lunedì 28 gennaio 2013

La mia Africa. La bella djoula e il commercio di vestiti


Il barese aveva fatto venire un container di vestiti-tuta di poca qualità, ma non riusciva a venderli. Ci provai io, a Grand Bassam in Costa d'Avorio, che conoscevo l'ambiente e potevo sfruttare le informazioni di mia moglie baulé. Andai a parlare con una signora djoula, dell'etnia del Nord con influenze musulmane dalla Guinea, una commerciante molto ricca che avevo conosciuto cercando un'enorme villa da affittare nel centro della cittadina poco lontano da Abidjan, con piscina e quant'altro. Mi ricevette nella sua casa, più modesta di quella che affittava, con un grande cortile, nel salone pieno delle sue figlie. Una mi colpì in particolare. Poteva avere sedici-diciasette anni, aveva solo un pareo indosso, una pelle levigata e un corpo sinuoso da sogno. Non potevo staccare gli occhi da lei e non so cosa avrei dato per stare con lei. Ma ero lì per il business, che io non sapevo fare, ma la signora sì, e lei si era ccorta che avevo gli occhi più su sua figlia che sulla vendita degli abiti. Raggiungemmo un accordo dopo tre-quattro appuntamenti, che io dilungavo per poter rivedere la figlia. Svendetti gli abiti e feci a metà con il barese, che non fu molto contento dei pochi soldi guadagnati.  Poi non vidi più la giovane, che per averla avrei dovuto sposare. Ma io ero già sposato. Ma ogni tanto la giovane me la sogno come un'occasione perduta.

Nessun commento: