domenica 17 aprile 2011

Perché? Boh!

Che l'Italia sia ormai ad una specie di Caporetto è evidente. C'è da una parte una banda di ladroni viziosi che ha occupato la democrazia, i media, i gangli del potere, accontentato la chiesa cattolica che tace come storicamente ha sempre saputo fare, cavalcando la paura spinti da una lega razzista ed incapace, e dall'altra una crescente indignazione che non riesce a trovare sbocchi e rappresentatività che non si sa dove sfocierà. O le forze sane del Paese si uniranno per arginare questa degenerazione o si arriverà ad una sicura rivoluzione di cui non sono ben chiari i contorni. Il tappo ormai sta per saltare. "Le notizie della settimana sono queste:1. Berlusconi ha dichiarato alla stampa estera che alla fine della legislatura nel maggio del 2013 non si candiderà più come capo del governo ma resterà leader del suo partito.2. Ventiquattro Paesi dell'Unione europea su ventisette hanno respinto la richiesta italiana di accogliere gli immigrati sbarcati sulle nostre coste. A fianco dell'Italia sono rimaste Malta e la Grecia.3. Il piano economico e finanziario preparato da Tremonti per il prossimo biennio prevede una crescita del Pil dall'1 all'1,6 per cento. La disoccupazione e la pressione fiscale resteranno ferme sulle posizioni attuali. Il debito pubblico si è nel frattempo attestato al 120 per cento e non diminuirà fino al 2014.4. La guerra contro i giudici deve proseguire a ritmo serrato: dopo la prescrizione breve sarà la volta della legge sulle intercettazioni e comincerà l'iter parlamentare della riforma generale della giustizia.Come si vede, il panorama politico è al tempo stesso agitato e immobile.Diciamo che è il tremito d'un organismo paralizzato e dura così da due anni.La prospettiva, almeno per quanto riguarda l'economia e l'immigrazione, è che si andrà avanti così per altri due anni.Il governatore della Banca d'Italia avverte che in queste condizioni ci vorranno cinque anni per uscire dalla crisi attuale.Per poterne uscire nel 2013 sarebbe necessaria una crescita del Pil del 2 per cento in ciascuno dei due anni: obiettivo possibile ma soltanto con una politica economica diversa da quella attuale.Chi viaggia all'estero e incontra persone di altri Paesi con le quali ha rapporti di amicizia o di affari, riferisce la domanda che gli viene fatta in ogni occasione: perché Berlusconi è ancora al governo e riscuote ancora la maggioranza relativa dei consensi? Il viaggiatore non sa rispondere.La stessa domanda ce la poniamo da tempo anche noi, sebbene essa si sia notevolmente ridotta negli ultimi mesi. Ridotta, ma ancora consistente nel Paese e in Parlamento.Come si spiega?La risposta è contenuta in due diverse narrazioni di quanto accade in Italia, inconciliabili tra loro. Il Paese è dunque irrimediabilmente spaccato in due parti che non comunicano?In realtà il Paese è diviso in tre parti e la terza è composta da chi ha perduto ogni interesse ad occuparsi di questo problema. La situazione è dunque terribilmente seria: stasi economica, isolamento in Europa, Paese diviso in tre parti quantitativamente equivalenti. Una palude, con i miasmi e i malanni d'ogni palude. Di qui una seconda domanda: come uscirne?Pisanu e Veltroni hanno indicato un modo: un nuovo governo sostenuto da tutti coloro che in Parlamento e nel Paese vedono i rischi di questo agitatissimo immobilismo e decidono di uscirne unendo le forze per riscrivere insieme le regole provocando una "discontinuità" rispetto a quanto finora è accaduto.La parola "discontinuità" significa politicamente una rottura con la situazione attuale. Che l'abbia pronunciata Veltroni non è una notizia ma che l'abbia scritta e firmata Pisanu, senatore del Pdl e presidente della Commissione antimafia, questa sì, è una notizia. Nel lessico dei seguaci dell'"Amor nostro" probabilmente sarà definita un "golpe" o almeno un para-golpe o un proto-golpe. Non Badoglio, ma Pisanu.Che cosa ne pensano i poteri forti? Che cosa ne pensa la Chiesa? Ci vuole una premessa, per quanto ovvia, in questi tempi di vistosa confusione lessicale: la discontinuità non può aver luogo senza che emerga una maggioranza parlamentare diversa da quella attuale. E un'altra premessa: qualora quella