lunedì 27 settembre 2010

Facciamoci sentire


"Siamo vivi, vivi! Siamo usciti dalle catacombe. Siamo sopra e oltre. Sopra al nulla della politica, oltre questa civiltà basata sul denaro e sul consumismo. Sopra e oltre. Io ci credo, voi ci credete. La Rete ci ha unito. Possiamo cambiare la società, il mondo solo se lo vogliamo. Cosa abbiamo da perdere? Ognuno vale uno. Chiunque di voi può fare la differenza, essere un leader. Ognuno è un leader se riesce a trasformare i suoi sogni in realtà. Oggi, qui, ci sono migliaia di ragazze e di ragazzi. Siete l’avanguardia di una Nuova Italia, un posto più bello di questo, onesto, più leggero, senza odi, senza mafie. Voi avete il vostro destino nelle mani, non fatevi comprare, non perdetevi dietro a falsi valori. Quando vi ricorderete di Woodstock, magari tra trent’anni, e vi domanderete cosa avete fatto per voi e per gli altri, che cosa vi risponderete? Cosa direte ai vostri figli? Potrete guardarvi allo specchio?Noi siamo vivi in un Paese di morti, di vecchi che occupano ogni spazio e si credono eterni, che si nutrono di potere e si sono fottuti la vita. Noi non siamo in vendita, non siamo merce, non crediamo a una società basata sul profitto, sul PIL. Vogliamo tutto perché non abbiamo più niente. Non l’aria pulita, non l’acqua pubblica, non una scuola di eccellenza, neppure la sicurezza di un lavoro e quando lavoriamo la sicurezza di non morire sul lavoro. Gli operai di oggi sono al fronte, sono loro i partigiani che combattono per dare da mangiare ai loro figli e muoiono come topi nelle cisterne.L’Italia non è una democrazia, il cittadino non è rappresentato in Parlamento, non può votare il proprio candidato. Il Parlamento è eletto dalla mafia, dalla massoneria, dai vertici dei partiti, non dai cittadini. Sei persone decidono per tutto il Paese. L’Italia è un sistema capitalistico/mafioso con le pezze al culo, basato sul debito pubblico e sulle concessioni dello Stato. Ogni italiano è indebitato per 30.000 euro.Il debito aumenta di 100 miliardi di euro all’anno, stiamo andando verso il default. Quando i soldi contaminano la politica, la politica diventa merda, si fa politica per i soldi, non per servizio civile, come dovrebbe essere. Il MoVimento 5 Stelle non vuole i soldi, vuole poter volare alto, far volare le sue idee. Non ha ideologie, ma idee. I partiti prendono un miliardo di euro di finanziamenti elettorali nonostante un referendum che li abbia proibiti, nessuno si scandalizza, passano tutti all’incasso.L’equazione è semplice senza soldi spariscono i partiti, sono fatti di soldi, di niente. Che dignità può avere un parlamentare che matura la pensione dopo due a anni e mezzo di fronte a milioni di persone che la pensione non la vedranno mai, che moriranno prima di andarci, che devono maturare 40 anni di contributi? Ci sono voluti tre anni perché la proposta di legge Parlamento Pulito venisse discussa alla Commissione del Senato. Tre anni, trentasei mesi, più di mille giorni perché quattro senatori muovessero il culo per ascoltare 350.000 cittadini che al rimo Vday di Bologna chiedevano delle cose semplici, scontate in un Paese appena normale: nomina diretta del candidato, due legislature, nessuno condannato in via definitiva. Ci hanno definiti populisti, demagoghi, qualunquisti, violenti, volgari solo perché volevamo riaffermare il principio di democrazia in questo Paese. I partiti sono morti, zombie che camminano, strutture del passato, costruzioni artificiali. Sono diventati barriere tra le persone e lo Stato. Lo Stato siamo noi, non i partiti. E’ finito il tempo della delega in bianco. Il cittadino deve entrare nelle istituzioni come servizio civile per un periodo limitato e poi tornare alla propria attività. Non esiste il politico di professione, esistono i mantenuti a vita di professione come Chiamparino, Fassino, D’Alema, come Maroni, Bossi e tutta la sua grande famiglia, come Andreotti, il prescritto per mafia che ha detto di Ambrosoli, uno dei pochi eroi di questo Paese, “Se l’è cercata!”