mercoledì 14 aprile 2010

Salvate Emergency senza se e senza ma

Questo governo non tutela gli italiani. Per salvare gli operatori di Emergency, probabilmente nella loro ottica italiani di serie B, il premier ha scritto una lettera a Kharzai. Siamo al tragico ridicolo di una diplomazia che vale quanto i rappresentanti di questa maggioranza. Mobilitiamoci per pretendere l'immediato rilascio dei nostri connazionali pena il ritiro delle nostre truppe.

"Caro direttore, si introducono - direttamente o con la complicità di qualcuno che vi lavora - alcune armi in un ospedale, poi si dà il via all'operazione... Truppe afgane e inglesi circondano il Centro chirurgico di Emergency a Lashkargah, poi vi entrano mitragliatori in pugno e si recano dove sanno di trovare le armi. A quanto ci risulta, nessun altro luogo viene perquisito. Si va diritti in un magazzino, non c'è neppure bisogno di controllare le centinaia di scatole sugli scaffali, le due con dentro le armi sono già pronte - ma che sorpresa! - sul pavimento in mezzo al locale. Una telecamera e il gioco è fatto. Si arrestano tre italiani - un chirurgo, un infermiere e un logista, gli unici internazionali presenti in quel momento in ospedale - e sei afgani e li si sbatte nelle celle dei Servizi di Sicurezza, le cui violazioni dei diritti umani sono già state ben documentate da Amnesty International e Human Rights Watch. Anche le case di Emergency vengono circondate e perquisite. Alle cinque persone presenti - tra i quali altri quattro italiani - viene vietato di uscire dalle proprie abitazioni. L'ospedale viene militarmente occupato. Le accuse: "Preparavano un complotto per assassinare il governatore, hanno perfino ricevuto mezzo milione di dollari per compiere l'attentato". A dirlo non è un magistrato né la polizia: è semplicemente il portavoce del governatore stesso. Neanche un demente potrebbe credere a una simile accusa: e perché mai dovrebbero farlo? La maggior parte dei razzi e delle bombe a Lashkargah hanno come obiettivo il palazzo del governatore: chi sarebbe così cretino da pagare mezzo milione di dollari per un attentato visto che ogni giorno c'è chi cerca già di compierlo gratuitamente? Questa montatura è destinata a crollare, nonostante la complicità di pochi mediocri - che vergogna per il nostro Paese! - che cercano di tenerla in piedi con insinuazioni e calunnie, con il tentativo di screditare Emergency, il suo lavoro e il suo personale. Perché si aggredisce, perché si dichiara guerra a un ospedale? Emergency e il suo ospedale sono accusati di curare anche i talebani, il nemico. Ma non hanno per anni sbraitato, i politici di ogni colore, che l'Italia è in Afghanistan per una missione di pace? Si possono avere nemici in missione di pace? In ogni caso l'accusa è vera. Anzi, noi tutti di Emergency rendiamo piena confessione. Una confessione vera, questa, non come la "confessione choc" del personale di Emergency che è finita nei titoli del giornalismo nostrano. Noi curiamo anche i talebani. Certo, e nel farlo teniamo fede ai principi etici della professione medica, e rispettiamo i trattati e le convenzioni internazionali in materia di assistenza ai feriti. Li curiamo, innanzitutto, per la nostra coscienza morale di esseri umani che si rifiutano di uccidere o di lasciar morire altri esseri umani. Curiamo i talebani come abbiamo curato e curiamo i mujaheddin, i poliziotti e i soldati afgani, gli sciiti e i sunniti, i bianchi e i neri, i maschi e le femmine. Curiamo soprattutto i civili afgani, che sono la grande maggioranza delle vittime di quella guerra.Curiamo chi ha bisogno, e crediamo che chi ha bisogno