nuova maggioranza emergesse, spetterebbe al presidente della Repubblica decidere se dar luogo ad un nuovo governo senza por fine alla legislatura oppure consultare il corpo elettorale.Nel 1994, quando la Lega decise di ritirarsi dal governo passando all'opposizione dopo appena cinque mesi di esperimento, la legislatura continuò fino al '96.L'ossessione del ribaltone ancora non c'era per la semplice ragione che costituzionalmente il cambiamento di alleanza da parte di un gruppo parlamentare è pienamente legittimo e rientra nella normale dialettica democratica. Del resto in questa legislatura di ribaltoni ne sono già avvenuti parecchi: Fini è stato cacciato dal Pdl ed ha formato un partito che si è dissociato dalla politica del governo; alcuni parlamentari che l'avevano seguito hanno poi cambiato opinione tornando nel partito d'origine; altri parlamentari eletti con partiti di opposizione hanno varcato la soglia e sono passati con la maggioranza.Nessuno ha invocato la fine della legislatura per questo motivo.* * *Esaurite le premesse procediamo con l'analisi delle forze in campo. Gli imprenditori, i rappresentanti dei lavoratori, la gerarchia cattolica, i movimenti ecclesiali, l'opinione laica, gli interessi e i sentimenti del Nord, gli interessi e i sentimenti del Centro-Sud.La Confindustria reclama da tempo una politica orientata verso la crescita della domanda, dell'occupazione, degli investimenti e dei consumi. Tanto più urgente in una fase di crescente inflazione globale, di aumento del tasso di interesse e di un tasso di cambio dell'euro che penalizza fortemente le esportazioni.Negli ultimi tempi questa posizione della Confindustria si è radicalizzata, con l'adesione pressoché unanime delle imprese grandi, medie e piccole. Queste ultime finora avevano considerato con favore e speranza le promesse berlusconiane, ma negli ultimi tempi le speranze sono appassite e il favore è venuto meno.Analoghi mutamenti sono avvenuti nell'ampio settore delle costruzioni (Ance) e nelle organizzazioni dei commercianti e degli artigiani. Gli interessi di queste categorie sono penalizzati dalla politica del rigore senza crescita. Ciò non vuole necessariamente significare che le intenzioni di voto di queste categorie siano cambiate; la paura dei "comunisti" e degli immigrati gioca in favore della continuità politica e non della discontinuità. Ma quando è leso l'interesse, la tenuta ideologica diventa friabile e può favorire il mutamento delle intenzioni di voto soprattutto in favore dell'astensionismo.Per quanto riguarda le forze del lavoro, il ragionamento è analogo salvo l'assenza di elementi ideologici. Sono molti i lavoratori e i pensionati che passarono da sinistra a destra nelle scorse occasioni elettorali, sedotti dalle promesse e dalle capacità seduttive di quella vera e propria macchina di voti che è il Grande Comunicatore. Ma il problema dei "comunisti" per loro non si pone e quello della sicurezza anti-immigrazione ha un peso assai minore rispetto ad altri ceti. Il problema dei lavoratori è il lavoro. Se manca o si devalorizza gli effetti prima o poi si vedono e infatti cominciano a vedersi.Il Sud è terra incognita per un motivo evidente: è la parte del Paese socialmente meno strutturata. La classe dirigente locale è sempre stata "ballerina", il lavoro difetta, l'iniziativa imprenditoriale è scarsa, il credito di difficile accesso, le infrastrutture sono miserevoli e i trasporti ancora peggio.Dove manca il radicamento degli interessi suppliscono radicamenti alternativi: la clientela, le organizzazioni malavitose. Aumenta l'emotività e contemporaneamente l'indifferenza politica. Il combinato di questi elementi rende appunto incognita la risposta politica meridionale anche se l'opinione pubblica strutturata (quel poco che esiste) è particolarmente reattiva allo sradicamento sociale e quindi molto sensibile all'etica pubblica. Può sembrare un paradosso ma è proprio nell'ambiente sociale più degradato che il desiderio di un'etica pubblica più rigorosa ed un salto di qualità nell'efficienza e nell'innovazione si manifestano con maggiore intensità.Questa apparente contraddizione va guardata con particolare cura dalle forze politiche che puntano sulla discontinuità.