lunedì 3 maggio 2010

Il sistema

Ormai è chiaro: noi non abbiamo più una classe politica che ci dirige, ma un'associazione a delinquere che si fa gli affari propri con i nostri soldi e le nostre vite. La realtà è evidente, ma sembra che una buona parte della popolazione non se ne renda conto, rassegnata a vivere sotto il sistema politico-affaristico del momento. Ecco, infatti, di cosa si occupano da qualche anno il nostro Governo e la burocrazia del nostro Stato, con Vaticano al seguito, cioè gli organismi principe del nostro benessere e delle nostre coscienze di italiani:
-le leggi ad personam per il premier (innumerevoli, a partire dalle leggi tv, fino a quelle per bloccare i processi e salvare gli amici dalla galera)e l'impunità per i suoi ministri (vedi Matteoli per favoreggiamento, Fitto per peculato e così continuando)
-acquistare in nero appartamenti da parte dei ministri & co., con i soldi di chi vince poi gli appalti, con la benedizione del Vaticano (vedi Caso Scajola, Mastella e via dicendo)
-accappararsi appalti e consulenze in Rai e in tutti gli enti possibili da parte di politici, parenti ed amanti; (innumerevoli, tra cui suocere e conviventi di Fini, Bocchino, Berlusca, eccetera)
-spartirsi gli appalti pubblici tra chi dovrebbe assicurare trasparenza , magari con qualche massaggio delle ballerine del cacao meravigliao (Bertolaso & co.), magari utilizzando la banca deol coordinatore politico (vedi Verdini del pdl) per poi riciclare i soldi attraverso lo scudo fiscale di Tremonti;
-piazzare escort e veline nelle varie giunte e palinsesti tv (un po' tutti, a destra e sinistra);
-utilizzare auto blu a piacimento. senza perdere i punti patente, e magari facendosi accompagnare a puttane e a trans (Marrazzo docet);
- spartirsi le poltrone appena entrati nelle giunte regionali, magari spiando illegalmente gli altri (Polverini e Formigoni in testa, ed ex come Francesco Storace condannato recentemente);
-affidare autostrade e concessioni pubbliche a parenti ed amici (vedi Benetton & co.)
-nascondere i soldi rubati nelle chiese, utilizzandole come bancomat, per poi far seppellire boss, come quelli della magliana, in cripte di canoniche esclusive al prezzo di 500 milioni di vecchie lire (caso Anemone e De Pedis);
-senatori al soldo della mafia e truffatori dei contributi sull'editoria (vedi Di Girolamo,Ciarrapico e, addirittura il presidente di Palazzo Madama Schifani che poi ce lo vediamo anche alla Coppa Italia);
-deputati eletti con i voti della camorra (vedi caso Cosentino)
-sputtanare suoi giornali amici i propri nemici rivelando aspetti privati della loro vita (vedi il gionale di Feltri con il caso Boffo e tanti altri);
Ditemi se questa è una classe politica dirigente seria o un bordello?

