sabato 30 ottobre 2010

Scusa Ruby, sappi che noi ti vogliamo veramente bene



"Le recenti cronache dell'Italia berlusconiana che raccontano l'ennesimo scandalo ormai generalmente etichettato "bunga bunga" mi hanno lasciato al tempo stesso indifferente e stupefatto. "L'indifferenza deriva dal fatto che conosco da trent'anni Silvio Berlusconi e sono da tempo arrivato alla conclusione che il nostro presidente del Consiglio rappresenta per molti aspetti il prototipo dei vizi italiani, latenti nel carattere nazionale insieme alle virtù che certamente non mancano. Siamo laboriosi, pazienti, adattabili, ospitali. Ma anche furbi, vittimisti, millantatori, anarcoidi, insofferenti di regole, commedianti. Egoismo e generosità si fronteggiano e così pure trasformismo e coerenza, disprezzo delle istituzioni e sentimenti di patriottismo. Berlusconi possiede l'indubbia e perversa capacità di aver evocato gli istinti peggiori del paese. I vizi latenti sono emersi in superficie ed hanno inquinato l'intera società nazionale ricacciando nel fondo la nostra parte migliore. È stato messo in moto un vero e proprio processo di diseducazione di massa che dura da trent'anni avvalendosi delle moderne tecnologie della comunicazione e deturpando la mentalità delle persone e il funzionamento delle istituzioni. Lo scandalo "bunga bunga" non è che l'ennesima conferma di questa pedagogia al rovescio. Perciò non ha ai miei occhi nulla di sorprendente. Da quando avviò la sua attività immobiliare con denari di misteriosa provenienza, a quando con l'appoggio di Craxi costruì il suo impero televisivo ignorando le ripetute sentenze della Corte costituzionale, a quando organizzò il partito-azienda sulle ceneri della Prima Repubblica logorata dalla corruzione diventata sistema di governo. A sua volta, su quelle ceneri, il berlusconismo è diventato sistema o regime che dir si voglia: un potere che aveva promesso di modernizzare il paese, sburocratizzarlo, far funzionare liberamente il mercato, diminuire equamente il peso fiscale, sbaraccare le confraternite e rifondare lo Stato. Il programma era ambizioso ma fu attuato in minima parte negli otto anni di governo della destra ai quali di fatto se ne debbono aggiungere i due dell'ultimo governo Prodi durante i quali il peso dell'opposizione sul paese fu preponderante. Ma non solo il programma rimase di fatto lettera morta, accadde di peggio. Accadde che il programma fu contraddetto. Il sistema-regime è stato tutto fuorché una modernizzazione liberale, tutto fuorché una visione coerente del bene comune. Per dieci anni l'istituzione "governo" ha perseguito il solo scopo di difendere la persona di Berlusconi dalle misure di giustizia per i molti reati commessi da lui e dalle sue aziende prima e durante il suo ingresso in politica. Nel frattempo l'istituzione "Parlamento" è stata asservita al potere esecutivo mentre il potere giudiziario è stato quotidianamente bombardato di insulti, pressioni e minacce che si sono anche abbattute sulla Corte costituzionale, sul Csm, sulle Autorità di garanzia e sul Capo dello Stato. Il "Capo" e i suoi vassalli hanno tentato e tentano di costruire una costituzione materiale incardinata sul presupposto che il Capo deriva la sua autorità dal voto del popolo ed è pertanto sovra-ordinato rispetto ad ogni potere di controllo e di garanzia. Questa situazione ha avuto il sostegno di quell'Italia che la diseducazione di massa aveva privato d'ogni discernimento critico e che vedeva nel Capo l'esempio da imitare e sostenere.
