lunedì 25 febbraio 2008

La mia Africa/17. Yao, adozione all'ivoriana.

Yao aveva 5 anni quando venne a vivere con noi, io e mia moglie Christine. Praticamente era stato abbandonato dai genitori naturali alla nascita ed aveva vissuto prima con la mamma di Christine al villaggio e, alla sua scomparsa, con le sorelle di Christine al popolare quaritere di Youpougon, a nord di Abidjan.
Non c'erano documenti certi sul luogo e la sua data di nascita. Restò con noi sei anni ma, al momento di tornare in Italia, la nostra ambasciata ci impedì di portarlo con noi perchè non risultava in nessun documento ufficiale. Così fu abbandonato di nuovo ad una delle sorelle di mia moglie. Fino ad oggi - sono passati ben otto anni - non siamo riusciti legalmente a riportarlo in seno alla nostra famiglia e continua a vivere in Costa d'Avorio senza dei veri genitori.
Yao - che in baoulè, la lingua dell'etnia locale di mia moglie, significa venerdì - era gracile, dolce, timido e servizievole. Era il figlio di un po' tutte le sorelle di mia moglie che, di certo, non è che se la passavano benissimo. Aiutava al nostro ristorantino e in casa e faceva il baby sitter al mio primogenito Francesco quando nacque. Ma non amava andare a scuola, era un grande bugiardo ed ogni tanto rubacchiava.
In seconda elementare, quando andai a parlare con i maestri alla scuola di Treichville ad Abidjan, scoprii che non andava in classe da quasi due mesi. Bighellonava per la città e poi tornava al residence di Port Bouet sulla laguna Ebriè, dove abbiamo vissuto per meno di un anno, inventandosi le cose più strane.
Un giorno il guardiano della palazzina dove alloggiavamo ci chiese se per caso non avevamo visto la sua radio che gli era sparita. Ci disse che l'unico che era passato per andare a scuola era Yao. Chiedemmo al bambino se l'aveva presa lui ma lui negava ogni responsabilità. Quando la trovammo nella sua cartella di scuola continuò a negare di averla presa lui, pur avendo la radio sotto gli occhi.
Quando non marinava la scuola passava quasi tutto il tempo a giocare con il mio primogenito che gliene faceva di tutti i colori. Erano inseparabili. Ogni tanto però Yao si scordava di essere il suo baby sitter e Francesco si trovava con qualche nuova cicatrice, come quella sul mento che ancora conserva dopo essere rotolato giù dalla scale del terrazzo della casa sull'oceano a Grand Bassam.
L'ultima volta che lo vedemmo fu qualche giorno prima di ritornare definitivamente in Italia, quando la sorella gemella di mia moglie, Denise, venne a trovarci con il bambino. Noi avevamo dovuto mandarlo via perchè una notte non tornò a dormire dopo essere fuggito dalla terrazza dove abitavamo. Denise voleva che lo tenessimo noi perchè era troppo discolo, ma noi il giorno dopo partivamo e dovemmo lasciarlo con lei. Non fu un bell'addio.
Da quel giorno non lo abbiamo più visto. Non siamo riusciti a farlo venire in Italia per il non possibile ricongiungimento. Sappiamo che sta al college ed è ormai grande.

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