"Egregio ministro Scajola,
forse la stupirò: io non chiedo le sue dimissioni, e nemmeno chiedo che lei vada in Parlamento a discolparsi. Anzi, le chiedo il contrario, non ci vada. Lo spettacolo di Lei che balbetta la Sua versione davanti a pochi oppositori mogi che leggono il giornale, almeno quello, me lo risparmi. E mi risparmi (sono sicuro che lo farà) un gesto clamoroso come le dimissioni: le diede già una volta. e il Suo potere è rinato più forte di prima. Quel che vorrei comunicarLe anzi è il messaggio di tener duro, di resistere. Ministro Scajola, resti al suo posto. Con la sua casa di 180 metri quadri vista Colosseo che sostiene di aver pagato un terzo del prezzo di mercato, la sua presenza in questo governo del fare non è soltanto giusta, ma necessaria, direi addirittura didattica, esemplare. Per parafrasare certi western e certi film di spionaggio, caro ministro, Lei ci serve vivo, al suo posto, ben visibile. L’ottanta per cento degli italiani ha una casa in proprietà. Sa cosa vuol dire andare dal notaio, versare assegni, firmare un rogito. La proprietà di quelle case è stata strappata con i denti a forza di sacrifici, e mutui, e tassi esosi, e banche bastarde, e aiuti delle famiglie che hanno messo da parte due soldi quando Voi non c’eravate ancora. Gli italiani saranno anche smemorati e ipnotizzati dalla propaganda del Suo Capo, ma sanno che quella casa lì, sua o della sua figliola, non so bene, non la paga 610.000 euro nemmeno la Madonna di Medjugorje, che il mercato sarà scemo – io ne sono certo – ma non così scemo. Resti al suo posto, ministro. Lei è l’emblema vivente di quanto sa osare l’inosabile questa cricca che ci governa, fitta di favori, di scorciatoie, di furbizie private, di trucchi contabili, di soldi facili. Lei è prezioso ministro. E ancor più prezioso è quando piagnucola sull’attacco alla Sua famiglia. La famiglia, il grande valore della destra italiana. La famiglia, bene morale supremo a cui intestare appartamenti, patrimonio di affetti per cui chiedere compiacenze, raccomandazioni, piazzamenti di favore, assunzioni, prebende, candidature, contratti. Dietro le Vostre famiglie, signor ministro, ci sono le nostre famiglie, che trovano i posti migliori – che magari meriterebbero per merito – sempre occupati, perché le Vostre illustri casate sono arrivate prima, col lampeggiante e la corsia preferenziale. Mai che si trovi qualcuno di Voialtri, ministro, il cui figliuolo fa il manovale nel nord-est, o il precario stagionale, o la sciampista alla Magliana. La vostra rete di potere – dico vostra perché in questi giorni Lei ne è l’emblema – è questo mix medievale di privilegi e sprezzo del popolo, parola con cui vergognosamente Vi baloccate. La figlia di Scajola, i figli di Berlusconi, il figlio di Bossi, il genero di Letta, il pargolo di Pinco, la moglie di Pallino, quell’altro che vuol fare l’attore, i cognati con appalto al seguito, le nuore prestanome: il vostro amore per la famiglia è questo, signor ministro. Tanto che assistiamo in questi giorni sui giornali della destra a un fitto rimproverarsi contratti (pubblici) per mogli e suocere, tutto all’ombra del più grande conflitto d’interessi che il mondo ricordi. Il pubblico ignaro scambia questo clima da basso impero per un effetto collaterale della Vostra politica, ma si sbaglia: esso è la vostra politica, pura e semplice. Resti al suo posto, ministro Scajola. Lei ci serve per parlare con i nostri amici francesi, inglesi, tedeschi, americani (ne abbiamo, sa?) per spiegare cosa siamo diventati quaggiù. Ci è prezioso per raccontare anche ai vostri entusiasti elettori chi hanno votato veramente. Continui, la prego, a dire di aver comprato 180 metri quadri con vista sul Colosseo a 610.000 euro. Qui non si reclama la giustizia, non si chiamano i carabinieri, non si chiede aiuto alla magistratura, non si fa appello al buon senso, al buon gusto o all’onestà. Tenga duro ministro, non molli. Siamo un po’ confusi tutti, i concetti astratti non ci piacciono più, ci piacciono invece gli esempi concreti. Ogni volta che penseremo a come è immobile, bloccato, arretrato e triste questo Paese penseremo al Suo salotto, al Suo condominio signorile, ai Suoi infissi di pregio acquistati al prezzo di un trilocale marcio in periferia. E’ bello che lo spessore morale di una classe dirigente abbia una faccia, e questa volta – perdoni – è la Sua.
Cordialmente".(Alesandro Robocchini)

Purtroppo si è dimesso...

