Quando andai per la prima volta a Kinshasa, nello Zaire dei belgi ora Congo, avevo tredici anni. Dovevo fare la terza media alla scuola nel ghetto degli ebrei ma mia madre ci volle con lei, io e mio fratello. Lei si era stabilita a Bukavu come insegnante da sei anni, nel paradiso terrestre vicino al Ruanda, lasciandoci in un collegio per orfani al centro di Roma. Andare in Africa fu uno shock che marchiò la mia vita per sempre, in positivo. Mi mandò, la mamma, a studiare dai gesuiti, in lingua francese, e per i primi tre mesi non capivo niente, ero l'unico bianco con un pachistanese e i figli dei ricconi della corte di Mobutu. Il mio migliore amico era Pongo, figlio di un ministro (si sa i preti amano i ricchi e i loro soldi), con cui giocavo a piedi nudi sul cemento a pallacanestro. I nostri amici erano un'immensa famiglia indiana che coltivava thè, belgi in piscina, farmaceutici e paracadutisti italiani, suore e faccendieri. Il cane doberman si chiamava De Gaulle, là nella villa sul grande boulevard, e il mio boy François, che in mezza giornata si spendeva il misero salario di un mese ad ubriacarsi. Purtroppo, poi, mia madre ci ripensò, e dopo un anno ci rimisi in collegio a Siena. Ma questa è un'altra storia.
"“Qui nessuno aiuta nessuno, signor Olivares. Vive da abbastanza tempo in Congo, non lo ha imparato? Non ha ancora capito che questa è una grande tragica commedia? Non è buffo che il governo denunci il Ruanda alla Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja per il genocidio di tre milioni di congolesi e sfruttamento illecito delle sue risorse naturali? Oggi le guerre non si combattono per motivi politici, l’ideologia è relegata in secondo piano, quello che conta è l’aspetto economico, il mercantilismo. Mercantilismo… le piace questa parola, amico mio? Se hai i diamanti compri le armi e con le armi vai al potere. Al potere controlli i diamanti. È un circolo perverso. Perché una volta che controlli i diamanti non vuoi rinunciare al potere, così cerchi di eliminare ogni opposizione che cerca di rovesciarti con la forza. E come cerca di farlo? Con le armi. L’opposizione ha bisogno di armi, così va in cerca dei diamanti. È una spirale continua e inevitabile. E qui non stiamo parlando solo di diamanti. In ballo ci sono l’oro, il niobio, il ferro, il cobalto, il manganese, del minerale uranifero, zinco, zolfo, il coltan… In mezzo al commercio delle risorse naturali ci sono tutti: francesi, egiziani, belgi, la mafia kazaka, aziende europee che raffinano metalli, i servizi segreti ruandesi e ugandesi, lo stesso governo congolese… diciamoci la verità: qui non ci sono buoni, sono tutti dei furfanti, dei criminali. Questa città è folle, questa nazione è folle, chi ci vive è folle. La verità è che qui governa solo l’anarchia. Ci sono seimila uomini della Monuc in un territorio grande come mezza Europa: impossibile che riescano a fare qualcosa, anche se fossero i migliori guerrieri pacificatori della terra; sono inutili, stanno lì e guardano. Gli aiuti ai rifugiati ammontano sì e no ad 1/5 di quanti ne servirebbero solamente per iniziare a fare il piccolo primo passo. Per i profughi congolesi si spendono 15 centesimi di dollaro al giorno. E mandano qui ragazzini uruguaiani, paraguaiani, cingalesi. Non parlano francese, non parlano kiswahili, non possono e non riescono a comunicare. Una grande farsa, la trovo una grande farsa. Ci sono truppe d’invasione straniera, predoni, banditi locali, ribelli male armati. Le coalizioni cambiano continuamente, è un grande e magico carnevale. Signori della guerra, milizie tribali, sbandati, mercenari, cannibalismo, stupri di massa, crani fracassati, gole tagliate, mani amputate. Non lo trova drammaticamente suggestivo? Un mix di tribalismo e modernità! Combattono con armi automatiche e machete! Tamburi e telefoni satellitari! Pozioni magiche che rendono invincibili! È un grande teatro quello messo in piedi da questi “guerrieri”. Guardi il presidentissimo, un grande attore tragico, sciatto e volgare. Quando era a capo dei ribelli faceva il discepolo di Lumumba e mentre i suoi uomini si scannavano per cacciare via il dittatore lui faceva la bella vita al Cairo. Adesso che è al potere ordina al suo paranoico e grasso figlio di mandare gli ispettori in tutto il paese per verificare lo stato dell’amministrazione, dice che vuole fare uscire il Congo dalla crisi economica e finanziaria, ma sono tutte balle, è solo un attore della parlantina, il figliol prodigo di questo infernale baraccone africano“.Quando ho scritto 'Le bestie. Kinshasa Serenade' era l’estate del 2004 ed ero molto arrabbiato. Mentre in tv, sui giornali, alla radio non si faceva che parlare delle sensazionali guerre americane al Terrore, io leggevo, sulla poca stampa seria, che in Congo morivano migliaia e migliaia di persone, in una guerra inutile e fratricida che il mondo intero ignorava. Mi sarebbe piaciuto potesse rappresentare solo una testimonianza di quello che fu (il libro è ambientato nel 2001). Purtroppo, attualmente, in Congo vagano oltre un milione e mezzo di profughi che hanno abbandonato le zone dove il conflitto dura da quindici anni, causando quasi sei milioni di morti, e i componenti usati per far funzionare i nostri computer e i nostri smartphone continuano a provenire dalle zone minerarie del Paese africano, dove persone ridotte in schiavitù muoiono per il nostro quotidiano e, a volte, futile benessere.Il 28 novembre si sono tenute le elezioni presidenziali e legislative, inaugurate, nei giorni precedenti da violenze e intimidazioni da parte del Partito del Popolo per la Ricostruzione e la Democrazia (PPRD), la formazione del Presidente uscente, Joseph Kabila, il “paranoico e grasso figlio” del vecchio dittatore. Grazie allo zelante Mushi Ndibu, coordinatore dello sport giovanile della formazione di governo, Kabila ha messo in piedi un’armata di pugili e lottatori, ufficialmente responsabili di assicurare tranquillità e sicurezza per il corretto svolgersi delle elezioni. Agli atleti si sono uniti i membri delle oltre trecento bande di strada che imperversano per Kinshasa, i cui nomi sembrano presi da un remake globalizzato de I guerrieri della notte: l’Armata Rossa, i Bastardi, gli Iracheni, i Cooperanti.I primi risultati ufficiali verranno pubblicati ai primi di dicembre, ma già l’Unione Africana e l’Unione Europea hanno lanciato appelli perché i risultati del voto siano accettati da tutti i candidati. Si temono brogli, nuove intimidazioni, ingiustizie. La verità, come diceva uno dei personaggi di 'The Mission Song' di John Le Carré, è che in questo immenso e splendido paese africano i leader “sono delle teste di cazzo totali, con il cervello di un bambino di cinque anni. Poco tempo fa, gli esperti della Banca Mondiale hanno fatto uno studio sullo stile di vita in Congo. Domanda: ‘Se lo Stato fosse una persona, che cosa ne penseresti?’. Risposta: ‘Lo uccideremmo‘”. (Lorenzo Mazzoini-Il Fatto Quotidiano)
mercoledì 30 novembre 2011
Come vivere alla grande
"Caro Beppe,devo dire che il problema della crisi non mi riguarda,e magari crollassero veramente tutti i governi! La mia polica di vita è diversa dal sistema. Mentre gli altri si indebitavano per le auto, gli scooter, i maxitelevisori led da 200 pollici, cellulari di lusso, ecc..., io anni fa mi sono indebitato per uno stile di vita diverso, semplice e nel pieno rispetto della natura. Mi sono creato il mio impianto fotovoltaico da 5000W, ma non quello connesso in rete e che poi l'Enel ti piscia in faccia con quattro soldi, ma indipendente. Non ho pertanto problemi di black out e sono completamente indipendente dall'Enel! Ho installato tutte lampade led che hanno una vita media di 100.000 ore. Ho messo il pannello solare dell'acqua calda. Io e la mia famiglia abbiamo bici elettriche e uno scooter elettrico, che carichiamo dal fotovoltaico. Beviamo acqua di rubinetto depurata ad osmosi inversa, e le acque reflue chiare vengono a loro volta depurate e riutilizzate per usi di pulizia cortile,ecc... . Ho fatto installare una grande vasca esterna con capacita' di 15.000 litri per la raccolta delle acque piovane, che vengono anch'esse depurate e usate per la cucina e i sanitari. Lavoriamo io,mia moglie e i miei due figli tramite web. Abbiamo una piccola azienda di commercio on line, quindi non abbiamo bisogno di nessuno spostamento per lavoro. I corrieri ci riforniscono di merce,e vengono poi a effettuare i ritiri da noi. Siamo vegetariani, quindi niente carne. Mia moglie si occupa da 20 anni di biologia e naturopatia. Non abbiamo pertanto bisogno di medici con le loro cure e per ingrossare le lobby dei farmaci. Mangiamo biologico e roba fatta in casa.Niente surgelati e cibi industriali di nessun tipo.Viviamo in un paesino di collina e all'aria buona. Siamo felicissimi e non risentiamo di nessun tipo di crisi". (Diego Balestri-dal blog di Beppe Grillo)
martedì 29 novembre 2011
lunedì 28 novembre 2011
Questo governo non ci piace. Vogliamo andare subito al voto dopo una rapida riforma elettorale
Questo governo non ci piace per niente. Le solite facce riciclate abbracciate in un inciucio senza fine. Vogliamo andare subito al voto con una nuova legge elettorale, Questa è l'unica cosa che Monti deve fare. Perché l'Italia sta da un'altra parte, sta con quei 27 milioni di italiani che hanno votato al referendum.
domenica 27 novembre 2011
sabato 26 novembre 2011
I nuovi cravattari legalizzati
Ho la residenza all'isola di Gorgona, dove mia nonna nacque nel 1907. Nel paese ci sono una decina di abitanti e una parte del territorio è destinata a colonia penale. Non ci sono attività economiche, collegamenti certi, niente di niente. Da qualche estate invito saltuariamente qualche amico o conoscente a vedere la mia isola, per raccontare la sua storia e i suoi affetti da gorgonese. Un giorno di novembre bussano alla mia porta, sbucati dal mare, tre finanzieri: con autorizzazione della procura di Livorno dovevano perquisire la casa per un'attività non dichiarata. Mi veniva da ridere. Hanno passato un'intera giornata a trovare niente perché niente c'era, ma lo Stato ha speso per fare un accertamento impossibile in un'isola semideserta, mentre mafiosi e assassini girano industurbati per la Penisola. Qualche settimana dopo chiamano anche i vigili di Livorno perché, 'dopo accertamenti', mi devono notificare una multa per esercizio commerciale non dichiarato. Alla mia domanda ironica : 'Ma siete venuti sull'isola a fare gli accertamenti'. 'No, mi hanno risposto, li abbiamo fatti da Livorno'. Se non è d'accordo può andare dal giudice di pace'. Pochi mesi fa, per un'infrazione amministrativa, mi hanno sequestrato l'auto, che non ho più. Il demanio mi ha inviato una lettera dicendomi che entro un mese devo lasciare la casa che abito da secoli. Da anni, sempre sull'isola, c'è un secondino che fa il bello e il cattivo tempo senza che si possa allontanare: parcheggia dove vuole la moto di servizio, si prende il pesce dei detenuti, ci aggredisce e nessuno dice niente. Ma questa gentaglia con la divisa la paghiamo noi, mi sono detto. Se questo è uno Stato democratico me ne vado in Zimbawe!
