martedì 29 dicembre 2009

L'unica opposizione possibile

"Antonio Di Pietro è sempre più al centro di un vergognoso tiro incrociato di menzogne, intimidazioni, contumelie, a cui si dedicano con pari abnegazione i pasdaran berlusconiani – maestri nell’odio – e le suorine inciuciste del Pd, che alla sola parola “opposizione” intonano il “vade retro!”.
Il perché di questa aggressione bipartisan è semplice: Di Pietro è ormai l’unico politico a ribadire alcune verità di fatto su cui è scesa la cappa di piombo del totalitarismo televisivo: dal carattere anticostituzionale delle leggi contro la giustizia alle frequentazioni mafiose di premier e più intimi sodali, dallo sfruttamento sempre più indecente dei ceti operai e “precari” all’arricchimento esponenziale di corrotti, grandi evasori e altri gaglioffi.Questa semplice POLITICA DELLA VERITÀ fa paura, perché raccoglie consensi crescenti e può diventare punto di riferimento delle nuove generazioni che il 5 dicembre a Roma, con il milione e mezzo di cittadini in piazza San Giovanni, hanno dichiarato solennemente la loro volontà di contare nella vita politica. Questa situazione offre a Di Pietro una irripetibile opportunità, ma lo carica anche di una responsabilità inesorabile.
Il regime berlusconiano conta infatti su due guardia-spalle: il totalitarismo televisivo e la non-opposizione del Pd. Dar vita ad una nuova opposizione è dunque un compito improcrastinabile. Opposizione larghissima nel paese, assente in Parlamento.Ne va della salvezza, anzi della restaurazione, della stessa democrazia.Di fronte a tale compito, un mero congresso di “rinnovamento”, da parte dell’Italia dei valori, è meno di un’aspirina per curare un cancro.
Passare dal 7% al 9% non cambia nulla.
L’Italia ha un DISPERATO bisogno di una grande opposizione civile, di un grande Partito della Costituzione. Di una forza che può già ora raccogliere un italiano su quattro, e in un domani non lontano ambire alla maggioranza.
Mi domando perché Di Pietro tentenni ancora, di fronte alla strada maestra dello scioglimento del suo partito dentro un crogiuolo da lui stesso proposto e che veda co-protagonisti i movimenti della società civile, le lotte sindacali che si moltiplicano, le nuove generazioni “viola”, la cultura “azionista” e la scienza “illuminista”.
Caro Tonino, solo se avrai il coraggio e la lungimiranza di proporre questo Big Bang – per oggi, non per un fumoso domani – diventerai lo statista che puoi essere, e un’alternativa a Berlusconi". (Paolo Flores d'Arcais-Il Fatto)

"Caro Paolo, ho letto e riletto la tua proposta di sciogliere il partito dell’Italia dei Valori, pubblicata giorni addietro su Il Fatto. Siccome credo nella tua buona fede e nelle tue nobili intenzioni, dico “proposta” e non provocazione, come a prima vista potrebbe apparire la tua richiesta di scioglimento dell’unico partito che fa vera opposizione al governo Berlusconi e l’unico gruppo parlamentare chiaro nel linguaggio e determinato nell’azione (meriti che, peraltro, ci riconosci anche tu). Sì, lo so, tu hai scarsa considerazione della dirigenza di Idv a livello territoriale. Non voglio nascondermi dietro un dito, so bene che qua e là nel territorio non sempre le persone selezionate o “innestate” si sono dimostrate all’altezza del ruolo, ma sfido chiunque a fare quello che ha fatto Idv in appena 10 anni di vita. Siamo nati nel 2001 ed oggi siamo la quarta forza politica presente nel Paese e nelle istituzioni. A differenza di altri partiti, Idv non è stato costruito per “scomposizione e ricomposizione” di precedenti partiti e preesistenti smaliziate classi dirigenti. Abbiamo dovuto imparare a fare politica “cammin facendo”, trovando come compagni di strada quel che il territorio (o meglio la cosiddetta “società civile”) ci offriva: nella maggior parte dei casi persone per bene mosse da autentica passione civile, in qualche caso “finti buoni” se non addirittura “buoni a nulla”. Questi ultimi, man mano che ci accorgiamo delle loro incapacità o cattive intenzioni, li stiamo accantonando. Anzi, ti dirò di più e ti prego di credermi sull’onore: molte delle critiche che girano in rete non sono affatto spontanee ma sono alimentate proprio da quelle stesse “piccole persone” che, dopo aver dimostrato la loro incapacità di lavorare per la causa comune, si lamentano perché non vengono più tenute in considerazione.Questo non vuol dire che il partito deve restare così com’è. Tutt’altro! Proprio per questo stiamo facendo esattamente quel che tu proponi: fondare una forza politica nuova in grado di poter rappresentare in pochi anni il partito di riferimento di tutti quei cittadini che non vogliono più stare con gli occhi bendati e che si riconoscono appunto in modo integrale e radicale nei principi della nostra Costituzione, primi fra tutti i principi di uguaglianza e legalità.VOGLIAMO quindi passare al più presto – e vogliamo farlo ora che abbiamo sufficiente credibilità e forza politica – ad una nuova fase in cui l’originaria Idv da “soggetto esclusivo” diventi promotrice di un nuovo “soggetto plurale”, aperto a tutte le persone per bene e di buona volontà. Anzi, tutto questo lo stiamo già facendo come dimostrano le recenti candidature alle elezioni politiche ed europee e come stanno dimostrando le candidature alle prossime elezioni regionali.Stiamo lavorando per la costruzione di un “soggetto politico” in cui il partito “Italia dei Valori” - spersonalizzato nel tempo anche del mio nome – faccia da riferimento e catalizzatore per coloro che si avvicinano per la prima volta alla politica, ma anche per coloro che l’hanno già fatto e sono rimasti con le mani pulite. Sì, qui dobbiamo capirci: non tutti quelli che si definiscono “componenti della società civile” sono da prendere a modello (alcuni sono davvero impresentabili) e, viceversa, non tutti coloro che hanno già fatto politica sono da buttare (altrimenti faremmo un’ingenerosa di “tutt’erba un fascio” solo perché hanno militato in precedenti partiti).PER FARE dell’Italia dei Valori il partito di riferimento – dell’opposizione oggi, dell’alternativa domani – abbiamo dato vita ad una seria “fase costituente” con l’obiettivo di avviare il nostro partito ad una completa spersonalizzazione dello stesso. Fase costituente che si svilupperà (anzi, si sta già sviluppando) attraverso regolari e partecipati congressi, come si usa in tutte le moderne democrazie. La procedura prevede due fasi: dapprima individuazione e coinvolgimento della “base elettorale del partito”, quindi i congressi (nazionale e territoriali), in cui – proprio come dici tu, Paolo – tutti i vertici andranno rinnovati (o – consentirai – confermati, se la “rinnovata base” li riterrà ancora degni di fiducia).CHIUNQUE VOGLIA partecipare a questa fase congressuale può iscrivere il proprio nominativo nella nostra “anagrafe della base” entro la data delle prossime elezioni regionali (29 marzo 2010), accettarne i regolamenti e riconoscersi nel codice etico di cui ognuno può prendere visione sul sito Internet http://www.italiadeivalori.it/. Inoltre il 5, 6, 7 febbraio prossimo terremo un Congresso nazionale straordinario di Idv con lo scopo sia di approvare il “programma politico” di riferimento sia di eleggere i massimi organi nazionali del partito secondo le regole statutarie che potranno essere visionate nel sito Internet del partito. Abbiamo anche aperto il partito ai circoli e alle associazioni che – pur volendo mantenere la loro individualità – vogliono avviare con noi una proficua interlocuzione politica ed una comune azione programmatica. Da subito, abbiamo dato vita ai Dipartimenti tematici e quello sul lavoro è diventato oramai un punto di riferimento certo per tanti lavoratori e giovani senza lavoro né ammortizzatori sociali.Abbiamo messo al primo posto della nostra azione politica le battaglie per la difesa della Costituzione (anche raccogliendo un milione di firme contro il famigerato “Lodo Alfano”) e per la tutela dei diritti civili.Inoltre abbiamo avviato le procedure per la raccolta delle firme per due richieste di referendum al fine di abrogare la legge che prevede l’installazione di centrali nucleari e la legge che prevede la privatizzazione dell’acqua (almeno l’acqua che beviamo e l’aria che respiriamo vogliamo che restino diritti universali acquisiti e non a beneficio solo di chi può permettersi di pagare). Insomma e in conclusione, caro Paolo: l’Italia dei Valori sta già facendo ciò che tu gli hai chiesto di fare. Se vuoi, partecipa anche tu e aiutaci a costruire il partito nel miglior modo possibile perché, come tu sai bene, sugli spalti tutti si sentono arbitri e allenatori ma poi la partita la vincono o la perdono coloro che stanno in campo. Se vuoi aiutarci a vincere, scendi in campo anche tu!". (Antonio Di Pietro)

