venerdì 20 settembre 2013

Se sei rimasto senza risorse o vivi un momento di difficoltà, le troppe regole e l'indifferenza ti impediranno di sopravvivere, fino ad ucciderti



"Se ho avuto la disgrazia di assistere alla morte dei miei genitori, secondo il Comune di Roma, dovrei anche stare sotto la pioggia, senza coperta, senza vestiti.. e senza spaghetti?". Questa mattina Roberto, che da oltre 15 anni vive a via di Monte Fiore, a Trastevere, con il suo fedele cane Brenda, si è visto "portar via tutto", ma non l'ironia. 

Alle 8.30 circa la polizia municipale e alcuni funzionari dell'Ama, hanno fatto "incursione" nella casa a cielo aperto che Roberto, ormai un'istituzione nel quartiere, aveva "costruito", dopo essersi ritrovato a vivere per strada in seguito alla morte dei suoi genitori. "Mi ero creato il mio mondo e adesso lo stavo abbellendo con i fiori - racconta con un velo di tristezza Roberto - Io sono una persona costruttiva, guardo ciò che mi sta intorno e quello che non va bene lo sistemo".

In quell'angolo di via di Monte Fiore, "Roberto aveva chiuso tutto con dei teli - racconta Elena, che con suo marito, da quindici anni, vive pochi metri più avanti - teneva tutto pulito, aveva allestito un salottino con due poltroncine rosse di velluto, un comodino con il computer, grazie al quale ogni tanto vedeva le partite con i suoi amici senzatetto, poi un cucinino, con il fornello da campeggio e le provviste di viveri. Aveva un letto arrangiato, costruito con due paletti di legno e, fuori, aveva messo un tavolino con delle piantine aromatiche. 
Nessun problema con i "vicini di casa", anzi, da questa mattina c'è un continuo via vai di residenti e commercianti di Trastevere che scendono per assicurarsi che Roberto stia bene e per aiutarlo ad affrontare lo sgombero.

Era ben voluto, raccontano e "non aveva mai creato alcun problema di ordine pubblico. E anche il cane non è aggressivo né intontito da farmaci o droghe. Negli anni questo spazio l'ha curato e ha fatto lavori che l'Ama a volte non fa". Elena ha regalato 50 euro a Roberto e due coperte: "Mi serviranno per mangiare ed iniziare a riorganizzarmi", ringrazia lui. "Computer, pacchi di pasta, olio, coperte, comodino, tutti i vestiti, il letto, la poltrona, mi hanno tolto tutto, ma io sono solo con il mio cane, non è un problema grave, si risolve, ma ci sono anche barboni con la famiglia, loro come avrebbero fatto?".

La storia di Roberto: ha studiato elettrotecnica, classe '66, dice di saper parlare quattro lingue. "Sono un tecnico, avrei le carte in regola per essere un cittadino modello". Circa quindici anni fa lavorava all'aeroporto di Zurigo, occupandosi del sistema informatico. Dopo la morte dei genitori decise di tornare in Italia: "Non avevo alcuna ragione per restare in Svizzera". Si stabilì inizialmente sotto gli archi di Porta Pinciana, fino a quando non "l'hanno cacciato, murando il posto che si era allestito, poi è andato a vivere sotto i ponti del Tevere", aggiunge una residente, infine è approdato a Trastevere.

Appena arrivato in Italia si è iscritto all'ufficio di collocamento, racconta, ma forse per i suoi problemi di droga non ha trovato facilmente lavoro: l'unica officina a San Lorenzo che lo ha assunto, ha chiuso senza averlo mai pagato. Nessun familiare lo ha aiutato e i pochi soldi messi da parte grazie al lavoro in Svizzera "li ho buttati nelle caparre delle case dove poi non sono più andato".

Roberto cura anche un suo blog personale, dove racconta tutto ciò che gli succede, "adesso aggiornerò, scrivendo cosa mi hanno fatto oggi, ma sarà un'impresa ardua, mi hanno tolto anche l'antenna". Il blog si chiama "Vivere senza fissa dimora", l'ha aperto su Blogspot.com. Roberto, però, ha bisogno di sfogarsi anche con le persone, non solo con un pc: "Mi hanno detto che non va bene stare qui col comodino ma solo col cartone, però non devo farmi vedere dai turisti e, ogni tanto, devo cambiare posto. Qui in Italia non ci date la possibilità di organizzarci la vita".

Rivolge un appello anche alle istituzioni, in particolar modo si rivolge al sindaco Ignazio Marino: "Dovete mettere i bagni pubblici e le strutture di accoglienza devono essere fatte anche per accogliere gli animali, perché quasi tutti noi barboni abbiamo un cane ed è come un fratello. Nei punti più frequentati, dove la gente dorme per strada, ci deve essere un presidio fisso come punto informazione per barboni che si trovano in difficoltà, dovete stare sul campo perché, per capire il problema, lo dovete vedere. Anche gli zingari hanno la rappresentanza in Comune, i barboni hanno solo Sant'Egidio che ci campa su di noi. Poi è necessario cambiare la legge sull'occupazione del suolo pubblico: io devo sentirmi libero di scegliere dove stare, sennò non chiamatelo suolo pubblico e se io lo curo, è più mio che di altri". (da Repubblica.it)




"Il paradosso nel vivere senza fissa dimora e non aver il diritto di poter occupare con un giaciglio un angolo di strada.L'accanimento,le energie e denaro pubblico che viene destinato alle polizie locali e ai prefetti chiamati a privare un senza casa anche del suo ultimo rifugio, che può essere un cartone o un materazzo poggiato in una via.A questo punto viene da chiedersi quale possono essere le priorità di una città come Roma in cui lo stile di vita non viene affatto migliorato facendo la"caccia alle streghe"ai"barboni", che poi sono la testimonianza del fallimento e incapacità delle amministrazioni stesse.Chi scrive è figlio della citttà di Roma,che in una precedente vita si poteva definire un professionista medio-borghese,caduto in disgrazia,della quale le strutture predisposte nel dare assistenza e guida,se ne sono completamente disinteressati.Il risultato è l'emarginazione dalla vita sociale e l'impossibilità di ricrearsi una base di partenza,da cui provare a ricostruirsi una vita. La realtà che si vive una volta emarginato è quella della legge del più furbo e/o più forte,la legge della giungla,in cui i deboli finiscono a chiedere soldi con in mano una boccia di vino.Roma ne è piena,complice il clima mite e la pseudo-assistenza da organizazzioni religiosi ed Onlus,che aiutano a rimanere emarginati(vivono di questo).In questo contesto delirante si deve avere l'abilità di restare nelle regole delle leggi civili e penali,che a volte resta difficile rispettare,perché la fame e la disperazione portano a comportamenti spesso sconsiderati.Ci si trova abbandonati e soli. Sono momenti in cui una reazione è vitale,perché sennò l'abbandono totale della dignità umana, per diventare bestia senza rispetto per se e per altri, è assicurato,e il rischio di soccombere, moralmente e fisicamente, è alto.Quando cala la notte la preoccupazione diventa il giaciglio,questo benedetto giaciglio per cui qui a Roma secondo le cronache,si uccide,il giaciglio fatto di cartone,stracci o materassi consumati,il giaciglio che ti permette di riposare e farti sentire come gli altri,nell' intimità delle coperte,il giaciglio la base da cui ripartire.La conquista di un posto dove potersi ritrovare e riposare diventa fondamentale e incontestabile". (da www.viveresenzafissadimora.blogspot.com)

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