"Fino a qualche mese fa ero un piccolo imprenditore commerciale, e dopo che Equitalia e company mi hanno massacrato, mi sono rotto e ho chiuso i battenti. Equitalia & C. Non avranno mai un centesimo da me, risultando nulla tenete e senza nessun bene a me intestato ne mobile e immobile. Come tirerò a campare? Semplice, lavorerò in nero. Sono un elettricista e idraulico e il lavoro non mi manca. Oltre a chiudere la ditta ho anche modificato alcune cose nel mio stile di vita, ad esempio: ho disdettato la Telecom, ho disdettato la Rai, non fumo più, non gioco più al lotto, ho venduto la moto e uso la bici elettrica. Risparmio un bel po di quattrini, e sono contentissimo. Me la rido alle spalle di questi soggetti mandati dalle banche per impadronirsi di tutto". (D. T., dal blog di Beppe Grillo)
"Giancarlo Perin aveva 52 anni, una moglie, due figli, una bella casa. Era proprietario di una delle imprese edili storiche dell’Alta padovana, la Perin Fratelli srl. Venerdì scorso un suo dipendente lo ha trovato impiccato alla benna della gru nella sua ditta di Borgoricco. In un biglietto alla famiglia ha accennato alla crisi, a problemi economici. Chi lo conosce bene dice che temeva di non riuscire più a dare un futuro ai suoi dipendenti.Effettivamente sembra che la Perin non pagasse la cassa edile dall’aprile scorso, e che avesse chiesto un finanziamento alla banca. Forse Giancarlo non ha avuto le risposte che voleva. Di certo ora quelle risposte le chiedono a gran voce imprenditori e sostenitori che stanno ingrossando sempre più le file degli indipendentisti veneti. “Veneto Stato”, movimento famoso per la “statua all’evasore” in un piccolo comune del Vicentino, si è presentato davanti alla sede di Equitalia a Padova, con bandiere, altoparlanti, striscioni e slogan. Primo tra tutti “Fratelli d’Italia? Non siamo neanche parenti”. L’obiettivo era dimostrare tutta la rabbia per sentirsi strangolati e oppressi da quelle che definiscono le “braccia armate” dello Stato: Equitalia, agenzia delle entrate, Finanza, tasse, ma soprattutto banche.In onore di Giancarlo il centinaio di manifestanti, tenuti sotto stretta osservazione dalla polizia, hanno acceso alcuni lumini davanti al portone dell’agenzia in via Longhin, “in ricordo di Giancarlo e di tutti i veneti che soffrono per questo illegittimo martellamento esattoriale”, dice il presidente Lucio Chiavegato. La rabbia espolde solo a sentir nominare i ‘nemici’ della Lega. “Bossi è un traditore, Zaia ci chiede di comprare i Btp? Se li compri lui, qui c’è gente che si mette una corda al collo pur di non licenziare i dipendenti”. Una delegazione di manifestanti viene ricevuta a metà mattina da Maurizio Trevisan, capo dell’ufficio provinciale. L’incontro dura una decina di minuti. “Gli abbiamo dato un ultimatum – dice la ‘pasionaria’ imprenditrice Patrizia Badii, fiorentina di nascita e veronese di adozione – o ritirano tutti i loro bollettini o noi non paghiamo, gli abbiamo detto di guardarsi le spalle, chi medita il suicidio per debiti può commettere qualsiasi follia”.Veneto Stato nasce nel settembre del 2010 e mette insieme le spinte indipendentiste che ruotano attorno al Partito Nazionale Veneto. Lo Statuto, scritto in dialetto, chiede un referendum e il riconoscimento del Veneto come Stato membro dell’unione erupea. Bandiera del movimento, che non ama definirsi partito, è l’evasione fiscale come segno di protesta. La notizia dell’imprenditore suicidatosi in azienda ha lasciato tutti sconvolti: “Ci siamo riconosciuti in lui – afferma la Badii – qui ci si ammala, c’è gente che va in depressione, che perde i capelli, ci strangolano per i prestiti e appena saltiamo una rata ci saltano al collo”.Il tam tam organizzativo è arrivato anche a Brescia e Bergamo. Gli imprenditori delle altre regioni in Veneto vengono ironicamente chiamati stranieri, ma la gente qui ha poca voglia di scherzare. “Tre anni fa ho aperto un’attività a Genova, ho dovuto chiudere, mi sono ritrovata una cartella da 15milia euro – dice Antonella Clementi, anche lei davanti a Equitalia a manifestare – avevo versato i contributi dei miei dipendenti ma non i miei, sono dovuta tornare a casa dei miei genitori a Brescia, ho 52 anni e due figlie, non dico a nessuno dove sono perché ho paura che mi vengano a cercare”. (Il Fatto Quotidiano)
"Fino a qualche mese fa ero un piccolo imprenditore commerciale, e dopo che Equitalia e company mi hanno massacrato, mi sono rotto e ho chiuso i battenti. Equitalia & C. Non avranno mai un centesimo da me, risultando nulla tenete e senza nessun bene a me intestato ne mobile e immobile. Come tirerò a campare? Semplice, lavorerò in nero. Sono un elettricista e idraulico e il lavoro non mi manca. Oltre a chiudere la ditta ho anche modificato alcune cose nel mio stile di vita, ad esempio: ho disdettato la Telecom, ho disdettato la Rai, non fumo più, non gioco più al lotto, ho venduto la moto e uso la bici elettrica. Risparmio un bel po di quattrini, e sono contentissimo. Me la rido alle spalle di questi soggetti mandati dalle banche per impadronirsi di tutto". (D. T., dal blog di Beppe Grillo)
"Giancarlo Perin aveva 52 anni, una moglie, due figli, una bella casa. Era proprietario di una delle imprese edili storiche dell’Alta padovana, la Perin Fratelli srl. Venerdì scorso un suo dipendente lo ha trovato impiccato alla benna della gru nella sua ditta di Borgoricco. In un biglietto alla famiglia ha accennato alla crisi, a problemi economici. Chi lo conosce bene dice che temeva di non riuscire più a dare un futuro ai suoi dipendenti.Effettivamente sembra che la Perin non pagasse la cassa edile dall’aprile scorso, e che avesse chiesto un finanziamento alla banca. Forse Giancarlo non ha avuto le risposte che voleva. Di certo ora quelle risposte le chiedono a gran voce imprenditori e sostenitori che stanno ingrossando sempre più le file degli indipendentisti veneti. “Veneto Stato”, movimento famoso per la “statua all’evasore” in un piccolo comune del Vicentino, si è presentato davanti alla sede di Equitalia a Padova, con bandiere, altoparlanti, striscioni e slogan. Primo tra tutti “Fratelli d’Italia? Non siamo neanche parenti”. L’obiettivo era dimostrare tutta la rabbia per sentirsi strangolati e oppressi da quelle che definiscono le “braccia armate” dello Stato: Equitalia, agenzia delle entrate, Finanza, tasse, ma soprattutto banche.In onore di Giancarlo il centinaio di manifestanti, tenuti sotto stretta osservazione dalla polizia, hanno acceso alcuni lumini davanti al portone dell’agenzia in via Longhin, “in ricordo di Giancarlo e di tutti i veneti che soffrono per questo illegittimo martellamento esattoriale”, dice il presidente Lucio Chiavegato. La rabbia espolde solo a sentir nominare i ‘nemici’ della Lega. “Bossi è un traditore, Zaia ci chiede di comprare i Btp? Se li compri lui, qui c’è gente che si mette una corda al collo pur di non licenziare i dipendenti”. Una delegazione di manifestanti viene ricevuta a metà mattina da Maurizio Trevisan, capo dell’ufficio provinciale. L’incontro dura una decina di minuti. “Gli abbiamo dato un ultimatum – dice la ‘pasionaria’ imprenditrice Patrizia Badii, fiorentina di nascita e veronese di adozione – o ritirano tutti i loro bollettini o noi non paghiamo, gli abbiamo detto di guardarsi le spalle, chi medita il suicidio per debiti può commettere qualsiasi follia”.Veneto Stato nasce nel settembre del 2010 e mette insieme le spinte indipendentiste che ruotano attorno al Partito Nazionale Veneto. Lo Statuto, scritto in dialetto, chiede un referendum e il riconoscimento del Veneto come Stato membro dell’unione erupea. Bandiera del movimento, che non ama definirsi partito, è l’evasione fiscale come segno di protesta. La notizia dell’imprenditore suicidatosi in azienda ha lasciato tutti sconvolti: “Ci siamo riconosciuti in lui – afferma la Badii – qui ci si ammala, c’è gente che va in depressione, che perde i capelli, ci strangolano per i prestiti e appena saltiamo una rata ci saltano al collo”.Il tam tam organizzativo è arrivato anche a Brescia e Bergamo. Gli imprenditori delle altre regioni in Veneto vengono ironicamente chiamati stranieri, ma la gente qui ha poca voglia di scherzare. “Tre anni fa ho aperto un’attività a Genova, ho dovuto chiudere, mi sono ritrovata una cartella da 15milia euro – dice Antonella Clementi, anche lei davanti a Equitalia a manifestare – avevo versato i contributi dei miei dipendenti ma non i miei, sono dovuta tornare a casa dei miei genitori a Brescia, ho 52 anni e due figlie, non dico a nessuno dove sono perché ho paura che mi vengano a cercare”. (Il Fatto Quotidiano)
venerdì 25 novembre 2011
Non al mio liceo!
"Chissà se Giovanni Scattone alza gli occhi tutte le mattine, quando passa davanti alla pergamena chiusa in una cornice di radica con il nome della sua vittima, “Marta Russo, la cui morte nei viali dell’università di Roma La Sapienza, ha suscitato unanime cordoglio”. Dal lunedì al sabato l’ex assistente della facoltà di Giurisprudenza che fece partire il colpo di pistola fatale per la giovane studentessa, uccisa nel maggio 1997, varca la soglia del liceo romano Cavour, dove da quest’anno ha una cattedra di Storia e filosofia. Non un liceo come un altro, ma la scuola dove Marta Russo ha trascorso gli ultimi tre anni degli studi per la maturità scientifica, prima di iscriversi all’Università La Sapienza. E chissà se le aule dove oggi il professor Scattone tiene le sue lezioni sono le stesse che hanno visto la giovanissima Marta sui banchi di scuola, quando sognava di diventare magistrato. Giovanni Scattone, condannato in via definitiva a cinque anni e quattro mesi per omicidio colposo – non venne riconosciuto mai il dolo – ha, per la legge italiana, il diritto di insegnare. Già nel 2005, quando entrò per la prima volta in un liceo pubblico come docente, per diversi giorni la polemica sull’opportunità della sua presenza nelle aule riempì tante pagine di cronaca. Ma l’ultima sentenza della Cassazione, che ha confermato la condanna, riducendo lievemente la pena, ha eliminato la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici. Dunque, almeno formalmente, nessuno scandalo, nessuno può impedirgli di insegnare, neanche nel liceo frequentato da Marta Russo. Secondo la documentazione del dipartimento dell’istruzione Giovanni Scattone è uno dei tantissimi insegnanti inseriti all’interno della graduatoria “ad esaurimento” dell’ufficio scolastico provinciale di Roma. Occupava il 30 luglio scorso il posto numero 82 dell’elenco dei professori di Storia e filosofia e, come avviene normalmente alla fine dell’estate, poco prima dell’inizio dell’anno scolastico c’è l’assegnazione dei posti. Quest’anno, per un atroce scherzo del destino, a Scattone è stata assegnata la cattedra del liceo Cavour, scuola storica di Roma, primo scientifico statale sorto nella capitale. Non si stupisce il padre di Marta Russo, Donato, che dal 2001 segue la onlus dedicata alla figlia: “Dal 2005 Scattone insegna, prendendo le cattedre come supplente – spiega a Il Fatto Quotidiano – dopo la decisione della Cassazione”. E anche quest’anno tanti genitori si sono rivolti all’associazione dedicata alla studentessa morta nel 1997 per manifestare il disagio che provano le famiglie: “Già ci hanno segnalato la sua presenza al liceo Cavour di Roma – prosegue Donato Russo – che è stato il liceo frequentato da mia figlia. Io penso che Giovanni Scattone abbia il diritto ovviamente di guadagnarsi il pane, ma non come educatore”. Il preside del Cavor, Tecla Sanino, dichiara intanto all’Ansa: “Pur partecipando al dolore della famiglia Russo, e condividendo la perplessità dell’opinione pubblica in qualità di dirigente scolastico e in qualità di rappresentante legale dell’istituto, sono tenuta – spiega – a rispettare la sentenza della Cassazione e le normative vigenti che prevedono nomine di docenti supplenti secondo le graduatorie provinciali, curate dall’Ufficio ambito territoriale”. La morte di Marta Russo fu un episodio particolarmente eclatante per la storia dell’Università di Roma La Sapienza. Durante le indagini furono utilizzate tecnologie estremamente sofisticate per stabilire con certezza il punto di origine del colpo di pistola che colpì e uccise la giovane studentessa, mentre camminava di fianco alla facoltà di Giurisprudenza assieme a una amica. Giovanni Scattone e Salvatore Ferraro – l’assistente universitario accusato poi di favoreggiamento – si trovavano all’interno dell’aula 6 del dipartimento di Filosofia del diritto. I due si sono sempre dichiarati innocenti, presentando diversi alibi poi caduti nel corso del processo. Le udienze del primo grado iniziarono il 20 aprile 1998, davanti alla prima Corte d’Assise di Roma, concludendosi il 1 giugno 1999 con una condanna a sette anni per omicidio colposo nei confronti di Giovanni Scattone e di quattro anni per favoreggiamento per Salvatore Ferraro. La sentenza definitiva è arrivata il 15 dicembre 2003, quando la Cassazione ha in parte ridotto la pena per i due. Lo scorso maggio il Tribunale civile di Roma ha riconosciuto un risarcimento dei danni nei confronti della famiglia per un milione di euro, escludendo ogni responsabilità da parte dell’Università La Sapienza. Nel 2005, quando Giovanni Scattone iniziò a insegnare Storia e filosofia nel liceo “Primo Levi” di Vigna Murata a Roma, vi fu la protesta dura da parte delle famiglie. I dirigenti scolastici all’epoca spiegarono che la nomina era assolutamente regolare e che non vi era alcun impedimento nei confronti dell’ex assistente universitario: “È bravo e spiega bene”, commentarono all’epoca alcuni studenti". (Il Fatto Quotidiano)
giovedì 24 novembre 2011
Cittadino Monti...