BUON 2010


giovedì 24 dicembre 2009

Scoprila

FELICE ANNO NUOVO

Lettera a Babbo Natale 2009

Caro Babbo Natale, quest'anno ti sei portato via il mio cantante preferito: Michael Jackson, il mio attore preferito: Patrick Swayze, la mia attrice preferita: Farrah Fawcett, il mio presentatore preferito: Mike Bongiorno, la mia poetessa preferita: Alda Merini... Volevo dirti che il mio politico preferito è: Silvio Berlusconi e che l'anno non è ancora finito...

venerdì 18 dicembre 2009

In difesa della libera informazione siamo con Marco

"Marco Travaglio è un giornalista, sembra poco, invece, in Italia, è molto, moltissimo. Un giornalista libero che non vive dei contributi dello Stato, delle tasse di operai e impiegati. Come ad esempio fanno i mantenuti Ferrara del Foglio, Polito del Riformista e Belpietro di Libero. Travaglio è esile, non ha la scorta, scrive di fatti documentati. Se un centesimo degli scritti dei suoi libri fosse falso sarebbe in carcere da un decennio. Per poter continuare a scrivere ha dovuto fare un suo giornale, Il Fatto Quotidiano, che non è, come tutto il resto della stampa, a carico dei cittadini. Le grandi testate non lo hanno voluto. Fa il suo mestiere, informa. E questo in Italia non è tollerato.Nel 2006 Anna Politkovskaja fu assassinata a Mosca. In Russia ai giornalisti liberi si spara. La Politkovskaja disse: "Certe volte, le persone pagano con la vita il fatto di dire ad alta voce ciò che pensano". Lei era diventata un bersaglio e pagò. Travaglio è oggi, a sua volta, un bersaglio di regime. Bruno Vespa ha intitolato Porta a Porta: "Di chi è la colpa?" puntando il dito su Travaglio di cui ha fatto vedere spezzoni inquietanti dell' ultimo Passaparola tratto da questo blog. E' Travaglio che ha armato moralmente lo psicolabile con il modellino del duomo di Milano? (... esaurito da giorni in tutta Milano, ci sono forse migliaia di psicolabili in giro che vogliono ripetere l'insano gesto?). Paolo Liguori, memore dei bei tempi di Lotta Continua, ha esternato: "Nelle parole di Travaglio non c'è un barlume di pietà né di amore. Queste parole possono istigare alla violenza". Nel programma "Pomeriggio 5" in onda su Canale 5, lo psichiatra Alessandro Meluzzi ha un lapsus: "Ci sono lanciatori di pietre. Come si chiama questo personaggio? Tartaglia, Travaglio. Sì, Tartaglia." Fabrizio Cicchitto, capogruppo del Partito dell'Amore ha detto alla Camera: "A condurre questa campagna (di odio nei confronti di Berlusconi, ndr) è un network composto da un gruppo editoriale Repubblica-espresso, quel mattinale delle procure che è Il Fatto, da una trasmissione condotta da Santoro e da un terrorista mediatico di nome Travaglio". La tessera P2 2232 Cicchitto ha poi invitato i deputati del Partito dell'Amore a non assistere all'intervento di Di Pietro. La scena dei deputati del Pdl. "nominati" (e non eletti dai cittadini) dal piduista Berlusconi, in fila indiana dietro al piduista Cicchitto per uscire dal Parlamento, come scolaretti dietro al Gran Maestro, rimarrà nella Storia della Repubblica. Mai così in basso.La P2 regna e informa. Ha scelto un bersaglio: Travaglio, che non può distruggere con la diffamazione o comprare, ma solo abbattere. Dietro Travaglio c'è però la Rete, ci sono milioni di italiani. Se dovesse succedergli qualcosa, anche se dovesse colpirlo un fulmine dal cielo, qualcuno dovrà renderne conto. Loro non si arrenderanno mai (ma gli conviene?). Noi neppure. (Beppe grillo)

martedì 15 dicembre 2009

Follia Italia

Ormai siamo al delirio. Per mantenere un potere ottenuto con corruzione, falso e prepotenza, si accusano gli avversari di quello che il potere stesso ha fatto. Si iniziano liste di proscrizione, si indicano obiettivi e persone, si vuole limitare la libertà di espressione. Serve calma ed impegno da parte di tutti affinché questa follia finisca senza violenza contro prevaricatori senza scrupoli. Solo l'impegno, anche minimo, di tutti fermerà lo scempio a cui stiamo assistendo. La deprecabile violenza fisica contro questo o quel personaggio non cancella anni di corruzione, prepotenza, minacce e ricatti.

"La circostanza davvero orribile è che mentre tutti i commenti “da sinistra” iniziano con la più scontata (e condivisibile) delle premesse, la condanna del gesto violento, la pietà per quel volto insanguinato e spaventato del premier, tutti i commenti “da destra” non premettono nulla, addentano l’osso della notizia e accusano. Cercano “i mandanti morali”. Li scovano. Secondo Fabrizio Cicchito sono Eugenio Scalfari, la Repubblica, Annozero. Secondo i senatori della pdl, Marco Travaglio, Di Pietro, Il Fatto. Secondo tutti: “gli odiatori dell’opposizione”, i manifestanti del No B. Day., i fomentatori della campagna d’odio, il quale odio si sarebbe esercitato sfruttando le rivelazioni sessuali sulla vita privata del premier, le inchieste giudiziarie, i fallimenti dell’azione di governo, gli scollamenti della maggioranza. E’ tutto diventato una premessa al gesto di Massimo Tartaglia. Il viatico al sangue. La giustificazione (politica) della violenza. Persino la proverbiale mitezza di Rosy Bindi è stata capovolta in oscura minaccia al Cavaliere ferito. Vogliono il complotto a tutti i costi. Lo pretendono. Il “Complotto costituzionale” come titolava l’altro giorno Il Giornale. Per farne l’inizio dell’incendio dentro al quale bruciare gli ultimi nove mesi di Italia sgovernata, scandali, rendiconti giudiziari. Liquidando la sola opposizione che li impensierisca, quella dell’informazione, dei fatti raccontati ogni giorno, delle piccole verità quotidiane, oscurate dai cupi schermi della propaganda". (Marco Travaglio)