.Noi siamo vivi e loro sono morti, in decomposizione, se li tocchiamo moriremo anche noi. Parlano di alleanze, di percentuali, di schieramenti, ma in realtà parlano sempre e soltanto di una cosa: come conservare il loro potere. Il MoVimento 5 Stelle farà alleanze, anche una al mese, una alla settimana, ma solo con i cittadini, con i movimenti per l’acqua pubblica, per una libera informazione non finanziata dallo Stato, contro la TAV in Val di Susa, contro le centrali nucleari, contro la base americana di Dal Molin. L’Italia ripudia la guerra e spende più per armamenti che per opere di pace. Persino Bono degli U2 ci ha mandato a fanculo, non manteniamo le promesse di aiuti umanitari e spendiamo 15 miliardi di euro per 131 caccia bombardieri dagli Stati Uniti, finanziamo la più grande industria bellica del mondo e chiudiamo le scuole.Il MoVimento 5 Stelle ha preso mezzo milione di voti senza finanziamenti, senza media, giornali, televisioni, ogni voto è costato solo 8 centesimi al MoVimento, nulla ai cittadini, grazie alla Rete, al passaparola. La Rete è anticapitalista, la politica si fa con le idee, non con il capitale.Il portale del Movimento 5 Stelle è il luogo di incontro, di creazione delle idee, della condivisione delle proposte. Chiunque non sia già iscritto a un partito può iscriversi gratis. Gli iscritti potranno creare una lista civica, proporre un candidato e in futuro modificare il programma in stile Wikipedia, collegarsi in una rete sociale come in Facebook, scambiarsi esperienze. Gli iscritti al MoVimento 5 Stelle sono circa 100.000. 100.000 persone informate e motivate possono trasformare il Paese. Noi siamo “Altri” non esistiamo nei sondaggi, ma siamo gli unici ad avere un Programma creato in Rete, questo Programma va stampato, diffuso, discusso. Il MoVimento coincide con le sue proposte, con le sua azioni civili, con il suo Programma. Chi dice che facciamo proteste e non proposte è in malafede o un imbecille inconsapevole.“Ora che il governo della Repubblica è caduto nelle mani di pochi prepotenti … ma chi, chi se è un uomo, può ammettere che essi sprofondino nelle ricchezze, che sperperino nel costruire sul mare e nel livellare i monti e che a molti manchi il necessario per vivere? Che costruiscano case e case l’una appresso all’altra e che molti non abbiano un tetto per la propria famiglia? Per noi la miseria in casa, i debiti, triste l’oggi e incerto il domani. Che abbiamo, insomma, se non l’infelicità del vivere?”Non l’ho detto io, non è l’Italia di oggi, sono le parole di Catilina pronunciate nel 64 prima di Cristo a Roma. L’Italia non è cambiata in duemila anni, per questo può cambiare oggi, solo i pazzi credono nell’impossibile e noi siamo i pazzi della democrazia. Il MoVimento 5 Stelle è nato il giorno di San Francesco, 4 ottobre del 2009, Francesco era chiamato il pazzo di Dio, noi siamo i pazzi della democrazia. Crediamo sia possibile un mondo basato sull’equità sociale, sulla solidarietà, sul rispetto dell’altro, sul diritto alla felicità, in cui chiunque può volare.Vogliamo tutto e lo vogliamo subito. Cosa abbiamo da perdere? Perché non crederci? Perché non lottare per il nostro futuro? Non abbiamo altro. Non abbiamo scelta.Ognuno deve impegnarsi, ognuno conta uno.Sopra e avanti". (Dal blog di Beppe Grillo)

L'isola che non c'era

lunedì 20 settembre 2010

Io non sono un essere umano

Occupazione


Il giovedì noi guardiamo Anno Zero.

