lunedì 30 settembre 2013

Amarcord. Happiness


Bel Poggio (Loro Ciuffenna-San Giovanni Valdarno-Arezzo). Sul fienile con papà Giovanni. Una vita da contadini, semplice e felice. Se solo avessi potuto crescere con loro, mi sarei evitato anni di gelidi collegi, suore e preti, senza amore. Qui si viveva su una collinetta isolata, con il frutto della terra, senza bagno ed acqua calda, senza tv. C'era l'aia con le galline, i polli e i conigli, la terra da coltivare, i giaggioli da vendere e la caccia alla selvaggina. Si dormiva in grandi lettoni senza riscaldamento, si cucinava in un enorme cammino sempre acceso, si faceva il pane per una settimana mantenendolo in un enorme madia. Cucinava mamma Maria, che mi adorava, così come papà Giovanni. La sera si andava da Arturo e Graziella, i nostri vicini, e ci divertivamo un mondo. La mia madre naturale un giorno, gelosa della sua glaciale assenza, mi venne a prendere per calarmi nell'infelicità.

domenica 29 settembre 2013

Firma per liberare Gorgona dagli intrusi




Da qualche mese, insieme all'organizzazione internazionale Avaaz, sono partite due nuove ed importanti petizioni. Spero vorrete  firmarle convidendole con i vostri amici e conoscenti.
La prima si chiama: "Chiudiamo il carcere dell'Isola di Gorgona".
 La seconda: "No al rigassificatore nel mare del Santuario dei Cetacei".
Forse non tutti sanno che in Italia esiste un'isola chiamata Gorgona, a sole 19 miglia da Livorno, dove coesistono una colonia penale ed un paese che sta scomparendo a causa del carcere.
Chiudere questa dispendiosissima prigione a cielo aperto è diventata per gli ultimi abitanti ormai una priorità. O il carcere o i gorgonesi è ormai l'unica scelta da fare per non disperdere per sempre la storia e il patrimonio del villaggio degli antichi pescatori. 
La secolare convivenza è ormai carta straccia grazie all'attuale direttrice del carcere Maria Grazia Giampiccolo che, abusando dell'autorità che gli concede il ministero di Giustizia, è arrivata addirittura ad impedire lo sbarco ad alcuni gorgonesi che abitano stabilmente sull'isola. 
Questo, insieme ad altre mille prevaricazioni ed ingiustizie della colonia penale sul paese, significa la morte di Gorgona e dei suoi abitanti originari, per farne un'altra isola desertificata e senza un'anima, come è già successo per Pianosa e l'Asinara.
 Per ora siamo a 97 firme.

Per firmare clicca qui sotto:


Intanto è arrivato a Livorno, non lontano dall'isola di Gorgona, un enorme rigassificatore che hanno piazzato in mezzo al mare, proprio all'interno del Santuario dei Cetacei e del Parco dell'Arcipelago Toscano. Inutile dire che tutti gli enti preposti alla salvaguardia di questo territorio, e che magari vietano di pescare con la canna agli abitanti delle isole, non hanno alzato un dito (tutti stipendiati da noi: Parco dell'Arcipelago Toscano, Comune di Livorno, Provincia di Livorno, Regione Toscana, ministero dell'Ambiente, Governo). Anzi, hanno fatto di tutto per incentivare l'arrivo di questo ecomostro, i cui guadagni andranno in tasca ai promotori e le spese saranno pagate invece dalle bollette di tutti i contribuenti italiani... .
Questa iniziativa va fermata a tutti i costi perché darebbe un colpo mortale all'ambiente e alla bellezza di questi posti, oltre ad essere un pericolo per eventuali esplosioni e per l'utilizzo di sostanze chimiche. 
Siamo a 81 firme.

Per firmare clicca qui sotto:

http://www.avaaz.org/it/petition/No_al_rigassificatore_nel_mare_del_Santuario_dei_Cetacei/?launch

sabato 28 settembre 2013

Al voto subito per mandarli via per sempre!


Crolla un governo infelice. L'unica cosa che dovevano fare, la riforma della legge elettorale, non l'hanno fatta. Non c'è più tempo per aspettare. Saremo costretti ad andare a votare con il porcellum. Bisogna andarci subito. Questa volta dobbiamo avere il 51 per cento, altrimenti non se ne andranno mai e non cambierà mai nulla. L'emergenza l'hanno creata i vecchi partiti ed è una scusa per continuare a gestire il potere e i privilegi di pochi. Bisogna avere il coraggio di azzerare tutto e di cambiare. Ne pagheremo le conseguenze, ma bisogna ricominciare daccapo. Impegniamoci tutti in prima persona, per quello che possiamo, anche nel nostro piccolo quotidiano. Non continuiamo ancora questa agonia... . Che il pubblico sia l'emanazione del nostro privato, quello migliore.



"Berlusconi ha ritirato i ministri dal governo. L'impalcatura costruita da Napolitano a colpi di rielezione, di saggi comprati al mercato della politica, di gestione presidenziale del Parlamento, è crollata. Non era necessario un indovino per prevederlo. L'Italia non può più reggersi sulle spalle di un ultra ottuagenarioche sta, volontariamente o meno non importa, esercitando poteri da monarca che nessuno gli ha attribuito. Napolitano deve rassegnare le dimissioni. E' a lui che dobbiamo questo impasse. Alle sue alchimie va attribuito lo sfacelo istituzionale attuale. Napolitano non poteva non sapere che un governo di larghe intese con un potenziale delinquente finisse nel peggiore dei modi. Vi ricordate l'entusiasmo e il sorriso di Berlusconi, i suoi applausi felici alla nomina di Napolitano alla Camera? Lo aveva eletto lui, lo aveva votato il pdl composto da suoi impiegati. Berlusconi sembrava ringiovanito, aveva evitato gli iceberg, per lui mortali, rappresentati da Rodotà e Prodi, quest'ultimo fottuto dagli uomini di D'Alema e Renzi dietro il rifugio vergognoso del voto segreto. Napolitano bis è una creatura di Berlusconi. Qualcuno può negarlo? E Letta, che passerà alla storia minima del nostro Paese per non aver mai deciso una cippa, è stato scelto dalla coppia Napolitano&Berlusconi. Un fiasco colossale. L'Italia ha perso un anno a gingillarsi mentre l'economia stava precipitando. Rinvio dopo rinvio questi parassiti hanno tirato a campare mentre l'Italia tirava le cuoia. L'ultimo regalo l'assurdo aumento dellIVA che colpirà le classi sociali più deboli. Un cambiamento immediato è necessario. Bisogna tornare al voto. Gli italiani devono poter decidere se vivere o morire. Rien ne va plus. Le nostre aziende stanno morendo. Telecom Italia è stata comprata da Telefonica con un pugno di euro nel silenzio del governo e della Consob, Cosa rimane? Eni, Enel e Finmeccanica messe all'asta da Capitan Findus Letta per rimandare la fine del Sistema. Poco altro. Bisogna andare al voto per vincere e salvare l'Italia. E' l'ultimo treno. Napolitano non si opponga. I prossimi mesi saranno per cuori forti. In alto i cuori. (dal blog www.beppegrillo.it)