sabato 12 dicembre 2009

Italia razzista

"Sono italiano e ho la pelle nera. Un black italiano, come mi sono sentito dire al controllo dei passaporti dell'aeroporto di Boston da africane americane addette alla sicurezza. Ma voi avete idea di cosa significa essere italiano e avere la pelle nera proprio nell'Italia del 2009? Mi capita, quando vado in Comune a Milano per richiedere un certificato ed esibisco il mio passaporto italiano o la mia carta d'identità, che il funzionario senza neppure dare un'occhiata ai miei documenti, ma solo guardandomi in faccia, esiga comunque il mio permesso di soggiorno: documento che nessun cittadino italiano possiede. Ricordo un'occasione in cui, in una sede decentrata del Comune di Milano, una funzionaria si stupì del fatto che potessi avere la carta d'identità italiana e chiamò in aiuto altre due colleghe che accorsero lasciando la gente in fila ai rispettivi sportelli. Il loro dialogo suonava più o meno così. "Mi ha dato la sua carta d'identità italiana ma dice di non avere il permesso di soggiorno. Come è possibile?". "Come hai fatto ad avere la carta d'identità, se non hai un permesso di soggiorno... ci capisci? Dove hai preso questo documento? Capisci l'italiano?". "Non ho il permesso di soggiorno", mi limitai a rispondere. Sul documento rilasciato dal Comune (e in mano a ben tre funzionari del Comune) era stampato "cittadino italiano" ma loro continuavano a concentrarsi solo sulla mia faccia nera, mentre la gente in attesa perdeva la pazienza. Perché non leggete cosa c'è scritto sul documento?", suggerii. Attimo di sorpresa ma.... finalmente mi diedero del lei. "Lei è cittadino italiano? Perché non l'ha detto subito? Noi non siamo abituati a vedere un extracomunitario...". L'obiezione sembrerebbe avere un qualche senso ma se invece, per tagliare corto, sottolineo subito che sono cittadino italiano, mi sento rispondere frasi del genere: "Tu possiedi il passaporto italiano ma non sei italiano". Oppure, con un sorriso: "Tu non hai la nazionalità italiana come noi, hai solo la cittadinanza italiana perché sei extracomunitario".
Quando abitavo vicino a viale Piave, zona centrale di Milano, mi è capitato che mentre di sera stavo aprendo la mia macchina ed avevo in mano le chiavi una persona si è avvicinata e mi ha chiesto con tono perentorio perché stavo aprendo quell'auto. D'istinto ho risposto: "Perché la sto rubando! Chiama subito i carabinieri". E al giustiziere, spiazzato, non è restato che andarsene. In un'altra occasione a Milano alle otto di mattina in un viale ad intenso traffico, la mia compagna mentre guidava ha tagliato inavvertitamente la strada ad una donna sul motorino. E' scesa di corsa per sincerarsi dello stato della malcapitata. Ho preso il volante per spostare la macchina e liberare il traffico all'ora di punta. Un'altra donna (bianca) in coda è scesa dalla propria macchina ed è corsa verso la mia compagna (bianca) e diffondendo il panico le ha detto: "Mentre stai qui a guardare, un extracomunitario ti sta rubando la macchina". "Non è un ladro, è il mio compagno", si è sentita rispondere. Tutte le volte che ho cambiato casa, ho dovuto affrontare una sorta di rito di passaggio. All'inizio, saluto con un sorriso gli inquilini incrociati per caso nell'atrio: "Buongiorno!" o "Buona sera!". Con i giovani tutto fila liscio. Mentre le persone adulte sono più sospettose. Posso anche capirle finché mi chiedono se abito lì, perché è la prima volta che ci incontriamo. Ma rimango spiazzato quando al saluto mi sento rispondere frasi del genere: "Non compriamo nulla. Qui non puoi vendere!". "Chi ti ha fatto entrare?". Nel settembre di quest'anno ero con mio figlio di 12 anni e aspettavo insieme a lui l'arrivo della metropolitana alla stazione di Palestro. Come sempre l'altoparlante esortava i passeggeri a non superare la linea gialla di sicurezza. Un anziano signore apostrofò mio figlio: "Parlano con te, ragazzino. Hai superato la linea gialla. Devi sapere che qui è vietato superare la linea gialla... maleducato". Facevo notare all'anziano che mio figlio era lontano dalla linea gialla ma lui continuava ad inveire: "Non dovete neppure stare in questo paese. Tornatevene a casa vostra... feccia del mondo. La pagherete prima o poi". Qualche settimana fa all'aeroporto di Linate sono entrato in un'edicola per comprare un giornale. C'era un giovane addetto tutto tatuato, mi sono avvicinato a lui per pagare e mi ha indicato un'altra cassa aperta. Ho pagato e mi sono avviato verso l'uscita quando il giovane addetto si è messo a urlare alla cassiera: "Quell'uomo di colore ha pagato il giornale?". La cassiera ha risposto urlando: "Sì l'uomo di colore ha pagato!". Tornato indietro gli dico: "Non c'é bisogno di urlare in questo modo. Ha visto bene mentre pagavo". "Lei mi ha guardato bene? Lo sa con chi sta parlando? Mi guardi bene! Sa cosa sono? Lei si rende conto cosa sono?". Cercava di intimidirmi. "Un razzista!" gli dico. "Sì, sono un razzista. Stia molto attento!". "Lei è un cretino", ho replicato. Chi vive queste situazioni quotidiane per più di 25 anni o finisce per accettarle, far finta di niente per poter vivere senza impazzire, oppure può diventare sospettoso, arcigno, pieno di "pregiudizi al contrario", spesso sulle spine col rischio di confondere le situazioni e di vedere razzisti sbucare da tutte le parti, di perdere la testa e di urlare e insultare in mezzo alla gente. E il suo aguzzino che ha il coltello dalla parte del manico, con calma commenta utilizzando una "formula" fissa ma molto efficace: "Guardate, sta urlando, mi sta insultando. Lui è soltanto un ospite a casa mia. Siete tutti testimoni...". Ho assistito per caso alla rappresentazione di una banda musicale ad Aguzzano, nel piacentino. Quando quasi tutti se ne erano andati ho visto in mezzo alla piazza una bandiera italiana prendere fuoco senza una ragionevole spiegazione. Mi sono ben guardato dal spegnerla anche se ero vicino. Cosa avrebbe pensato o come avrebbe reagito la gente vedendo un "extracomunitario" nella piazza di un paesino con la bandiera italiana in fiamme tra le mani? Troppi simboli messi insieme. Ho lasciato la bandiera bruciare con buona pace di tutti. Ho invece infinitamente apprezzato il comportamento dei poliziotti del presidio della metropolitana di Piazza Duomo di Milano. Non volevo arrivare al lavoro in ritardo e stavo correndo in mezzo alla gente. Ad un tratto mi sentii afferrare alle spalle e spintonare. Mi ritrovai di fronte un giovane poliziotto in divisa che mi urlò di consegnare i documenti. Consegnai la mia carta di identità al poliziotto già furibondo il quale, senza aprirla, mi ordinò di seguirlo. Giunti al posto di polizia, dichiarò ai suoi colleghi: "Questo extracomunitario si comporta da prepotente!". Per fortuna le mie spiegazioni non furono smentite dal collega presente ai fatti. I poliziotti verificarono accuratamente i miei documenti e dopo conclusero che il loro giovane collega aveva sbagliato porgendomi le loro scuse. Furono anche dispiaciuti per il mio ritardo al lavoro. Dopotutto, ho l'impressione che, rispetto alla maggioranza della gente, ai poliziotti non sembri anormale ritrovarsi di fronte a un cittadino italiano con la pelle nera o marrone. "Noi non siamo abituati!", ci sentiamo dire sempre e ovunque da nove persone su dieci. E' un alibi che non regge più dopo trent'anni che viviamo e lavoriamo qui, ci sposiamo con italiane/italiani, facciamo dei figli misti o no, che crescono e vengono educati nelle scuole e università italiane. Un fatto sconvolgente è quando tre anni fa fui aggredito da quattro controllori dell'Atm a Milano e finii al pronto soccorso. Ancora oggi sto affrontando i processi ma con i controllori come vittime ed io come imputato. Una cosa è certa, ho ancora fiducia nella giustizia italiana". (Pap Khouma)

