martedì 27 gennaio 2009

Bolivia. Giustizia è fatta.

"La nuova costituzione proposta da Evo Morales e votata con il 60% circa di "sì", affronta due dei punti focali della politica del premier boliviano: il riconoscimento della maggioranza indio nella popolazione; lo Stato al centro dell’economia, come motore della stessa. "La nuova Costituzione riconosce l’esistenza di 36 «nazioni», eredi dei popoli originari che furono assoggettati e decimati con la Conquista spagnola. Tutte le autonomie avranno uguali diritti e doveri e dovranno dividere il potere con le istituzioni esistenti. Persino nella giustizia, dove si riconoscono pratiche di «diritto tradizionale e comunitario» oltre a quelle dei codici. La Carta definisce nei dettagli, dall’alto dei suoi 400 articoli, persino il ruolo della foglia di coca, ricchezza tradizionale del popolo boliviano. In religione il Dio dei cristiani e la Pachamama (madre Terra) degli Incas sono ugualmente venerati e la Chiesa cattolica perde il suo rapporto fin qui privilegiato con lo Stato". Morales conferma inoltre la linea dura nei confronti degli Stati Uniti, annosa questione di difficile spiegazione e risoluzione. A vederlo Evo Morales sembra proprio acqua e sapone, una persona venuta da una periferia così lontana da non riuscire nemmeno ad immaginarla. Ha sul viso lo stesso sorriso ingenuo e benevolo degli indios di tutto il sud america, quella espressione che sembra non riuscire proprio a tramutarsi in cattiveria. Partecipa agli incontri con i grandi del mondo con vestiti semplici, ed aria semplice. Evo Morales sembra uscito da una favola. La favola del povero che arriva al potere e stabilisce il regno dei giusti, senza distinzioni tra ricchi e poveri. Una favola, forse. A sentire le opposizioni, tutt’altro. E’ molto difficile parlare del Sud America, specie dall’altro capo del mondo, e per alcuni semplici motivi. Gli Stati Uniti hanno sempre avanzato pretese coloniali su tutto il sud, ed hanno sempre agito nella storia con fini tattiche di dissoluzione delle autorità che venivano formandosi dal basso, spesso riuscendo a traghettare la politica degli stati con astuzie e bustarelle, altre volte con la violenza (come nel caso di Allende). Se si immaginano le opposizioni in mano agli Stati Uniti viene da credere alle favole. Se invece si pensa alla storia e alle numerose volte che un povero, un campagnolo, proprio come Morales, una volta arrivato al potere non è riuscito a fare altro che gustarselo, il potere, viene da credere alle opposizioni. Il fatto è che le informazioni, anche giornalistiche, su ciò che riguarda il sud america sono sempre e comunque faziose, e non saprei dirvi il perchè. Diversi quotidiani italiani si sono spesso scagliati a piena voce contro il premier brasiliano Lula, sostenendo che non aveva consensi, che il popolo non lo voleva. Questo è successo poco dopo la sua elezione e nel 2008, due campagne mediatiche contro Lula di qualche giorno. In realtà, nello stesso periodo, i brasiliani lo acclamavano per i risultati ottenuti ad oggi. E lo dico con certezza per esserci stato, avere visto, chiesto, documentato. Per cui i fatti della Bolivia sono, a mio giudizio, incommentabili. Se è da credere che alcuni degli strati meno rappresentati del Sud America (gli indios), i più poveri, hanno da oggi più potere, più visione e rappresentatività, certo il risultato è memorabile. Se è vero che tutto questo è stato fatto in funzione di una futura rielezione di Morales, che ha dovuto far cambiare la costituzione per sperare in un nuovo premierato, questo, come dire, esula dalle favole. Resta comunque il fatto che avrei molto piacere nello scrivere alla fine "e vissero per sempre felici e contenti". Magari passerò anche dalla Bolivia, prima o poi, e cercherò di aprirmi gli occhi". (da www.agoravox.it)

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