"C'è del metodo nella follia che si abbatte sul governo con lo scandalo Scajola, costringe il ministro alle dimissioni, e colpisce con uno sfregio il tabernacolo del potere berlusconiano, di cui l'ex titolare delle Attività Produttive fa parte fin dall'inizio, sedici anni fa.Dopo che 'Repubblica' aveva dato la notizia dell'inchiesta sulla casa del ministro pagata da un costruttore, il mondo berlusconiano ha tentato di far valere per alcuni giorni anche per Scajola lo specialissimo scudo di dissimulazione, banalizzazione, vittimizzazione che il Premier impiega abitualmente per difendere se stesso, quando spunta un'ipotesi di reato. Ma questa volta si è capito che lo scudo del potere è sbrecciato: di fronte all'evidenza dei fatti, alle testimonianze convergenti, all'incapacità di mettere in campo obiezioni concrete e fondate, la strategia del vittimismo, della "campagna mediatica", del "fango" non ha retto. Il ministro ha dovuto dimettersi davanti alla pubblica opinione prima ancora che davanti ai rilievi dei magistrati e alle domande del Parlamento, dimostrando che Berlusconi alla fine sa proteggere soltanto se stesso, e che i cittadini attraverso i giornali possono far valere le buone ragioni di chi chiede conto al potere dei suoi comportamenti. Si capisce perfettamente che il presidente del Consiglio, con l'immagine del governo deturpata dalle dimissioni obbligate del ministro, si lamenti dei giornali e del loro ruolo, come fa ogni volta che uno scandalo lo sovrasta. "C'è fin troppa libertà di stampa", ha detto ieri, e non si capisce se è una denuncia o un programma. Effettivamente, la libertà di stampa che il Premier vorrebbe ridurre con la legge sulle intercettazioni ha portato alla luce lo scandalo, ha costretto il ministro a infilare una serie di contraddizioni e di spiegazioni impossibili, ha prodotto documenti e testimonianze di altri attori di questa vicenda, e infine ha indotto Scajola a firmare le sue dimissioni, per la seconda volta in pochi anni: a conferma, almeno statisticamente, dell'imperizia del Cavaliere nella scelta dei suoi collaboratori. Ma il metodo è altrove, oltre la coazione a ripetere di Scajola, oltre la tentazione a coprire gli scandali del Cavaliere. Questa storia, infatti, promette di essere soltanto all'inizio, pronta ad allargarsi pericolosamente. Vediamo. Il ministro è accusato di essersi fatto comprare (per due terzi) una casa da un costruttore che è nel giro degli appalti di Stato, è al centro del turbine vorticoso della Protezione Civile, è pronto a trasformarsi - dicono le carte dei magistrati - in sbrigafaccende per i potenti che ruotano intorno a Palazzo Chigi. Scajola nega di aver avuto soldi da questo Anemone, ammette che qualcuno a sua insaputa potrebbe aver pagato in parte quell'appartamento a suo nome, parla di intimidazioni nei suoi confronti, fa intendere manovre politiche ai suoi danni, per farlo fuori. Ma non rivela nessun elemento che possa dar corpo ad una operazione orchestrata ai suoi danni, né fa i nomi dei manovratori che - forse nel suo partito - agirebbero contro di lui.Resta in campo dunque soltanto l'ipotesi di una casa pagata coi soldi di un costruttore: tanto che sotto il peso di questa unica ipotesi, il ministro si deve dimettere. Ma un minuto dopo l'evidenza di questo peso giudiziario e politico, nasce una domanda obbligatoria, a cui Scajola - e non solo lui - deve rispondere anche dopo le dimissioni: perché un costruttore sborsa 900 mila euro per comperare la casa a un ministro? Qual è la ragione, quale la logica, quale il tornaconto? In sostanza: cosa ha fatto quel ministro, cosa ha fatto il governo di cui fa parte, per ottenere quella ricompensa? A quale obbligo di riconoscenza rispondeva il costruttore, per sdebitarsi così generosamente (e imprudentemente) con uno degli uomini più in vista, oggi