"Cari amici, sono di nuovo costretto a chiedere il vostro aiuto. Giovedì 23 settembre alle ore 21.00 è prevista la partenza di Annozero ma la redazione è tornata al lavoro da poche ore e con grande ritardo, i contratti di Travaglio e Vauro non sono ancora stati firmati e lo spot che abbiamo preparato è fermo sul tavolo del Direttore Generale. Tuttavia,se non ci sarà impedito di farlo, noi saremo comunque in onda giovedì prossimo e con me ci saranno come sempre Marco e Vauro. Vi prego, come avete fatto con Rai per una Notte, di far circolare tra i vostri amici e tra le persone con cui siete in contatto questo mio messaggio avvertendoli della data d’inizio del programma. Nelle prossime ore vi terrò puntualmente informati di quanto avviene. Un abbraccio". (Michele Santoro)

Sta crollando!


"Ha resistito ai secoli e ai pirati ma rischia di crollare sotto i colpi dell’incuria. La Torre Vecchia di Gorgona, una fortificazione del Duecento abbarbicata su uno sperone di roccia sul lato di ponente dell’isola, sta ancora in piedi grazie a qualche tubo Innocenti e a una dozzina di mattoni che sorreggono l’arco di una finestra. Un delitto contro un patrimonio storico che in qualunque altro luogo sarebbe aperto restaurato, aperto al pubblico e trasformato in un piccolo motore economico con tanto di negozio di souvenir e visite guidate. La piccola fortezza fu costruita in epoca duecentesca dai Pisani, quando l'isola e gran parte dell'arcipelago toscano erano sotto il domimio della Repubblica marinara. La torre aveva infatti la funzione di tenere sotto controllo il tratto di mare che separa Gorgona dalla Corsica e di dissuadere i pirati dall’ attaccare il porticciolo. Grazie alla posizione dominante a strapiombo sul mare, dagli spalti si poteva osservare l’arrivo di navi da grande distanza e trasmettere le informazioni con segnali di fuoco anche alla terraferma. Anche successivamente, quando l'isola entrò a far parte del Granducato di Toscana continuò a svolgere le sue funzioni, fino ad essere definitivamente dismessa nel corso dell'Ottocento quando l’isola venne trasformata in prigione. Da anni, forse da secoli, la Torre Vecchia non gode di restauri. Semidiroccata, oggi però è sul punto di crollare e il grande basamento a scarpa che si adatta alla forma dello roccia sulla quale sorge, potrebbe rimanere l’ultima testimonianza di questo capolavoro architettonico. L’accesso, proprio a strapiombo sul mare, è semibloccato dalle macerie ed è impossibile, oltre che pericoloso, attraversare la porta con arco a tutto sesto che porta dentro la fortezza. Un vero peccato perché guardare la Corsica e l’Italia dalla torre quadrata, di altezza superiore rispetto alla rimanente struttura, che si eleva sul lato di levante e che culmina con una caratteristica merlatura, sarebbe uno spettacolo unico". (Il Tirreno)