La mia Africa. Grand Bassam Village


A Grand Bassam, nel 1997, trovammo un appartamento costruito malamente da un imprenditore locale sopra la rumorosa stazione dei bus. Non avevamo mobili e l'acqua l'andava a prendere con il secchio una signora zoppa che si faceva su e giù tre piani di scale. Niente telefono, niente luce. Quindi, tanto caldo. I soldi erano finiti e mangiavamo pesce fritto e mais (attieké) ai banchetti improvvisati delle donne che vendevano i pesci pescati dai loro indolenti mariti al fiume Comoé. Costava pochissimo ed era buono. Magari l'olio friggeva tutta la giornata ed era un po' nero. Se avevamo qualcosa di più ci permettevamo il maiale al forno (porc au four) con la baguette. A colazione scendevamo dai commercianti djoulà a farci il caffèlatte con il latte concentrato e il pane baguette con il burro. Anche quello costava poco.
Quando un impiegato dell'ambasciata italiana decise di tornare in Italia, svendette quello che aveva e ci rifornimmo di qualche condizionatore d'aria, dopo che avevamo attaccato l'energia elettrica. I mesi prima - eravamo nel periodo più caldo tra febbraio e maggio - boccheggiavo sul terrazzo a 40 gradi con un enorme umidità. Mi stendevo lì per terra sperando che arrivasse un po' di fresco la sera, ma non arrivava mai. Per due settimane ebbi anche un forte attacco di malaria e quasi ci restai secco. Non avevo i soldi per comprarmi le medicine e mi ero quasi rassegnato. Sotto brulicava di persone che andavano continuamente avanti e indietro. Un giorno scoprii che cercavamo tutti di mettere qualcosa nello stomaco.
Accanto a noi abitava un francese con delle ragazze giovani del luogo, che  lui piazzava nel suo bar notturno per soli uomini. Il secondo figlio era appena nato e non mancavano le baby-sitter. Fu lì che concepimmo il terzo figlio, che nacque nove mesi dopo a Grand Bassam vecchia, l'antica capitale fondata dai francesi, dove avevamo affittato un'altro appartamento con vista sull'Oceano Atlantico.
Ancora non saspevo che qualche mese dopo sarei rientrato definitivamente in Italia.

venerdì 27 settembre 2013

Gorgona di tutti. Firma le due petizioni!



Da qualche mese, insieme all'organizzazione internazionale Avaaz, sono partite due nuove ed importanti petizioni. Spero vorrete  firmarle convidendole con i vostri amici e conoscenti.
La prima si chiama: "Chiudiamo il carcere dell'Isola di Gorgona".
 La seconda: "No al rigassificatore nel mare del Santuario dei Cetacei".
Forse non tutti sanno che in Italia esiste un'isola chiamata Gorgona, a sole 19 miglia da Livorno, dove coesistono una colonia penale ed un paese che sta scomparendo a causa del carcere.
Chiudere questa dispendiosissima prigione a cielo aperto è diventata per gli ultimi abitanti ormai una priorità. O il carcere o i gorgonesi è ormai l'unica scelta da fare per non disperdere per sempre la storia e il patrimonio del villaggio degli antichi pescatori. 
La secolare convivenza è ormai carta straccia grazie all'attuale direttrice del carcere Maria Grazia Giampiccolo che, abusando dell'autorità che gli concede il ministero di Giustizia, è arrivata addirittura ad impedire lo sbarco ad alcuni gorgonesi che abitano stabilmente sull'isola. 
Questo, insieme ad altre mille prevaricazioni ed ingiustizie della colonia penale sul paese, significa la morte di Gorgona e dei suoi abitanti originari, per farne un'altra isola desertificata e senza un'anima, come è già successo per Pianosa e l'Asinara.
 Per ora siamo a 94 firme.


Per firmare clicca qui sotto:


Intanto è arrivato a Livorno, non lontano dall'isola di Gorgona, un enorme rigassificatore che hanno piazzato in mezzo al mare, proprio all'interno del Santuario dei Cetacei e del Parco dell'Arcipelago Toscano. Inutile dire che tutti gli enti preposti alla salvaguardia di questo territorio, e che magari vietano di pescare con la canna agli abitanti delle isole, non hanno alzato un dito (tutti stipendiati da noi: Parco dell'Arcipelago Toscano, Comune di Livorno, Provincia di Livorno, Regione Toscana, ministero dell'Ambiente, Governo). Anzi, hanno fatto di tutto per incentivare l'arrivo di questo ecomostro, i cui guadagni andranno in tasca ai promotori e le spese saranno pagate invece dalle bollette di tutti i contribuenti italiani... .
Questa iniziativa va fermata a tutti i costi perché darebbe un colpo mortale all'ambiente e alla bellezza di questi posti, oltre ad essere un pericolo per eventuali esplosioni e per l'utilizzo di sostanze chimiche. 
Siamo a 81 firme.