"Cittadino Monti, lei ha una legittimità relativa a ricoprire la funzione di presidente del Consiglio. Lei è stato nominato dallo spread, non dagli italiani. Ha la grande fortuna di succedere al peggior governo degli ultimi 150 anni, reso possibile da una legge elettorale incostituzionale. Peggio è impossibile fare. Ha, in apparenza, le mani libere. Può decidere (quasi) tutto. I partiti sono sullo sfondo, pura tappezzeria. Le elezioni non si possono tenere per evitare un default quasi certo e perché, con questa legge elettorale, senza preferenze e un ricambio in Parlamento dopo un numero massimo di legislature, non cambierebbe nulla. Si dice che lei abbia una grande responsabilità, che sia l'ultima possibilità per salvare il Paese. Io non credo che sia corretto addossarle questo peso immane. Lei, da solo, o anche con una squadra di professori e di tecnici, può fare ben poco senza il sostegno dell'opinione pubblica. La luna di miele che sta attraversando, dovuta alla "liberazione di Berlusconi" più che alla sua figura, potrebbe rivelarsi molto breve. Il suo successo sarà determinato dalle sue azioni e dal consenso che queste avranno nel Paese reale, quello dei movimenti e delle associazioni, non certo quello dei partiti, ormai simulacro di democrazia. Mi permetto quindi, anche per le persone che mi seguono, ormai da un punto di vista numerico la quinta o sesta forza elettorale, di darle qualche suggerimento. Il primo è di rispettare la volontà popolare, che essa si esprima per l'abbandono del nucleare, per l'acqua pubblica o per evitare l'inutile distruzione della val di Susa. Il secondo è di dare subito degli esempi sul taglio dei costi inutili prima di qualunque tassa sulla prima casa, della patrimoniale o dell'aumento dell'Iva. Il popolo italiano ha le tasse più alte d'Europa e, allo stesso tempo, un'enorme evasione. Significa che pagano sempre gli stessi, è probabile che solo su di loro graverà il cosiddetto "risanamento". Lei è due volte fortunato, la prima ragione, come ho già scritto, è che succede a uno sciagurato. La seconda è che ha grandi margini di manovra. Ovunque giri lo sguardo può operare risparmi e tagli a costo zero. Tagli le province, i finanziamenti elettorali, i contributi pubblici all'editoria. Fermi le grandi opere inutili come la Tav, la Gronda di Genova, l'Expo di Milano. Sa meglio di me che non servono a nulla. L'economia non si sviluppa con il cemento. Riporti le concessioni autostradali sotto la gestione statale, è corretto che, se c'è un guadagno di miliardi di euro, rimanga allo Stato, non sia destinato a Benetton e soci. Lei ha studiato dai gesuiti, ma, rimanendo in tema di ordini religiosi, dovrebbe rifarsi ai francescani. Spogliarsi dalle sue relazioni con il mondo che lo ha nominato e rivolgersi direttamente agli italiani. Se non può farlo, le consiglio di lasciare l'incarico. Ripetere gli stessi errori e nefandezze dei politici che l'hanno preceduta non le farebbe onore. Le chiedo un incontro per illustrarle il programma del M5S. Spero in una risposta positiva. Saluti". Beppe Grillo (dall'omonimo blog)
mercoledì 23 novembre 2011
La mafia si può sconfiggere
"Il cartello stradale lo metteranno fra qualche giorno, ai confini del comune: "Ercolano, territorio derackettizzato". Così daranno il benvenuto nella prima città del Sud dove il pizzo non si paga più. A pochi chilometri da Napoli, in un ammasso di case schiacciate fra il Vesuvio e il mare, la camorra che succhia sangue ha perso faccia e potere. L’hanno liberata Ercolano - quella degli splendidi scavi romani che testimoniano commerci e sollazzi dell’aristocrazia del tempo -, l’hanno ripulita dalla marmaglia e miracolosamente fatta rinascere. Non ci sono più "loro" a spadroneggiare per le sue strade, non ci sono più estorsioni e non ci sono più commercianti in preda al terrore.Le vetrine delle botteghe espongono manifesti di sfida ("Noi non subiamo soprusi"), i negozianti tengono la porta aperta e nessuno li tartassa più. Nell’ultimo processo che si sta celebrando in queste settimane contro le bande di taglieggiatori ci sono più testi d’accusa che imputati: 42 vittime che denunciano 41 aguzzini. E’ uno dei tanti primati di questa città al centro del Golfo, che si è ribellata ai Birra e agli Ascione, i boss che tenevano tutti in ostaggio. Gli uomini dei due clan – quasi duecentocinquanta - sono rinchiusi nelle carceri. E nelle loro roccaforti, "alla Cuparella" e "alla Moquette", vivono oramai solo donne e bambini.Un’Ercolano senza racket, una bella notizia in un pezzo d’Italia dove l’estorsione si tramandava di padre in figlio da almeno tre generazioni. Con il negozio ereditavano anche il pizzo, da versare ogni mese o tre volte l’anno, a una banda o all’altra e nei periodi di guerra a tutte e due: da 150 a 1.500 euro ogni trenta giorni, dal piccolo bar fino al supermercato. Una tassa per salvarsi la vita. Ma poi è cambiato tutto. Poi, in questa città che si allunga fra la Reggia di Portici e i capannoni di Torre del Greco, è scoppiata la rivolta. Per primi loro, i commercianti. E poi un sindaco, Nino Daniele, che dal 2005 al 2009 è stato al fianco dei suoi concittadini cominciando con le "passeggiate antimafia" e finendo con la concessione di una dispensa dal pagamento di Ici e Tarsu – prima volta in Italia, un altro record di Ercolano - per tutti coloro che si rifiutavano di cedere al pizzo. E ancora, un esemplare lavoro dei carabinieri e dei commissari di polizia. E infine la passione civile del siciliano Tano Grasso, simbolo dalla fine degli anni Ottanta del Sud che non si piega, il presidente della Federazione antiracket che - a Napoli e sotto Napoli - ha messo radici e portato il suo sapere in una battaglia che i negozianti hanno vinto.Così hanno eliminato mese dopo mese la "bussata" - quando il camorrista va a chiedere il pizzo – da una città di sessantamila abitanti che in meno di dieci anni ha contato sessanta morti ammazzati negli scontri di una camorra che è stracciona ma che è anche di massa, un settore di popolo. Spiega Tano Grasso: "Abbiamo derackettizzato Ercolano per le condizioni di fiducia che si sono create, una convergenza di fattori positivi: il sindaco giusto al momento giusto, investigatori preziosi, un pubblico ministero molto attento e poi loro: i commercianti che volevano vivere". Derackettizzare – hanno capito qui - è un po’ come derattizzare: in un paio di anni, la città è stata svuotata dai topi.La prima a denunciare è stata Raffaella Ottaviano, un negozio di abbigliamento sul corso principale, via IV Novembre civico 21. "Si è presentato uno e mi ha spiegato che lo mandava lo ‘zio Giannino’, un’ora dopo ero già dai carabinieri", ricorda Raffaella mentre risaliamo il corso e incontriamo tutti gli altri che hanno detto no. Il panettiere. Il pasticciere. Il macellaio. Il meccanico. Il gioielliere. Il pescivendolo. L’ottico. Il carrozziere. Il benzinaio. Via dopo via, quartiere dopo quartiere, pagavano tutti. A volte erano bambini di dieci o undici anni che venivano spediti a fare la "bussata". A volte arrivano quegli altri, con le pistole in mano.Come è capitato a Sofia Ciriello, un forno nella II° traversa Mercato, al numero 44. "Sono entrati in panificio due mattine di fila e non gli ho dato retta, alla terza volta mi hanno puntato contro il revolver dicendomi che dovevo andare ‘alla Cuparella’...", racconta Sofia. E’ giù, sulla strada che va verso Portici. Un porticato buio e poi, quando torna la luce, sei già dentro il regno dei Birra. Sofia si è rifiutata di pagare, qualche giorno dopo davanti al forno hanno messo la bomba. Lei ha denunciato. Nomi e cognomi. E così ha fatto anche Matteo Cutolo, dottore commercialista che, come il nonno, ha preferito fare bignè nel laboratorio di dolci di via IV Novembre 106. Dice Matteo: "Ho detto basta per sempre".Il macellaio è qualche metro più su, in via IV Novembre numero 129. Si chiama Salvatore Zinno, Fra una "bussata" e l’altra a Salvatore per le "spese di camorra" scucivano quasi duemila euro al mese: "Dovevo assumere le inservienti che dicevano loro, dovevo prendere il prosciutto a un prezzo più caro ma rivenderlo a prezzo di mercato, dovevo abbonarmi per forza al girone di ritorno della squadra di calcio locale, dovevo pagare il carico e scarico dei polli: non ne potevo più". Salvatore comprava anche il pane per i suoi clienti da tre panifici diversi. Il primo era quello che gli imponevano i Birra, il secondo quello che volevano gli Ascione, il terzo quello che gli faceva regolari fatture. Era costretto a prendere 50 chili di pane al giorno e buttarne ogni sera 20 o 30 chili. Una mattina Salvatore si è svegliato e ha denunciato su Facebook tutti i ricatti. Ogni tanto dalla sua bottega passa qualche scagnozzo e grida al macellaio: "Salvatò, ma che ti hanno fatto quei poveretti che hai denunciato?". Salvatore è arrabbiato e non torna più indietro. Anche se può accadere che ogni tanto qualcuno esce dal carcere per qualche mese. Ma poi lo ributtano subito dentro. A Ercolano stanno facendo piazza pulita.Se n’è accorto il console tedesco di Napoli, Christiano Much, che ha fatto stampare una mappa della città con i negozi che non pagano il pizzo. I tedeschi che passano dal consolato la ritirano e poi un tour operator tedesco – la Studiosus – organizza visite guidate fra rovine romane e conquiste contemporanee. Oggi, la "Cuparella" non conta più niente". (La Repubblica)
Andiamo a vivere in campagna...
"Siamo tre famiglie riunite, parecchio tempo fa risiedavamo in Desenzano del Garda, ma un giorno avemmo l'occasione con un piccolo capitale di acquistare una grossa fattoria nell'entroterra agricolo. Ci siamo organizzati bene e con l'aiuto di una signora esperta che arriva dalla ciociaria, abbiamo quasi raggiunto l'autonomia alimentare ed abbiamo quattro botti piene di circa 1200 litri di ottimo vino. Ci siamo creati un magazzino di ogni genere alimentare con una cella di surgelazione, piena di carni pregiate della zona. Siamo in contatto con degli ingegneri della Uni di Padova, perche' vogliamo avere anche una forte indipendenza energetica con le nuove tecnologie. Mi dispiace che dall'inizio non fossimo, sei, sette famiglie, oggi saremmo una potenza. Cari professori, economisti, politicanti, banchieri, la nostra produzione nasce e muore senza conoscere l'Iva ed altra burocrazia contabile, nasce dalla terra e finisce nella nostra pancia. Voi continuate pure a strolegare di monate, di Spread, di Bond, noi invece con le nostre scarpe grosse avremo sempre la pancia piena, piena. Qui in provincia di Brescia poi per mangiare sono senza freno; abbiamo costruito un grosso camino a brace di legna ed ogni sabato invitiamo in media 20/25 persone che per sdebitarsi un po' ci portano delle ceste colme di ogni ben di Dio che ci basta per dieci giorni. Toh, città (...ditone), Le città sono come le luci in estate, ci girano intorno mille farfalline ipnotizzate, le città sono delle grandi illusioni. In citta' conoscevo si e no dieci famiglie, qui in campagna 500!". (U-Boot-dal blog di Beppe Grillo)
Io sto cercando di farlo all'isola di Gorgona, se il carcere chiudesse per sempre e non ci impedisse una vita normale. Mi piacerebbe viverci tutto l'anno, magari con qualche pausa, vivendo di pesca e di qualche piccola rendita. Per ora è quasi impossibile, perché ci sono pochi collegamenti, la colonia penale non lascia vivere e mantiene la proprietà del territorio, perché vivere di pesca è dura. Ma stare in città spesso è ancora più dura, specialmente se il lavoro non c'è. Eppoi non c'è la scuola per i miei figli e sono costretto a stare diversi mesi sul continente. Mia moglie però, più o meno, ci sta tutto l'anno, e ogni volta che viene via non vede l'ra di tornarci. Non è che si faccia niente di speciale, ma è sufficiente per sentirsi bene.
Io sto cercando di farlo all'isola di Gorgona, se il carcere chiudesse per sempre e non ci impedisse una vita normale. Mi piacerebbe viverci tutto l'anno, magari con qualche pausa, vivendo di pesca e di qualche piccola rendita. Per ora è quasi impossibile, perché ci sono pochi collegamenti, la colonia penale non lascia vivere e mantiene la proprietà del territorio, perché vivere di pesca è dura. Ma stare in città spesso è ancora più dura, specialmente se il lavoro non c'è. Eppoi non c'è la scuola per i miei figli e sono costretto a stare diversi mesi sul continente. Mia moglie però, più o meno, ci sta tutto l'anno, e ogni volta che viene via non vede l'ra di tornarci. Non è che si faccia niente di speciale, ma è sufficiente per sentirsi bene.
martedì 22 novembre 2011
Io sono italiano
Non c'era bisogno di Napolitano per affermare che chi nasce in Italia è italiano. Così come dovrebbe essere francese se nato in Francia o inglese se nato in Inghilterra. Solo un troglodita può pensare il contrario. Amen
Mediaset? Da chiudere
Ogni tanto mi capita di vedere la tv. Quella pubblica, da sanare. Quella mediaset, da chiudere per offesa all'essere umano. Motivo: ipnosi televisiva, programmi e pubblicità ingannevole, attentato alla buona fede, dabbenaggine, truffa, istigazione ai bassi istinti, proposte indecenti per i giovani, modelli deteriori per gli anziani, falsa informazione pilotata. Programmi demenziali si susseguono per dare ai poveri cristi il rincretinimento eterno. Spesso assisto allibito i miei figli guardare cose orripilanti, che prendono il basso istinto, storpiano le emozioni, ingigantiscono lati oscuri dell'io. Loro sono lì, indifesi, come tanti nostri anziani o persone semplici inermi, a farsi tracimare il cervello da copioni studiati a tavolino per venderti almeno una pentola. Ore e ore di dibattitti su famiglie che hanno perpretato orrendi delitti, diventate star all'inverso; interviste a personaggi insulsi o falsi vip di cartapesta; opinioni di idioti che parlano ad una telecamera; lettura di giornali che nessuno compra più. Chi guarda non è in grado di spegnere l'interruttore. Chiudiamo per forza questo obbrobrio una volta per tutte per annichilemento dell'essere vivente e migliaia di persone inizieranno ad uscire, a guardare il cielo, a dialogare, a tornare umani.
"Vederlo lì in un baretto fuori dal Tribunale di Milano, solo e abbandonato, nessuno che gli rivolga la parola, gli chieda un autografo o una barzelletta, gli gridi meno male che Silvio c’è, fa tenerezza.
Sentirlo rispondere dalla tribuna vip del Milan a una domanda sul fisco “non so, ormai non conto più niente”, fa quasi pena. Almeno a chi non lo conosce.
L’ultima maschera del Cainano è quella del povero vecchietto innocuo, dell’anziano guitto a fine carriera. Uno da lasciare in pace, anzi da ignorare, perché ora bisogna guardare avanti senza spirito di vendetta, anzi con un pizzico di gratitudine per tutti i sacrifici che ha fatto per noi, non ultime le dimissioni come estremo “atto d’amore per l’Italia”, purtroppo travisate dalla solita “piazza dell’odio”.
L’Operazione Amnesia, simile alla strategia della sommersione adottata da Provenzano dopo le stragi volute da Riina, è una nuova versione dell’eterno “chiagni e fotti”, che presto sfocerà in una campagna elettorale tutta basata su vittimismi vecchi e nuovi: i poteri forti nostrani e forestieri, l’euro, la culona tedesca, il De Funès francese, le solite toghe rosse che si portano su tutto.
E infine, quando monterà il malcontento per i tagli del governo Monti, un’agile piroetta per fingere di averlo sempre contrastato e le solite litanie sulla sinistra delle tasse.
Nell’attesa, mentre Angelino Jolie gioca al piccolo segretario vaneggiando di congressi e primarie come se fosse davvero il leader Pdl, il Cainano pensa alla roba sua.
Il vicemonti è un clone di Letta, Catricalà, che ha dato buona prova all’Antitrust senza mai vedere il trust Mediaset e conflitti d’interessi collegati, ma in compenso nel 2008 sgominò il cartello dei fornai (la celebre multa di 4.430 euro all’Unione Panificatori, e non una per ciascuno: una per tutti).
Alle Comunicazioni c’è Passera, che di conflitti d’interessi se ne intende, dunque non disturberà il suo.
Alla Giustizia c’è la Severino, ex avvocata Fininvest, e non abbiamo ancora visto i sottosegretari (gira persino il nome della signora Iannini in Vespa).
La Rai è sempre in buone mani e Minzolingua continua imperterrito a dirigere il Tg1. Tutto come prima, ma con un vantaggio in più: nessun attacco, nessuna polemica, tutto dimenticato. E, se qualcuno si azzarda a ricordare che le dimissioni le ha date proprio per il conflitto d’interessi (i titoli del gruppo colavano a picco, Doris lo chiamò e disse “molla la Lega, pensa alle aziende”, come ha confermato ieri Bossi: “B. s’è dimesso perché l’hanno ricattato con le aziende”), scatta immediata la litania dei servi: “Ecco, gli antiberlusconiani sanno parlare solo di lui, temono di restare disoccupati”. Se al “chiagni” provvede l’amnesia generale, al “fotti” ci pensa Mediaset.