White


Dover


Senza fiato


sabato 18 settembre 2010

Negritudine

"Il 2 settembre del 2008 Ngom Ravane, clandestino del Senegal, viene picchiato con una mazza da baseball nel centro di Milano. A compiere la violenza è un italiano. Anziché tacere, Ngom decide di collaborare con la giustizia. Un caso delicato, quello di Ngom, che porta il Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, a interessarsi della vicenda. E il Questore di Milano a rilasciare un permesso di soggiorno il 15 settembre scorso.“Via sporco negro, vaffanculo sei venuto a rompere i coglioni alla gente”, gli urla un commerciante italiano del mercato rionale di Porta Vittoria. Lo offende. Ngom non risponde. Il fruttivendolo prende una mazza da baseball dal furgone e in pieno giorno comincia a picchiarlo. Alfredo Zampogna, avvocato, quella mattina vede con i suoi occhi l’inaudita violenza. Il 7 settembre del 2008, cinque giorni dopo l’aggressione, Zampogna comunica all’ufficio d’immigrazione l’assunzione della difesa per il caso del senegalese. Così la motiva: “Occorre reagire a questo clima d’odio e violenza spesso scatenato da irresponsabili atteggiamenti di certa classe politica che determina nelle frange più povere della popolazione reazioni violente di stampo chiaramente razzista”.Quel clima d’odio di cui parla l’avvocato attraversa Milano nel 2008, con l’autunno oramai alle porte. Il 14 settembre, 12 giorni dopo l’aggressione di Ngom, Abdul William Guibre, 19 anni, italiano, originario del Burkina, viene ucciso a sprangate. Anche in questo caso sono un padre e un figlio, entrambi italiani, proprietari di un bar, a compiere la violenza. Abba aveva rubato dei biscotti. Le comunità straniere scendono in piazza a protestare. In quei giorni di tensione il clandestino decide di denunciare. Si costituisce parte civile al processo. Due anni durante i quali, per non essere espulso, dovrà richiedere un permesso di soggiorno temporaneo (di tre mesi in tre mesi) per “gravi motivi di giustizia”.Il processo, affidato al sostituto procurato Ilda Boccassini, si conclude il 7 giugno scorso. Il colpevole viene condannato a due anni di carcere, e a risarcire la vittima con 13.000 euro. Viene riconosciuta anche l’aggravante per aver commesso il fatto con “finalità di discriminazione razziale”. Un caso di giustizia, concluso grazie alla collaborazione del senegalese. Ma per la legge Bossi–Fini, Ngome, terminato il processo, dovrà essere espulso. Così l’avvocato Zampogna decide di scrivere al Capo dello Stato.Una lettera in cui lo stesso Ngom spiega i paradossi della legge sull’immigrazione: “Durante i due anni del processo mi è permesso di restare in Italia, ma con l’espresso divieto di lavorare. Perché la legislazione vigente non contempla la possibilità per me, cittadino extracomunitario, rimasto vittima di molteplici reati, anche di stampo razzista, commessi da un italiano, di ottenere un permesso di soggiorno per motivi umanitari”. L’avvocato Zampogna spiega il perché: “Secondo il testo attuale sull’immigrazione, il permesso di soggiorno per motivi umanitari viene concesso solo in alcuni casi. Il più comune è quello del rifugiato politico. Vale a dire di chi dimostra di essere stato perseguitato, per motivi politici, nel paese di provenienza. Altro caso comune è quello di una prostituta, ridotta in stato di schiavitù da organizzazioni criminali internazionali, che collabori con l’autorità giudiziaria italiana. Ma non nel caso di Ngom”.Alla fine però Giorgio Napolitano, vista la gravità dei reati subiti da Ngom, decide di premiare il coraggio dell’ormai ex straniero. Segnala il caso al ministero degli Interni. Infine, il 15 settembre scorso, la consegna del permesso di soggiorno definitivo da parte del Questore di Milano". (Il Fatto)

Alta marea


lunedì 13 settembre 2010

11 settembre: stesso Dio, stesso Totti

"La mattina dell’11 settembre 2001 passavo a piedi il confine tra la Turchia e la Siria, nella zona dove un tempo sorgeva la città di Nisibi. Dell’antica città sul Limes tra Oriente e Occidente dell’Impero, che è stata uno dei centri più importanti del primo cristianesimo, non restava che un luogo generico nel deserto bollente: un nugolo di case basse di cemento, sovrastate dalle antenne paraboliche e circondate da pollai. A Nisibi c’era stata la scuola dei cristiani nestoriani, che estenderanno la loro influenza verso l’Iraq; vi avevano lavorato i traduttori di Aristotele; era la città dei dotti che hanno (ri)trasmesso la filosofia greca all’Oriente e quindi indirettamente all’Occidente.Tornavo in Siria dopo un lungo viaggio in Iran, fino ai confini dell’Afganistan. Più che discontinuità culturali, avevo trovato la continuità dei mondi, perché ogni viaggio avvicina di più a casa nostra. Poco lontano da Nisibi, nel monastero di Mar Gabriel, William Dalrymple aveva assistito alla preghiera dei monaci, e li aveva visti prostrarsi abbassando la testa fino al suolo, esattamente come avviene oggi nelle moschee. In quel monastero separato dal mondo si era conservato attraverso i secoli il modo di pregare dei primi cristiani, successivamente adottato dai musulmani. La stessa preghiera viene descritta anche nel Prato Spirituale, il diario del viaggio che il monaco Giovanni Mosco intraprese nel VI secolo attraverso il mondo bizantino mediorientale. Come nel viaggio di Charles Darwin, chi percorre queste regioni può scoprire, a partire da differenti tessere, un unico mosaico evolutivo culturale e religioso. A Deir el-Zaferan, che in arabo significa “monastero dello zafferano”, avevo trovato un altro esempio di questa continuità. Ciò che uno storico dell’arte distinguerebbe con attenzione, suddividendo per capitoli e per epoche, ciò che mai a uno studente si permetterebbe di confondere, qui si trovava sfacciatamente mescolato. Un mihrab aveva al centro una croce greca, contornata di scritte in siriaco e in arabo; il tutto dentro a una struttura romana, che era insieme imperiale e tardo antica, con immensi pietroni squadrati e colonne sormontate da capitelli corinzieggianti. In fondo c’era la cripta, che i monaci datavano a 1000 anni prima della nascita di Cristo, e che apparteneva al precedente tempio del dio Sole, sul quale, come si capisce, si erano succeduti e via via pietrificati tutti gli altri culti. A saperlo leggere, quell’insieme architettonico contraddittorio era, in realtà, un tributo al tempo, senz’altro il solo dio che può causare ed apprezzare quell’insieme disordinato di sovrapposizioni.A Yazd, la città degli zoroastriani, in mezzo al deserto dell’altopiano iranico, c’erano altre tracce di questa continuità. La città è ancora oggi uno dei centri del culto zoroastriano, che ha largamente influenzato Giudaismo, Mitraismo, Mazdeismo e Cristianesimo. Un sommo Dio onnisciente e buono si contrappone al malvagio spirito delle tenebre; l’anima abbandona il corpo dopo la morte, e viene messa su una bilancia: va all’inferno o in paradiso a seconda della prevalenza delle sue azioni, tra le buone e le cattive. Nel giorno del giudizio universale, comunque, anche i peccatori verranno riscattati dall’inferno. Mi ero chiesto come potesse apparire un tempio del fuoco dei zoroastriani. Mi immaginavo Giuliano l’Apostata alla testa delle sue legioni, in marcia per raggiungere il luogo del Sol Invictus. Diversi chilometri fuori della città, nel deserto, ce n’era uno su un’altura arida. Arrivato in cima, trovai effettivamente il tempio, ma era un deludente edificio piastrellato come una casa al mare degli anni ’60. E con un barbecue e tavolini in pietra per i pic-nic, perché gli iraniani - musulmani, ebrei, cristiani, zoroastriani che siano -, amano il pic-nic.Un oriente postmoderno era infondo facile da prevedere. Un ragazzo si è materializzato tra la polvere dalla città a cavallo della sua moto; mi dice di essere uno zoroastriano, e parla meglio di me il tedesco. Also sprach Zarathustra. Induce al sorriso un altro giovane sassanide fan del calcio italiano: il moderno nipote degli antichi Parti, gli eterni nemici dei Romani, aveva addosso la maglietta della squadra della Roma, con su scritto “Totti”. Giuliano l’Apostata non poteva prevederlo; ma altri avrebbero potuto.La stessa continuità (perché l’umanità è una, uno è l’intelletto, come scriveva l’arabo Averroé, riprendendo il