* * *Il Nord invece non è terra incognita. Gli interessi sono ben radicati ed anche l'ideologia. Il nordismo è ormai un modo di pensare e di sentire che accomuna le genti della grande pianura dove scorre il Po, la stella cometa che ha la sua testa tra Varese Milano e Bergamo e la coda luminosa che s'irradia fino a Udine e Treviso da un lato e Mantova Ferrara e Rimini dall'altro, fino alle propaggini della costa adriatica marchigiana. Ci sono differenze e rivalità in questa ampia superficie che produce il sessanta per cento del reddito nazionale e ospita il quaranta per cento della popolazione, ma coincidono le priorità: libera impresa, regole al minimo livello, investimenti pubblici e infrastrutture come prima scelta dello Stato, Comuni e Regioni fiscalmente e istituzionalmente autonome, ricchezza reinvestita sul territorio, immigrazione condizionata all'offerta di lavoro.La Lega costituisce il cemento e fornisce l'ideologia, ma non è esportabile, perciò la sua compromissione con il governo nazionale non è popolare. La condizione ideale del leghismo è il federalismo inteso come confederazione.Il nordismo confederato rappresenta una metà degli abitanti di quei territori e molto meno della metà dei giovani. I giovani sono sempre più cosmopoliti e sempre meno attratti dalle patrie, grandi o piccole che siano.Non amano la ghettizzazione né le tradizioni. Vogliono successo, ricchezza, competizione e cultura. Sono propulsivi e dinamici. Il mito di Pontida non è cosa loro, Bossi e Calderoli non sono i loro punti di riferimento. Forse il Berlusconi giovane sì, quello di oggi non più o sempre meno.Se si aggiunge che la Chiesa è entrata nell'ordine di idee che la palude attuale non sia giovevole né ai suoi valori né ai suoi interessi, il quadro complessivo sembrerebbe favorevole ad un'evoluzione che privilegi la discontinuità rispetto al presente e pericolante assetto. Ma a questa salutare evoluzione fa ostacolo una difficoltà non da poco ed è una natura molto diffusa nella nostra gente. Francesco De Sanctis ne parla a lungo in un suo saggio e definisce quella natura come l'uomo del Guicciardini perché fu appunto lo storico fiorentino che meglio di tutti ne fece il racconto. Lo fece nelle "Historiae fiorentinae" e nei "Ricordi". Ma valeva ancora, quel racconto, tre secoli dopo, quando ne parlava De Sanctis nelle sue lezioni all'Università di Napoli. Purtroppo vale ancora oggi."Mancava la forza morale; supplì l'intrigo, l'astuzia, la simulazione, la doppiezza. Ciascuno pensava al proprio particulare sì che nella tempesta comune naufragarono tutti. La consuetudine nostra non comportava che s'implicassi nella lotta tra i principi, ma attendesse a schierarsi, ricompagnandosi con chi vinceva secondo le occasioni e le necessità. Noi abbiamo bisogno di intrattenerci con ognuno dè potenti e mai fare offesa ad alcun principe grande".E il De Sanctis così conclude questa lunga citazione guicciardiniana: "Non c'è spettacolo più miserevole di tanta impotenza e fiacchezza in tanta saviezza. La razza italiana non è ancora sanata da questo marchio che ne impedisce la storia. L'uomo del Guicciardini lo incontri ancora ad ogni passo; ci impedisce la via se non avremo la forza di ucciderlo nella nostra coscienza".È un obiettivo da puritani? Oppure la condizione necessaria per far vivere una società moderna dove libertà e giustizia siano equilibrate e consentano di affermarsi al merito onestamente guadagnato?". (Eugenio Scalfari-La Repubblica) "Per il professor Carlo Federico Grosso, uno dei più celebri avvocati penalisti italiani, le accuse sempre più violente del governo alla magistratura sono “attacchi ai principi cardine dello stato di diritto, che colpiscono ogni giorno la democrazia. Che, a questo punto, sta per crollare”. Professor Grosso, come ha reagito vedendo i manifesti con su scritto “Via le Br dai tribunali”? Sono allibito, è un atto vergognoso. Minacciare così i magistrati è intollerabile. Soprattutto perché proprio loro sono stati vittime dei brigatisti: penso tra gli altri a Guido Galli e a Emilio Alessandrini , assassinati da un commando di Prima linea proprio a Milano. Il ministro della Giustizia Alfano si è dissociato dai manifesti