È notizia dell’altroieri l’ennesima causa milionaria di Mediaset contro un giornalista che non si piega: Santoro, che il 1° luglio aveva osato ipotizzare, dietro l’inspiegabile retromarcia di La7, prima interessata a lui e poi non più, “un intervento esterno per bloccare un terzo polo tv che poteva diventare dirompente per il duopolio Rai-Mediaset”. E a questo intervento esterno aveva dato “un nome e un cognome: conflitto d’interessi. Politico e industriale. Un’azienda, Mediaset, occupa governo, Parlamento, Autorità, Rai e piega tutto al proprio tornaconto”.
Ora però Mediaset dovrà denunciare anche quel tizio che nel 2000 disse: “Se B. non fosse entrato in politica, noi oggi saremmo sotto un ponte o in galera per mafia”; e nel 2010 aggiunse: “Il conflitto d’interessi ormai è endemico: scegli B. e prendi tutto”. E poi quell’altro che nel 2008, dopo le elezioni vinte da B., dichiarò: “Mediaset l’ha scampata bella, la legge Gentiloni era un pericolo”; e nel 2010, quando Fini chiese la sfiducia al governo B. e Mediaset crollò in Borsa, osservò: “Sull’andamento del titolo la politica pesa più della crisi”.
Il primo si chiama Fedele Confalonieri, presidente Mediaset.
Il secondo Piersilvio Berlusconi, vicepresidente Mediaset.
Diffamatori". (Marco Travaglio-Il Fatto Quotidiano)
"Vederlo lì in un baretto fuori dal Tribunale di Milano, solo e abbandonato, nessuno che gli rivolga la parola, gli chieda un autografo o una barzelletta, gli gridi meno male che Silvio c’è, fa tenerezza.
Sentirlo rispondere dalla tribuna vip del Milan a una domanda sul fisco “non so, ormai non conto più niente”, fa quasi pena. Almeno a chi non lo conosce.
L’ultima maschera del Cainano è quella del povero vecchietto innocuo, dell’anziano guitto a fine carriera. Uno da lasciare in pace, anzi da ignorare, perché ora bisogna guardare avanti senza spirito di vendetta, anzi con un pizzico di gratitudine per tutti i sacrifici che ha fatto per noi, non ultime le dimissioni come estremo “atto d’amore per l’Italia”, purtroppo travisate dalla solita “piazza dell’odio”.
L’Operazione Amnesia, simile alla strategia della sommersione adottata da Provenzano dopo le stragi volute da Riina, è una nuova versione dell’eterno “chiagni e fotti”, che presto sfocerà in una campagna elettorale tutta basata su vittimismi vecchi e nuovi: i poteri forti nostrani e forestieri, l’euro, la culona tedesca, il De Funès francese, le solite toghe rosse che si portano su tutto.
E infine, quando monterà il malcontento per i tagli del governo Monti, un’agile piroetta per fingere di averlo sempre contrastato e le solite litanie sulla sinistra delle tasse.
Nell’attesa, mentre Angelino Jolie gioca al piccolo segretario vaneggiando di congressi e primarie come se fosse davvero il leader Pdl, il Cainano pensa alla roba sua.
Il vicemonti è un clone di Letta, Catricalà, che ha dato buona prova all’Antitrust senza mai vedere il trust Mediaset e conflitti d’interessi collegati, ma in compenso nel 2008 sgominò il cartello dei fornai (la celebre multa di 4.430 euro all’Unione Panificatori, e non una per ciascuno: una per tutti).
Alle Comunicazioni c’è Passera, che di conflitti d’interessi se ne intende, dunque non disturberà il suo.
Alla Giustizia c’è la Severino, ex avvocata Fininvest, e non abbiamo ancora visto i sottosegretari (gira persino il nome della signora Iannini in Vespa).
La Rai è sempre in buone mani e Minzolingua continua imperterrito a dirigere il Tg1. Tutto come prima, ma con un vantaggio in più: nessun attacco, nessuna polemica, tutto dimenticato. E, se qualcuno si azzarda a ricordare che le dimissioni le ha date proprio per il conflitto d’interessi (i titoli del gruppo colavano a picco, Doris lo chiamò e disse “molla la Lega, pensa alle aziende”, come ha confermato ieri Bossi: “B. s’è dimesso perché l’hanno ricattato con le aziende”), scatta immediata la litania dei servi: “Ecco, gli antiberlusconiani sanno parlare solo di lui, temono di restare disoccupati”. Se al “chiagni” provvede l’amnesia generale, al “fotti” ci pensa Mediaset.
È notizia dell’altroieri l’ennesima causa milionaria di Mediaset contro un giornalista che non si piega: Santoro, che il 1° luglio aveva osato ipotizzare, dietro l’inspiegabile retromarcia di La7, prima interessata a lui e poi non più, “un intervento esterno per bloccare un terzo polo tv che poteva diventare dirompente per il duopolio Rai-Mediaset”. E a questo intervento esterno aveva dato “un nome e un cognome: conflitto d’interessi. Politico e industriale. Un’azienda, Mediaset, occupa governo, Parlamento, Autorità, Rai e piega tutto al proprio tornaconto”.
Ora però Mediaset dovrà denunciare anche quel tizio che nel 2000 disse: “Se B. non fosse entrato in politica, noi oggi saremmo sotto un ponte o in galera per mafia”; e nel 2010 aggiunse: “Il conflitto d’interessi ormai è endemico: scegli B. e prendi tutto”. E poi quell’altro che nel 2008, dopo le elezioni vinte da B., dichiarò: “Mediaset l’ha scampata bella, la legge Gentiloni era un pericolo”; e nel 2010, quando Fini chiese la sfiducia al governo B. e Mediaset crollò in Borsa, osservò: “Sull’andamento del titolo la politica pesa più della crisi”.
Il primo si chiama Fedele Confalonieri, presidente Mediaset.
Il secondo Piersilvio Berlusconi, vicepresidente Mediaset.
Diffamatori". (Marco Travaglio-Il Fatto Quotidiano)
lunedì 21 novembre 2011
SERVE SUBITO UNA NUOVA LEGGE ELETTORALE
La prima cosa che questo strano governo deve fare è una nuova legge elettorale. E, mentre tenta di rimediare al disastro economico incombente, deve subito indire le nuove elezioni. Ci vuole un nuovo Parlamento e una coalizione governativa eletta dal popolo. Questa non può andare. A Montecitorio e al Senato sono seduti sempre gli stessi che ci hanno affossato, rubandoci anche le ultime speranze. Lo stesso governo tecnico gira intorno ai soliti noti, ai soliti mestieranti, ai soliti ricatti. Qui serve una scossa che esprima le nuove generazioni e le nuove istanze di un'Italia che non è quella del passato premier e nemmeno quella di quello attuale. Dobbiamo assolutamente andare a votare.
Congo, ci stiamo uccidendo
"Le ferite della foresta si vedono solo dall'alto. Il Cessna a sei posti che decolla da Yaounde, la capitale del Camerun, impiega due ore e mezza per sorvolare il bacino del Congo fino alla riserva di Dzanga Sangha, 50 chilometri al di là del confine, nella Repubblica Centrafricana. Sulle mappe questo spazio è segnato in verde perché è considerato una massa di vegetazione compatta, una salda barriera tra le megalopoli in espansione e i deserti che avanzano. Ma le mappe mentono.Appena l'aereo raggiunge i 600-700 metri di quota, appaiono le lacerazioni che sfregiano il tessuto fitto degli alberi. Sono piccole strade dall'aria innocua, piste in terra battuta costruite per catturare qualche briciola di un tesoro naturale che appariva infinito. Anno dopo anno però si sono moltiplicate fino a formare una ragnatela. Ogni via ha generato grappoli di case e attorno alle case si sono allargate radure in cui la protezione umida offerta dal mantello verde ha ceduto il passo alla morsa arida del sole. Squarci che di tanto in tanto si dilatano: sono segherie che hanno rubato altro spazio chiedendo impianti di produzione elettrica, che a loro volta hanno bisogno di altre strade per far passare i camion, i materiali, gli operai."Questi operai spesso si trasformano in disperati all'assalto della foresta", spiega Bryan Curran, un antropologo che lavora nella riserva di Dzanga Sangha. "Nel villaggio qui vicino, a Bayanga, ormai ci sono 4 mila persone: per l'80 per cento vengono da fuori. Erano stati chiamati da una società che aveva deciso di aprire uno stabilimento di lavorazione del legno: nel 2005 ha chiuso e loro si sono trovati senza niente. Cosa pensa che abbiano fatto? Si sono procurati un'arma e hanno cominciato a cacciare di frodo".Una pila di questi fucili, strumenti artigianali confiscati ai bracconieri, si trova nel deposito delle eco guardie, 42 persone chiamate a sorvegliare 466 mila ettari di foresta. Il risultato di questa missione impossibile è evidenziato dall'enorme catasta di zanne sequestrate, una piccola parte dell'avorio diretto ai mercati clandestini. Con i prezzi attuali ogni chilo vale più di un anno di lavoro nei campi. Un'attrazione che diventa fatale quando ai disperati si aggiungono i trafficanti armati di kalashnikov.Mitragliatori contro machete perché in Camerun le guardie forestali sono disarmate. "Per prendere i bracconieri abbiamo un'unica possibilità: sorprenderli mentre riposano", racconta Anourou Ousman, che per 100 dollari al mese rischia la vita tutti i giorni. "Li seguiamo per ore senza farci vedere, finché si fermano. Appena hanno posato i mitragliatori abbiamo a disposizione una manciata di secondi: dobbiamo bloccarli prima che riescano a riprendere le armi. Non sempre va bene. Un mio amico è morto due mesi fa: lo hanno catturato e torturato".E i pericoli non sono legati solo al bracconaggio, ricorda David Hoyle, direttore del Wwf Camerun. Alla pressione dell'industria del legno si è aggiunta quella delle società che cercano ferro, oro, bauxite, diamanti, petrolio. Nel mondo la fame di materie prime aumenta e nella partita si è inserita la Cina con un crescendo impressionante di investimenti. Poi ci sono le coltivazioni di olio di palma: sono arrivate richieste per un milione di ettari, un milione di ettari di foresta da radere a zero.Assieme agli alberi rischia di scomparire la cultura dei bayaka, i pigmei che per secoli hanno vissuto usando le piante come dispensa e farmacia. Tra le centinaia di vegetali utilizzati dal popolo delle foreste ci sono il kokò, un'erba dal vago sapore di fagioli; le liane che contengono un'acqua simile a quella distillata; il bossò, una corteccia che si usa per curare le carie; il mokata, un viagra naturale.Per cancellare questa enorme ricchezza naturale basta poco: con qualche colpo di machete e mezz'ora di motosega si trasformano in parquet alberi secolari facendo salire il conto delle emissioni serra. La deforestazione è responsabile del 13 per cento dei gas che minacciano la stabilità climatica - precisa Riccardo Valentini, direttore del Dipartimento scienze forestali dell'università della Tuscia - e il bacino del Congo perde ogni anno 700 mila ettari di verde."Per salvare questo patrimonio dell'umanità stiamo lanciando anche in Italia, con l'arrivo di Yolanda Kakabadtse, l'ex ministro dell'Ambiente dell'Ecuador che si è battuta per inserire nella costituzione la difesa della natura come misura del benessere, la campagna per la protezione del cuore verde dell'Africa", annuncia Isabella Pratesi, responsabile Wwf per la conservazione. "Il bacino del Congo è l'Amazzonia africana: con i suoi 2 milioni di chilometri quadrati, sette volte l'Italia, è la seconda foresta pluviale al mondo. Ospita 10 mila specie vegetali, 400 specie di mammiferi, 1.000 di uccelli, 1.300 di farfalle e specie simbolo come il gorilla, il leopardo, lo scimpanzé, l'elefante delle foreste. Non possiamo lasciarlo distruggere dai bracconieri e da chi vuole strappare alla terra le ultime gocce di petrolio". (La Repubblica)
domenica 20 novembre 2011
Dove si firma? Class action per richiesta danni all'ex premier & company
"Qualche miliardo di euro. E’ quanto sono costate agli italiani alcune delle operazioni partorite dai governi di Silvio Berlusconi. Dalla penale per il ponte sullo stretto di Messina allo smaltimento dei sottomarini nucleari russi. La cifra esatta è sconosciuta, ma qualcuno ha deciso fare i conti con un preciso intento: chiedere i danni al responsabile, il Cavaliere. Così, a Milano Radio Popolare ha cominciato a raccogliere adesioni per presentare un esposto alla Corte dei conti a carico dell’ex premier. E a fare la fila davanti ai banchetti si sono presentate in appena una giornata migliaia di persone.In tempi di spread è normale fare due conti. Quanto avremmo risparmiato se il Cavaliere si fosse dimesso prima? Difficile dirlo, per ora. Nel frattempo possiamo domandarci quanto ci sono costate alcune scelte del governo uscente. È quanto hanno deciso di fare i promotori dell’esposto alla Corte dei conti per danno erariale contro l’ex premier Berlusconi. “Non si tratta di vendetta”, precisa immediatamente Andrea Di Stefano, direttore della rivista Valori e promotore dell’iniziativa con Radio Popolare, “ma chi ha ricoperto ruoli istituzionali di quel livello non può sottrarsi a certe responsabilità”. Quali in particolare? “Parlo delle responsabilità connesse all’abolizione dell’Ici”, risponde Di Stefano, che spiega: “Era il 2008, e la crisi era già alle porte”.Secondo Di Stefano l’abolizione dell’imposta sugli immobili avrebbe prodotto un danno di tre miliardi e mezzo per le casse dello Stato. Ma non è finita. Quattrocentocinquanta milioni è quanto pagheremo a titolo di penale per un ponte sullo Stretto che molto probabilmente non vedremo mai. “E altri quattrocento li tireremo fuori per smaltire i sottomarini nucleari russi”, aggiunge ancora il direttore di Valori, “uno strano accordo con l’amico Putin che graverà sul bilancio pubblico”. Insomma, è ora di capire davvero quanto ci è costato Silvio Berlusconi. E a sentire i tanti milanesi che sono accorsi oggi per la presentazione dell’iniziativa, la curiosità è tanta. “A me Berlusconi è costato duemila euro in busta paga”, dice una signora che fa la fila ai banchetti di Radio Popolare per firmare la sua adesione all’esposto. “Ma poi non è solo una questione di soldi”, dice un’altra, “paghiamo in cultura, in servizi, e tanto tanto fegato”. (Il Fatto Quotidiano)