greco Aristotele) la trovai in un discorso, in inglese, tra un iraniano e due siriani sul traghetto che attraversava il grande lago Van. I siriani chiedevano se veramente in Iran le donne dovessero andarsene in giro velate e non si potesse bere alcool. L’iraniano confermava desolato, niente eccezioni; ma trasse fuori dal suo bagaglio una lattina di birra: “La devo bere prima di arrivare al confine, altrimenti me la sequestrano”. Non c’è da dire molto di più sul tema fasullo dello scontro di civiltà.Aveva forse la sua parte di ragione il cinese di Honk Kong, anche lui sul treno per Teheran, che aveva studiato legge a Londra. Secondo lui, in Occidente, ovvero, dal suo punto di vista, in tutti i paesi che dall’Europa arrivano fino all’Iran, c’è un interesse ossessivo per la religione. “In Cina siamo pragmatici. Non come voi occidentali”.Quella mattina, attraversando l’antico e polveroso Limes tra Oriente e Occidente, dove un tempo sorgeva la città di Nisibi, mi tornò in mente anche l’autista dell’autobus di linea iraniano che aveva sul cruscotto una bandiera americana. E ripensai alle invettive contro il regime che tutti gli iraniani che ho incontrato confidavano ai turisti con troppa facilità. Anche le ragazze iraniane, benché velate a forza, erano aperte. Due sorelle dall’inglese corretto, se non fluente, mi raccontarono della loro vitaccia con il regime, davanti a un the in uno dei locali che si trovano sotto il ponte di Esfahan. La voglia degli iraniani di comunicare con il mondo da cui si sentono separati è fortissima. Dai tetti delle loro case una rete di parabole satellitari li collega disperatamente agli altri. Pare che molti non sappiano chi sono i Beatles, non parliamo poi dei Rolling Stones. O fingono di non saperlo. Ammetterne una tale conoscenza sarebbe troppo pericoloso (dove si capisce che il regime conosce meglio dei generali raccomandati, quali sono le vere armi letali dell’Occidente). Ma c’è poco da fare. Nonostante i divieti, Mitra ascoltava il rock a volume piuttosto alto, mentre mi parlava di suo fratello in Germania. Consideravo allora, che lei parlava in inglese di suo fratello, dunque del suo brother, che i tedeschi avrebbero detto Bruder, che il Farsi avrebbe detto Barader; che in italiano avrei tradotto detto fratello, dal latino Frater, ovvero, di nuovo, la stessa parola. Oltre il confine tra la Turchia e la Siria un autobus di linea aspettava i passeggeri del medio oriente, con i loro abiti lisi, seri e scuri, pieni di polvere. Un ragazzino salì a bordo per vendere dell’acqua. Gli regalai tre caramelle che avevo in tasca. Lui fu sorpreso del fatto che gliele dessi tutte. “È curdo”, disse affettuosamente una donna siriana. Poi il ragazzino scese e scomparve nell’immensa fornace del deserto, tra la polvere e le case basse, composte di una sola stanza. Sarà tornato dalla madre, forse avrà nascosto il suo tesoro ai fratelli o alle sorelle o al contrario l’avrà diviso con loro. Ripenso a lui quando vedo, per pochi secondi in televisione, i padri portare in braccio i loro figli morti per una bomba, nelle frequenti immagini di moderne pietà michelangiolesche in versione mediorientale, quando sono i padri che portano le spoglie dei loro figli.Quella mattina era appunto l’11 settembre del 2001. L’autobus si inoltrò nel deserto, e per 10 ore non seppi nulla del mondo. Unica sosta tra i resti di Palmira. Fu da qui che l’imperatore Aureliano, dopo aver occupato la città, prese la grande statua del dio Sole per portarla a Roma. Poi gli dedicò un giorno per il culto, il 25 dicembre - supposto giorno del solstizio d’inverno - con grandi feste e cerimonie. Tre secoli dopo, i cristiani trasformarono quella festa nel giorno della nascita di Cristo. Nacque il natale.All’arrivo a Damasco, scopro dell’attacco alle torri gemelle. Il mondo sarebbe rimasto lo stesso. Trovai molte e-mail di amici, anche dei più “informati”, che mi consigliavano l’immediato rientro in Italia, perché altrimenti, non c’è dubbio, mi avrebbero ucciso. Ma la gente era partecipe del dolore di tutti, nessuno festeggiava per strada. In tutto il mondo si era capito, di colpo, che aveva inizio un periodo d’oro per i fanatici religiosi di ogni latitudine, che a lungo si erano sentiti repressi nella loro “identità”. Ora potevano tornare ad esibirla, goffa, agitata e sudaticcia, orgogliosamente ottusa. La televisione siriana disse una prudente bugia, ma una verità simbolica: che si pensava ad un attacco di una setta di folli giapponesi. (Giovanni Perazzoli-Micromega))