solo ieri, dopo oltre un giorno di silenzio. Alfano è lo stesso che ha messo il suo nome su una legge dichiarata incostituzionale dalla Consulta. Anche quando parla tempestivamente, spesso lo fa a sproposito. Dunque non mi stupisco più né per ciò che dichiara né tanto meno per i suoi silenzi. Ieri Berlusconi ha ribadito che la magistratura è eversiva. E altri due esponenti del Pdl, Maurizio Gasparri e Gaetano Quagliariello, hanno invocato sanzioni contro i pm di Milano. La preoccupa il clima che si sta creando? Certo. Si tratta di iniziative assolutamente intimidatorie, deprecabili. Lei è firmatario di un appello scritto dal professor Giorgio Marinucci contro la prescrizione breve. La definite “uno sfregio al principio di uguaglianza davanti alla legge”. La prescrizione breve è palesemente incostituzionale, viola l'articolo 3 della Carta. Infatti fa dipendere il tempo necessario per estinguere il reato non dalla gravità del crimine commesso, ma dalle qualità personali. Cosa c'è di sbagliato se un incensurato riceve un trattamento privilegiato rispetto a un recidivo? Facciamo un esempio: c'è un incensurato che compie una truffa gravissima, per miliardi di euro, alla Bernie Madoff. Poi c'è un pregiudicato che, recidivo, ruba un portafogli con dentro pochi centesimi. Ci sarà molto meno tempo per celebrare il processo del nostro Madoff, che probabilmente verrà prescritto, rispetto al processo per il furtarello. E poi c'è da fare una considerazione storica. Quale? Il diritto penale “d'autore”, in contrapposizione a quello del reato, è tipico dei sistemi autoritari. Solo lì si selezionava la gravità della responsabilità penale in base al soggetto, alla personalità, magari alla categoria sociale invece che basandosi su ciò che avevano fatto. I liberali invece sanzionano considerando la gravità dell'offesa. Questa selezione della durata della prescrizione in rapporto al tipo di autore era già stata realizzata dalla ex Cirielli. La norma Paniz peggiora le cose. Ma la prescrizione breve, minimizza il governo, accorcerà i processi soltanto di qualche mese. Sarà un incentivo a delinquere. Ed è dannosa proprio perché si innesta sull’incredibile ex Cirielli, che ha già dimezzato i termini di prescrizione. Diminuirli ancora è gravissimo, e inciderà soprattutto sui reati di media portata, che si estinguono dopo 7 anni e mezzo: togliere 6 mesi è tanto, e sui reati come la corruzione avrà un effetto devastante. Anche perché si tratta di crimini che spesso si scoprono alcuni anni dopo che sono stati commessi. Tra le leggi ad personam ritiene più grave la prescrizione breve o il processo breve? Servono a esaudire due desideri diversi. La prescrizione breve blocca il processo Mills prima di una condanna di primo grado, e l'effetto generale sarà un incentivo a delinquere. Mentre il processo breve, per com’era stato pensato all’inizio, era demenziale: poneva blocchi rigidi sulla durata massima del primo, secondo e terzo grado di giudizio. Se non venivano rispettati, si cancellava il processo, qualunque fosse la gravità del reato contestato. Nella versione approvata, invece, se non si rispettano i limiti imposti il processo può continuare lo stesso. C’è però un particolare molto preoccupante: hanno previsto che se il giudice, per esempio in appello, supera i rigidi tempi previsti, il capo del suo ufficio deve comunicarlo al Guardasigilli e al procuratore generale della Cassazione. Cioè ai due titolari dell'azione disciplinare. Quindi sarà Alfano a decidere se punire o meno il magistrato? Esatto. Hanno trovato un modo per dare al governo più poteri nella lotta ai magistrati. Prendiamo un processo per aggiotaggio: basta che vengano chieste 4 o 5 perizie e sicuramente si sforeranno i tre anni previsti per il primo grado di giudizio. Il giudice, anche se del tutto incolpevole, può essere sottoposto ad azione disciplinare, a discrezione del ministro. È uno dei tanti modi per intimidire la magistratura. Come se ne esce secondo lei? Ci vorrebbero nuove elezioni e una maggioranza di italiani che, avendo capito la situazione, scegliesse una classe politica all'altezza del compito di governo. Così da riportare il Paese a un livello di civiltà". (Beatrice Borromeo-Il Fatto