Per firmare clicca qui sotto:

http://www.avaaz.org/it/petition/No_al_rigassificatore_nel_mare_del_Santuario_dei_Cetacei/?launch

La mia Africa. Blood diamond




La prima volta che arrivai in Liberia traversai il fiume Cavally, tra la Costa d'Avorio e il territorio liberiano, su una chiatta galleggiante sorvegliata dai colonnelli di Charles Taylor, che comandava i bambini soldati sull'altra sponda del fiume dove vivevano gli scimpanzé. Per curiosità mi ero accompagnato ad un avventuriero italiano di Bari, che viveva in Costa d'Avorio e si diceva trafficasse in diamanti ed armi con Taylor e le sue mogli. Andavamo a vedere una grande quantità di cautchiù che i guerriglieri volevano venderci. Non se ne fece nulla perché era tutto bruciato, ma facemmo finta che ci interessava altrimenti non uscivamo vivi di lì. La seconda volta andammo in aereo a Monrovia. Parlammo anche con Taylor al Parlamento per far uscire valigie piene di dollari che se ne andavano in Svizzera. La terza volta andammo in auto, passando dal Nord della Costa d'Avorio. Monrovia era piena di check point e la sera c'era il coprifuoco. Le auto camminavano senza gomme e non c'era la luce elettrica. Taylor era il padrone della Liberia dopo che avevano tentato di farlo fuori politicamente. Aveva scatenato una guerra civile con le etnie locali ed aveva messo il Paese a ferro e fuoco.



"È il primo ex capo di Stato ancora in vita condannato da un Tribunale internazionale per crimini di guerra dalla Seconda Guerra Mondiale. L’ultimo era stato Karl Dönitz , ammiraglio tedesco che guidò la Germania nazista dopo il suicidio di Adolf Hitler. Charles Taylor, 65 anni, presidente della Liberia dal 1997 al 2003, considerato uno dei più spietati dittatori dell’Africa, ieri è stato giudicato colpevole dalla Corte Penale dell’Aja per la Sierra Leone, che ha confermato in appello la pena a 50 anni di carcere. Taylor era stato condannato ad aprile 2012 per aver fornito assistenza finanziaria, materiale (armi e munizioni) e tattica ai ribelli del Ruf (Fronte rivoluzionario unito) nella guerra civile che tra il 1991 e il 2002 sconvolse la Sierra Leone. Era la guerra dei «diamanti insanguinati». Taylor voleva conquistare maggiore influenza nella zona e ritagliarsi la fetta più grossa di un commercio che fruttava milioni di dollari. Il prezzo da pagare aveva poca importanza: bambini soldati, villaggi saccheggiati e terrorizzati, stupri, mutilazioni, esecuzioni sommarie. Taylor accumula una fortuna, frequenta il jet set internazionale, incontra uomini d’affari e personaggi da copertina. Persino la top model Naomi Campbell che riceve, secondo l’attrice Mia Farrow, anche un set di diamanti in regalo. La modella sarà poi chiamata a testimoniare all’Aja anche se negherà sempre di sapere da chi venissero. «La condanna di Taylor rappresenta un momento storico per il popolo della Sierra Leone e dell’intera regione», ha commentato il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon, che ha poi definito il giudizio di appello una «pietra miliare nella giustizia penale internazionale». Secondo Elise Keppler, attivista di Human Rights Watch, si tratta di «un messaggio forte a tutti gli alti ufficiali che in questi anni si sono macchiati di crimini gravi».  Sulla stessa linea Steven Rapp, ambasciatore per i crimini di guerra del dipartimento di Stato Usa ed ex procuratore del tribunale per la Sierra Leone. «La sentenza – ha detto - è un chiaro avvertimento ai dittatori di tutto il mondo: prima o poi arriva la resa dei conti». L’ex leader liberiano, che aveva studiato al Bentley College, negli Usa, e che poi, negli Anni 80, era stato addestrato alla guerriglia dal Colonnello Gheddafi, ha ascoltato impassibile la lettura del verdetto che lo condannava a vita in una carcere di massima sicurezza del Regno Unito. La difesa aveva provato a ottenere una riduzione di pena, cercando di dimostrare che Taylor, al momento della guerra in Sierra Leone, non era consapevole delle atrocità commesse dai ribelli del Ruf ai danni della popolazione. Per i giudici, però, «l’ex presidente è sempre stato complice, e per questo colpevole». La Corte ha inoltre sottolineato come «Taylor non abbia mai dimostrato rimorso per le sue azioni»". (da La Stampa.it)

La mia Africa. Nel regno degli Ashanti



La prima volta che arrivai in Ghana andai a dormire al King David Hotel, un piccolo albergo ad Accra di proprietà ebrea. Ci arrivai direttamente da Roma, in aereo. Come al solito, viaggiavo solo, ben lontano dalle rotte organizzate. Avevo con me un libricino per un minimo di guida, poi andavo a naso. Ci rimasi una diecina di giorni. Mi affittai una macchina con autista e mi feci un giro a vedere la fortezza degli schiavi, all'università di Capecoast, dal mio amico Fred a Winneba e a visitare qualche villaggio degli Ashanti, l'etnia dell'oro che aveva il suo centro nella nordica Koumasi, quando prima delle colonie occidentali e dello schiavismo qui era tutta Costa d'Avorio. Mangiavo nei chioschi improvvisati e nei ristorantini vuoti, dove si andavano a fare le provviste solo quando arrivava un cliente. Sempre roba cotta o frutta, e bevande imbottigliate. La coca-cola la trovavi dappertutto, anche nei villaggi isolati. E anche della buona birra fresca. A volte per mangiare potevi anche aspettare diverse ore: prima dovevano andare al mercato a fare la spesa, con i soldi che gli anticipavo, poi iniziavano a cucinare insieme a tutta la famiglia e una diecina di ragazzini gioiosi e, quando eri esausto e non avevi nemmeno più fame, finalmente il pranzo e la cena erano pronti. Ma qui non c'era fretta. Tutto era rallentato dalla carenza di cose, dal caldo, dalla mancanza di soldi. Anche se non per tutti. Chi ce li aveva, ne aveva tanti. Il Ghana, almeno quello che vedevo io, era un Paese dignotoso che cercava di trovare da solo una sua strada. C'era poca prostituzione, nessuno ti veniva a cercare per chiederti qualche soldo e si respirava una buona aria.
La seconda volta che ci andai, qualche anno dopo intorno al 2000, ci arrivai via terra, traversando dalla Costa d'Avorio con un pullman e qualche Peugeot-brousse. La frontiera tra i due Paesi, che sembrava più un mercato per la differenza di prezzi, ci fece perdere un'intera giornata in mezzo alla foresta. Non c'era mai la certezza di nulla, a meno di non avere tanti soldi un po' per tutti. Traversai poi Takoradi, importante porto per il trasporto del legno, fino alla capitale ghanese.
Mi ricordo di un italiano che commerciava nel legno e aveva una moglie ashanti bellissima di cui si era innamorato. Della facilità di avere rapporti di ogni tipo. Delle ricche colazioni all'hotel. Della musica ad alto volume e gli odori forti.
L'Africa mi piaceva. Mi sentivo a casa. Ma guai a rimanere senza soldi. Diventavi un falso bianco ed erano guai.