Il cortocircuito che questa situazione ha determinato nel carattere di una certa Italia ha fatto sì che Berlusconi esibisca i propri vizi, la propria ricchezza, la sistematica violazione delle regole istituzionali e perfino del buongusto e della buona educazione come altrettanti pregi. Non passa giorno che non si vanti di quei comportamenti, di quella ricchezza, del numero delle sue ville, del suo amore per le donne giovani e belle, dei festini che organizza "per rilassarsi", degli insulti e delle minacce che lancia a chi non inalbera la sua bandiera. E non c'è giorno in cui quell'Italia da lui evocata e imposta non lo ricopra di applausi e non gli rinnovi la sua fiducia. Lo scandalo "bunga bunga" è stato l'ennesima riprova di tutto questo. La magistratura sta indagando sugli aspetti tuttora oscuri di questa incredibile vicenda della quale tuttavia due punti risultano ormai chiari e ammessi dallo stesso Berlusconi: la sua telefonata al capo gabinetto del Questore di Milano nella quale chiedeva il pronto rilascio della minorenne marocchina sua amica nelle mani "sicure" di un'altra sua amica da lui fatta inserire da Formigoni nel Consiglio della Regione lombarda, e l'informazione da lui data alla Questura che la minorenne in questione era la nipote del presidente egiziano Mubarak. Queste circostanze ormai acclarate superano ogni immaginazione e troverebbero adeguato posto nell'ultimo romanzo di Umberto Eco dove il protagonista ricalca per alcuni aspetti "mister B" per le sue capacità d'inventare il non inventabile facendolo diventare realtà.
La cosa sorprendente e stupefacente non è nella pervicacia con la quale Berlusconi resta aggrappato alla sua poltrona e neppure la solidarietà di tutto il gruppo dirigente del suo partito e della sua Corte, che fa quadrato attorno a lui ben sapendo che la sua uscita di scena sarebbe la rovina per tutti loro. La cosa sorprendente è che - sia pure con segnali di logoramento e di sfaldamento - ci sia ancora quella certa Italia il cui consenso nei suoi confronti resiste di fronte alla grottesca evidenza di quanto accade. Questo è l'aspetto sorprendente, anzi sconvolgente, che ci dà la misura del male che è stato iniettato e coltivato nelle vene della società e questo è il lascito, il solo lascito, di Silvio Berlusconi.
Sua moglie Veronica, in una lettera pubblicata un anno e mezzo fa, lo scolpì in poche righe, stigmatizzò l'uso che il marito faceva del potere e delle istituzioni, i criteri di reclutamento della "sua" classe politica imbottita di "veline" e di attricette che avevano "ceduto i loro corpi al drago" e concluse scrivendo: "Mio marito è ammalato e i suoi amici dovrebbero aiutarlo a curarsi seriamente".
Quello che sta accadendo lo dimostra e lo conferma: quest'uomo è gravemente ammalato, l'attrazione verso donne giovani e giovanissime è diventata una dipendenza che gli altera la mente e manda a pezzi i suoi freni inibitori. Dovrebbe esser seguito da medici e da psico-terapeuti che lo aiutassero a riprendersi; ma sembra di capire che sia seguito da persone reclutate con tutt'altro criterio: quello di immortalare le apparenze della sua giovinezza in tutti i sensi. Ma così non fanno che aggravare il male. È ormai evidente agli italiani normali e normalmente raziocinanti, il cui numero sta fortunatamente aumentando, che questa situazione non può continuare. In qualunque altro paese dell'Occidente democratico sarebbe terminata da un pezzo per decisione dello stesso interessato e del gruppo dirigente che lo attornia. Ma qui le cose vanno in un altro modo e sappiamo perché. Tra lui e i suoi accoliti, uomini e donne che siano, esistono vincoli che non si possono sciogliere perché ciascuno di loro (quelli che contano veramente) ha le sue carte sul Capo e lui ha le sue carte su tutti gli altri. Così per Previti, così per Dell'Utri, così per Scajola, così per Verdini, così per Brambilla ed altri ancora. A questo punto tocca a tutti coloro che ritengono necessario ed urgente porre fine al "bunga bunga" politico, costituzionale e istituzionale, staccare la spina.
Presentare una mozione di sfiducia che vada da Bersani a Fini e da Casini a Di Pietro, che abbia la funzione che in Germania si chiamerebbe "sfiducia costruttiva". Esponga cioè il programma che quell'arco di forze vuole attuare subito dopo che la sfiducia sia stata approvata e che si può riassumere così:
1. Indicare al Presidente della Repubblica l'esistenza di una maggioranza alternativa che gli consenta di nominare un nuovo governo, come la Costituzione prevede.
2. Elencare alcuni temi programmatici a cominciare dal restauro costituzionale, indispensabile dopo la devastazione compiuta in questi anni e, a seguire, alcune urgenti misure economiche e sociali, un federalismo serio che rafforzi l'unità nazionale e la modernizzazione della società articolandola secondo un disegno federale, una riforma della giustizia che sia utile ai cittadini, una nuova legge elettorale che restituisca ai cittadini il potere di eleggere i propri rappresentanti nei vari modi con i quali quest'obiettivo può essere realizzato.