Quotidiano) "Pirandello è stato il primo a notare il grande espediente: se il nodo è inestricabile, fingiti pazzo. La tua finzione, specialmente se estrema, potrebbe indurre gli altri a tradirsi, a rivelare almeno in parte quel che hanno fatto e quel che vogliono fare. Alberto Asor Rosa, il grande italianista – scambiato, a causa del suo silenzio politico negli ultimi tempi, come un intruso nelle pagine politiche dei giornali di questo strano periodo – ha deciso un colpo di scena. Avrà ascoltato gli On. Corsaro e Cicchitto, nella seduta notturna della Camera dei deputati, tutti al lavoro, parlamentari e membri del governo, Esteri e Difesa, non uno assente, al solo scopo, mentre divampano guerre e si addensano pericoli mortali, di salvare il loro primo ministro molto ricco e molto imputato, e si è chiesto ad alta voce: “Ma perché non chiamate i Carabinieri?” (Il Manifesto, 13 aprile). In effetti, chi avesse ascoltato l’On. Corsaro paragonare i giudici di Milano agli assassini di Aldo Moro, e l’On. Cicchitto attaccare con ferocia la vicepresidente della Camera Bindi perché si era permessa di ricordare un vecchio trascorso del vibrante Cicchitto, la sua adesione e partecipazione a una loggia massonica segreta detta P2 (ragione che aveva indotto il presidente della Repubblica Pertini a negare il saluto e rifiutare l’ingresso in Quirinale) si sarebbe reso conto che un evento pazzesco stava svolgendosi quella notte alla Camera dei deputati del Parlamento Italiano. Non vorrei speculare sul sincero slancio di follia di un italiano stordito ed esasperato dopo 17 anni di venerazione del miliardario e di inchino continuo, dalle grandi intelligenze a Scilipoti, verso le sue volontà, giochi e capricci, e soprattutto interessi; oppure sul freddo e attento letterato che sceglie di essere Enrico IV pur di smuovere almeno l’attenzione di alcuni. Di certo l’obiettivo è raggiunto. Si può parlare liberamente, e anche con sdegno, di Asor Rosa come di un uomo impazzito che vuol mandare i Carabinieri in Parlamento (dunque, colpo di Stato), benché un letterato i Carabinieri li possa soltanto descrivere. MA INTANTO, fatalmente, ha richiamato l’attenzione su una notte parlamentare che resterà un esempio. Perché è stata una notte senza false illusioni e senza finte bi-partigianerie. L’opposizione, e in particolare il Pd, non ha esitato su nulla, non ha commesso errori od omissioni, ha usato con bravura ogni strumento e ogni espediente, non ha taciuto mai e non ha rinunciato mai, senza una assenza e con molta aspra chiarezza in ogni argomento. Ma è stato come parlare con ansia e ragione e senso del pericolo ai membri di una setta. Niente a che fare col Parlamento. Niente a che fare con “gli eletti dal popolo” visto che si tratta ormai di una legione straniera, di eletti dappertutto e di truppe mercenarie. È stata dunque una notte in cui si sentivano gli echi di due film profetici che hanno segnato la cultura (purtroppo non la politica) italiana: Cadaveri eccellenti di Francesco Rosi, e Il Caimano di Nanni Moretti. In entrambi la fine viene dopo la fine, ovvero il regime crolla, se crolla, solo dopo il compimento di tutto il suo tragico danno. Infatti davanti a Montecitorio in quelle notti c’era una folla che, di tanto in tanto, una Santanchè o un La Russa uscivano a provocare, con spunti di follia più autentica e meno pirandelliana, anche perché si trattava di provocare i congiunti dei morti nel rogo della Moby Prince o del terremoto de L’Aquila. Dispiace e imbarazza che “penne terze” come vorrebbe essere, ad esempio, Pierluigi Battista, scriva la mattina dopo: “L’elogio del golpe democratico stilato da Alberto Asor Rosa è l’ultima figura di un sentimento apocalittico che alberga in una opposizione drammaticamente incapace di diventare maggioranza” (Il Corriere della Sera, 15 aprile). Senza accorgersi del vero spettacolo di follia: una maggioranza che si comporta con disperazione distruttiva e rinuncia a governare pur di saldare i conti giudiziari del suo leader, e impedisce al suo governo di governare e lo fa anche come spettacolo, dunque in modo clamorosamente e vistosamente folle: eccolo lì tutto il governo, tutto in aula, decine di ore, giorno e notte, tutti fermi, tutti