"Tutte le ragazze, oltre a Ruby, che hanno partecipato ai presunti festini a luci rosse ad Arcore, sono parti offese. È in sostanza quel che ha chiarito la quinta sezione penale del Tribunale di Milano, presieduta da Anna Maria Gatto, che con un'ordinanza ha disposto di notificare il decreto che dispone il giudizio di Emilio Fede, Lele Mora e Nicole Minetti, per i quali oggi si è aperto il processo, a tutte le 29 giovani maggiorenni che sarebbero state ospiti alle serate a casa di Silvio Berlusconi e che non hanno fatto richiesta di essere parte civile. "È un provvedimento che farà storia dal punto di vista culturale", è stato il commento dell'avvocato Patrizia Bugnano, legale di Chiara Danese, ex miss Piemonte che si è costituita parte civile nel processo.La Bugnano e Stefano Castrale, legale di Ambra, l'altra ex miss piemontese che è costituita parte civilie, hanno spiegato che la decisione di chiedere il risarcimento per i danni morali e materiali subiti non è stata presa "per una questione di soldi", ma per tutelare l'"onorabilità" delle ragazze. L'avvocato Danila Di Domenico, legale della modella Imane Fadil, che ha depositato la costituzione di parte civile, spera che tutte le ragazze che hanno preso parte ai presunti festini ad Arcore vogliano costituirsi parti civili, dopo che oggi i giudici milanesi le hanno
dichiarate "persone offese".Promette battaglia, invece, la difesa di Nicole Minetti, che ha precisato, davanti ai cronisti, che si opporrà alla costituzione di parte civile delle ragazze che hanno partecipato alle serate ad Arcore. E l'opposizione riguarderà sia le richieste di costituzione già presentate, da Ambra, Chiara e Imane Fadil, che altre richieste che eventualmente potranno essere presentate. Lo ha detto l'avvocato Paolo Righi.La decisione è stata letta oggi in aula e si richiama alla più recente giurisprudenza che considera "le vittime" dello sfruttamento della prostituzione come persone offese in base "alla tutela della libertà della persona umana", anche nell'ambito della sfera sessuale. A questo punto il collegio ha disposto la notifica dell'atto di fissazione del processo e ha rinviato l'udienza al prossimo 20 gennaio specificando alle parti che il processo da quella data in poi si terrà ogni venerdì salvo eventuali cambiamenti di programma.Il legale di Lele Mora, Nicola Avanzi, ha detto che il suo assistito "sta molto male". L'avvocato ha fatto presente quanto sia difficile affrontare un processo con un cliente in una condizione psicofisica molto sofferente. "Non ci sta aiutando, non riusciamo a ricostruire le situazioni" ha proseguito il legale. L'ex talent scout, detenuto per la bancarotta della LM Management, ha inviato oggi al collegio composto da tre donne della V sezione penale la rinuncia a comparire. All'udienza di oggi, che lo vede imputato insieme a Nicole Minetti e Lele Mora per induzione e struttamento della prostituzione era contumace.Le motivazioni dell'ordinanza. La tutela della dignità e della libertà della persona umana, con particolare riguardo alla libertà di autodeterminazione dei soggetti nella sfera sessuale, prevale sulla sola tutela del buon costume e della moralità pubblica che riconosceva al solo Stato la qualifica di persona offesa e alle vittime la mera qualifica di soggetto passivo, eventualmente danneggiato dal reato, hanno spiegato i giudici. Il Tribunale, si legge nell'ordinanza "ritiene di condividere tale più recente orientamento anche alla luce delle numerose convenzioni internazionali cui lo Stato italiano ha aderito in tema di tutela della libertà umana, di repressione della tratta degli esseri umani e di sfruttamento della prostituzione". "Tale interpretazione - proseguono i giudici - si concilia col dato normativo che persegue penalmente solo le condotte che incidono sulla libertà di autodeterminazione della donna, non costituendo invece reato il compimento di atti sessuali al di fuori di ogni attività di sfruttamento o di agevolazione, anche se posti in essere con fini di lucro personale". (La Repubblica)
"Tutte le ragazze, oltre a Ruby, che hanno partecipato ai presunti festini a luci rosse ad Arcore, sono parti offese. È in sostanza quel che ha chiarito la quinta sezione penale del Tribunale di Milano, presieduta da Anna Maria Gatto, che con un'ordinanza ha disposto di notificare il decreto che dispone il giudizio di Emilio Fede, Lele Mora e Nicole Minetti, per i quali oggi si è aperto il processo, a tutte le 29 giovani maggiorenni che sarebbero state ospiti alle serate a casa di Silvio Berlusconi e che non hanno fatto richiesta di essere parte civile. "È un provvedimento che farà storia dal punto di vista culturale", è stato il commento dell'avvocato Patrizia Bugnano, legale di Chiara Danese, ex miss Piemonte che si è costituita parte civile nel processo.La Bugnano e Stefano Castrale, legale di Ambra, l'altra ex miss piemontese che è costituita parte civilie, hanno spiegato che la decisione di chiedere il risarcimento per i danni morali e materiali subiti non è stata presa "per una questione di soldi", ma per tutelare l'"onorabilità" delle ragazze. L'avvocato Danila Di Domenico, legale della modella Imane Fadil, che ha depositato la costituzione di parte civile, spera che tutte le ragazze che hanno preso parte ai presunti festini ad Arcore vogliano costituirsi parti civili, dopo che oggi i giudici milanesi le hanno
dichiarate "persone offese".Promette battaglia, invece, la difesa di Nicole Minetti, che ha precisato, davanti ai cronisti, che si opporrà alla costituzione di parte civile delle ragazze che hanno partecipato alle serate ad Arcore. E l'opposizione riguarderà sia le richieste di costituzione già presentate, da Ambra, Chiara e Imane Fadil, che altre richieste che eventualmente potranno essere presentate. Lo ha detto l'avvocato Paolo Righi.La decisione è stata letta oggi in aula e si richiama alla più recente giurisprudenza che considera "le vittime" dello sfruttamento della prostituzione come persone offese in base "alla tutela della libertà della persona umana", anche nell'ambito della sfera sessuale. A questo punto il collegio ha disposto la notifica dell'atto di fissazione del processo e ha rinviato l'udienza al prossimo 20 gennaio specificando alle parti che il processo da quella data in poi si terrà ogni venerdì salvo eventuali cambiamenti di programma.Il legale di Lele Mora, Nicola Avanzi, ha detto che il suo assistito "sta molto male". L'avvocato ha fatto presente quanto sia difficile affrontare un processo con un cliente in una condizione psicofisica molto sofferente. "Non ci sta aiutando, non riusciamo a ricostruire le situazioni" ha proseguito il legale. L'ex talent scout, detenuto per la bancarotta della LM Management, ha inviato oggi al collegio composto da tre donne della V sezione penale la rinuncia a comparire. All'udienza di oggi, che lo vede imputato insieme a Nicole Minetti e Lele Mora per induzione e struttamento della prostituzione era contumace.Le motivazioni dell'ordinanza. La tutela della dignità e della libertà della persona umana, con particolare riguardo alla libertà di autodeterminazione dei soggetti nella sfera sessuale, prevale sulla sola tutela del buon costume e della moralità pubblica che riconosceva al solo Stato la qualifica di persona offesa e alle vittime la mera qualifica di soggetto passivo, eventualmente danneggiato dal reato, hanno spiegato i giudici. Il Tribunale, si legge nell'ordinanza "ritiene di condividere tale più recente orientamento anche alla luce delle numerose convenzioni internazionali cui lo Stato italiano ha aderito in tema di tutela della libertà umana, di repressione della tratta degli esseri umani e di sfruttamento della prostituzione". "Tale interpretazione - proseguono i giudici - si concilia col dato normativo che persegue penalmente solo le condotte che incidono sulla libertà di autodeterminazione della donna, non costituendo invece reato il compimento di atti sessuali al di fuori di ogni attività di sfruttamento o di agevolazione, anche se posti in essere con fini di lucro personale". (La Repubblica)
venerdì 18 novembre 2011
QUESTO GOVERNO NON CI RAPPRESENTA. VOGLIAMO ANDARE A VOTARE CON UNA NUOVA LEGGE ELETTORALE. IL RESTO LO FAREMO DOPO
Questo governo tecnico nato con Monti non ci piace per niente. Partorito in un'aula di privilegiati avulsi dalla realtà, protetti dall'alveo dei partiti per forza, lontani dallo spirito delle genti, nel nome della condanna di chi ha festeggiato l'uscita di un mediocre clown. Pronto a stringee la mano a un mellifluo Gianni Letta che dell'inciucio ha fatto la sua fortuna, servendo i potenti, per non parlar di altri e di manifesti conflitti di interessi. Irreggimentato da Francia e Germania, che non possono e non devono dare lezioni a nessuno visto i loro scheletri negli armadi. Sovraderisi da un'Europa di burocrati seduti a Bruxelles e nel Lussemburgo. Giriamo in tondo senza che emerga la nuova generazione che da decenni sta spingendo per essere rappresentata, ma nessuno sembra capirlo. C'è almeno il quaranta per cento della popolazione (che sia di destra o di sinistra poco importa) che non ne può più di veder omaggiare il Papa da parte dei nostri governanti (questo Papa e questo Vaticano che è stato zitto tutti questi anni sul governo precedente solo perché conservava agevolazioni economiche varate ad hoc per zittirlo); di vedere alla tv pubblica (quella commerciale dio ce ne salvi!), con i nostri soldi del canone che ci obbligano a pagare altrimenti ci scatenano dietro la mafia legalizzata di equitalia, gentucola strapagata che discetta di tutto senza saperne niente, nella più desolante mediocrità e a copione; non ne può più di osservare dodici nuovi ministri che sembrano stati tenuti in naftaliana fino al giorno prima, che fino a ieri andavano a braccetto con i soliti potenti profittatori di turno; non ne può più di personaggi che non rispettano la volontà popolare (come il referendun sul nucleare, sull'acqua, sulla nuova legge elettorale, per un parlamento pulito). Noi vogliamo subito la riforma delle legge elettorale e il voto per liberarci di questi ectoplasmi che ci soffocano, per vivere in un'aria pulita. Questi tecnici e questi partiti non ci rappresentano più. Vogliamo una rappresentanza diretta. Dello spread non ci importa niente. Noi abbiamo già perduto tutto da tempo.
"Signor primo ministro e signori ministri, benvenuti.Lo dico nel senso più vero e sincero del termine: è meglio che al governo ci siate voi invece di quelli che sedevano ieri nei vostri banchi. Quelli hanno macroscopicamente abusato delle loro funzioni e del loro ruolo per sistemare faccende personali loro e del loro leader. Hanno fatto un mare di leggi ad personam invece di sistemare il bene del paese. Tocca a voi riscattare questa immagine agli occhi dell'opinione pubblica, ridare fiducia nelle nostre istituzioni, prendere quei seri provvedimenti d'urgenza che i mercati richiedono.
Ci riuscirete? Sinceramente non lo sappiamo, ma lo speriamo. I vostri curricula sono tali che, se davvero vorrete e se potrete, ce la farete. Noi vogliamo fare la nostra parte e aiutarvi a raggiungere questi risultati. Per questo anticipo da subito, a scanso di equivoci, che IdV darà la fiducia al governo Monti: non lo facciamo né per voi né per noi, ma per il bene del nostro Paese. Lo facciamo perché vogliamo che i cittadini non siano ancora una volta presi in giro e avremmo considerato una presa in giro se in un governo cosiddetto tecnico non ci fosse stata totale discontinuità col precedente governo. Per questo abbiamo detto e diciamo ancora no all'ingresso di esponenti politici, in particolare del precedente governo.
Noi abbiamo presentato una mozione di fiducia diversa dalle altre, non in bianco come quelle degli altri partiti. Abbiamo voluto dire in modo chiaro e trasparente qual è la nostra posizione rispetto alle cose da fare. Questo non vuol dire non avere fiducia in lei, ma vuol solo dire mettere per iscritto ciò che vogliamo e ciò che crediamo sia opportuno si faccia. E' bene che restino agli atti le parole e i fatti.
Sappiamo che lei non ha potuto mettere la nostra mozione in votazione perché solo un voto si può dare. Ma non metta da parte quelle richieste specifiche su cui abbiamo fondato il nostro impegno nei suoi confronti. Perchè, mi creda, se dovesse portare in aula cose come l'abolizione di taluni albi o lo smantellamento delle corporazioni, probabilmente gli unici a votare a suo favore saremo noi dell'Italia dei Valori, al di là delle parole.
Ecco perché non ci piace e non ci convince la fiducia in bianco. Noi vogliamo che ci sia un patto chiaro, non possiamo accettare a priori senza sapere in concreto che cosa volete fare per rendere operative le cose che avete detto. Il ministro dell'Ambiente non trovava niente di meglio da fare che non il suo ministro andare a Un giorno da pecora a parlare bene delle centrali nucleari?
Ad esempio, non possiamo accettare al buio il vostro e il programma del neoministro Passera perché non lo conosciamo. Non ci hanno detto niente. E' anche per rispetto a voi ministri, che possiamo solo dire: "Vediamo cosa sapete e potete fare".Noi sappiamo che lei, ministro Passera, è una persona che merita rispetto. Il suo curriculum è di tutta evidenza. Ma proprio quel curriculum è ciò che ci fa chiedere cosa succederà su certi temi. Lei avrà pochi soldi a disposizione. E con quei quattro soldi, cosa ci farà? Il ponte sullo stretto o la difesa del territorio? E per fare le infrastrutture del Paese manderà l'esercito o cercherà di ragionare con le persone? E' una questione di democrazia! Ancora: questa volta, lei le farà pagare le frequenze televisive in concessione o le darà gratis come volevano fare i suoi predecessori? Potrei insistere sulle tariffe autostradali, sui treni, e così via.
Conosciamo bene la professionalità dell'avvocato Paola Severino, ma non sappiamo in concreto cosa vuole fare per sistemare la giustizia. Sappiamo che ha avuto rilievi critici sulle intercettazioni e sull'uso dei pentiti. E allora cosa farà? Starà dalla parte di Berlusconi sulle intercettazioni o di quei magistrati che le vogliono usare? Il governo si impegnerà per comprare altri cacciabombardieri o per far tornare a casa i nostri militari?