giovedì 26 settembre 2013

No ad un'altra Pianosa! Firmate per liberare l'isola di Gorgona e il suo mare

Via Erta Egilora, la scalinata che dalla marina porta al centro del paese. In alto, a sinistra guardando la foto, la nostra casa



Da qualche mese, insieme all'organizzazione internazionale Avaaz, sono partite due nuove ed importanti petizioni. Spero vorrete  firmarle convidendole con i vostri amici e conoscenti.
La prima si chiama: "Chiudiamo il carcere dell'Isola di Gorgona".
 La seconda: "No al rigassificatore nel mare del Santuario dei Cetacei".
Forse non tutti sanno che in Italia esiste un'isola chiamata Gorgona, a sole 19 miglia da Livorno, dove coesistono una colonia penale ed un paese che sta scomparendo a causa del carcere.
Chiudere questa dispendiosissima prigione a cielo aperto è diventata per gli ultimi abitanti ormai una priorità. O il carcere o i gorgonesi è ormai l'unica scelta da fare per non disperdere per sempre la storia e il patrimonio del villaggio degli antichi pescatori. 
La secolare convivenza è ormai carta straccia grazie all'attuale direttrice del carcere Maria Grazia Giampiccolo che, abusando dell'autorità che gli concede il ministero di Giustizia, è arrivata addirittura ad impedire lo sbarco ad alcuni gorgonesi che abitano stabilmente sull'isola. 
Questo, insieme ad altre mille prevaricazioni ed ingiustizie della colonia penale sul paese, significa la morte di Gorgona e dei suoi abitanti originari, per farne un'altra isola desertificata e senza un'anima, come è già successo per Pianosa e l'Asinara.
 Per ora siamo a 94 firme.


Per firmare clicca qui sotto:


Intanto è arrivato a Livorno, non lontano dall'isola di Gorgona, un enorme rigassificatore che hanno piazzato in mezzo al mare, proprio all'interno del Santuario dei Cetacei e del Parco dell'Arcipelago Toscano. Inutile dire che tutti gli enti preposti alla salvaguardia di questo territorio, e che magari vietano di pescare con la canna agli abitanti delle isole, non hanno alzato un dito (tutti stipendiati da noi: Parco dell'Arcipelago Toscano, Comune di Livorno, Provincia di Livorno, Regione Toscana, ministero dell'Ambiente, Governo). Anzi, hanno fatto di tutto per incentivare l'arrivo di questo ecomostro, i cui guadagni andranno in tasca ai promotori e le spese saranno pagate invece dalle bollette di tutti i contribuenti italiani... .
Questa iniziativa va fermata a tutti i costi perché darebbe un colpo mortale all'ambiente e alla bellezza di questi posti, oltre ad essere un pericolo per eventuali esplosioni e per l'utilizzo di sostanze chimiche. 
Siamo a 81 firme.

Per firmare clicca qui sotto:

http://www.avaaz.org/it/petition/No_al_rigassificatore_nel_mare_del_Santuario_dei_Cetacei/?launch



Ecco quello che succederà a Gorgona se scompariranno gli abitanti. Diventerà un'isola fantasma e senz'anima come la vicina Pianosa

"Millequattrocento metri di muraglione con le torrette blindate, costruito su una spiaggia da sogno per fermare le velleità di fuga dei mafiosi e rimasto lì a sbarrar la strada a lucertole e leprotti; una montagna di soldi pubblici buttati nel mare turchese; un paese fantasma che crolla con i suoi tesori; un manipolo di volontari al lavoro per salvare il salvabile e a cui lo Stato chiede pure pegno mensile e un Parco che tenta di trovare la difficile strada per conciliare tutela ambientale ed equilibrio economico.  

L’isola di Pianosa, minuscola lingua di terra a 13 Km Sud Ovest dell’Elba, altezza massima 29 metri (42 sul tetto del faro) e dal 1858 al 1998 l’Alcatraz italiana, quindici anni dopo la chiusura del carcere di massima sicurezza che ora qualcuno vorrebbe riaprire racchiude al posto degli ergastolani un concentrato dei paradossi che affliggono il Bel Paese. L’impatto è un salto all’indietro nel tempo: dove un tempo vivevano fino a sessanta famiglie e mille detenuti ci sono case (e un forte napoleonico) che si sbriciolano, uffici sprangati, insegne sbiadite di negozi abbandonati, barche lasciate a marcire nelle radure e pure dentro gli alloggi, campi da calcetto divorati dall’incuria e surreali cartelli che avvisano l’automobilista di rallentare in prossimità di una scuola scomparsa da un bel pezzo. Le uniche auto hanno i lampeggianti blu della Forestale o degli agenti della penitenziaria tornati per vigilare sulla dozzina di detenuti in semilibertà che fanno lavoretti di manutenzione e gestiscono il bar-ristorante (con annesso angolo de “L’Artigianato Galeotto”) e l’albergo, dieci stanze da 50 euro a notte. Le strade sono dedicate alle vittime della mafia: c’è viale Falcone e Borsellino, piazza Boris Giuliano e così via ma le caratteristiche targhe di ceramica sono affisse a muri che ricordano Beirut più della Toscana. 

Per sbarcare in questo paese fantasma si oltrepassa il braccio di mare che separa Pianosa dall’Elba, 45 minuti di traversata salutati da delfini e tartarughe, 21 euro di biglietto più altri 8 per il Parco perché l’isola fa parte dell’area protetta che abbraccia l’arcipelago toscano. Vietate pesca e caccia, vietata la navigazione entro un miglio, vietato portar via qualunque cosa, bagni permessi in un’unica spiaggia. E mezza isola, quella adibita a carcere, è accessibile solo con le guide. Insomma turisti sì ma guardati a vista, e non più di 250 al giorno.  
L’onlus Associazione difesa di Pianosa riunisce 250 nativi che offrono ai visitatori libri e una mostra in due stanze dignitose: fanno i turni per lavorare gratis e lo Stato ringrazia chiedendogli 535 euro al mese di affitto. Non basta: nei prossimi sette anni, così dice il contratto, dovranno fare lavori di recupero degli edifici per 130 mila euro che poi è ciò che serve di più in questo momento. A ridosso del mare c’è una tensostruttura che protegge ciò che resta della villa romana di Agrippa. Aveva un mosaico che si è sgretolato, mani caritatevoli hanno raccolto in un secchiello quei preziosi tasselli prima che finissero in acqua.  