zitti, nel tentativo mortale, finora in parte riuscito, di abolire ogni ruolo o funzione del Parlamento e gettare direttamente il governo contro la magistratura, un modo per autodistruggersi mentre il mondo, che ha preso nota, ha cominciato a escludere l’Italia persino dalla finzione (da tempo era solo una finzione) di contare qualcosa nei consessi e nelle decisioni internazionali. Adesso si lascia intendere chiaramente che l’Italia di Arcore non può stare con Paesi e governi normali (abbiamo perso decoro e dignità prima ancora della libertà formale) e questi governi normali firmano apertamente rilevanti documenti mondiali lasciando che il governo italiano li legga sui giornali. Dunque, vorrei dire a Pierluigi Battista e ai commentatori allibiti per il commento azzardato di Asor Rosa, che il peggio accade quando la maggioranza usa se stessa e il suo rilevante peso come arma contro le istituzioni, dalla magistratura al capo dello Stato. Non volete credere al mio richiamo a Pirandello come chiave di lettura della esasperata frase di Asor Rosa? Domandatevi se il proclama del vicepresidente dei deputati di maggioranza Corsaro alla Camera, in pieno dibattito sulla legge della prescrizione breve, non sia ben più pericoloso, per luogo, autorità e tempo: ha iniziato la strategia di equiparare i giudici che osano processare il suo capo agli assassini di Aldo Moro. Quella strategia si è poi sviluppata nei manifesti che hanno tappezzato Milano, e nella autorevole e folle dichiarazione (folle senza alcun alibi pirandelliano, dati gli autori) dei senatori Gasparri presidente e Quagliariello (vicepresidente) dei senatori del Pdl. Accusano con veemente violenza la Procura di Milano e prontamente ottengono dal ministro della Giustizia Angelino Alfano, autore di tutta la montatura giudiziaria, di inviare ispettori a Milano. Ovvero : il ministro della Giustizia contro i giudici che tentano carte alla mano, di processare il primo ministro. Non pensate che a questo punto anche tanti altri cittadini si saranno detti l’un l'altro, in un momento di esasperazione : “Ma non si possono chiamare i Carabinieri?”, un modo per dire: ma dovremo restare per sempre in questa gabbia di mentitori, fomentatori e pazzi (pazzi perché unici nello sforzo di distruggere ciò che potrebbero governare)? C’è sempre un buon dottore, in certe corsie infernali di ospedali caduti nel caos. E adesso, in Italia, si fanno avanti due primari della politica, Veltroni (Pd) e Pisanu (Pdl) e dicono questa frase, che dovrebbe essere la cura miracolosa, e tu te la fai ripetere perché hai il dubbio che si parli dello stesso luogo, dello stesso Paese, della stessa malattia. Dunque, Berlusconi, dopo il bacio alle statuette di Priapo, ha appena fatto sapere che il fine ultimo della sua vita umana, imprenditoriale e politica è (cito) “la distruzione di questa magistratura”, si è appena messo contro l’Europa, fuori della Nato ed escluso da ogni rapporto dignitoso con gli altri leader d’Europa e del mondo. Ha voluto persino aggiungere, fuori testo, il suo odio per la scuola pubblica italiana, che invece avrebbe il compito di governare, e ha dichiarato l’intento di spostare i fondi disponibili verso scuole private “anticomuniste”. Siamo dunque, ovviamente, non solo fuori dalla legalità, come si dice sempre, ma fuori dalla normalità psichica, fatto grave quando avviene a chi detiene il potere. Ma i due primari dicono: “Bisogna creare le condizioni politiche e istituzionali perché si torni al confronto positivo sui veri problemi degli italiani”. Quella parola, “ritorno” rivela una nostalgia purtroppo mal posta. Quando mai, con Berlusconi al potere o capo di una violenta e incessante opposizione, c’è stato un “confronto”? Quando mai “sui problemi degli italiani”? Provoca angoscia e disorientamento sentir dire che “i problemi non sono ideologie, sono fatti. Vince chi indica la soluzione migliore.