come ieri, del governo Berlusconi? Questa è una domanda che non può restare senza risposta. Le dimissioni risolvono un imbarazzo istituzionale ma non sciolgono il nodo di quel favore, la ragione politica, governativa, quindi pubblica, che sta dietro quell'operazione di mutuo soccorso di cui la pubblica opinione conosce soltanto un elemento, i 900 mila euro del costruttore per la casa del ministro. Ma in cambio di che cosa? Di quale favore evidentemente non confessabile, se ha un prezzo così alto e così intimo? Di quale promessa economicamente rilevante, se l'anticipo è di queste dimensioni? Di quale meccanismo di scambio collaudato e sicuro, se lo si olia con 900 mila euro? Il punto politico è proprio qui, dove comincia il metodo. Scajola sembra essere soltanto uno degli attori di questa vicenda in cui si incontrano il governo, gli appalti, la Protezione Civile, la propaganda, l'emergenza, i grand commis profittatori, i magistrati compiacenti, i costruttori beneficati e benefattori. Un insieme che è stato chiamato la "cricca" impropriamente, perché non è il cast di un film dei Vanzina: è un vero e proprio "sistema" politico-affaristico, con gli appalti di Stato che in nome dell'emergenza sfuggono a ogni regola e a tutti i controlli, movimentano miliardi e producono un ritorno in favori d'ogni genere, dai massaggi alle ristrutturazioni delle case, dagli appartamenti pagati ai conti degli alberghi, alle prostitute, alle assunzioni dei parenti.Nelle carte dell'inchiesta sulla Protezione Civile, questo sistema è descritto nei dettagli, disegnato con ritratti precisi ed espliciti. Anche se oggi si prova a dimenticarlo, quel "sistema" è venuto in parte alla luce, è sotto gli occhi di chi vuol vederlo, e qualcuno dovrà renderne conto. Proviamo a inserire Scajola e gli ottanta assegni dentro il perimetro di quel sistema e tutto diventa coerente, e comprensibile. Il ministro, probabilmente, non si riteneva immune personalmente, come il suo Capo: ma pensava e sapeva di far parte del "sistema", perché conosceva i meccanismi di funzionamento, il nome e il cognome dei beneficati, le garanzie reciproche di sicurezza che legano gli appalti e i favori, all'ombra del governo. Che ha da dire il governo, su questo? L'onorevole presidente del Consiglio? Chi spiega ai cittadini perché, e in cambio di che cosa, quel costruttore doveva comprare una casa al ministro? La domanda resta in campo, senza risposta fino ad oggi. La responsabilità penale è certamente personale: ma quella politica è più ampia, e il governo Berlusconi deve risponderne insieme con Scajola". (Ezio Mauro)

"Cari lettori – come si dice target del mio stesso target – scrivo qui per annunciarvi personalmente che Draquila è pronto e vi attende nelle sale. Dura un’ora e mezza ed è la sintesi di un anno di lavoro iniziato a maggio dell’anno scorso, quando mi sono arrivate all’orecchio strane voci su quello che stava succedendo nella zona terremotata. Ho fatto un po’ di ricerche, ho aspettato che passasse il G8 e sono partita. Dopo aver parlato con tanti cittadini mi è sembrato che L’Aquila fosse una porzione di realtà ideale per raccontare l’Italia di oggi. C’erano tutti gli elementi: la speculazione più cinica, l’assenza della politica, la propaganda sempre più spudorata, l’autoritarismo, la corruzione e l’alito della criminalità organizzata. Ho mollato quello che stavo facendo e ho cominciato a girare con una piccola troupe fatta di cinque persone, me compresa. Siamo stati a L’Aquila tantissime volte da luglio a marzo e abbiamo girato più di 700 ore di materiale. Il film è la sintesi dei racconti e dei ragionamenti che ho ascoltato e tutti gli incontri fatti sono serviti al progetto anche se non li ho montati. Quindi ringrazio ancora una volta tutti quelli che ci hanno concesso il loro tempo e le loro documentazioni.