Vanno Segnini, il sindaco di Campo nell’Elba sotto cui rientra l’isola degli ergastolani, riassume con efficacia: “E’ un gran casino”. D’altra parte a metter becco in ogni scelta ci sono 8 enti pubblici e laddove servirebbe efficienza, dilaga la burocrazia. Franca Zanichelli, appassionata direttrice del Parco che due mesi fa ha inaugurato un centro visitatori (unica costruzione con impianti a norma), racconta che per lo scavo di 30 centimetri delle fogne sono serviti 6 anni. “E’ una matassa, se tiri il filo si annoda ancora di più. Qui l’equilibrio si è rotto nel 1998 quando si decise di chiudere il carcere affidando tutto al Parco. Detenuti e agenti se ne andarono, ma il ministero no, perchè ha in uso molti degli edifici”. Il problema ora è che gli edifici cadono a pezzi.  

«E’ come tornare agli Anni 60, in un luogo senza scritte sui muri né moto d’acqua» sottolinea Zanichelli. Alla sera il minuscolo porticciolo si riempie di centinaia di barracuda attirati dalla luce del lampione superstite. Per la direttrice il futuro dell’isola può essere solo legato a un turismo ecosostenibile e a progetti scientifici, coinvolgendo anche le scuole. «Chi lo dice che l’isola non possa restare così? Salvando quegli edifici di valore, ma toccando poco o nulla. Anche la malinconia e l’oblio hanno un valore. Se apri un argine, entra il mare. Lo sa quanti privati potrei trovare, per trasformare la Villa dell’Agronomo in un resort? Ma ombrelloni e sdraio sarebbero una follia, qui. Ecco perché il Parco è visto male. Ora c’è un accordo per far tornare 40 detenuti a lavorare, si parla anche di recuperare le celle in cui furono reclusi personaggi come Pertini, ma anche come Riina, per mostrarle ai turisti». E il muraglione sulla spiaggia? «Abbattere quell’ecomostro costa 2 milioni di euro – dice la direttrice -. Si potrebbe abbellire con murales o ricoprire di sabbia per ricostruire le dune scomparse».  

Il sindaco aggiunge: «I problemi ci sono, manca un progetto complessivo. Dopo 12 anni di contenzioso una sentenza ci ha affidato gli usi civici, cioè i terreni, ma tutta l’isola è sotto vincolo. Noi abbiamo istituito il collegamento marittimo e la gestione dei rifiuti, rispetto a cinque anni fa ci sono stati grossi miglioramenti ma non riusciamo a sfruttare l’isola come meriterebbe. Con investimenti privati si potrebbero fare progetti seri. Oggi crolla tutto».  

La famiglia di Giuseppe Mazzei Braschi, 73 anni, ufficiale della Marina, arrivò qui nel 1860. Oggi lui presiede l’onlus per la difesa di Pianosa e spiega: «Abbiamo chiesto una sede 13 anni fa, quest’anno a luglio finalmente abbiamo firmato il contratto. Non trovo normale che si debba pagare per fare volontariato, ma qui è così. Con 17 mila euro abbiamo rimesso a posto le cappelle del cimitero e tra qualche settimana dovrebbe cominciare la messa in sicurezza della Torre dell’Orologio. Il problema è sempre il solito, non ci sono soldi. Ma riaprire il supercarcere sarebbe una follia, con spese pazzesche. Quest’isola rivivrà quando torneranno non i mafiosi, ma i gerani e i panni stesi sui davanzali»". (da La Stampa.it del 23 settembre 2013) 

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Tendresse africaine


Arieccome!


sabato 21 settembre 2013

Firma per salvare l'isola di Gorgona dal'oblio


Al centro, Luigi Mastrangelo, uno degli ultimi pescatori di Gorgona, sulla nave traghetto Toremar che da  Livorno porta all'isola, insieme alle sue cugine (quella a destra della foto è mia madre, Eliana Brindisi). Zio Gigi è anche il padre di Ada e Francesco, ma al tempo della foto - tanti anni fa -  loro non erano ancora nati.


Da qualche mese, insieme all'organizzazione internazionale Avaaz, sono partite due nuove ed importanti petizioni. Spero vorrete  firmarle convidendole con i vostri amici e conoscenti.
La prima si chiama: "Chiudiamo il carcere dell'Isola di Gorgona".
 La seconda: "No al rigassificatore nel mare del Santuario dei Cetacei".
Forse non tutti sanno che in Italia esiste un'isola chiamata Gorgona, a sole 19 miglia da Livorno, dove coesistono una colonia penale ed un paese che sta scomparendo a causa del carcere.
Chiudere questa dispendiosissima prigione a cielo aperto è diventata per gli ultimi abitanti ormai una priorità. O il carcere o i gorgonesi è ormai l'unica scelta da fare per non disperdere per sempre la storia e il patrimonio del villaggio degli antichi pescatori. 
La secolare convivenza è ormai carta straccia grazie all'attuale direttrice del carcere Maria Grazia Giampiccolo che, abusando dell'autorità che gli concede il ministero di Giustizia, è arrivata addirittura ad impedire lo sbarco ad alcuni gorgonesi che abitano stabilmente sull'isola. 
Questo, insieme ad altre mille prevaricazioni ed ingiustizie della colonia penale sul paese, significa la morte di Gorgona e dei suoi abitanti originari, per farne un'altra isola desertificata e senza un'anima, come è già successo per Pianosa e l'Asinara.
 Per ora siamo a 94 firme.


Per firmare clicca qui sotto:


Intanto è arrivato a Livorno, non lontano dall'isola di Gorgona, un enorme rigassificatore che hanno piazzato in mezzo al mare, proprio all'interno del Santuario dei Cetacei e del Parco dell'Arcipelago Toscano. Inutile dire che tutti gli enti preposti alla salvaguardia di questo territorio, e che magari vietano di pescare con la canna agli abitanti delle isole, non hanno alzato un dito (tutti stipendiati da noi: Parco dell'Arcipelago Toscano, Comune di Livorno, Provincia di Livorno, Regione Toscana, ministero dell'Ambiente, Governo). Anzi, hanno fatto di tutto per incentivare l'arrivo di questo ecomostro, i cui guadagni andranno in tasca ai promotori e le spese saranno pagate invece dalle bollette di tutti i contribuenti italiani... .
Questa iniziativa va fermata a tutti i costi perché darebbe un colpo mortale all'ambiente e alla bellezza di questi posti, oltre ad essere un pericolo per eventuali esplosioni e per l'utilizzo di sostanze chimiche. 
Siamo a 81 firme.