Vorrei che lei si rendesse conto, presidente Monti, che noi siamo un gruppo parlamentare che si impegnerà per aiutarla a fare il suo lavoro, e saremo sentinelle in nome della società civile. Se chiediamo che dopo una legge elettorale nuova si torni alle urne è perché vogliamo che si rispetti la volontà popolare e non ci sia sempre solo un governo dell'emergenza. Perché se lei vuole fare il presidente del consiglio fino alla fine dell'emergenza, doveva essere nominato presidente a vita, non senatore a vita". (Antonio Di Pietro)
"L'Italia ha un debito pubblico insostenibile perché per quasi la metà è posseduto da banche e Stati stranieri. Il Giappone con un rapporto debito/Pil superiore al 200% non fallisce perché i suoi titoli sono stati acquistati in assoluta prevalenza dal mercato domestico. Ci tengono per le palle e hanno nominato un commissario liquidatore. Non vogliono perdere i loro investimenti, in particolare le banche francesi. Se in questi anni avessimo seguito la politica della prudenza, invece di vendere a piene mani i nostri titoli pubblici per Grandi Opere improbabili, Enormi Sprechi, Finanza Elettorale e Infrastrutture Inutili, oggi saremmo liberi di decidere il nostro destino. Non è così. Ci ripetono che non ci sono alternative per evitare che in realtà ci possano essere. I partiti sono dei cadaveri. Potrebbero licenziare tutti i parlamentari, nessuno se ne accorgerebbe. A cosa servono? A sproloquiare dai banchi a nostre spese, mentre le decisioni sono prese dalla Bce e dalla Merkel?Questo blog, ignorato e spesso deriso, ha annunciato per anni, mentre infuriava il bunga bunga sui media, il disastro finanziario e politico che ci aspettava. La democrazia è ormai un parola vuota, sostituita dall'eurocrazia. La velocità delle decisioni avvenute sopra la testa del Paese ha però in sé qualcosa di strano, di innaturale. Sa di commedia, di teatro dell'Arte. Un senatore a vita in poche ore e un governo di non eletti in una settimana. Il popolo italiano trattato come un servo sciocco. Perché è avvenuto ora? Perché questa fretta? La crescita del nostro Pil, anche se ridicola, è stata superiore nel 2011 alla maggior parte delle nazioni UE, le esportazioni sono cresciute del 10% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, il deficit di bilancio è sceso dal 5,5% al 4%. Siamo scivolati sullo spread, ma chi ha fatto salire lo spread in modo vertiginoso in pochi giorni? E per quali scopi?Intervento di Nigel Farage, presidente del gruppo Europa della LIbertà e della Democrazia al Parlamento Europeo"Eccoci qua, sull'orlo di un disastro finanziario e sociale e abbiamo oggi nella stanza le quattro persone che sarebbero dovuti essere responsabili. Abbiamo ascoltato i discorsi più ottusi e tecnocratici che abbia mai sentito. Siete tutti a negare! Secondo qualsiasi misuratore oggettivo, l'Euro è un fallimento. E chi è il responsabile? Chi è in carica di voi? La risposta è ovviamente: "Nessuno di voi, perché nessuno di voi è stato eletto. Nessuno di voi ha una legittimazione democratica per il ruolo che ricoprite in questa crisi." E in questo vuoto, seppur controvoglia, è entrata in scena Agela Merkel e viviamo ora in un'Europa dominata dalla Germania. Un'eventualità che il progetto europeo intendeva escludere. Una situazione per prevenire la quale chi ci ha preceduto ha pagato un caro prezzo in sangue. Io non voglio vivere in un un'Europa dominata dalla Germania e non lo vogliono i cittadini europei. Ma voi avete avuto un ruolo in tutto ciò. Perché quando il primo ministro Papandreou si è alzato e ha usato il termine "referendum" lei, signor Rehn lo ha descritto come una "violazione della fiducia", e i suoi amici qui si sono radunati come un branco di iene attorno a Papandreou, lo hanno fatto rimuovere e rimpiazzare con un governo-marionetta. Che spettacolo Assolutamente disgustoso è stato. E non soddisfatti, avete deciso che Berlusconi doveva andarsene. Così è stato rimosso e rimpiazzato da Monti, un ex commissario europeo, un architetto del disastro dell'Euro, un uomo che non era nemmeno membro del Parlamento.Sta diventando come un romanzo di Agatha Christie, dove stiamo cercando di capire chi è il prossimo che sarà fatto cadere. La differenza è che noi sappiamo chi sono i cattivi. Voi tutti dovreste essere ritenuti responsabili di ciò che avete fatto. Dovreste essere tutti licenziati. E devo dire, signor Van Rompuy, 18 mesi fa quando ci siamo incontrati per la prima volta, mi ero sbagliato sul suo conto. La definii un "assassino silenzioso delle democrazie degli stati nazionali". Ora non più, lei è piuttosto chiassoso nel suo operare, non crede? Lei, un uomo non eletto, è andato in Italia e ha detto: "Questo non è il tempo per le elezioni, ma è il tempo delle azioni". Per Dio, chi le dà il diritto di dire queste cose al popolo italiano?". (dal blog di Beppe Grillo)
"E' appena uscito il nuovo numero di “Critica liberale”, con un titolo provocatorio: “Elogio della politica”. Ovviamente il fascicolo è stato concepito e preparato da tempo e solo casualmente si trova a essere offerto ai lettori quando il dibattito pubblico sembra incentrarsi sulla falsa alternativa: politica o tecnocrazia. Noi di “Critica”, ancora prima che la crisi del berlusconismo giungesse al punto terminale, abbiamo voluto dire la nostra opinione, che purtroppo è quasi sempre controcorrente o, per dirla alla moda, si trova in contraddizione col pensiero mainstream. Agghiacciati dai disastri berlusconiani, individuiamo la soluzione non nell’antipolitica, né nella ripetizione in forme nuove dei pilastri veri del berlusconismo: populismo, demagogia e personalizzazione della politica, che intrappolano anche gli altri partiti dell’”opposizione”. Il nostro fascicolo e le iniziative parallele sul “Partito-che-non-c’è” intendono invece sollecitarel’attenzione delle menti riflessive su progetti fortemente riformatori e liberali per le questioni centrali del paese, irrisolte da sempre, e su proposte di modifica sostanziale delle strutture del “fare politica”, ovvero di quel che rimane da noi della democrazia. Vorremmo che l’Italiascavalcasse le Alpi. Da qui l’elogio della politica, che per noi è sinonimo appunto di democrazia, ma di quella vera.Nel frattempo il paese è scivolato precipitosamente nel baratro. Si ècreata una situazione di fatto che non lasciava alternative: o il fallimento del paese o soluzioni straordinarie. Si è arrivati così al Governo Monti, salutato da tutti (noi compresi) come l’unico rimedio. C’era in effetti poco da discutere. Le elezioni anticipate non si potevano neppure prendere in considerazione perché, se si fossero aggiunti tre-quattro mesi di campagna elettorale (peraltro con leader improvvisati in entrambi gli schieramenti), nel giorno delle elezioni gli elettori si sarebbero trovati senza l’oggetto del contendere, cioè col fallimento dell’Italia. Quindi Governo Monti. Necessariamente. Abbiamo aspettato la lista deiministri per esprimere il nostro parere, nel frattempo ci siamo divertiti a leggere le preoccupazioni di coloro che tremavano di fronte ai pericoli della tecnocrazia. Ora non osiamo neppure fare un confronto tra i ministri uscenti e i nuovi, perché sarebbe oltremodo offensivo. Diciamo solo che sostenere che Gelmini fosse una “politica” e Profumo un tecnico significa bestemmiare. Ci pare paradossale giudicare “tecnici” i ministri nuovi solo perché sprovvisti dell’ignoranza sesquipedale dei loro predecessori, o perché privi nel loro passato dell’esperienza politica “politicante”. Invece erano “politici” i vecchi ministri berlusconiani con l’unicoapprendistato nei cabaret televisivi o nelle camere da letto o nelle vecchie sezioni di squadristi fascisti”? Gasparri che firma, probabilmente senza neppure averla letta, l’indecentissima legge ad aziendam che porta il suo nome, è un politico? Forse sì, ma solo nell’accezione della politica che è nella mente di Berlusconi. Perlopiù erano ministri-barzelletta, e tra le barzellette sconce meno riuscite del loro Capo-Padrone. Erano immondiziae basta. Ora abbiamo di fronte persone “normali”, esperte. Se saranno anche capaci, si potrà giudicare solo nel futuro. Ma il Gabinetto di cui fanno parte non è “tecnico”, bensì squisitamente “politico”. E va giudicato come tale. Si è abituati a far coincidere la qualifica di “politico” con quella di “partitico”. È una perversione di significato che non nasce ora, ma risale alla degenerazione partitocratica della Prima repubblica. Francamente eradifficile rifiutare il titolo di “politico” a un Luigi Einaudi solo perché tecnico sopraffino. Il tempo dei “nani e delle ballerine”, per dirla con Formica, era lontano. Poi ha prevalso solo quello. È inutile che ci prendiamo in giro discutendo di cose fuorvianti. Facciamo qualche passo indietro. Noi abbiamo sostenuto negli anni scorsi che la via principe per uscire dal berlusconismo fosse una grande alleanza tipo Comitato di Liberazione Nazionale, in cui tutte le forze di destra e di sinistra si univano per espettorare la malattia che avrebbe ucciso il paese. In nome della democrazia, della politica e della decenza. Nessuno ha voluto mai esplorare davvero questa via e ne pagheremo il prezzo carissimoin futuro. Forse lo stiamo pagando già adesso. La responsabilità degli inciucisti su questo punto è addirittura storica. La demonizzazione degli antiberlusconiani e la legittimazione del nemico del paese hanno reso impraticabile una soluzione che avrebbe avuto il pregio della chiarezza e del riconoscimento “alto” sia della Destra sia della Sinistra. E hanno portato tutto lo schieramento progressista all’irrilevanza. Probabilmente Bersani ancora non si è accorto della sua liquidazione. Se ne accorgeràpresto, e al difensore di Fazio ben gli sta. Il berlusconismo ha dovuto fare tutto da sé: si è liquefatto pur di fronte all’impotenza dei suoi oppositori. È diventato avversario di se stesso, lo strappo di Fini è stato determinante. Il resto è venuto dal fatto che in un sistema complesso non si può essere per così tanto tempo incapaci, arroganti, dilettanti,predatori. Cosi i berlusconiani si sono suicidati constatando, anche se concolpevole ritardo, della contrarietà progressivamente sempre più accentuata dell’Europa, dei mercati e – non dimentichiamolo – dell’opinione pubblica italiana. Di fronte a due dati “oggettivi” come la contrarietà dei parlamentari a non interrompere anzitempo la loro “preziosa” azione legislativa e l’impossibilità di andare alle urne con una crisi economica cosi devastante, la soluzione più lineare sarebbe stata quella indicata da noi: una coalizione politica destra-sinistra di unità nazionale, fondatasulla ripulsa del berlusconismo e sul riconoscimento delle sue gravissime responsabilità in una crisi che, continuando cosi anche solo per poche settimane, sarebbe diventata irreversibile. Avrebbe avuto i voti necessariquesta coalizione? Crediamo di sì, almeno valeva la pena provarci, perché il Pdl si stava sfasciando tutto e l’argomento che fece vincere Berlusconi il 14 dicembre dello scorso anno si era rivoltato contro di lui: i parlamentari di destra e i mercenari avrebbero votato qualunque soluzione pur di continuare la legislatura. E il Governo Berlusconi, ormai putrido, aveva smesso di garantire questa esigenza. Già gli avevano fatto mancare la maggioranza. Bastava un altro solo passo. Ma per arrivare a questa soluzione politica ci sarebbe voluto un Partito democratico vero, e non quel coacervo di incoerenze, di opportunismi e di non-valori che è sempre stato ed è.Non rimaneva che il Governo del Presidente. Che è stato salutato dalgiubilo popolare. Ma la lista dei ministri è molto rivelatrice. Questo governo, pur benedetto da Napolitano, non è né “il Governo del Presidente”, né “il Governo tecnico”, bensì è un governo molto politico che viene *dopo Berlusconi* ma non intende superarlo, ed è stato voluto per costruire una nuova destra, questa volta “civile” e non truffaldina, che avrà bisogno dei voti e di spezzoni berlusconiani. Da qui l’emarginazione della sinistra, oggi maggioritaria nel paese, e la presa diretta del potere da parte delle gerarchie cattoliche. Non è il “Governo del Presidente”, perché altrimenti Napolitano avrebbe dovuto garantire nel *suo* governo la presenza di tutte le componenti culturali e politiche significative del paese. E questo non è, a occhio nudo. Non è un governo compromissorio, nel senso alto della parola, è politicamente un monocolore cattolico e basta. Sono stati accettati dei veti altrimenti incomprensibili, Sono state escluse personalità che avrebbero meritato di partecipare a un governo di salute pubblica. Non ci sono né i Rodotà, né i Guido Rossi, né i Veronesi, né i Laterza, né gli Zagrebelsky, né i Settis... È quindi un governo sbilanciato Oltretevere. Potrà certamente fare molto del bene al nostro paese, evenendo dopo sfacciati avventurieri farà sicuramente un figurone, ma non può essere spacciato come il governo rappresentativo di tutto il paese. L’operazione è evidente: si sono neutralizzati perlopiù con elementidell’amministrazione pubblica i ministeri che dovranno gestire la normalità e garantire tutti (esteri, interni, difesa, giustizia); i ministeri economici ci riporteranno in Europa (speriamo che ce la facciano) riscoprendo la concertazione tra le parti sociali e quindi cercando di compensare i sacrifici con qualche ammortizzatore; e tutti i ministeri dove c’è sostanza politica (scuola, sanità, beni culturali, integrazione,rapporti col parlamento) sono andati nella mani della chiesa cattolica.(Chiariamo bene. Non di cattolici, giacché non ci interessa per niente la fede privata dei ministri, ma di persone legate a doppio e triplo filo alla gerarchia vaticana). A questo si deve aggiungere la presenza di Gnudi, garante di Casini, e di Catricalà, che nominato Garante da Berlusconi, in tutti questi anni ha saputo così bene sconfiggere il conflitto d’interesse e applicare rigorosamente i principi antimonopolistici...Questo governo, aldilà delle apparenze, non è nato sul Colle, ma a Todi e nella Cattolica di Milano e nella stanza di Letta. Un Letta più andreottiano che berlusconiano. E Napolitano lo ha doverosamente ringraziato. Dopotutto questo Governo dichiaratamente si pone l'obiettivo non di superare il berlusconismo, l'èra più disonorevole della nostra recente storia patria, ma di sopire la "contrapposizione e gli scontri nella politica nazionale". Come se questi siano stati e siano i problemi. Monti, che eppure godeva della condizione assolutamente inedita dell’appoggio convinto dell’opinione pubblica e di mille altri presupposti che congiuravano tutti a suo favore, si è trovato inerme di fronte alle lobby. Ha ceduto, e naturale appare la vittoria della più potente tra queste. Speriamo che il Governo Monti ci riporti in Europa e nel consesso internazionale, sopisca gli scontri sociali e generazionali, restituisca un po' di dignità al paese, restauri un po' di decenza nei comportamenti pubblici. Ma riteniamo che non sarà in grado di varare vere riforme liberali, né di rendere finalmente moderno e autonomo il nostro Stato sempre più a sovranità limitata. Perché non si può essere servitori di due padroni". (Enzo Marzo)
"Prima di esporre il suo sobrio programma alla Camera dei deputati, il presidente del Consiglio, Sua Eccellenza prof. Mario Monti, si è rivolto a un’Alta Personalità presente in tribuna: “Sia ieri sia oggi, una persona che so essere molto rispettata da tutti mi ha usato la cortesia di essere in tribuna ad ascoltarmi. Si tratta del dottor Gianni Letta. Ha ricevuto apprezzamenti più elevati del mio, ai quali intendo associarmi”.
