precisato meglio.Ecco in che modo:“«Nella costruzione degli edifici ecosostenibili si dà il massimo risalto all'utilizzo di vetro e acciaio con coperture e pavimento studiati per evitare la dispersione del calore. Ecco, questo potrebbe essere il carcere di nuova generazione: modulare, con edifici concepiti per essere ampliati successivamente». Alfano poi aggiunge che i nuovi istituti verranno costruiti nelle regioni dove ci sono più detenuti, anche per risparmiare disagi alle loro famiglie, nella logica dei differenti circuiti di sicurezza «che può portare al risparmio di un terzo del personale di custodia».”Un altro libro dei sogni, in complicità con un altro ministro della Repubblica:“«L'idea di pensare a carceri ecosostenibili ad emissioni zero mi è venuta con il ministro Prestigiacomo che ha posto la questione in consiglio e che io ho raccolto, così come è piaciuta al presidente Berlusconi. Noi dobbiamo considerare le carceri come tutti gli edifici ecosostenibili: cioè strutture che sfruttano al massimo le possibilità di efficienza energetica e di riciclaggio delle scorie. Puntiamo a un risparmio di energia perché si abbattono le emissioni di Co2 e gli eventuali costi aggiuntivi, tutti da valutare, sarebbero ammortizzati dal risparmio energetico».”.La persona informata sui fatti non può come minimo non sorridere.Il sorriso però poi scompare quando si legge che:“Questo è il piano. Ma la realtà segnalata nelle carceri vecchie e nuove è molto complessa. Esistono intere sezioni, a Pagliarelli come ad Opera, inutilizzate perché non ci sono agenti a sufficienza: «Abbiamo ben presente il problema», dice il ministro. Inoltre non è chiaro se il Dap spingerà per i piccoli istituti o per tre carceri da 5.000 posti là dove servono: Napoli, Roma e Torino.”.«Abbiamo ben presente il problema», dice il ministro Alfano, ma non accenna nemmeno a come risolverlo.Quanto ai tre carceri-mostro ci si deve augurare che si faccia prima uno studio di fattibilità.Provo a dare qualche stima di larga approssimazione.Ci vogliono:a) almeno 5.000 ettari di terreno per ogni carcere;b) almeno 7.500 agenti di polizia penitenziaria in tutto;c) almeno tre dirigenti generali, 45 dirigenti, 45 direttori, 45 funzionari amministrativi, 45 collaboratori di istituto penitenziario, tre direttori amministrativo-contabili con funzioni di ragioniere capo, tre direttori amministrativo- contabili con funzioni di contabile di cassa e del materiale, 45 funzionari contabili, 45 collaboratori contabili, uno stuolo di coadiutori (per non dover impiegare al loro posto gli agenti di polizia penitenziaria, come accade oggi un po' dappertutto nelle carceri) in tutto.Insomma, si creano dei carceri-mostri che saranno: ingovernabili: chiaro ?E come si compensano le imprese promotrici di un “project financing” ?In questo modo: chi costruisce ha in cambio la gestione dei servizi (mensa, lavanderia, manutenzione) che non sono di competenza esclusiva dello Stato (sicurezza e sanità).Per quanti anni ? Io dico 99 (novantanove).Chi pensa che sia una novità, vada a guardarsi i regolamenti degli stabilimenti carcerari dal 1898 in poi e vi leggerà che questi servizi erano in appalto alle imprese del mantenimento detenuti, che però un po’ per volta se ne sono sgravate fino a fornire oggi solo i generi vittuari crudi.Si vede che nessuno ha informato il ministro che i servizi di manutenzione di impianti e fabbricato fanno carico allo stesso capitolo di bilancio che serve per costruire nuove carceri, sia pure del modello con elementi prefabbricati in c.a. (come tutti quelli costruiti fino ad oggi).Il ministro non deve sapere nemmeno che i servizi di mensa (per agenti e detenuti) e di lavanderia (solo per detenuti) fanno carico a diversi capitoli di bilancio.Tutti questi capitoli sono sprovvisti regolarmente della copertura economica, per cui molti pagamenti di un esercizio finanziario sono differiti a quello successivo o a quell'altro ancora.E' accaduto che Enel e aziende del gas abbiano minacciato ed anche sospeso le forniture per morosità dell'amministrazione penitenziaria, almeno in Lombardia.Come saranno fatte le relative convenzioni ?Come le c.d. "convenzioni energia" della CONSIP S.p.A., che sono fallite miseramente almeno nelle carceri e qualche dirigente generale è in giudizio di responsabilità amministrativa presso le sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei Conti per "danno all'erario" ?Inoltre, vi sono appalti in corso che dovranno essere prorogati fino alla consegna delle nuove carceri e non è affatto certo che, essendo tali appalti di durata annuale, l'ultimo anno si facciano nuovamente avanti le imprese del settore, che sono destinate a differenziare le proprie attività, che saranno costrette a farlo e che potrebbero mandare deserte le ultime aste, e allora come si farà ?In regime di "prorogatio", che diamine !Ah, già, ma c'è l'esercito!".