"C’è un limite che perfino la Lega, a Roma, oggi non può superare.
L’emendamento che introduce la cassa integrazione differenziata e che ha fatto gridare alle leggi razziali però è solo un aspetto della politica discriminatoria che a livello locale diventa implacabile.
Lo dimostra ad esempio il caso di Brignano Gera d’Adda, comune in provincia di Bergamo, che ha stabilito aiuti per i disoccupati purché non siano stranieri. I sindaci sceriffo, a volte, sono più potenti dello Stato. Le ordinanze comunali anche se definite discriminatorie e anticostituzionali vengono regolarmente applicate a suon di multe e non solo.
Welcome to Padania! Dove il Pdl ha firmato delega in bianco alla Lega, che impera, sul tema dell’immigrazione. Dove la stessa determinazione che sarebbe necessaria per perseguire e punire i delinquenti, sempre più spesso, viene usata invece per stabilire e diversificare i confini tra i diritti-doveri degli italiani da quelli degli immigrati.
Come si spiegherebbero altrimenti le 800 (più o meno) delibere “dissuasive” nei confronti degli stranieri? Il primato, secondo l’Associazione nazionale comuni italiani (Anci), spetta alla Lombardia con 237, segue il Veneto con 102 provvedimenti, il Piemonte con 63 e il Friuli a quota 17.
Pensò bene poi il sindaco leghista Flavio Tosi che in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera spiegò che “gli unici diritti inalienabili sono quelli che riguardano la sopravvivenza”.
Esclusa ad esempio l’istruzione perché “riconoscerla significa ammettere il diritto ai clandestini a una permanenza senza limiti”. Rimanendo sulla scia dell’educazione-istruzione è certamente da ricordare il bando pubblicato dalla provincia di Sondrio che prevede l’assegnazione di alloggi per i soli studenti valtellinesi. Scelta cassata anche in sede di Commissione europea oltre che in tribunale; ma poco importa.
Dall’università ai bambini il passo è breve: bonus bebè nazionalisti (che hanno fatto scuola a Milano e Brescia) ma anche rimborsi spese per cure dentistiche e oculistiche (dai zero ai 19 anni) ai soli italiani come previsto dall’ordinanza del comune bergamasco di Brignano Gera d’Adda.
A Romano d’Ezzelino (Vicenza) il sindaco ha escluso i bambini extracomunitari dai bonus scuola mentre due anni fa ha consegnato i pacchi della Croce Rossa solo a residenti italiani.
Adro, nel bresciano, e un paese milanese puniscono invece i figli delle famiglie straniere morose sulla retta della mensa scolastica: non paghi? Non mangi! Niente pic-nic nei parchi invece a Brescia (per l’esattezza divieto di sistemarsi in luogo pubblico in modo provvisorio, disordinato e scomposto men che meno giocare a palla oppure a cricket: da pratica sportiva orgoglio dell’impero britannico a simbolo dell’immigrazione.
Proseguendo il viaggio nell’Italia della delibere si scopre poi come la tutela del patrimonio artistico passi anche dai 100 euro di multa alla signora immigrata che si era seduta a riposare ai piedi del monumento, la “Bella Italia” (ironia della sorte). Mentre vengono tolte le panchine abitualmente utilizzate dagli stranieri a Monfalcone si apre la guerra allo sputo, si specificò “comportamento comune tra i bengalesi”.
Ad Azzano Decimo, sempre in Friuli, ha incontrato ostacoli invece la proposta del sindaco Enzo Bortolotti di permettere la vendita di cous cous, kebab e pollo al curry “soltanto se accompagnati a polenta, brovada e musetto” (tipici della tradizione culinaria locale).
Sul fronte casa a Cernobbio, sul lago di Como, ai futuri sposi in nozze civili la sindachessa impone “ispezioni dei vigili, nelle abitazioni, che dovranno accertare la pulizia di muri e pavimenti e il perfetto funzionamento di docce, bagni e caldaie”.
Ma c’è chi obbliga pure gli amministratori condominiali a relazioni sulle presenze abitative di stranieri nei palazzi; chi ancora ha deliberato il divieto ai non credenti di avvicinarsi a meno di 15 metri dai luoghi di culto o approvato nel piano regolatore la possibilità che i cittadini possano fortificare le proprie abitazioni con sistemi come garrite e barriere di filo spinato.
Sulla questione cittadinanza la fantasia delle amministrazioni comunali sembra davvero illimitata: il sindaco di Teolo (Padova) ha nominato una commissione per verificare la buona conoscenza della lingua italiana da parte dei nuovi residenti allogeni.
A San Martino Dall’Argine, nel mantovano (1800 abitanti e la più bassa percentuale di immigrati della provincia) hanno affisso manifesti per chiedere ai cittadini di "comunicare con tempestività" la presenza di immigrati clandestini.
A Gerenzano (Varese) è stato istituito un numero verde al quale chiamare per segnalare presenze sospette mentre a Ospitaletto, comune della provincia di Brescia, è stato richiesto di presentare la fedina penale per diventare nuovo residente". (Elisabetta Reguiti-Il fatto)

"Noi italiani sappiamo come smussare gli angoli di un qualsiasi muro. Il muro del razzismo è di quelli indissolubili, difficile da abbattere. Ma noi, come dicevo, sappiamo come abbattere un muro. Smussando gli angoli, a colpi di ipocrisie. E con le ipocrisie, si sa, viene facile abbattere qualsiasi muro. Ma nel caso Balotelli mi sa che siamo riusciti ad abbattere soltanto il muro della vergogna: quel muro eretto per contenere il mare maleodorante e fetido dell’xenofobo, che, una volta straripato, ci ha letteralmente ricoperto di fango.

Perché a parte i cori, i buu e il vai a raccogliere banane dei soliti razzisti da stadio (direi perlopiù imbecilli loro, e di quelli allo stato brado), di chi ha ricevuto un’educazione psichedelica, abbiamo il discriminare dell’intellettuale di turno, del professionista della parola, di chi sa fare razzismo in modo sotterraneo, sapendo ben ponderare gli aggettivi, contenere gli scandali. La specie più pericolosa. Così i cori del razzista da stadio per costoro diventano un vai a lavorare come i tuoi compari immigrati, oppure oh ma questo ragazzo con quel suo atteggiamento irretisce; così i buu del razzista da stadio diventano un oh, ma questo qua è un arrogante e strafottente; così il vai a raccogliere banane diventa un ma in fondo questo ragazzo non è mica un vero italiano.
E talmente ce la sappiamo raccontare (che non siamo mica razzisti), che ci diciamo sommessamente che non è il colore della pelle a condizionarci nei commenti verso Balotelli: no, perché un italiano razzista non s’è mai visto, nemmeno sulla luna. Nemmeno quegli italiani che hanno usato i gas in Etiopia erano razzisti, giurerebbero alcuni. Erano dei condottieri valorosi, ammetterebbero altri.
Ma il perseverare razzista degli italiani nei confronti del povero Balotelli ha raggiunto la sua fase acuta: non gli perdonano nemmeno di aver segnato un gol da antologia nella partita contro il Rubin. Questi italiani non razzisti, emeriti buontemponi come li definisce qualcuno, questi professionisti della parola, uomini di cultura e perciò autorevoli a sentenziare a ogni piè sospinto, ci raccontano cosa sia razzismo e cosa non lo sia. E incredibilmente, colui che è parte lesa, diventa parte che offende. Persino il suo allenatore non gli perdona nulla, a Balotelli: addirittura lo sgrida dopo aver fatto quel gol su punizione che garantisce alla squadra la qualificazione al turno successivo della Champions. La colpa, si sa, è sempre di Balotelli, forse perché non c’è nessuno capace di difenderlo dalle bestie da stadio, perché è davvero un ragazzo timido, fragile, perché non sa rispondere picche a quei signori professionisti della parola, rispondere come farebbe per esempio un signor Panucci: antipatico per antonomasia, ma che non ha certo peli sulla lingua e non le manda a dire: le dice punto sul becco. Perché di personaggi antipatici nel mondo del calcio è pieno: Balotelli è però un antipatico negro, e i negri, antipatici o non, al massimo – dicono quei signori che si definiscono non razzisti – sono buoni solo per andare a raccogliere banane". (www.agoravox.it)

