venerdì 12 marzo 2010

L'Italia che non voglio

Non hanno bisogno della violenza fisica perché controllano le coscienze attraverso i media dei Vespa e dei Minzolini. Stravolgono la democrazia senza bisogno dei carri armati nelle strade perché utilizzano le leggi arbitrarie, varate espropriando il Parlamento del suo ruolo di controllo e considerando superflua l'opposizione come interlocutore democratico. Sono ispirati dall'idea che il Governo sia la dittatura della maggioranza, che non esistano equilibri costituzionali tra i vari organi della Repubblica, che il potere sia un tributo plebiscitario da parte di un popolo "dopato" dalla loro propaganda. Le piazze le mortificano quando non sono accondiscendenti e quindi non servono a confermare la legittimità del potere: sono voce critica che infastidisce chi manovra nel palazzo. La scuola la privatizzano insieme ai beni comuni (meglio fare le veline, meglio stordirsi al Billionaire), mentre lo Statuto dei lavoratori lo svendono a Confindustria per colpire il diritto di chi lavora; gli immigrati li brandiscono come arma elettorale, esponendoli alla pancia del Paese per fomentare il razzismo e offrire, poi, risposte fumose e propagandistiche come le ronde. La magistratura è nemica perché indaga sugli esponenti della maggioranza e sulle origini economico-finanziarie del Berlusconi imprenditore, oltre che sugli amici a lui più vicini. Arriva ad essere odiata, poi, quando si spinge a scavare nella zona d'ombra dei rapporti fra cosa nostra e politica nella stagione dello stragismo mafioso degli anni '90. La legge infine è perseguimento degli interessi dei potenti, può esser manomessa con un decreto, può esser contraddetta con un disegno di legge o un provvedimento anche incostituzionale, di fatto gettando i semi dell'eversione. Se arriva la bocciatura della Consulta, del resto, non interessa: si rallentano i tempi del piano di sovversione, ma si procede comunque a realizzarlo attraverso stratagemmi orditi da avvocati-deputati al soldo del Capo e pagati dal Paese. Il berlusconismo, che da tempo dimora a Palazzo Chigi ma anche nelle case italiane, distrugge lo Stato di diritto e le sue regole. E si arriva oggi al paradosso dei paradossi, forse la pagina più buia di quest' epoca politica, per cui a causa di un manipolo di incompetenti, impegnati in una competizione intestina, le liste elettorali del Pdl nel Lazio e nella Lombardia vengono escluse per difetto del rispetto della legge elettorale. Allora cosa fa il Governo? Non aspetta il verdetto della giustizia amministrativa ma ne condiziona la decisione varando un decreto legge. Non una parola di scuse all'elettorato e al Paese: le regole del gioco democratico si possono cambiare in base all'esigenze di chi governa. E quest'atto sovversivo non trova argine di contrasto in nessuna istituzione: il Presidente della Repubblica lo firma in una manciata di minuti senza colpo ferire. Il golpe è legalizzato, la democrazia disintegrata e il capo dello Stato sceglie di essere un "passacarte metti bollo". Rimandare indietro un provvedimento, anche se non cambia il corso degli eventi, ha comunque un significato politico innegabile.

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