abbia il diritto ad essere curato. Crediamo che anche il più crudele dei terroristi abbia diritti umani - quelli che gli appartengono per il solo fatto di essere nato - e che questi diritti vadano rispettati. Essere curati è un diritto fondamentale, sancito nei più importanti documenti della cultura sociale, se si vuole della "Politica", dell'ultimo secolo. E noi di Emergency lo rispettiamo. Ci dichiariamo orgogliosamente "colpevoli". Curiamo tutti. In Afghanistan lo abbiamo fatto milioni di volte. Nell'ospedale di Lashkargah lo abbiamo fatto sessantaseimila volte. Senza chiedere, di fronte a un ferito nel pronto soccorso, "Stai con Karzai o con il mullah Omar?". Tantomeno lo abbiamo chiesto ai tantissimi bambini che abbiamo visto in questi anni colpiti da mine e bombe, da razzi e pallottole. Nel 2009 il 41 percento dei feriti ricoverati nell'ospedale di Emergency a Lashkargah aveva meno di 14 anni. Bambini. Ne abbiamo raccontato le storie e mostrato i volti, le immagini vere della guerra, la sua verità. Emergency fa politica", è l'altra accusa che singolarmente ci rivolgono i politici. In realtà vorrebbero solo che noi stessimo zitti, che non facessimo vedere quei volti e quei corpi martoriati. "Curateli e basta, non fate politica". Chi lo sostiene ha una idea molto rozza della politica. No, noi ci rifiutiamo di stare zitti e di nascondere quelle immagini. Da tempo la Nato sta compiendo quella che definisce "la più importante campagna militare da decenni": la prima vittima è stata l'informazione. Sono rarissimi i giornalisti che stanno informando i cittadini del mondo su che cosa succede nella regione di Helmand. I giornalisti veri sono scomodi, come l'ospedale di Emergency, che è stato a lungo l'unico "testimone" occidentale a poter vedere "gli orrori della guerra". Non staremo zitti. Emergency ha una idea alta della politica, la pensa come il tentativo di trovare un modo di stare insieme, di essere comunità. Di trovare un modo per convivere, pur restando tutti diversi, evitando di ucciderci a vicenda. Emergency è dentro questo tentativo. Noi crediamo che l'uso della violenza generi di per sé altra violenza, crediamo che solo cervelli gravemente insufficienti possano amare, desiderare, inneggiare alla guerra. Non crediamo alla guerra come strumento, è orribile, e mostruosamente stupido il pensare che possa funzionare. Ricordiamo "la guerra per far finire tutte le guerre" del presidente americano Wilson? Era il 1916. E come si può pensare di far finire le guerre se si continua a farle? L'ultima guerra potrà essere, semmai, una già conclusa, non una ancora in corso. La risposta di Emergency è semplice. Abbiamo imparato da Albert Einstein che la guerra non si può abbellire, renderla meno brutale: "La guerra non si può umanizzare, si può solo abolire". Nella nostra idea di politica, e nella nostra coscienza di cittadini, non c'è spazio per la guerra. La abbiamo esclusa dal nostro orizzonte mentale. Ripudiamo la guerra e ne vorremmo la abolizione, come fu abolita la schiavitù. Utopia? No, siamo convinti che la abolizione della guerra sia un progetto politico da realizzare, e con grande urgenza. Per questo non possiamo tacere di fronte alla guerra, a qualsiasi guerra. Di proporre quel progetto, siamo colpevoli. Ecco, vi abbiamo fornito le risposte. E adesso? Un pistoiese definì il lavoro di Emergency "ramoscello d'ulivo in bocca e peperoncino nel culo". Adesso è ora che chi "di dovere" lavori in quel modo, e tiri fuori "i nostri ragazzi". Può farlo, bene e in fretta. Glielo ricorderemo sabato pomeriggio, dalle due e mezza, in piazza Navona a Roma".
(Gino Strada)