giovedì 10 dicembre 2009

Fermiamolo prima che sia troppo tardi

"Ieri è finita la lunga transizione italiana. Siamo entrati nello stato d'eccezione: ed è la prima volta, nella storia della nostra democrazia. Si apre una fase delicata e inedita, che chiude la seconda Repubblica su una prova di forza che non ha precedenti, e non riguarda i partiti ma direttamente le istituzioni. Silvio Berlusconi ha scelto una sede internazionale, il Congresso a Bonn del Partito Popolare Europeo, per attaccare la Costituzione italiana (annunciando l'intenzione di cambiarla) e per denunciare due organi supremi di garanzia come la Presidenza della Repubblica e la Corte Costituzionale, accusandoli di essere strumenti politici di parte, al servizio del "partito dei giudici della sinistra" che avrebbe "scatenato la caccia" contro il premier. Il Presidente della Camera Fini ha voluto e saputo rispondere immediatamente a questo sfregio del sistema istituzionale italiano, ricordando a Berlusconi che la Costituzione fissa "forme e limiti" per l'esercizio della sovranità popolare, e lo ha invitato a correggere una falsa rappresentazione di ciò che accade nel nostro Paese. Poco dopo, lo stesso Capo dello Stato ha dovuto esprimere "profondo rammarico e preoccupazione" per il "violento attacco" del Presidente del Consiglio a fondamentali istituzioni repubblicane volute dalla Costituzione. Siamo dunque giunti al punto. L'avventurismo subalterno del concerto giornalistico italiano aveva cercato per settimane di dissimulare la vera posta in gioco, nascondendo i mezzi e gli obiettivi del Cavaliere, fingendo che la repubblica fosse di fronte ad un passaggio ordinario e non straordinario, tentando addirittura di imprigionare il partito democratico nella ragnatela di una complicità gregaria a cui Bersani non ha mai nemmeno pensato.
Ora il progetto è dichiarato. Da oggi siamo un Paese in cui il Capo del governo va all'opposizione rispetto alle supreme magistrature repubblicane, nelle quali non si riconosce, dichiarandole strumento di un complotto politico ai suoi danni, concordato con la magistratura. È una denuncia di alto tradimento dei doveri costituzionali, fatta dal Capo del governo in carica contro la Consulta e contro il Presidente della Repubblica. Qualcosa che non avevamo mai visto, e a cui non pensavamo di dover assistere, pur pronti a tutto in questo sciagurato quindicennio. Tutto ciò accade per il sentimento da abusivo con cui il Primo Ministro italiano abita le istituzioni, mentre le guida. Lo domina un senso di alterità rispetto allo Stato, che pretende di comandare ma non sa rappresentare. Lo insegue il suo passato che gli presenta il conto di troppe disinvolture, di molti abusi, di qualche oscurità. Lo travolge la coscienza dell'avvitamento continuo della sua leadership politica, della maggioranza e del governo nell'ansia di un privilegio di salvaguardia da costruire comunque, con ogni mezzo e a qualsiasi costo, trasformando il potere in abuso. La politica è cancellata: al suo posto entra in campo la forza, annunciata ieri virilmente dal palco internazionale dei popolari: "Dove si trova uno forte e duro, con le palle come Silvio Berlusconi?". La sfida è lanciata. E si sostanzia in tre parole: stato d'eccezione. Carl Schmitt diceva che "è sovrano chi decide nello stato d'eccezione", perché invece di essere garante dell'ordinamento, lo crea proprio in quel passaggio supremo realizzando il diritto, e ottenendo obbedienza. Qui stiamo: e non si può più fingere di non vederlo. Berlusconi si chiama fuori dalla Costituzione ("abbiamo una grande maggioranza, stiamo lavorando per cambiare questa situazione con la riforma costituzionale"), rende l'istituzione-governo avversaria delle istituzioni di garanzia, soprattutto crea nella materialità plateale del suo progetto un potere distinto e sovraordinato rispetto a tutti gli altri poteri repubblicani, che si bilanciano tra di loro: la persona del Capo del governo, leader del popolo che lo sceglie nel voto e lo adora nei sondaggi, mentre gli trasferisce l'unzione suprema, permanente e inviolabile della sua sovranità. Siamo dunque alla vigilia di una forzatura annunciata in cui lo stato d'eccezione deve sanzionare il privilegio di un uomo, non più uguale agli altri cittadini perché in lui si trasfigura la ragion di Stato della volontà generale, che lo scioglie dal diritto comune. Si statuisca dunque per legge che il diritto non vale per Silvio Berlusconi, che il principio costituzionale di legalità è sospeso davanti al principio mistico di legittimità, che la giustizia si arresta davanti al suo soglio. La teoria politica dà un nome alle cose: l'assolutismo è il potere che scioglie se stesso dal bilanciamento di poteri concorrenti, l'autoritarismo è il potere che non specifica e non riconosce i suoi limiti, il bonapartismo è il potere che istituzionalizza il carisma, la dittatura è il comando esercitato fuori da un quadro normativo. Avevamo avvertito da tempo che Berlusconi si preparava ad una soluzione definitiva del suo disordine politico-giudiziario-istituzionale. Come se dicesse al sistema: la mia anomalia è troppo grande per essere risolvibile, introiettala e costituzionalizzala; ne uscirai sfigurato ma pacificato, perché tutto a quel punto troverà una sua nuova, deforme coerenza. I grandi camaleonti sono invece corsi in soccorso del premier, spiegando che non è così. Hanno ignorato l'ipotesi che pende davanti ai tribunali, e cioè che il premier possa aver commesso gravi reati prima di entrare in politica, e l'eventualità che come ogni cittadino debba renderne conto alla legge. Hanno innalzato la governabilità a principio supremo della democrazia, nella forma moderna della sovranità popolare da rispettare. Hanno così dato per scontato che il diritto e la legalità dovessero sospendersi per una sola persona: e sono passati ai suggerimenti affettuosi. Un nuovo lodo esclusivo. E intanto, nell'attesa, il processo breve. E magari, o insieme, il legittimo impedimento, possibilmente tombale. Qualsiasi misura va bene, purché raggiunga l'unico scopo: il salvacondotto, concepito non nell'interesse generale a cui i costituenti guardavano parlando di guarentigie e immunità, ma nell'esclusivo interesse del singolo. L'eccezione, appunto. Ma una democrazia liberale si fonda sul voto e sul diritto, insieme. E il potere è legittimo, nello Stato moderno, quando poggia certo sul consenso, ma anche su una legge fondamentale che ne fissa natura, contorni, potestà e limiti. Il principio di sovranità va rispettato quanto e insieme al principio di legalità. Perché dovrebbe prevalere, arrestando il diritto davanti al potere, e non in virtù di una norma generale ma nella furia di una legge ad personam, che deve correre per arrivare allo scopo prima di una sentenza? Come non vedere in questo caso l'abuso del potere esecutivo, che usa il legislativo come scudo dal giudiziario? È interesse dello Stato, della comunità politica e dei cittadini che il premier legittimo governi: ma gli stessi soggetti hanno un uguale interesse all'accertamento della verità davanti ad un tribunale altrettanto legittimo, che formula un'ipotesi di reato. Forse qualcuno pensa che il Presidente del Consiglio non abbia i mezzi e i modi e la capacità per potersi difendere e far valere le sue ragioni in giudizio? E allora perché non lasciare che la giustizia faccia il suo corso, anche nel caso dell'uomo più potente d'Italia, ricongiungendo sovranità e legalità? L'eccezione a cui siamo di fronte ha una posta in gioco molto alta, ormai. Qualcuno domani, messo fuori gioco da Napolitano e Fini, condannerà le parole di Berlusconi, ma ridurrà lo sfregio costituzionale del premier a una questione di toni, come se fosse un problema di galateo. Invece è un problema di equilibrio costituzionale, di forma stessa del sistema. Siamo davanti a un'istituzione che sfida le altre, delegittimandole e additandole al popolo come eversive. Con un ricatto politico evidente, perché Berlusconi di fatto minaccia elezioni-referendum su un cambio costituzionale tagliato su misura non solo sulla sua biografia, ma della sua anomalia. Per questo, com'è chiaro a chi ha a cuore la costituzione e la repubblica, bisogna dire no allo stato d'eccezione. E bisogna aver fiducia nella forza della democrazia. Che non si lascerà deformare, nemmeno nell'Italia di oggi". (Ezio Mauro)

martedì 8 dicembre 2009

Black black black black Christmas


Mafiosi ad orologeria

"Gioacchino Genchi: "I veri poliziotti che hanno fatto quella cattura (di Nicchi e Fidanzati, ndr) si sono vergognati e se ne sono andati e mi hanno telefonato, mi hanno detto qui stanno facendo uno schifo, perchè hanno organizzato una messinscena davanti alla questura, portando le persone loro, con i pullmann, per organizzare quell'apparente solidarietà alla polizia. Ma vi rendete conto di cos'è l'Italia? Che livello di bassezza abbiamo toccato? Che livello di mistificazione?". (Gennaro Giugliano, Napoli)