Per firmare clicca qui sotto:

http://www.avaaz.org/it/petition/No_al_rigassificatore_nel_mare_del_Santuario_dei_Cetacei/?launch

Mi sono saltati tutti i parametri. Non ci sono amici, non c'è passato, non ci sono parenti, non ci sono conoscenti. Sei solo un fantasma che passa e va


venerdì 20 settembre 2013

No Tav come il Libano e i patetici moniti di Napolitano. Ma in che cazzo di Stato viviamo?



Il Governo manda altri 200 poliziotti per presidiare la Tav, che i cittadini della Valle non vogliono e che assomiglia sempre più ad una zona di guerra come la Siria e il Libano. Addirittura anche le Br si sono fatte sentire, tanto inquietante è diventata tutta la faccenda.
Intanto, il novantenne Napolitano, che a dire dell'ex maggiordomno dello psiconano è amico del sempre cavaliere di Arcore, davanti alla solita platea mummificata che ricorda personaggi discussi, continua a criticare la magistratura che lui presiede invece di difenderla.
Insomma, siamo in uno Stato dove le istituzioni fanno esattamente il contrario di quello che un normale cittadino si aspetta.
Infatti, uno si aspetterebbe, vista la contrarietà della popolazione interessata, che la Tav non si faccia più e che quei tanti soldi vengano impiegati altrove, in tante altre cose più utili. La stessa cosa si potrebbe fare con i soldi degli F35 o con gli stipendi esagerati della pubblica amministrazione e delle loro pensioni d'oro. Così come uno si aspetterebbe che il Quirinale trattasse da delinquente chi lo è e chi fa discorsi eversivi in tv, difendendo a spada tratta i magistrati di cui è responsabile.
Da noi, invece, per motivi sconosciuti ai più, si fa esattamente il contrario. Si mantengono i privilegi di pochi, si amministra la giustizia a secondo del censo, si mantengono alte pensioni e stipendi per i manager pubblici, si fanno opere che nessuno vuole. Un mondo, quello della Prima Repubblica, che parla a se stesso con i soldi accumulati con il debito pubblico che paghiamo noi, al quale non intendono rinunciare né ora né mai.
Intanto, la Rai continua a genuflettersi al potente di turno e addirittura si va da Vespa per dire quello che si sta decidendo in una Giunta al Senato. Mentre Mediaset e la Sette ormai si scambiano conduttori e velinari, visto che ormai è una cosa sola. I media gli fanno da contraltare senza venire al punto.
Questo mentre nove milioni di persone, il primo partito d'Italia, non conta nulla, viene trattato come uno scolaretto dalla leziosa Boldrini, deriso e delegato a fare da burletta un po' dappertutto.
I soldi si prendono sempre dagli stessi, i più poveri.
Chi poi ha il fiato corto e non ce la fa più, che schiatti! Al massimo si invita ad andare ad umiliarsi alla caritas, in nome di Papa Francesco, a cui i disoccupati ormai si rivolgono!

Firma per restituire l'isola di Gorgona alla comunità civile



Da qualche mese, insieme all'organizzazione internazionale Avaaz, sono partite due nuove ed importanti petizioni. Spero vorrete  firmarle convidendole con i vostri amici e conoscenti.
La prima si chiama: "Chiudiamo il carcere dell'Isola di Gorgona".
 La seconda: "No al rigassificatore nel mare del Santuario dei Cetacei".
Forse non tutti sanno che in Italia esiste un'isola chiamata Gorgona, a sole 19 miglia da Livorno, dove coesistono una colonia penale ed un paese che sta scomparendo a causa del carcere.
Chiudere questa dispendiosissima prigione a cielo aperto è diventata per gli ultimi abitanti ormai una priorità. O il carcere o i gorgonesi è ormai l'unica scelta da fare per non disperdere per sempre la storia e il patrimonio del villaggio degli antichi pescatori. 
La secolare convivenza è ormai carta straccia grazie all'attuale direttrice del carcere Maria Grazia Giampiccolo che, abusando dell'autorità che gli concede il ministero di Giustizia, è arrivata addirittura ad impedire lo sbarco ad alcuni gorgonesi che abitano stabilmente sull'isola. 
Questo, insieme ad altre mille prevaricazioni ed ingiustizie della colonia penale sul paese, significa la morte di Gorgona e dei suoi abitanti originari, per farne un'altra isola desertificata e senza un'anima, come è già successo per Pianosa e l'Asinara.
 Per ora siamo a 94 firme.


Per firmare clicca qui sotto:


Intanto è arrivato a Livorno, non lontano dall'isola di Gorgona, un enorme rigassificatore che hanno piazzato in mezzo al mare, proprio all'interno del Santuario dei Cetacei e del Parco dell'Arcipelago Toscano. Inutile dire che tutti gli enti preposti alla salvaguardia di questo territorio, e che magari vietano di pescare con la canna agli abitanti delle isole, non hanno alzato un dito (tutti stipendiati da noi: Parco dell'Arcipelago Toscano, Comune di Livorno, Provincia di Livorno, Regione Toscana, ministero dell'Ambiente, Governo). Anzi, hanno fatto di tutto per incentivare l'arrivo di questo ecomostro, i cui guadagni andranno in tasca ai promotori e le spese saranno pagate invece dalle bollette di tutti i contribuenti italiani... .
Questa iniziativa va fermata a tutti i costi perché darebbe un colpo mortale all'ambiente e alla bellezza di questi posti, oltre ad essere un pericolo per eventuali esplosioni e per l'utilizzo di sostanze chimiche. 
Siamo a 81 firme.