L’Alta Personalità si è alzata in piedi, ha abbozzato un sobrio sorriso e, vincendo la naturale ritrosia, ha alzato le braccia congiungendole in un cenno di deferente saluto e solenne benedizione, mentre dall’emiciclo si levava una standing ovation di sobri ma ammirati applausi bipartisan dinanzi a cotanta luce sprigionatasi dall’Alta Personalità.
Del resto il presidente del Consiglio uscente, on. cav. dott. Silvio Berlusconi, al quale va tutta la nostra gratitudine per averci così ben governati e a cui infatti anche Sua Eccellenza Monti ha rivolto “un pensiero rispettoso e cordiale” e un “riconoscimento dell’impegno nel facilitare la mia successione nell’incarico”, aveva definito l’Alta Personalità “dono di Dio” e “benedizione del Cielo”.
E il segretario del Pd, on. Pier Luigi Bersani, nel comunicare al Colle la dolorosa rinuncia all’alto apporto dell’Insigne Statista nel nuovo governo (altrimenti il rozzo Di Pietro, inspiegabilmente insensibile alle virtù taumaturgiche dell’Alta Personalità, non avrebbe votato la fiducia), aveva ribadito che nei Suoi confronti non vi era “nulla di personale”, ma soltanto stima e gratitudine imperiture.
Il leader dell’Udc, on. Pier Ferdinando Casini, ammoniva a non infliggere “umiliazioni a Gianni Letta, uomo apprezzato da tutti e che per primo, per evitare imbarazzi politici, ha detto di esser pronto a fare un passo indietro”.
E il leader dell’Api, on. Francesco Rutelli, esortava l’Alta Personalità a riprodursi ancora e a figliare al più presto, perché “di Letta ce ne vorrebbero almeno tre: Gianni, Enrico e uno per noi del Terzo polo”, ma purtroppo il figlio di Letta, Giampaolo, è già impegnato a Medusa Cinema, la figlia Marina è occupata nella moda e nel catering con il marito, e la sorella Maria Teresa è distaccata alla Croce rossa.
Dal canto suo il Capo dello Stato, Sua Eccellenza on. dott. Giorgio Napolitano, nel conferire l’incarico a Sua Eccellenza il prof. Monti, non aveva voluto far mancare un cenno di “speciale ringraziamento al dottor Gianni Letta per la scrupolosa collaborazione istituzionale, la sensibilità e lo spirito di sacrificio che ha contribuito a tenere vivo e lucido il rapporto fra il Presidente della Repubblica e il Governo nell’interesse della coesione nazionale”. Subito ricambiato dall’Eccellenza Letta: “Sono molto grato al Presidente che ha compreso il senso del mio gesto”.
Intanto, prima di ringraziare le Eccellenze Letta e Berlusconi, l’Eccellenza Monti, aveva voluto salutare l’Eccellenza Schifani, “il vostro, nostro presidente del Senato che ha voluto accogliermi, fin dal primo istante di questa mia missione – come potete immaginare, non semplicissima – svoltasi, in gran parte, a Palazzo Giustiniani, con una generosità e una cordialità che non potrò dimenticare”.
In questo clima di ritrovata coesione istituzionale, non poteva mancare il cenno deferente al Capo dello Stato dell’apprezzato intrattenitore Rosario Fiorello, sempre sobrio e garbato.
Né il gesto di alta responsabilità, in un momento così grave per i destini della Nazione, del noto attore Lino Banfi, che ieri ha comunicato alla cittadinanza l’intenzione di rivestire i panni prematuramente abbandonati di nonno Libero nella sobria e garbata fiction Un medico in famiglia perché, spiega l’artista pugliese, “me l’ha chiesto anche il Capo dello Stato”.
Forse è una sensazione infondata, nel qual caso chiediamo sobriamente perdono.
Ma in questo tourbillon di inchini, riverenze e salamelecchi in cui tutti ringraziano tutti di qualcosa, abbiamo come l’impressione che convenga camminare rasente i muri". (Marco Travaglio)
"Ho paura che sia troppo ottimista chi pensa di essersi liberato una volta per tutte, se non del berlusconismo, almeno di Berlusconi e dei metodi con i quali aveva messo in ginocchio questo Paese.E' stato per esempio appena nominato il nuovo presidente dell'Antitrust, dato che quello che c'era prima, Catricalà, è andato a fare il sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Lo hanno nominato, come impone la legge, i presidenti di Camera e Senato, ma siccome questo è da sempre il Paese in cui i potenti strillano di voler cambiare tutto per lasciare tutto uguale chi credete che abbiano scelto? Giovanni Pitruzzella, uno che è amico, avvocato e socio del presidente del Senato Renato Schifani.Uno che cumula tante consulenze, in Sicilia, da essere da solo una specie di mostra itinerante sui costi della politica. Uno che quando ai consiglieri regionali siciliani sarebbe toccato abbassarsi il gettone di presenza ha rappresentato da solo 67 esposti per restituire ai poveri consiglieri il maltolto. Uno che è oggi consulente di Raffaele Lombardo e ieri lo era di Totò Cuffaro, attualmente in carcere per i suoi rapporti con la mafia. Questo signore dovrà occuparsi nei prossimi mesi di un sacco di interessi economici, tra i quali anche quelli dell'ex presidente del consiglio e capopartito di Schifani.Non voglio dire che le cose, rispetto a un mese fa, non siano cambiate per niente. C'è un nuovo governo, ed è molto diverso da quello di prima. Però esiste solo grazie a Berlusconi e ai suoi voti, e queste sono cose che contano.Per questo fino a che non ci saranno le elezioni e fino a quando Berlusconi non sarà stato democraticamente battuto dalla maggioranza degli italiani, dei conflitti di interessi, delle leggi ad personam e di tutto il fango con cui Berlusconi ha coperto le istituzioni non ci libereremo davvero". (dal blog di Antonio Di Pietro)
"Signor primo ministro e signori ministri, benvenuti.Lo dico nel senso più vero e sincero del termine: è meglio che al governo ci siate voi invece di quelli che sedevano ieri nei vostri banchi. Quelli hanno macroscopicamente abusato delle loro funzioni e del loro ruolo per sistemare faccende personali loro e del loro leader. Hanno fatto un mare di leggi ad personam invece di sistemare il bene del paese. Tocca a voi riscattare questa immagine agli occhi dell'opinione pubblica, ridare fiducia nelle nostre istituzioni, prendere quei seri provvedimenti d'urgenza che i mercati richiedono.
Ci riuscirete? Sinceramente non lo sappiamo, ma lo speriamo. I vostri curricula sono tali che, se davvero vorrete e se potrete, ce la farete. Noi vogliamo fare la nostra parte e aiutarvi a raggiungere questi risultati. Per questo anticipo da subito, a scanso di equivoci, che IdV darà la fiducia al governo Monti: non lo facciamo né per voi né per noi, ma per il bene del nostro Paese. Lo facciamo perché vogliamo che i cittadini non siano ancora una volta presi in giro e avremmo considerato una presa in giro se in un governo cosiddetto tecnico non ci fosse stata totale discontinuità col precedente governo. Per questo abbiamo detto e diciamo ancora no all'ingresso di esponenti politici, in particolare del precedente governo.
Noi abbiamo presentato una mozione di fiducia diversa dalle altre, non in bianco come quelle degli altri partiti. Abbiamo voluto dire in modo chiaro e trasparente qual è la nostra posizione rispetto alle cose da fare. Questo non vuol dire non avere fiducia in lei, ma vuol solo dire mettere per iscritto ciò che vogliamo e ciò che crediamo sia opportuno si faccia. E' bene che restino agli atti le parole e i fatti.
Sappiamo che lei non ha potuto mettere la nostra mozione in votazione perché solo un voto si può dare. Ma non metta da parte quelle richieste specifiche su cui abbiamo fondato il nostro impegno nei suoi confronti. Perchè, mi creda, se dovesse portare in aula cose come l'abolizione di taluni albi o lo smantellamento delle corporazioni, probabilmente gli unici a votare a suo favore saremo noi dell'Italia dei Valori, al di là delle parole.
Ecco perché non ci piace e non ci convince la fiducia in bianco. Noi vogliamo che ci sia un patto chiaro, non possiamo accettare a priori senza sapere in concreto che cosa volete fare per rendere operative le cose che avete detto. Il ministro dell'Ambiente non trovava niente di meglio da fare che non il suo ministro andare a Un giorno da pecora a parlare bene delle centrali nucleari?
Ad esempio, non possiamo accettare al buio il vostro e il programma del neoministro Passera perché non lo conosciamo. Non ci hanno detto niente. E' anche per rispetto a voi ministri, che possiamo solo dire: "Vediamo cosa sapete e potete fare".Noi sappiamo che lei, ministro Passera, è una persona che merita rispetto. Il suo curriculum è di tutta evidenza. Ma proprio quel curriculum è ciò che ci fa chiedere cosa succederà su certi temi. Lei avrà pochi soldi a disposizione. E con quei quattro soldi, cosa ci farà? Il ponte sullo stretto o la difesa del territorio? E per fare le infrastrutture del Paese manderà l'esercito o cercherà di ragionare con le persone? E' una questione di democrazia! Ancora: questa volta, lei le farà pagare le frequenze televisive in concessione o le darà gratis come volevano fare i suoi predecessori? Potrei insistere sulle tariffe autostradali, sui treni, e così via.
Conosciamo bene la professionalità dell'avvocato Paola Severino, ma non sappiamo in concreto cosa vuole fare per sistemare la giustizia. Sappiamo che ha avuto rilievi critici sulle intercettazioni e sull'uso dei pentiti. E allora cosa farà? Starà dalla parte di Berlusconi sulle intercettazioni o di quei magistrati che le vogliono usare? Il governo si impegnerà per comprare altri cacciabombardieri o per far tornare a casa i nostri militari?