"Egregio sig. capo del governo che più ha fatto nella lotta alla mafia,le vorrei chiedere perchè ,ella unitamente ai suoi ministri millanta risultati,nella lotta alla criminalità organizzata,che non le competono.Non le competono perchè ella ,insieme ai suoi ministri,ha operato ed opera con «Molta propaganda, molti spot e pochissima concretezza»Vediamo perchè,cominciamo con le Procure. Alcune Procure sono prive sia del capo sia dei sostituti; altre hanno scoperture di organico anche del 60 per cento.Alla Procura di Palermo,ad esempio, mancano ben 16 pubblici ministeri. Se ella e il suo Governo, che più ha fatto nella lotta alla mafia, volesse garantire la sicurezza dei cittadini metterebbe Procure e Questure in condizioni di operare in modo dignitosoSe ella e il suo Governo, che più ha fatto nella lotta alla mafia,volesse prendersi dei meriti non saremmo al paradosso ,ad esempio,di auto della polizia guaste e ferme in garage. Le riparazioni non si possono fare, mancano i fondi,non saremmo al paradosso di mancanza di carburante per i veicoli,di mancanza di toner per le fotocopiatrici, di mancanza della carta per redigere verbali,tanto che oggi stava per essere riciclato un documento storico,per quello che può importarle,l'ordine di servizio del 23 maggio 92 si proprio quello del giorno della strage di Capaci dove persero la vita un magistrato,a cui non fu dato il tempo di diventare una toga "rossa"la di lui moglie,anch'essa magistrato e i ragazzi della scorta:le ricordo quei nomi:Giovanni Falcone,Francesca Morvillo,Vito Schifani,Rocco Dicillo,Antonio Montinaro.Scusi la divagazione sig. capo del governo che più ha fatto nella lotta alla mafia,torniamo al nostro discorso . I commissariati sono al collasso, con una sola volante a disposizione.A rischio è la sicurezza dei cittadini. Alcuni poliziotti anticipano di tasca propria i soldi per piccole riparazioni alle vetture, pur di evitare di doverle lasciare in officina,sarò più preciso, sig. capo del governo che più ha fatto nella lotta alla mafia,Roma e Napoli (500 auto ferme in garage), a Palermo il dato è allarmante: su 530 tra autovetture e moto assegnate alla questura, 140 sono ferme alla caserma Lungaro, nella sezione Motorizzazione. Dal guasto di pochi euro per una frizione fuori uso si passa anche a spese da mille euro per motori sui quali gravano migliaia di chilometri.Le maggiori ripercussioni hanno investito i commissariati, che in media dovrebbero disporre di sette-dieci auto, a seconda dell´importanza dell´ufficio. Invece il 60 per cento delle macchine sono ferme.A ogni turno dai commissariati esce sempre la stessa auto, con il risultato che i mezzi fuori uso alla Lungaro sono destinati ad aumentare.questa è la situazione di Palermo,per esempio,quella Palermo dove ci sono stati gli arresti più clamorosi,di cui lei reclama il merito, effettuati dagli agenti che non solo operano in queste condizioni,che definire disagiate è poco,ma che lei neanche paga regolarmente,questi agenti hanno effettuato gli arresti perchè coordinati da quelle "toghe"che lei definisce rosse ma che sono insieme agli agenti i soli ad essere legittimati ad attribuirsene i meriti,non lei e neanche quei buffoni dei suoi galoppini.Come risponde ,sig. capo del governo che più ha fatto nella lotta alla mafia?tanto le dovevo...un cittadino che non si sente rappresentatoda lei ne dal suo governo..." . (Aloi Calabrese)

Medioevo Italia

"L'Italia è uno Stato feudale, non una democrazia. E' il superamento della democrazia. Il capitale applicato al Medio Evo. I partiti regnanti hanno occupato il Parlamento e nominano direttamente i loro dipendenti, i loro amici, i famigliari, le amanti. C'è la moglie di Fassino del Pdmenoelle che è eletta da 7 legislature, dai tempi di Reagan e del Muro di Berlino. Ci sono gli avvocati di Berlusconi che fanno una legge su misura ogni volta che ha un processo. Esistono due partiti regnanti, il Pdl e il Pdmenoelle. Si sono spartiti il Parlamento. Il Parlamento è un utile strumento in mano al Governo Regnante che lo usa, insieme all'Opposizione Silente, per assegnare le risorse dello Stato ai Vassalli: autostrade, frequenze televisive, acqua, energia, territorio.Le risorse dei cittadini sono date in concessione per decenni ai vassalli amici che garantiscono così il controllo economico del Paese. "Il feudatario o vassallo non era il proprietario della terra, ma solo un usufruttuario che riceveva beni e protezione da un potente in cambio della sottomissione e di un giuramento vassallatico di fedeltà" (*).I Vassalli italiani sono riuniti in una confederazione detta Confindustria, la Confederazione dei Vassalli di Stato. Ad esempio, il vassallo Benetton ha in concessione le autostrade, già pagate da generazioni di italiani, e chiede il pizzo al casello. I vassalli riuniti nella Hera, azienda multiutility, hanno invece lo sfruttamento dell'acqua.Può capitare che il vassallo diventi un successore al trono. E' il caso di Berlusconi al quale il socialista regnante Craxi, ladro e latitante, regalò le concessioni televisive. Grazie all'informazione e ai soldi della raccolta pubblicitaria, il vassallo Berlusconi divenne presidente del Consiglio. In seguito, D'Alema, nel suo breve (ma non abbastanza) regno, promulgò una legge ad hoc per consentire a Berlusconi di pagare solo l'uno per cento dei ricavi allo Stato per le frequenze di tre reti televisive nazionali. D'Alema, quello che è stato trombato come mister PESC per fortuna dell'Europa, andò oltre il concetto di concessione con le donazioni di Stato. Nel 2000 donò a Colaninno e Gnutti, definiti "capitani coraggiosi", Telecom Italia, la più grande azienda del Paese, spolpata in seguito da Tronchetti Provera. La donazione avvenne con l'acquisto a debito. Colaninno indebitò Telecom e con i soldi del debito la comprò con l'assenso del governo regnante. Telecom Italia è ora tra le aziende telefoniche più indebitate del mondo in attesa di finire in bocca a Telefonica, e l'Italia la nazione più arretrata d'Europa per la diffusione della banda larga. Un'altra grande donazione ai vassalli avvenne per Alitalia. Berlusconi la divise in due parti: una good company e una bad company. La good company finì ai soliti noti della Confindustria dei Vassalli, tra cui i sempiterni Colaninno e Tronchetti, la bad company, con tutti i debiti, rimase a carico dei contribuenti.I Partiti Regnanti governano con favori, concessioni, donazioni e aiuti di Stato come avviene per la Fiat, il feudatario di Torino, ma anche attraverso Grandi Opere Inutili pagate dai contribuenti, come il Ponte di Messina, la Tav in Val di Susa, le centrali nucleari, gli inceneritori, i rigassificatori, tutte opere realizzate dai Vassalli di Confindustria, Marcegaglia, Ligresti, Romiti, Caltagirone. Le donazioni avvengono inoltre con l'utilizzo delle risorse della Comunità Europea date a vassalli regionali collegati con le mafie senza alcun controllo sulla loro destinazione. I soldi per i depuratori e per le nuove imprese si trasformano in tangenti e le tangenti in voti. L'Italia feudale è per questo prima assoluta per truffe ai danni della Comunità Europea. I partiti regnanti trasformano le risorse dello Stato (nostre) in regalie e la democrazia in una barzelletta. Gli italiani sono i nuovi servi della gleba. Loro non si arrenderanno mai (ma gli conviene?).Noi neppure". (Beppe Grillo)

