martedì 8 giugno 2010

Cacciarlo a calci in culo

"Ad Arcore, vigilia di Natale, anno duemilacinque per la storia, Silvio riceve un dono eccezionale: un’intercettazione accusatoria nei confronti del misero Fassino: “Consorte, siam padroni di una banca!” Sprofondato in poltrona l’omarino per la grande emozione quasi sbianca e promette a Favata, il donatore: “La famiglia sarà grata in eterno!” Per caso suo fratello è l’editore del Giornale… Sei giorni ed è l’inferno: “Fassino – sul Giornale – è un lestofante, sono i Ds pien di farabutti, non è vero che son anime sante, sono mariuoli proprio come tutti!” Non è trascritta l’intercettazione e pertanto è illegale totalmente ma se ne fotte Silvio, oggi campione della privacy della brava gente. E’ questa la denuncia che Favata ha fatto al tribunale che ora indaga, visto che la famiglia non fu grata. Sui quotidiani tutti i dì dilaga la legge che imbavaglia il giornalista e che rende impotente il magistrato, la legge target per il piduista al traguardo oramai quasi arrivato: fare in Italia tutto quel che vuole. Per fermare il campione dei bugiardi prorompe una proposta dalle gole: “Cacciarlo a calci in culo!”… E’ sempre tardi". (Carlo Cornaglia)

"Soltanto un potere impaurito poteva decidere di proteggere se stesso con una legge che ostacola la libertà delle inchieste contro la criminalità, riduce la libertà di stampa e limita soprattutto il diritto dei cittadini di essere informati. Tre principi dello Stato moderno e democratico - il dovere di rendere giustizia cercando le prove per perseguire il crimine, il dovere della trasparenza e della circolazione delle informazioni nella sfera pubblica, il diritto di avere accesso alle notizie per capire, controllare e giudicare - vengono messi in crisi, per il timore che i faldoni dell'inchiesta sulla Protezione Civile aprano nuovi vuoti nel governo, dopo le dimissioni del ministro Scajola.È la vera legge della casta che ci governa e ha paura, come ha rivelato ieri Berlusconi, di "toghe e giornalisti". Per una volta, quello del Premier non è un anatema, ma una confessione: legalità e informazione sono i due incubi della destra berlusconiana, e nel paesaggio spettrale dei telegiornali di regime il governo con questa legge s'incarica infatti di bloccarli entrambi. L'obiettivo è che il Paese non sappia. E soprattutto, che non sapendo rimanga immerso nel senso comune dominante, senza più il pericolo che dall'intreccio tra scandali, inchieste e giornali nasca una pubblica opinione libera, autonoma e addirittura critica.Questa è la vera posta in gioco: non la privacy, che può e deve essere tutelata se le parti giudiziarie decidono quali intercettazioni distruggere e quali rendere pubbliche, lasciando intatta la libertà d'indagine e quella d'informazione. Ma proprio questi sono i veri bersagli da colpire. Lo rivela lo stesso Berlusconi che ieri, in piena crisi d'incoscienza, si è astenuto sulla legge perché la vorrebbe ancora più dura.La legge, così com'è, non piace a nessuno e fa male a tutti. Va fermata, nell'interesse del sistema democratico, che deve garantire il controllo di legalità, e che deve assicurare trasparenza d'informazione. Non c'è compromesso possibile su questioni di principio, che riguardano i diritti dei cittadini, i doveri dello Stato. La destra impari a fidarsi dei cittadini, a non temere la normale esigenza di giustizia, il bisogno di conoscere e rendersi consapevoli. Oppure smetta di chiamarsi popolo: e soprattutto, della libertà". (Ezio Mauro)

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