La mummia


Porta a mare


mercoledì 1 settembre 2010

Io sono un rom


"Signor Presidente Sarkozy, ho la fortuna di beneficiare di due nazionalità. Sono marocchino e francese, dal 1991. E sono felice di quest'appartenenza a due Paesi, due culture, due lingue, che vivo come un permanente arricchimento. Ma dopo le sue dichiarazioni di Grenoble sulla possibile revoca della nazionalità francese ai responsabili di reati gravi, sento la mia nazionalità francese in qualche modo minacciata, o quanto meno resa più fragile. Non che io abbia l'intenzione di darmi alla delinquenza o di turbare gravemente l'ordine pubblico; ma in quelle parole vedo un attacco contro le fondamenta stesse del Paese, contro la sua Costituzione. E ciò, signor presidente, non è ammissibile in una democrazia, in uno Stato di diritto come la Francia, che rimane malgrado tutto il Paese dei diritti umani; un Paese che per tutto il secolo scorso ha accolto e salvato centinaia di migliaia di esiliati politici.Nel 2004, da ministro dell'Interno, lei dichiarò che "a ogni reato deve corrispondere una risposta ferma, la stessa per chi è o non è francese in base alla sua carta d'identità". Oggi, in veste di presidente, lei contraddice la sua posizione di ministro. E ciò mi induce a riflettere sulla funzione che lei ricopre, e a intervenire, sia pure tardivamente, nel dibattito pubblico sull'identità nazionale che uno dei suoi ministri ha creduto opportuno di lanciare.La nazionalità fa parte dell'identità. E come nel mio caso, può essere duplice.
Io non riesco a vedermi privato di una delle mie nazionalità. Mi sentirei diminuito.Nessuna società è di per sé razzista. Dire che la Francia è "un Paese razzista" è stupido e ingiusto.
Sono marocchino e francese. La sua idea di revocare la cittadinanza a chi compie reati gravi per me è una minacciaAl pari di tanti altri, anche questo Paese è percorso da tendenze all'esclusione e al razzismo, vuoi per motivi ideologici e politici, vuoi per ragioni attinenti al disagio sociale, alla povertà o alla paura. Confondere l'insicurezza con l'immigrazione non è solo un errore, è una colpa. Il ruolo di un dirigente politico è quello di scoraggiare, e ove necessario di impedire lo sviluppo di siffatte tendenze. Un capo di Stato non dovrebbe reagire con i suoi umori, in maniera viscerale. Non è un cittadino qualsiasi, che può permettersi di dire qualunque cosa gli venga in mente. È tenuto a pesare le parole e a misurarne le possibili conseguenze. La Storia registra ogni sua dichiarazione, buona o cattiva, giusta o inopportuna che sia. E il suo quinquennato, signor presidente, resterà certamente segnato da alcuni dei suoi sconfinamenti verbali. Chiunque ha diritto a reagire a un insulto, ma non un capo di Stato. Non che si sia autorizzati a mancargli di rispetto - ma il presidente della Repubblica deve porsi al disopra del livello di un cittadino medio. È un simbolo, investito di una funzione nobile, eccezionale. Per abitarla, per consolidare quest'ambizione bisogna saper volare alto, e non rimanere invischiati nei fatti fino a dimenticare di essere un cittadino d'eccezione. Quali che siano i valori, di destra o di sinistra, sostenuti dal partito da cui