Per firmare clicca qui sotto:

http://www.avaaz.org/it/petition/No_al_rigassificatore_nel_mare_del_Santuario_dei_Cetacei/?launch

Quando Facebook può essere una trappola

Ieri mi sono cancellato da Facebook. Improvvisamente mi sono accorto che, dopo un primo momento di euforia per aver ritrovato dei vecchi amici, praticamente non mi serviva a nulla, metteva in piazza molte informazioni sulla mia privacy, non capivo bene chi leggesse o meno i miei interventi ed era sempre più pieno di pubblicità. E che non mi aiutava a comunicare ma, al contrario, mi isolava di più. I vecchi amici ritrovati, dopo un po', diventavano una zavorra inutile, perché ormai non avevamo più niente da dirci. Molti messaggi, che volevo condividere solo con alcuni, venivano letti da altri amici, magari da parenti, o addirittura dai miei figli. Le mie vere esigenze, poi, se comunicate, venivano travisate o inevase. Insomma, ho dovuto darci un taglio. E, devo dire, che mi sono sentito di nuovo un po' più libero. Forse, prima o poi, sarà meglio anche chiudere questo blog. E,magari, anche l'email, ormai zeppa di spam. In fondo, dopo un effimero momento di notorietà, l'anonimato è un bene da salvaguardare a tutti i costi.

Se sei rimasto senza risorse o vivi un momento di difficoltà, le troppe regole e l'indifferenza ti impediranno di sopravvivere, fino ad ucciderti



"Se ho avuto la disgrazia di assistere alla morte dei miei genitori, secondo il Comune di Roma, dovrei anche stare sotto la pioggia, senza coperta, senza vestiti.. e senza spaghetti?". Questa mattina Roberto, che da oltre 15 anni vive a via di Monte Fiore, a Trastevere, con il suo fedele cane Brenda, si è visto "portar via tutto", ma non l'ironia. 

Alle 8.30 circa la polizia municipale e alcuni funzionari dell'Ama, hanno fatto "incursione" nella casa a cielo aperto che Roberto, ormai un'istituzione nel quartiere, aveva "costruito", dopo essersi ritrovato a vivere per strada in seguito alla morte dei suoi genitori. "Mi ero creato il mio mondo e adesso lo stavo abbellendo con i fiori - racconta con un velo di tristezza Roberto - Io sono una persona costruttiva, guardo ciò che mi sta intorno e quello che non va bene lo sistemo".

In quell'angolo di via di Monte Fiore, "Roberto aveva chiuso tutto con dei teli - racconta Elena, che con suo marito, da quindici anni, vive pochi metri più avanti - teneva tutto pulito, aveva allestito un salottino con due poltroncine rosse di velluto, un comodino con il computer, grazie al quale ogni tanto vedeva le partite con i suoi amici senzatetto, poi un cucinino, con il fornello da campeggio e le provviste di viveri. Aveva un letto arrangiato, costruito con due paletti di legno e, fuori, aveva messo un tavolino con delle piantine aromatiche. 
Nessun problema con i "vicini di casa", anzi, da questa mattina c'è un continuo via vai di residenti e commercianti di Trastevere che scendono per assicurarsi che Roberto stia bene e per aiutarlo ad affrontare lo sgombero.

Era ben voluto, raccontano e "non aveva mai creato alcun problema di ordine pubblico. E anche il cane non è aggressivo né intontito da farmaci o droghe. Negli anni questo spazio l'ha curato e ha fatto lavori che l'Ama a volte non fa". Elena ha regalato 50 euro a Roberto e due coperte: "Mi serviranno per mangiare ed iniziare a riorganizzarmi", ringrazia lui. "Computer, pacchi di pasta, olio, coperte, comodino, tutti i vestiti, il letto, la poltrona, mi hanno tolto tutto, ma io sono solo con il mio cane, non è un problema grave, si risolve, ma ci sono anche barboni con la famiglia, loro come avrebbero fatto?".

La storia di Roberto: ha studiato elettrotecnica, classe '66, dice di saper parlare quattro lingue. "Sono un tecnico, avrei le carte in regola per essere un cittadino modello". Circa quindici anni fa lavorava all'aeroporto di Zurigo, occupandosi del sistema informatico. Dopo la morte dei genitori decise di tornare in Italia: "Non avevo alcuna ragione per restare in Svizzera". Si stabilì inizialmente sotto gli archi di Porta Pinciana, fino a quando non "l'hanno cacciato, murando il posto che si era allestito, poi è andato a vivere sotto i ponti del Tevere", aggiunge una residente, infine è approdato a Trastevere.

Appena arrivato in Italia si è iscritto all'ufficio di collocamento, racconta, ma forse per i suoi problemi di droga non ha trovato facilmente lavoro: l'unica officina a San Lorenzo che lo ha assunto, ha chiuso senza averlo mai pagato. Nessun familiare lo ha aiutato e i pochi soldi messi da parte grazie al lavoro in Svizzera "li ho buttati nelle caparre delle case dove poi non sono più andato".

Roberto cura anche un suo blog personale, dove racconta tutto ciò che gli succede, "adesso aggiornerò, scrivendo cosa mi hanno fatto oggi, ma sarà un'impresa ardua, mi hanno tolto anche l'antenna". Il blog si chiama "Vivere senza fissa dimora", l'ha aperto su Blogspot.com. Roberto, però, ha bisogno di sfogarsi anche con le persone, non solo con un pc: "Mi hanno detto che non va bene stare qui col comodino ma solo col cartone, però non devo farmi vedere dai turisti e, ogni tanto, devo cambiare posto. Qui in Italia non ci date la possibilità di organizzarci la vita".

Rivolge un appello anche alle istituzioni, in particolar modo si rivolge al sindaco Ignazio Marino: "Dovete mettere i bagni pubblici e le strutture di accoglienza devono essere fatte anche per accogliere gli animali, perché quasi tutti noi barboni abbiamo un cane ed è come un fratello. Nei punti più frequentati, dove la gente dorme per strada, ci deve essere un presidio fisso come punto informazione per barboni che si trovano in difficoltà, dovete stare sul campo perché, per capire il problema, lo dovete vedere. Anche gli zingari hanno la rappresentanza in Comune, i barboni hanno solo Sant'Egidio che ci campa su di noi. Poi è necessario cambiare la legge sull'occupazione del suolo pubblico: io devo sentirmi libero di scegliere dove stare, sennò non chiamatelo suolo pubblico e se io lo curo, è più mio che di altri". (da Repubblica.it)