"È sempre un piacere vedere il ministro degli Esteri, Franco Frattini. Si ha sempre l’impressione che passi di lì per caso, e che a ogni domanda sulla politica estera dell’Italia si appresti a rispondere: “E che ne so, io, chiedete al ministro degli Esteri”. Fosse vivo Fortebraccio, si pentirebbe di avere sprecato due memorabili battute per un ministro socialdemocratico a lui caro: “Si fermò un’auto blu e non ne scese nessuno: era Tanassi”, “uomo dalla fronte inutilmente spaziosa”. L’altra sera, dopo l’arresto-sequestro dei tre medici italiani di Emergency a opera della polizia di Kabul (e forse dei nostri “alleati” inglesi), Nessuno Frattini sedeva amabilmente su una poltroncina bianca di Porta a Porta con l’aria di uno svagato frequentatore del Club del Polo in attesa del suo Martini Dry. “Lo vuole liscio o con seltz? Con o senza oliva?”. Con l’aria pensosa che gli è propria, sottolineata dal dito indice morbidamente poggiato sul mento, anch’esso inutilmente spazioso, ripeteva banalità che nemmeno Peter Sellers nei panni del giardiniere Chance, intervallate con molesta frequenza dall’avverbio “ovviamente”. Tant’è che anche nel telespettatore più distratto sorgeva spontanea una domanda: “Ovviamente che, visto che non stai dicendo niente?”. Ecco, lui è così: sempre sfuocato come Woody Allen in “Harry a pezzi”. Se uno vuol farsi una ragione del peso nullo del nostro Paese nel mondo, la faccia di Ovviamente Frattini è lì apposta. Da otto anni mandiamo miliardi e soldati in Afghanistan per soddisfare le frègole guerrafondaie di B&B, poi il governo-farsa che contribuiamo a tenere in piedi ci arresta tre connazionali e non ci avverte neppure. L’anno scorso, in piena crisi fra Georgia e Russia, i ministri degli Esteri europei si riunirono d’urgenza per prendere una posizione, tranne Frattini che preferì restarsene su un atollo delle Maldive per non dover prendere una posizione, visto che non ne aveva una. Allora scrivemmo che, forse, non era stato avvertito di essere il ministro degli Esteri. Ora finalmente l’hanno avvisato e lui ne è visibilmente compiaciuto, anche se non ha la più pallida idea di che cosa questo significhi. Se l’avesse, appresa la notizia dei tre arresti-sequestri, avrebbe subito alzato il telefono per farsi sentire con Karzai e gli “alleati” angloamericani che lo puntellano. Invece ha addirittura dato credito alla bufala di alcuni fantomatici funzionari afghani sulla confessione dei noti terroristi di Emergency: “Prego con tutto il cuore che non sia vero, altrimenti sarebbe una vergogna per tutti gli italiani”. La vera vergogna è che, prima di dar fiato alla bocca, il ministro degli Esteri non abbia verificato tramite i canali diplomatici se la notizia fosse vera e, visto che non lo era, non abbia diffuso un’immediata smentita, con allegata protesta al cosiddetto governo afghano e annessa richiesta di restituire immediatamente i nostri volontari alle loro famiglie. Un vero ministro degli Esteri avrebbe poi tappato la bocca a suoi colleghi di partito e di governo, tipo l’acuto Maurizio Gasparri e il pacato Ignazio La Rissa, che anziché prendersela col regime di Kabul hanno attaccato Gino Strada, mettendo ulteriormente in pericolo gli ostaggi. La Rissa ha invitato il fondatore di Emergency a “prendere le distanze dai suoi collaboratori” arrestati, perché “può sempre succedere di avere accanto inconsapevolmente degli infiltrati” come “le Br nel Pci e i Nar nell’Msi”. E, con notevole consequenzialità logica, ha prima ammesso che “il governo italiano non è stato informato dell’operazione”, salvo poi aggiungere che, “se le autorità afghane avessero fatto un imbroglio contro Emergency, ci saremmo arrabbiati, anche se l’orientamento politico di Emergency è noto a tutti”. Ma come faceva, di grazia, il governo ad arrabbiarsi se non sapeva nulla? Domande che avrebbero un senso se l’Italia avesse una politica estera, cioè se avesse un governo, o almeno un ministro degli Esteri. Invece abbiamo Frattini Dry. Con seltz. Senza oliva". (Marco Travaglio)

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