proviene, il capo dello Stato, in quanto eletto a suffragio universale, dev'essere il presidente di tutti i francesi. Compresi quelli di origine straniera. E anche nel caso in cui la sfortuna abbia spezzato la loro sorte, o li predisponga a una precarietà patogena. Ora, le sue recenti dichiarazioni, peraltro denunciate da un editoriale del New York Times e da personalità autorevoli come Robert Badinter, denotano un cedimento che forse nel 2012 potrà valerle un certo numero di voti del Front National, ma che al tempo stesso la pone in una situazione difficilmente sostenibile. Signor presidente, comprendo bene quanto il problema della sicurezza la preoccupi. Ma nessuno mai sarà disposto a prendere la difese di un delinquente che abbia sparato su un agente della polizia o della gendarmeria. Spetta alla giustizia dare una "risposta ferma" a questi reati, i cui autori vanno però giudicati indipendentemente dalla loro origine e religione, o dal colore della loro pelle. Altrimenti si cade nell'apartheid. La repressione peraltro non basta. Occorre andare alla radice del male, se si vuole risanare in maniera definitiva la drammatica situazione delle banlieue.È più facile suscitare la diffidenza, o magari l'odio per lo straniero, che promuovere il rispetto reciproco. Ma un capo di Stato non è un poliziotto d'alto rango. È il magistrato supremo della nazione, il garante della giustizia e dello stato di diritto. E in quanto tale deve essere irreprensibile, sia nei comportamenti che nelle parole. Ora, signor presidente, il suo discorso sulla revoca della nazionalità ai delinquenti di origine straniera che abbiano attentato alla vita di un poliziotto o di un gendarme è ricusato dalla Costituzione. Sono parole al vento - perché come lei ben sa, se una legge del genere fosse votata, la sua applicazione creerebbe più problemi di quanti possa risolverne. Non spettava a lei lanciare questa minaccia.Signor presidente, lei non ignora certo il contenuto dell'ultimo rapporto dell'Ong "Transparence France". Ma nel caso che questo testo le fosse sfuggito, citerò una delle sue conclusioni: "La Francia continua a veicolare un'immagine relativamente degradata della sua classe politica e della sua amministrazione pubblica". Peraltro, per quanto riguarda i livelli di corruzione, la Francia è classificata al 24° posto su 180 Paesi.La crisi economica non è una scusa. La crisi morale è un fatto. A lei, signor presidente, spetta il compito di ripristinare l'immagine della Francia per quanto ha di più bello, di più invidiabile, di universale: il suo status di Paese dei diritti umani. È il Paese della solidarietà e della fratellanza proclamate, una terra generosa, ricca delle sue differenze, dei suoi colori, delle sue spezie, che tra l'altro dimostra come l'islam sia perfettamente compatibile con la democrazia e la laicità. Perciò la prego, signor presidente, di cancellare dal suo discorso le idee infelici che sono quelle diffuse da un partito di estrema destra, nell'intento di far ripiegare il Paese su se stesso, di isolarlo, di tradire i suoi valori fondamentali. Voglia credere, signor presidente, all'espressione dei miei migliori sentimenti". (Tahar Ben Jelloun)

Boat tour