Uno sbocco di questo genere sarebbe estremamente positivo per il paese e dovrebbe essere guidato da qui alla fine naturale della legislatura da un "Mister X" che abbia le caratteristiche e la competenza necessaria al recupero dei valori etici e politici che la Costituzione contiene nella sua prima parte, ammodernandola nella seconda in conformità alle esigenze che una società moderna richiede.
Noi riteniamo che questo percorso vada intrapreso al più presto anche per riconciliare con le istituzioni un paese stanco e disilluso dal tristissimo spettacolo che è sotto gli occhi di tutti.
Non si tratta di utilizzare lo scandalo della minorenne marocchina strumentalizzandolo per fini politici. Si tratta invece di metter fine ad una rovinosa gestione governativa del "non fare" e del "malfare", che non è riuscito ad aprire un cantiere, a sostenere i consumi e il potere d'acquisto, a recuperare un centesimo di avanzo nel bilancio delle partite correnti, ad invertire il trend negativo dell'occupazione, a fare un solo passo avanti nella buona riforma della giustizia e del federalismo.
Infine a smantellare la "cricca" che da quindici anni non fa che rafforzarsi prendendo in giro i gonzi con il racconto d'una improbabile favola a lieto fine.
La storia italiana ha visto più volte analoghe "cricche" al vertice del paese. Quando ciò è accaduto, la favola è sempre terminata male o malissimo. L'esperienza dovrebbe aiutarci ad interrompere questo percorso in fondo al quale c'è inevitabilmente la rovina sociale e il degrado morale". (Eugenio Scalfari)

"È ancora possibile, a volte, distinguere tra ciò che accade e ciò che la politica narra. Detto in altro modo, separare i fatti dalle fabbricazioni spettacolari e pubblicitarie del potere che ci trasformano in passivi consumatori di favole. Il "caso di Ruby" è una di queste occasioni. Nel calderone si avvistano gli ingredienti primi del sistema (o regime) berlusconiano: l'abuso di potere e la menzogna. Li troviamo in coppia, intrecciati - abuso di potere e menzogna - in tutti i capitoli di questa storia. Primo capitolo. Berlusconi al telefono. Ruby, da oggi maggiorenne, è una sua giovanissima amica. Frequenta Villa san Martino ad Arcore. Anima le serate del Cavaliere. È esuberante, instabile, incapace di tenersi fuori dai guai. Quando finisce in questura e Ruby lo chiama (o fa chiamare), il presidente del Consiglio è scosso da un'inquietudine che, all'esterno, appare irragionevole. Se non fosse il premier, i motivi della frenesia sarebbero fatti suoi. Governa e il suo stato d'animo turbato diventa interesse pubblico. A maggior ragione quando, abusando del suo potere, chiama ripetutamente il capo di gabinetto della questura di Milano per esigere che la ragazza sia affidata a "un'incaricata della presidenza del consiglio dei Ministri", Nicole Minetti, invocando con una menzogna la ragion di Stato: quella ragazza è la nipote del presidente egiziano Hosni Mubarak.Secondo capitolo. I trucchi in questura. Messa sotto pressione, intimidita, la burocrazia adotta
il codice che patisce: abuso di potere e menzogna. È un abuso deformare le prassi consolidate per venire incontro alle pretese del capo del governo. Ruby è un soggetto fragile. È una minore, senza famiglia, senza documenti, senza casa, senza fonti di reddito accertate, imprigionata in un ambiente arrischiato. Il pubblico ministero chiede che la polizia rintracci una comunità protetta dove possa essere sempre reperibile. Se non c'è posto, non lasci la questura: la ragazza deve essere custodita in sicurezza. L'arrivo di Nicole Minetti, "incaricata della presidenza del consiglio dei Ministri", non appare una ragione per cambiare idea: una volta identificata, Ruby dovrà andare in comunità. Ecco allora che, per rimuovere l'ostacolo della disposizione del magistrato - che è poi l'ostacolo della legge, è la legalità - burocrati di rango mentono. Riferiscono al magistrato la menzogna del premier (è la nipote di Mubarak), poi mentono in proprio. Inventano che il magistrato sia d'accordo ad affidare Ruby a Nicole Minetti. È una falsità che scrivono nei loro