lunedì 7 dicembre 2009

Le mariage


Dimissioni del premier. Che se na vada definitivamente a Panama

"Dopo l'editoriale di venerdì scorso dell'Economist, l'autorevole settimanale globale britannico, che gli ha chiesto di dimettersi, stamane anche il Financial Times, più importante quotidiano finanziario d'Europa, afferma che Silvio Berlusconi "non può governare l'Italia". In un commento non firmato nella pagina degli editoriali, espressione della direzione del giornale secondo lo stile della stampa anglosassone, il quotidiano della City afferma che il premier italiano è stato a lungo in grado di restare a galla a dispetto delle controversie che lo circondano; "ma le cose adesso, finalmente, stanno diventando serie per il Cavaliere", osserva l'articolo. Il FT ricorda che nei giorni scorsi Berlusconi è stato accusato in tribunale da un mafioso pentito di avere avuto legami con Cosa Nostra nel mezzo della campagna di attentati dei primi anni '90, accuse negate dal primo ministro ma che "ciononostante mettono in rilievo i suoi legami con Marcello Dell'Utri, un suo stretto collaboratore che sta facendo appello contro una condanna a nove anni di prigione per associazione mafiosa". Il quotidiano londinese elenca quindi gli altri processi che gravano sul leader del Pdl: quello per la corruzione dell'avvocato inglese David Mills, uno riguardante Mediaset, a cui si somma la richiesta di ancora un'altra corte di giustizia del pagamento di una garanzia bancaria sui 750 milioni di euro che la Fininvest è stata condannata a pagare come risarcimento alla Cir di Carlo De Benedetti per la controversa battaglia sull'acquisizione della Mondadori. "Berlusconi è sotto assedio", riassume il Financial Times. Ai suoi problemi giudiziaria si aggiungono la richiesta di sua moglie di un accordo di divorzio "punitivo", la "grande dimostrazione" di protesta del No Berlusconi Day e il fatto che "perfino il suo alleato, Gianfranco Fini, un possibile successore, è stato sentito dire che Berlusconi confonde la leadership con la monarchia assoluta". "E' prematuro dare per spacciato questo scaltro uomo politico, ma sta pattinando su un ghiaccio sottile", conclude l'editoriale. "La lamentela da lui spesso citata secondo cui non può governare e al tempo stesso affrontare una serie di casi in tribunale contro di lui è sicuramente giusta. Il suo governo sta cominciando a trascorrere più tempo a fare i conti con i problemi di Berlusconi che con quelli del paese. Le dure decisioni necessarie per riformare l'economia e le istituzioni italiane non verranno prese finché egli rimane primo ministro". (La Repubblica)

venerdì 4 dicembre 2009

Dimissioni del premier. Successo strepitoso del No Berlusconi Day. Si intravede una luce in fondo al buio

Sabato, 5 dicembre 2009, centinaia di migliaia di persone sono scese in piazza per far sapere che non vogliono saperne di questo premier: l'emblema di quello che un uomo, un italiano, un cittadino del mondo non dovrebbe essere. Io sono uno di questi manifestanti: non appartengo a nessun partito, non mi riconosco nell'informazione italiana, rifiuto di credere che l'Italia possa essere scesa così in basso. C'è bisogno di un rinnovamento radicale che ci faccia ritrovare la strada della freschezza, della speranza e del convivere comune. Il nostro Paese oggi è in mano a dei lanzichenecchi che ne occupano i posti chiave sfruttandone i metodi democratici piegati ad hoc ai loro interessi. Serve una rivoluzione dal basso, non violenta, un impegno personale di ognuno di noi, giorno per giorno, affinché si butti a mare questo marciume di inciucio lontano dalla nostra evoluzione e si riprenda un cammino che sembra perduto.

"Presidente Berlusconi, noi oggi siamo qui a darle una notizia: lei è un uomo del secolo scorso.Siamo qui a comunicarle che lei è un uomo del tempo in cui bastava avere tre o quattro televisioni per imporre un modello culturale, un sogno fasullo, un partito creato a tavolino in una concessionaria di pubblicità.Un uomo del tempo in cui comunicazione voleva dire pochi grandi proprietari di mass media che potevano fare e disfare la realtà a loro piacimento, stabilire ciò di cui si doveva avere paura e ciò che si doveva desiderare.Un uomo del tempo in cui lei poteva entrare nelle case, nelle teste e nell’anima delle persone mescolando bugie e illusioni per modellarle secondo i suoi interessi prima economici e poi politici.Bene, presidente Berlusconi, noi oggi siamo qui a dirle che quel tempo è finito.Lo sappiamo, queste sera le sue tivù pubbliche e private faranno finta che noi non ci siamo mai stati, che oggi non sia successo niente e nessuno sia venuto qui a dirle quello che è già accaduto: e cioè che lei è diventato l’uomo del passato, è diventato l’uomo di un secolo che non c’è più.Noi oggi siamo qui a comunicarle che il suo giocattolo si è rotto e non le servirà più a niente perché milioni di persone lo sapranno lo stesso, su Twitter e su Facebook, sui blog e su YouTube e in mille altri posti ancora di cui lei nemmeno conosce l’esistenza.Oggi siamo qui a dirle che noi non siamo caduti nella sua trappola della paura e non crediamo più al modello conformista e al pensiero unico che lei, come i suoi amici dittatori sparsi per il mondo, ha imposto per vent’anni ingannando soprattutto i meno avveduti e i più vulnerabili: gli anziani, i poco istruiti, quegli elettori che lei stesso ha definito «bambini di quinta elementare e neppure tanto svegli».Presidente Berlusconi, noi oggi siamo qui a dirle che la bolla d’aria in cui voleva tenerci per sempre chiusi è scoppiata.Noi ora sappiamo aprire le finestre e vedere il mondo fuori che ride di lei, che la disprezza, che la sbugiarda. Non servono più a niente le censure delle sue tivù, non servono più a niente i piccoli e grandi servi che riempiono di bugie i suoi mass media. Perché noi sappiamo aprire le finestre e sconfiggere la paura del nuovo.Presidente Berlusconi, ci guardi, non c’è niente di virtuale in questa piazza. Perché lei non lo sa ma il Web è soltanto uno strumento, un grande strumento che lei, uomo della tivù, semplicemente non conosce.Noi non siamo virtuali, signor presidente, siamo persone in carne e anima che usano la Rete perché è il luogo della pluralità culturale, delle mille idee e dei mille confronti, della comunicazione orizzontale e degli unici miracoli davvero possibili, come quello che abbiamo creato oggi: una piazza piena di gente che si è organizzata in Rete e ora è qui tutta insieme, per dare a questo paese una scossa che è d’amore e non di rabbia.Noi non siamo pirati informatici o aspiranti assassini via Facebook, signor presidente, siamo persone appassionate e forti, tolleranti e libere, curiose e coraggiose, innamorate della biodiversità intellettuale, culturale, etnica, etica, religiosa, politica.Cioè proprio il contrario del suo modello, signor presidente: monocratico, verticale, impositivo, fasullo. E davvero sì, virtuale, quello.Presidente Berlusconi, qui ci sono ragazzi che avevano 15 anni quando l’hanno vista per la prima volta in televisione a insultare i giudici, ad accusare ogni dissidente di essere comunista, a raccontare barzellette stupide e bugie pietose.Adesso quei ragazzi hanno trent’anni, magari si sono sposati e hanno dei figli, ma se accendono la televisione trovano ancora lei – con i capelli dello stesso colore – lì a insultare i giudici, ad accusare ogni dissidente di essere comunista, a raccontare barzellette stupide e bugie pietose.Ma loro e noi , insieme, nel frattempo abbiamo aperto le finestre, anche se lei non se n’è accorto, impegnato com’era a fare affari, ad allargare il suo potere e il suo io, a inventarsi nuove leggi che la mettessero al di sopra di ogni giudizio.E noi oggi le mandiamo questa lettera per dirle che anche se lei cercherà di nascondere a se e agli altri la realtà e il nuovo secolo, saranno la realtà e il nuovo secolo a venirla a prendere.Noi, presidente Berlusconi, oggi glielo diciamo con le parole di Aurelio Peccei, partigiano, imprenditore, pioniere del suo tempo.«Quanto accadrà d’ora in avanti» diceva Peccei, «dipende da noi in una misura mai concepita nel passato, che noi dobbiamo fare appello a nuove forme di coraggio perchè uscire dal pozzo non è un’utopia ma una prospettiva assolutamente verosimile.Lo è se vogliamo che lo sia».Ecco perchè, per quanto cerchi di prolungare il suo giorno più in là, signor presidente, per lei la sera è arrivata.Onorevole Berlusconi, noi oggi siamo qui a darle la notizia che il suo tempo è finito". (Alessandro Gilioli)

mercoledì 2 dicembre 2009

Quasi quasi cambio chiesa...

