sabato 2 febbraio 2008

La mia Africa/4. Matrimonio all'ivoriana.


Il 28 dicembre del 1995, alle 18, mi sono sposato con Christine all'Hotel de Ville di Abidjan. Una cerimonia privata in Comune, alla presenza di una donna sindaco, il mio testimone ed ex amico Nando, e la sua testimone, Marie. Abbiamo evitato il tradizionale matrimonio africano e anche quello italiano. La sera siamo andati a mangiare sulla spiaggia di Grand Bassam, a 30 km dalla capitale ivoriana, dove vivevamo insieme da più di un anno e dove gestivamo due nostri ristoranti, ed è finita lì. Mio moglie era già incinta del nostro primo figlio, Francesco, che sarebbe nato il 12 luglio 1996. Altri due, Roberto e Riccardo, sarebbero nati l'8 febbraio 1999 e il 1 maggio del 2000.Ci eravamo incontrati il secondo giorno dopo il mio arrivo in Costa d'Avorio. Io avevo 39 anni, ero single ed avevo preso in affitto una villetta tra la laguna e il mare. Avevo deciso di lasciare l'Italia e di vivere a Grand Bassam. Lei aveva 20 anni, aveva appena perso la mamma ed era nella stessa cittadina dove lavorava in un piccolo ristorantino. Ci incontrammo al "Balafon", un maquis tipico locale ivoriano dove si mangia, si beve e c'è sempre musica. Lei lo voleva gestire per avere una sua attività e io volevo affittarlo come primo business sul luogo. Da quel giorno, fino ad oggi, non ci siamo più lasciati. Notti di passione i primi mesi, calore familiare che si trasforma poi nel tempo.I primi mesi li passammo ad organizzare il maquis: a comprare le suppellettili, ad imparare dove fare la spesa spendendo meno, ad ingaggiare cuoche e camerieri. Imparammo a comprare il pesce al mercato del porto di Abidjan e a prenotare i polli negli allevamenti all'interno. Poi ci fu l'inaugurazione. Mia moglie trascorreve quasi tutto il giorno al ristorante mentre io mi occupavo dei conti e della società di import-export che stavo mettendo su.Nel tempo libero ce ne andavamo sulla spiaggia da amici ristoratori e a fare qualche giro qua e là. Un anno dopo prendemmo uno stabilimento a 10 km da Grand Basam, su una pista tra la laguna e il mare, e ci facemmo un ristorante italiano dal nome "Il Riflesso". Aprivamo solo il sabato e la domenica ed era frequentato per lo più da italiani, da qualche libanese e da pochi locali. Così passammo quasi quattro anni, fino a quando tre banditi non fecero irruzione nella nostra casa e lo spettro della guerra civile fece capolino nel terzo Paese africano più sviluppato. Fu l'inizio di un cambiamento che ci fece poi decidere di venire ad abitare in Italia.

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