rapporti interni e nelle relazioni che inviano al capo della polizia e al ministro dell'Interno.Terzo capitolo. Gli interrogatori di Ghedini. Abuso di potere e menzogna si intravedono anche nell'attività dell'avvocato del premier Niccolò Ghedini. L'entourage di Berlusconi - quello "notturno": Lele Mora, per fare un nome - sa che Ruby è stata più volte interrogata dalla procura di Milano in luglio e ancora in agosto. Che cosa ha detto? Ci si può fidare di quel che racconta quella scapestrata ragazza a Lele Mora e a sua figlia Diana? E se non dicesse tutto, dopo aver detto troppo o tutto là dentro, in procura? Il premier, molto agitato, affida a Niccolò Ghedini il contrattacco cautelativo. Una segretaria di Palazzo Chigi convoca le giovani ospiti del premier nello studio legale Vassalli in via Visconti di Modrone a Milano per affrontare la questione delle "serate del presidente". Quel che Ghedini ha dunque l'incarico di proteggere sono "le serate" di Silvio Berlusconi. Deve raccogliere da quelle giovani donne dichiarazioni giurate che confermino quel che il Cavaliere va dicendo: si rilassa a volte, come è giusto che sia, ma in cerimonie che non hanno nulla di scandaloso o perverso. Sono "testimonianze" necessarie per evitare al premier altro discredito. La procura di Milano indaga per favoreggiamento della prostituzione Lele Mora, Emilio Fede e Nicole Minetti. Berlusconi teme che la prostituzione, ipoteticamente favorita dai suoi tre amici, abbia il teatro proprio a Villa San Martino nelle "serate rilassanti" che il Cavaliere organizza. Non si rintraccia alcun reato per il capo del governo. Anche nell'ipotesi peggiore, egli sarebbe l'"utilizzatore finale", come direbbe Ghedini. Anche se si scoprisse che le sue ospiti sono minorenni, nessun problema penale: l'utilizzatore non è tenuto a conoscere l'età della sua ospite. È fuori di dubbio, però, che se si dimostrasse che la villa del capo del governo è stato il palcoscenico della prostituzione predisposta dagli indagati l'onore, la dignità, il decoro del padrone di casa (e utilizzatore finale) riceverebbero una severa mazzata. Ecco allora la missione di Ghedini. Interrogare le ragazze, raccogliere i loro ricordi e lasciarle dire con buon anticipo dell'innocenza di quelle occasioni. Ghedini può farlo. La sua iniziativa è ineccepibile perché l'art. 391-nonies del codice di procedura penale regola "l'attività investigativa preventiva" del difensore "che ha ricevuto apposito mandato per l'eventualità che si instauri un procedimento penale". Nell'eventualità che Berlusconi sia indagato, Ghedini già prepara le prove non solo dell'estraneità del Cavaliere, ma dell'insussistenza del "fatto". Fin qui, la forma è rispettata, ma la sostanza della storia può essere ragionevolmente raccontata alla luce del binomio abuso di potere/menzogna. Occorre un pizzico di senso comune. Decine di ragazzine, ragazze, giovani donne, che hanno partecipato ai "bunga bunga" presidenziali, sono convocate - ora addirittura a Villa San Martino - e trovano Ghedini. L'avvocato chiede: mi racconta che cosa accade alle serate del presidente? Sono appuntamenti innocenti o peccaminosi? Si fa sesso? Lei ha fatto sesso con il presidente? Quelle poverette non hanno né arte né parte. Hanno una sola ambizione: fare televisione, apparirvi. Sono addirittura in casa del grande tycoon. Come dire, a un metro dal cielo. Arrivate a quel punto, potrebbero mai dire una parola storta contro o sul conto del presidente del Consiglio? In questi interrogatori "preventivi", nella figura di chi li ottiene, nel luogo stesso in cui si raccolgono, si può avvertire una violenza, s'avvista un abuso di potere. È concreto il rischio che possa essere soffocata la libertà morale delle interrogate, la loro libertà di determinarsi "spontaneamente e liberamente". Come è ragionevole credere che i loro racconti potrebbero diventare tasselli della Grande Menzogna che dovrebbe tirar fuori Berlusconi dal pozzo nero in cui ha voluto cacciarsi. Abuso di potere e menzogna, come sempre". (Giuseppe D'Avanzo)

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