Mentre scrivo apprendo che Bertolaso ha dichiarato che portiamo a Cannes un’immagine sbagliata dell’Italia e che il mio è solo un punto di vista. Un punto di vista comunque abbastanza condiviso visto che quando ho chiesto agli utenti del blog di aiutarmi a trovare il titolo del film sono arrivate centinaia di proposte tutte dallo stesso punto di vista: Dove osano gli sciacalli, Lo specchio del reame, Anteprima dell’inferno, The marchigian candidate, I cacciatori di aquilani, Sciacalli in attesa di giudizio, Sciacallo pubblico, Qualcuno rubò sul nido de L’Aquila, Iene ridens a L’Aquila, Aquilopoli, Transilviania, Delinquo ergo sum, Le macerie della democrazia, In campeggio con Silvio, Sciacalli S.p.a., Protezione incivile, Sesso senza protezione, Feccia in libertà, Il conato della terra, Sanguisuga party, Grosso guaio a new town, Miraculo. E naturalmente Draquila il titolo che poi abbiamo scelto fra quelli proposti. Per il resto che dire dell’inchiesta? Per scoprire cos’è diventata la Protezione civile c’è voluta una buona dose di intuito e talento investigativo. In pratica ho chiesto alla prima persona che ho incontrato e me lo ha spiegato. Ho chiesto conferme a destra e a manca e ne ho trovate a destra e a manca. Ho chiesto a quelli della Protezione civile e mi hanno risposto in modo da far cadere ogni sospetto, che me ne avrebbero parlato volentieri ma che se lo avessero fatto sarebbero stati licenziati in tronco o spediti in qualche magazzino fuori dal raccordo anulare a osservare il soffitto fino alla fine dei loro giorni. Immagino che il motivo per cui nessuno parlava della faccenda, nemmeno a sinistra dove un paio di senatori solitari si dibattevano nel vuoto, fosse la presenza nel Pd di Rutelli e il fatto che il partito fosse commissariato da Ruini. La difficoltà più importante che ho fronteggiato è stata riuscire a credere che quello che vedevo stesse succedendo veramente; credere che ci sia in giro tanta gente così spietata e tanta gente così semplice , che così tanti siano disposti a vendere quello che non si deve e che lo vendano per così poco; tanta gente così fanatica, gente così eroica gente così acrobatica. Gli italiani sono cambiati, sono cambiati tanto e questo nel film si vede. Se dovessi descrivere come siamo cambiati con le parole non saprei da dove cominciare. Allora scrivendo per voi del Fatto non trovando una conclusione sono scesa al bar di sotto dove era accesa la televisione. Sgrano gli occhi per lo sgomento vedo i politici, uno ad uno, che sullo sfondo del Parlamento fanno un sermone sul pallone. Ho chiesto agli avventori se avevo un’allucinazione, se era Halloween o uno scherzo o che diavolo fosse successo. Mi hanno risposto coi volti scuri e il mio sorriso allora si è spento, mi sono messa ad ascoltare il signore che per primo ha iniziato a parlare: dice è successa una cosa mai vista, mai a memoria d’uomo, una cosa sconvolgente per quanto è meschina, per quanto è fetente. Fin da quando il mondo è mondo sempre si è combattuto: gli zenoti contro i romani, i semiti con gli indorai, i franchi contro i provenzali, i longobardi e i bizantini, i comuni italiani contro i comuni italiani, la Spagna cattolica contro figli dell’islam, gli indiani della prateria contro gli indiani dei grandi laghi, i francesi contro gli inglesi, i bretoni contro i sassoni, riforma e controriforma, Stanlio & Ollio, bionde contro more, gatto e topo, indù e musulmani, Annibale e Fabio Massimo, muto e sonoro, Apollo e Dioniso, Napoleone e gli aristocratici. Figurativi ed astrattisti e potrei andare avanti e lo sapete. Ma un popolo contro se stesso – continuava l’uomo del bar – questo non è mai avvenuto. Mai era accaduta una cosa del genere. Un fatto epocale, apocalittico senza precedenti: I tifosi laziali facevano la ola quando l’Inter segnava contro loro medesimi. Senza casa né amore né poesia ahimè non si è più niente. Nessun sunnita applaude se uno sciita fa un discorso anche valido. E continuavano: non si è mai visto! Gli Shogun contro i cinesi; i Mongoli contro Kiev e Mosca, I Gesuiti contro i Francescani, i Suicidi e gli omicidi, non s’è mai visto. Di battaglie, di guerre se ne sono viste tante ma non si è mai visto qualcuno andare apertamente contro se stesso. E così sia pure con una grossa semplificazione ho trovato le parole per la conclusione. Come spiegare in poche parole questo declino totale? È come se un intero popolo di colpo fosse diventato laziale". (Sabina Guzzanti)

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