"Il paradosso nel vivere senza fissa dimora e non aver il diritto di poter occupare con un giaciglio un angolo di strada.L'accanimento,le energie e denaro pubblico che viene destinato alle polizie locali e ai prefetti chiamati a privare un senza casa anche del suo ultimo rifugio, che può essere un cartone o un materazzo poggiato in una via.A questo punto viene da chiedersi quale possono essere le priorità di una città come Roma in cui lo stile di vita non viene affatto migliorato facendo la"caccia alle streghe"ai"barboni", che poi sono la testimonianza del fallimento e incapacità delle amministrazioni stesse.Chi scrive è figlio della citttà di Roma,che in una precedente vita si poteva definire un professionista medio-borghese,caduto in disgrazia,della quale le strutture predisposte nel dare assistenza e guida,se ne sono completamente disinteressati.Il risultato è l'emarginazione dalla vita sociale e l'impossibilità di ricrearsi una base di partenza,da cui provare a ricostruirsi una vita. La realtà che si vive una volta emarginato è quella della legge del più furbo e/o più forte,la legge della giungla,in cui i deboli finiscono a chiedere soldi con in mano una boccia di vino.Roma ne è piena,complice il clima mite e la pseudo-assistenza da organizazzioni religiosi ed Onlus,che aiutano a rimanere emarginati(vivono di questo).In questo contesto delirante si deve avere l'abilità di restare nelle regole delle leggi civili e penali,che a volte resta difficile rispettare,perché la fame e la disperazione portano a comportamenti spesso sconsiderati.Ci si trova abbandonati e soli. Sono momenti in cui una reazione è vitale,perché sennò l'abbandono totale della dignità umana, per diventare bestia senza rispetto per se e per altri, è assicurato,e il rischio di soccombere, moralmente e fisicamente, è alto.Quando cala la notte la preoccupazione diventa il giaciglio,questo benedetto giaciglio per cui qui a Roma secondo le cronache,si uccide,il giaciglio fatto di cartone,stracci o materassi consumati,il giaciglio che ti permette di riposare e farti sentire come gli altri,nell' intimità delle coperte,il giaciglio la base da cui ripartire.La conquista di un posto dove potersi ritrovare e riposare diventa fondamentale e incontestabile". (da www.viveresenzafissadimora.blogspot.com)

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giovedì 19 settembre 2013

Firma per liberare l'isola di Gorgona dalla mediocrità


La via della Tacchinaia di un tempo. Veniva chiamata anche la via della Lavenderia, dove a Cala Martina i detenuti lavavano le loro cose e quelle del carcere. Oggi la strada non è più praticabile perché un grosso masso è cascato ed ha interrotto la viabilità. Naturalmente l'attuale direttrice della colonia penale, Maria Grazia Giampiccolo, è troppo presa a vestire i detenuti da camerieri piuttosto che a liberare la strada in questione. Ora a Cala Martina c'è il gruppo elettrogeno per l'elettricità dell'isola e l'impianto di desalinizzazione, che da un anno però non funziona più lasciando così l'isola senz'acqua. Il Comune di Livorno, che in un primo momento inviava almeno l'acqua minerale per bere, ora è latitante o intento a cacciare via i gorgonesi dall'isola insieme alla direttrice. Dopo la tacchinaia, che è oggi una casupola diroccata dove c'erano appunto i tacchini, una volta si poteva percorrere un piccolo sentiero che portava fino a Bellavista. Era questa allora la parte dell'isola aperta alla popolazione civile, che oggi ci è preclusa. Ci andavamo spesso adolescenti a fare i tuffi proprio nelle belle acque che si affacciavano anche sulla Grotta del Bove Marino. Oggi il Parco e il carcere ci hanno impedito l'accesso anche a questa parte dell'isola e di mare, relegandoci in pochi metri quadri di paese e di mare, in attesa della nostra estinzione.


Da qualche mese, insieme all'organizzazione internazionale Avaaz, sono partite due nuove ed importanti petizioni. Spero vorrete  firmarle convidendole con i vostri amici e conoscenti.
La prima si chiama: "Chiudiamo il carcere dell'Isola di Gorgona".
 La seconda: "No al rigassificatore nel mare del Santuario dei Cetacei".
Forse non tutti sanno che in Italia esiste un'isola chiamata Gorgona, a sole 19 miglia da Livorno, dove coesistono una colonia penale ed un paese che sta scomparendo a causa del carcere.
Chiudere questa dispendiosissima prigione a cielo aperto è diventata per gli ultimi abitanti ormai una priorità. O il carcere o i gorgonesi è ormai l'unica scelta da fare per non disperdere per sempre la storia e il patrimonio del villaggio degli antichi pescatori. 
La secolare convivenza è ormai carta straccia grazie all'attuale direttrice del carcere Maria Grazia Giampiccolo che, abusando dell'autorità che gli concede il ministero di Giustizia, è arrivata addirittura ad impedire lo sbarco ad alcuni gorgonesi che abitano stabilmente sull'isola. 
Questo, insieme ad altre mille prevaricazioni ed ingiustizie della colonia penale sul paese, significa la morte di Gorgona e dei suoi abitanti originari, per farne un'altra isola desertificata e senza un'anima, come è già successo per Pianosa e l'Asinara.
 Per ora siamo a 94 firme.


Per firmare clicca qui sotto:


Intanto è arrivato a Livorno, non lontano dall'isola di Gorgona, un enorme rigassificatore che hanno piazzato in mezzo al mare, proprio all'interno del Santuario dei Cetacei e del Parco dell'Arcipelago Toscano. Inutile dire che tutti gli enti preposti alla salvaguardia di questo territorio, e che magari vietano di pescare con la canna agli abitanti delle isole, non hanno alzato un dito (tutti stipendiati da noi: Parco dell'Arcipelago Toscano, Comune di Livorno, Provincia di Livorno, Regione Toscana, ministero dell'Ambiente, Governo). Anzi, hanno fatto di tutto per incentivare l'arrivo di questo ecomostro, i cui guadagni andranno in tasca ai promotori e le spese saranno pagate invece dalle bollette di tutti i contribuenti italiani... .
Questa iniziativa va fermata a tutti i costi perché darebbe un colpo mortale all'ambiente e alla bellezza di questi posti, oltre ad essere un pericolo per eventuali esplosioni e per l'utilizzo di sostanze chimiche. 
Siamo a 81 firme.

Per firmare clicca qui sotto:

http://www.avaaz.org/it/petition/No_al_rigassificatore_nel_mare_del_Santuario_dei_Cetacei/?launch