“ Siamo sicuri che sia così? Da quando? Qui risulta (e ne parla la stampa mondiale) che in Italia vince chi ha in mano tutte le televisioni e controlla tutta le informazioni, e spadroneggia con il conflitto di interessi. Sì, lo so, sono le stesse cose che dicevamo educatamente (ma allora, almeno, insieme) nel 1996. La tragedia è questa". (Furio Colombo-Il Fatto Quotidiano) "“Oggi 29 gennaio 1979 alle ore 8:30 il gruppo di fuoco Romano Tognini ‘Valerio’ dell’organizzazione comunista Prima linea ha giustiziato il sostituto procuratore della repubblica Emilio Alessandrini… uno dei magistrati che maggiormente ha contribuito in questi anni a rendere efficiente la procura della repubblica di Milano... nel tentativo di ridare credibilità democratica e progressista allo Stato”. Con questo volantino, 31 anni fa, i terroristi rossi di Prima Linea rivendicavano l’assassinio del pm milanese che in quel momento indagava sulla strage nera di Piazza Fontana. Cioè tenevano a far sapere di averlo eliminato proprio per i suoi meriti, perché Alessandrini era bravo, onesto e con la sua competenza, professionalità e dedizione onorava lo Stato e le istituzioni che i brigatisti non riconoscevano, anzi volevano abbattere. Oggi, a non riconoscere lo Stato e le istituzioni e ad abbatterli un pezzo al giorno, non sono più i terroristi, fortunatamente estinti: sono il presidente del Consiglio e la sua vasta corte di servi felici, alleati venduti e figuranti a gettone. E sono molto più pericolosi dei terroristi (che finirono involontariamente per rafforzare il sistema, mentre quelli lo picconano dall’interno), perché nessuno – tranne poche e flebili voci – ne denuncia la pericolosità, perché controllano militarmente le istituzioni e le televisioni, e soprattutto perché hanno l’immunità e purtroppo non possono essere arrestati. Al posto dei mitra, usano come armi le leggi, le tv, i giornali. E, dall’altro giorno, anche i manifesti anonimi, come quelli apparsi a Milano con uno slogan che fa impallidire, per carica eversiva, i volantini di Prima Linea: “Via le Br dalle procure”. Il Corriere della Sera, che appena qualche testa calda disegna una stella a cinque punte nel cesso di una fabbrica lancia l’allarme in prima pagina contro il ritorno del terrorismo, ha relegato la notizia a pagina 13   in basso a destra. Il giorno prima invece, aveva sbattuto in prima pagina Asor Rosa, gabellandolo per un novello Junio Valerio Borghese pronto a marciare su Roma al grido di “Tora Tora”. Ora, di quei manifesti firmati “Associazione dalla parte della democrazia”, è ignoto solo il tipografo. L’ispiratore e l’autore dei testi si chiama Silvio Berlusconi, che ieri ha paragonato i magistrati (quelli, si capisce, che si occupano di lui) a un’“associazione a delinquere”, s’è vantato di aver imposto processo e prescrizione breve “per tutelarmi” (dalla Giustizia) e tre giorni fa, davanti alla stampa estera, ha farneticato di “giudici brigatisti”. Nemmeno una sillaba è trapelata dal Quirinale contro questi proclami terroristici. Con ben altra determinazione avevano reagito Scalfaro e Ciampi, quando in passato B. aveva vomitato analoghi deliri: “In tutti i settori ci possono essere corpi deviati. Io ho una grandissima stima per la magistratura, ma ci sono toghe che operano per fini politici. Sono come la banda della Uno bianca (14.3.96)”, “Come anni fa la sinistra si è saputa distinguere da chi faceva la lotta armata, anche oggi deve dividere la propria responsabilità da chi fa lotta politica con le sentenze. La sinistra deve isolare certi pm come fece con le Brigate rosse” (8.8.98), “Negli anni ‘70 c’era la volontà di abbattere lo Stato borghese con l’uso della violenza. La sinistra seppe distinguere la sua responsabilità da quella delle Br. Spero che oggi faccia la stessa cosa nei confronti dei giudici giacobini” (17.3.99), “Resisteremo ai colpi di giustizia, di piazza e di pistola che non fanno parte della democrazia” (26.3.2002). Significativamente, la prima di queste frasi fu pronunciata a commento dell’arresto del giudice Squillante, il cui nome era sul libro paga di B. e Previti assieme a quello di Vittorio Metta (vedi alla voce Mondadori). Per lui gli unici giudici buoni sono quelli corrotti: quelli onesti, quelli bravi sono una minaccia. Infatti, in un’altra occasione, li definì “pazzi, antropologicamente diversi dal resto della razza umana”. Quelli sani prendono esempio da lui: fanno i delinquenti". (Marco Travaglio-Il Fatto Quotidiano)

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