“Non fare agli altri quello che non vuoi che gli altri facciano a te; fai agli altri quello che vuoi che gli altri facciano a te”. Con questo principio ispiratore, tratto dal Vangelo, la Chiesa valdese di Milano ha attivato uno sportello pubblico per la raccolta delle dichiarazioni anticipate di fine vita di tutti i cittadini, valdesi e non.Nel modulo da riempire, si può dare o negare l’autorizzazione a trattamenti sanitari nel caso ci si trovasse “in situazione di perdita della capacità di decidere o di impossibilità di comunicare, temporaneamente o permanentemente le decisioni ai medici”. Tra i trattamenti, anche idratazione e alimentazione forzata, trasfusioni di sangue, respirazione meccanica, chirurgia d’urgenza.Tutt’altra posizione rispetto alla Chiesa cattolica (e di conseguenza alla maggioranza parlamentare). Eppure i testi ispiratori sono gli stessi, Bibbia e Vangelo. La differenza è che la Chiesa cattolica si pone come intermediario – attraverso il Papa – tra l’uomo e Dio, mentre per i valdesi il filo è diretto. Il che significa sfrondare la “parola di Dio” da tutte le infallibili interpretazioni papali trasformate nei secoli in “leggi divine”.E infatti i Valdesi promuovono la ricerca scientifica e sulle staminali (bollata da Santa Romana Chiesa), la contraccezione, l’aborto e l’eutanasia. E ora anche il testamento biologico.Già nel 2007, il Sinodo della Chiesa valdese aveva dichiarato in un documento: “E’ principio di civiltà dare voce, attraverso una legge, alle scelte della persona compiute con coscienza e volontà e in previsione di una futura incapacità nell’esprimere validamente il suo pensiero. L’approvazione di una legge sulle direttive anticipate costituirebbe, tra l’altro, semplice adempimento della Convenzione di Oviedo del 1997, già ratificata dallo Stato italiano, e in particolare dell’art. 9 laddove si afferma che “i desideri precedentemente espressi a proposito di un intervento medico da parte del paziente che, al momento dell’intervento, non è in grado di esprimere la sua volontà, saranno tenuti in considerazione“.I Valdesi ci dimostrano, ancora una volta, che credere nel dio cristiano non significhi necessariamente negare all’uomo i diritti fondamentali o depredarlo della libertà di decidere per la propria vita. Il loro modello di religiosità è profondamente diverso da quello coercitivo cui la Chiesa cattolica ci ha abituati da duemila anni.Ma soprattutto, per i valdesi, le uniche leggi che valgono per tutti sono quelle dello Stato, non quelle della coscienza.Non a caso, il modulo per il testamento biologico da loro proposto si chiude con l’articolo 32 della Costituzione italiana: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana“.L’istituzione di registri per il testamento biologico sta dilagando un po’ ovunque in tutta l’Italia laica, ad anticipare la discussione parlamentare su un testo di legge, il ddl Calabrò, che nega a ogni italiano il diritto primario, e inconfutabile, di disporre della propria vita. Se verrà approvato, è probabile che le dichiarazioni dei cittadini fino ad allora raccolte diventeranno solo carta straccia. Per il momento, però, danno un segnale forte che in un Paese civile non dovrebbe essere sottovalutato. In un Paese civile, appunto". (Micromega)

Sister


Dimissioni del premier. Mille domande per andarsene

"101 domande per 6000 autori. Quesiti tra il serio e lo scherzoso che hanno come destinatorio un unico protagonista: Silvio Berlusconi. "Caro Papi Natale", che esce a ridosso del "No B.day", è un libro che nasce dal blog "Rassegna Stanca" e che raccoglie le domande che alcune migliaia di persone hanno deciso di indirizzare al presidente del Consiglio per sapere di più sulla sua vita di politico e imprenditore. Tra le tante domande ci sono anche i dieci interrogativi di Repubblica. Alcuni quesiti sono ironici. Del tipo: "Ha iniziato vendendo scope elettriche porta a porta ha finito vendendo bufale a Porta a Porta: può dire di aver fatto carriera?". Altre molto serie: "Lei e Dell'Utri, anche recentemente, avete definito il pluriomicida Vittorio Mangano un eroe. Può essere definito eroe chi ha fatto parte della stessa organizzazione criminale che ha ucciso Falcone e Borsellino?" Tante domande, selezionate tra le moltissime arrivate al sito. Scelte tra le più cliccate, le più irriverenti, le più dirette. Scorrendole si riesce a delineare il percorso dell'epopea berlusconiana dalle origini all'oggi. Cinque capitoli che spaziano dalla politica, al continuo scontro con la magistratura, alla ossessione del complotto per farlo cadere. Ed ancora i difficili rapporti con la stampa. Capitolo a parte lo merita il rapporto di Berlusconi con le donne. Si parte da Noemi Letizia ("è vero che le ha promesso di favorire la sua carriera nello spettacolo?"), si passa per la moglie, Veronica Lario ("mio marito frequenta minorenni"). E via via fino alle veline candidate ("non trova grave aver ricompensato con candidature e promesse le ragazze che la chiamano papi?"). E avanti così, compresa la domanda sulle presunte capacità sessuali del Cavaliere: "A 73 anni tre ore di sesso a notte: è disponibile all'antidoping?". Ma anche le origini della fortuna del Cavaliere finiscono nel mirino. Si parte dalla realizzazione di Milano 2 e da quei 3 miliardi dell'epoca su cui il Cavaliere potè contare. "Da dove venivano?" ci si chiede. E quello dell'origine della fortuna dell'attuale premier è un tema che torna spesso nei quesiti. "Come nasce la Fininvest? Da dove arrivano i miliardi per aumentare il capitale?". Ed ancora: "Come ha fatto a conservate le frequenze tv?". Si arriva così all'oggi e alle leggi ad personam: lodo Alfano e processo breve in primis. Davvero tante le domande. Molte altre non hanno trovato posto nel libro e si possono leggere nel gruppo di Facebook "Dieci (nuove) domande a Berlusconi". Tra i tanti quesiti, spiccano, invece, le parole (senza punto interrogativo) che Bossi, tra il 1994 e il 1999, pronunciò sul Cavaliere: "E' un portaborse di Craxi...è l'uomo della mafia, un palermitano che parla meneghino mandato apposta per fregare il Nord. La Fininvest è nata da Cosa Nostra. Da dove vengono i suoi soldi?..Stava nella P2 e guadagna soldi con l'eroina e la cocaina...Ha fatto ciò che ha voluto con le televisioni...Se va a Palazzo Chigi vince il Tecnocrate..Alla fine avrà un posto all'Inferno, perché quello lì non se lo prendono nemmeno in Purgatorio". Sono passati dieci anni e adesso Bossi dice di essere "il miglior alleato di Berlusconi". Forse anche questa giravolta meriterebbe una domanda: "Come mai, Senatur, ha cambiato idea?". (La Repubblica)