Vorrei che lei si rendesse conto, presidente Monti, che noi siamo un gruppo parlamentare che si impegnerà per aiutarla a fare il suo lavoro, e saremo sentinelle in nome della società civile. Se chiediamo che dopo una legge elettorale nuova si torni alle urne è perché vogliamo che si rispetti la volontà popolare e non ci sia sempre solo un governo dell'emergenza. Perché se lei vuole fare il presidente del consiglio fino alla fine dell'emergenza, doveva essere nominato presidente a vita, non senatore a vita". (Antonio Di Pietro)
"L'Italia ha un debito pubblico insostenibile perché per quasi la metà è posseduto da banche e Stati stranieri. Il Giappone con un rapporto debito/Pil superiore al 200% non fallisce perché i suoi titoli sono stati acquistati in assoluta prevalenza dal mercato domestico. Ci tengono per le palle e hanno nominato un commissario liquidatore. Non vogliono perdere i loro investimenti, in particolare le banche francesi. Se in questi anni avessimo seguito la politica della prudenza, invece di vendere a piene mani i nostri titoli pubblici per Grandi Opere improbabili, Enormi Sprechi, Finanza Elettorale e Infrastrutture Inutili, oggi saremmo liberi di decidere il nostro destino. Non è così. Ci ripetono che non ci sono alternative per evitare che in realtà ci possano essere. I partiti sono dei cadaveri. Potrebbero licenziare tutti i parlamentari, nessuno se ne accorgerebbe. A cosa servono? A sproloquiare dai banchi a nostre spese, mentre le decisioni sono prese dalla Bce e dalla Merkel?Questo blog, ignorato e spesso deriso, ha annunciato per anni, mentre infuriava il bunga bunga sui media, il disastro finanziario e politico che ci aspettava. La democrazia è ormai un parola vuota, sostituita dall'eurocrazia. La velocità delle decisioni avvenute sopra la testa del Paese ha però in sé qualcosa di strano, di innaturale. Sa di commedia, di teatro dell'Arte. Un senatore a vita in poche ore e un governo di non eletti in una settimana. Il popolo italiano trattato come un servo sciocco. Perché è avvenuto ora? Perché questa fretta? La crescita del nostro Pil, anche se ridicola, è stata superiore nel 2011 alla maggior parte delle nazioni UE, le esportazioni sono cresciute del 10% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, il deficit di bilancio è sceso dal 5,5% al 4%. Siamo scivolati sullo spread, ma chi ha fatto salire lo spread in modo vertiginoso in pochi giorni? E per quali scopi?Intervento di Nigel Farage, presidente del gruppo Europa della LIbertà e della Democrazia al Parlamento Europeo"Eccoci qua, sull'orlo di un disastro finanziario e sociale e abbiamo oggi nella stanza le quattro persone che sarebbero dovuti essere responsabili. Abbiamo ascoltato i discorsi più ottusi e tecnocratici che abbia mai sentito. Siete tutti a negare! Secondo qualsiasi misuratore oggettivo, l'Euro è un fallimento. E chi è il responsabile? Chi è in carica di voi? La risposta è ovviamente: "Nessuno di voi, perché nessuno di voi è stato eletto. Nessuno di voi ha una legittimazione democratica per il ruolo che ricoprite in questa crisi." E in questo vuoto, seppur controvoglia, è entrata in scena Agela Merkel e viviamo ora in un'Europa dominata dalla Germania. Un'eventualità che il progetto europeo intendeva escludere. Una situazione per prevenire la quale chi ci ha preceduto ha pagato un caro prezzo in sangue. Io non voglio vivere in un un'Europa dominata dalla Germania e non lo vogliono i cittadini europei. Ma voi avete avuto un ruolo in tutto ciò. Perché quando il primo ministro Papandreou si è alzato e ha usato il termine "referendum" lei, signor Rehn lo ha descritto come una "violazione della fiducia", e i suoi amici qui si sono radunati come un branco di iene attorno a Papandreou, lo hanno fatto rimuovere e rimpiazzare con un governo-marionetta. Che spettacolo Assolutamente disgustoso è stato. E non soddisfatti, avete deciso che Berlusconi doveva andarsene. Così è stato rimosso e rimpiazzato da Monti, un ex commissario europeo, un architetto del disastro dell'Euro, un uomo che non era nemmeno membro del Parlamento.Sta diventando come un romanzo di Agatha Christie, dove stiamo cercando di capire chi è il prossimo che sarà fatto cadere. La differenza è che noi sappiamo chi sono i cattivi. Voi tutti dovreste essere ritenuti responsabili di ciò che avete fatto. Dovreste essere tutti licenziati. E devo dire, signor Van Rompuy, 18 mesi fa quando ci siamo incontrati per la prima volta, mi ero sbagliato sul suo conto. La definii un "assassino silenzioso delle democrazie degli stati nazionali". Ora non più, lei è piuttosto chiassoso nel suo operare, non crede? Lei, un uomo non eletto, è andato in Italia e ha detto: "Questo non è il tempo per le elezioni, ma è il tempo delle azioni". Per Dio, chi le dà il diritto di dire queste cose al popolo italiano?". (dal blog di Beppe Grillo)
"E' appena uscito il nuovo numero di “Critica liberale”, con un titolo provocatorio: “Elogio della politica”. Ovviamente il fascicolo è stato concepito e preparato da tempo e solo casualmente si trova a essere offerto ai lettori quando il dibattito pubblico sembra incentrarsi sulla falsa alternativa: politica o tecnocrazia. Noi di “Critica”, ancora prima che la crisi del berlusconismo giungesse al punto terminale, abbiamo voluto dire la nostra opinione, che purtroppo è quasi sempre controcorrente o, per dirla alla moda, si trova in contraddizione col pensiero mainstream. Agghiacciati dai disastri berlusconiani, individuiamo la soluzione non nell’antipolitica, né nella ripetizione in forme nuove dei pilastri veri del berlusconismo: populismo, demagogia e personalizzazione della politica, che intrappolano anche gli altri partiti dell’”opposizione”. Il nostro fascicolo e le iniziative parallele sul “Partito-che-non-c’è” intendono invece sollecitarel’attenzione delle menti riflessive su progetti fortemente riformatori e liberali per le questioni centrali del paese, irrisolte da sempre, e su proposte di modifica sostanziale delle strutture del “fare politica”, ovvero di quel che rimane da noi della democrazia. Vorremmo che l’Italiascavalcasse le Alpi. Da qui l’elogio della politica, che per noi è sinonimo appunto di democrazia, ma di quella vera.Nel frattempo il paese è scivolato precipitosamente nel baratro. Si ècreata una situazione di fatto che non lasciava alternative: o il fallimento del paese o soluzioni straordinarie. Si è arrivati così al Governo Monti, salutato da tutti (noi compresi) come l’unico rimedio. C’era in effetti poco da discutere. Le elezioni anticipate non si potevano neppure prendere in considerazione perché, se si fossero aggiunti tre-quattro mesi di campagna elettorale (peraltro con leader improvvisati in entrambi gli schieramenti), nel giorno delle elezioni gli elettori si sarebbero trovati senza l’oggetto del contendere, cioè col fallimento dell’Italia. Quindi Governo Monti. Necessariamente. Abbiamo aspettato la lista deiministri per esprimere il nostro parere, nel frattempo ci siamo divertiti a leggere le preoccupazioni di coloro che tremavano di fronte ai pericoli della tecnocrazia. Ora non osiamo neppure fare un confronto tra i ministri uscenti e i nuovi, perché sarebbe oltremodo offensivo. Diciamo solo che sostenere che Gelmini fosse una “politica” e Profumo un tecnico significa bestemmiare. Ci pare paradossale giudicare “tecnici” i ministri nuovi solo perché sprovvisti dell’ignoranza sesquipedale dei loro predecessori, o perché privi nel loro passato dell’esperienza politica “politicante”. Invece erano “politici” i vecchi ministri berlusconiani con l’unicoapprendistato nei cabaret televisivi o nelle camere da letto o nelle vecchie sezioni di squadristi fascisti”? Gasparri che firma, probabilmente senza neppure averla letta, l’indecentissima legge ad aziendam che porta il suo nome, è un politico? Forse sì, ma solo nell’accezione della politica che è nella mente di Berlusconi. Perlopiù erano ministri-barzelletta, e tra le barzellette sconce meno riuscite del loro Capo-Padrone. Erano immondiziae basta. Ora abbiamo di fronte persone “normali”, esperte. Se saranno anche capaci, si potrà giudicare solo nel futuro. Ma il Gabinetto di cui fanno parte non è “tecnico”, bensì squisitamente “politico”. E va giudicato come tale. Si è abituati a far coincidere la qualifica di “politico” con quella di “partitico”. È una perversione di significato che non nasce ora, ma risale alla degenerazione partitocratica della Prima repubblica. Francamente eradifficile rifiutare il titolo di “politico” a un Luigi Einaudi solo perché tecnico sopraffino. Il tempo dei “nani e delle ballerine”, per dirla con Formica, era lontano. Poi ha prevalso solo quello. È inutile che ci prendiamo in giro discutendo di cose fuorvianti. Facciamo qualche passo indietro. Noi abbiamo sostenuto negli anni scorsi che la via principe per uscire dal berlusconismo fosse una grande alleanza tipo Comitato di Liberazione Nazionale, in cui tutte le forze di destra e di sinistra si univano per espettorare la malattia che avrebbe ucciso il paese. In nome della democrazia, della politica e della decenza. Nessuno ha voluto mai esplorare davvero questa via e ne pagheremo il prezzo carissimoin futuro. Forse lo stiamo pagando già adesso. La responsabilità degli inciucisti su questo punto è addirittura storica. La demonizzazione degli antiberlusconiani e la legittimazione del nemico del paese hanno reso impraticabile una soluzione che avrebbe avuto il pregio della chiarezza e del riconoscimento “alto” sia della Destra sia della Sinistra. E hanno portato tutto lo schieramento progressista all’irrilevanza. Probabilmente Bersani ancora non si è accorto della sua liquidazione. Se ne accorgeràpresto, e al difensore di Fazio ben gli sta. Il berlusconismo ha dovuto fare tutto da sé: si è liquefatto pur di fronte all’impotenza dei suoi oppositori. È diventato avversario di se stesso, lo strappo di Fini è stato determinante. Il resto è venuto dal fatto che in un sistema complesso non si può essere per così tanto tempo incapaci, arroganti, dilettanti,predatori. Cosi i berlusconiani si sono suicidati constatando, anche se concolpevole ritardo, della contrarietà progressivamente sempre più accentuata dell’Europa, dei mercati e – non dimentichiamolo – dell’opinione pubblica italiana. Di fronte a due dati “oggettivi” come la contrarietà dei parlamentari a non interrompere anzitempo la loro “preziosa” azione legislativa e l’impossibilità di andare alle urne con una crisi economica cosi devastante, la soluzione più lineare sarebbe stata quella indicata da noi: una coalizione politica destra-sinistra di unità nazionale, fondatasulla ripulsa del berlusconismo e sul riconoscimento delle sue gravissime responsabilità in una crisi che, continuando cosi anche solo per poche settimane, sarebbe diventata irreversibile. Avrebbe avuto i voti necessariquesta coalizione? Crediamo di sì, almeno valeva la pena provarci, perché il Pdl si stava sfasciando tutto e l’argomento che fece vincere Berlusconi il 14 dicembre dello scorso anno si era rivoltato contro di lui: i parlamentari di destra e i mercenari avrebbero votato qualunque soluzione pur di continuare la legislatura. E il Governo Berlusconi, ormai putrido, aveva smesso di garantire questa esigenza. Già gli avevano fatto mancare la maggioranza. Bastava un altro solo passo. Ma per arrivare a questa soluzione politica ci sarebbe voluto un Partito democratico vero, e non quel coacervo di incoerenze, di opportunismi e di non-valori che è sempre stato ed è.Non rimaneva che il Governo del Presidente. Che è stato salutato dalgiubilo popolare. Ma la lista dei ministri è molto rivelatrice. Questo governo, pur benedetto da Napolitano, non è né “il Governo del Presidente”, né “il Governo tecnico”, bensì è un governo molto politico che viene *dopo Berlusconi* ma non intende superarlo, ed è stato voluto per costruire una nuova destra, questa volta “civile” e non truffaldina, che avrà bisogno dei voti e di spezzoni berlusconiani. Da qui l’emarginazione della sinistra, oggi maggioritaria nel paese, e la presa diretta del potere da parte delle gerarchie cattoliche. Non è il “Governo del Presidente”, perché altrimenti Napolitano avrebbe dovuto garantire nel *suo* governo la presenza di tutte le componenti culturali e politiche significative del paese. E questo non è, a occhio nudo. Non è un governo compromissorio, nel senso alto della parola, è politicamente un monocolore cattolico e basta. Sono stati accettati dei veti altrimenti incomprensibili, Sono state escluse personalità che avrebbero meritato di partecipare a un governo di salute pubblica. Non ci sono né i Rodotà, né i Guido Rossi, né i Veronesi, né i Laterza, né gli Zagrebelsky, né i Settis... È quindi un governo sbilanciato Oltretevere. Potrà certamente fare molto del bene al nostro paese, evenendo dopo sfacciati avventurieri farà sicuramente un figurone, ma non può essere spacciato come il governo rappresentativo di tutto il paese. L’operazione è evidente: si sono neutralizzati perlopiù con elementidell’amministrazione pubblica i ministeri che dovranno gestire la normalità e garantire tutti (esteri, interni, difesa, giustizia); i ministeri economici ci riporteranno in Europa (speriamo che ce la facciano) riscoprendo la concertazione tra le parti sociali e quindi cercando di compensare i sacrifici con qualche ammortizzatore; e tutti i ministeri dove c’è sostanza politica (scuola, sanità, beni culturali, integrazione,rapporti col parlamento) sono andati nella mani della chiesa cattolica.(Chiariamo bene. Non di cattolici, giacché non ci interessa per niente la fede privata dei ministri, ma di persone legate a doppio e triplo filo alla gerarchia vaticana). A questo si deve aggiungere la presenza di Gnudi, garante di Casini, e di Catricalà, che nominato Garante da Berlusconi, in tutti questi anni ha saputo così bene sconfiggere il conflitto d’interesse e applicare rigorosamente i principi antimonopolistici...Questo governo, aldilà delle apparenze, non è nato sul Colle, ma a Todi e nella Cattolica di Milano e nella stanza di Letta. Un Letta più andreottiano che berlusconiano. E Napolitano lo ha doverosamente ringraziato. Dopotutto questo Governo dichiaratamente si pone l'obiettivo non di superare il berlusconismo, l'èra più disonorevole della nostra recente storia patria, ma di sopire la "contrapposizione e gli scontri nella politica nazionale". Come se questi siano stati e siano i problemi. Monti, che eppure godeva della condizione assolutamente inedita dell’appoggio convinto dell’opinione pubblica e di mille altri presupposti che congiuravano tutti a suo favore, si è trovato inerme di fronte alle lobby. Ha ceduto, e naturale appare la vittoria della più potente tra queste. Speriamo che il Governo Monti ci riporti in Europa e nel consesso internazionale, sopisca gli scontri sociali e generazionali, restituisca un po' di dignità al paese, restauri un po' di decenza nei comportamenti pubblici. Ma riteniamo che non sarà in grado di varare vere riforme liberali, né di rendere finalmente moderno e autonomo il nostro Stato sempre più a sovranità limitata. Perché non si può essere servitori di due padroni". (Enzo Marzo)
"Prima di esporre il suo sobrio programma alla Camera dei deputati, il presidente del Consiglio, Sua Eccellenza prof. Mario Monti, si è rivolto a un’Alta Personalità presente in tribuna: “Sia ieri sia oggi, una persona che so essere molto rispettata da tutti mi ha usato la cortesia di essere in tribuna ad ascoltarmi. Si tratta del dottor Gianni Letta. Ha ricevuto apprezzamenti più elevati del mio, ai quali intendo associarmi”.
L’Alta Personalità si è alzata in piedi, ha abbozzato un sobrio sorriso e, vincendo la naturale ritrosia, ha alzato le braccia congiungendole in un cenno di deferente saluto e solenne benedizione, mentre dall’emiciclo si levava una standing ovation di sobri ma ammirati applausi bipartisan dinanzi a cotanta luce sprigionatasi dall’Alta Personalità.
Del resto il presidente del Consiglio uscente, on. cav. dott. Silvio Berlusconi, al quale va tutta la nostra gratitudine per averci così ben governati e a cui infatti anche Sua Eccellenza Monti ha rivolto “un pensiero rispettoso e cordiale” e un “riconoscimento dell’impegno nel facilitare la mia successione nell’incarico”, aveva definito l’Alta Personalità “dono di Dio” e “benedizione del Cielo”.
E il segretario del Pd, on. Pier Luigi Bersani, nel comunicare al Colle la dolorosa rinuncia all’alto apporto dell’Insigne Statista nel nuovo governo (altrimenti il rozzo Di Pietro, inspiegabilmente insensibile alle virtù taumaturgiche dell’Alta Personalità, non avrebbe votato la fiducia), aveva ribadito che nei Suoi confronti non vi era “nulla di personale”, ma soltanto stima e gratitudine imperiture.
Il leader dell’Udc, on. Pier Ferdinando Casini, ammoniva a non infliggere “umiliazioni a Gianni Letta, uomo apprezzato da tutti e che per primo, per evitare imbarazzi politici, ha detto di esser pronto a fare un passo indietro”.
E il leader dell’Api, on. Francesco Rutelli, esortava l’Alta Personalità a riprodursi ancora e a figliare al più presto, perché “di Letta ce ne vorrebbero almeno tre: Gianni, Enrico e uno per noi del Terzo polo”, ma purtroppo il figlio di Letta, Giampaolo, è già impegnato a Medusa Cinema, la figlia Marina è occupata nella moda e nel catering con il marito, e la sorella Maria Teresa è distaccata alla Croce rossa.
Dal canto suo il Capo dello Stato, Sua Eccellenza on. dott. Giorgio Napolitano, nel conferire l’incarico a Sua Eccellenza il prof. Monti, non aveva voluto far mancare un cenno di “speciale ringraziamento al dottor Gianni Letta per la scrupolosa collaborazione istituzionale, la sensibilità e lo spirito di sacrificio che ha contribuito a tenere vivo e lucido il rapporto fra il Presidente della Repubblica e il Governo nell’interesse della coesione nazionale”. Subito ricambiato dall’Eccellenza Letta: “Sono molto grato al Presidente che ha compreso il senso del mio gesto”.
Intanto, prima di ringraziare le Eccellenze Letta e Berlusconi, l’Eccellenza Monti, aveva voluto salutare l’Eccellenza Schifani, “il vostro, nostro presidente del Senato che ha voluto accogliermi, fin dal primo istante di questa mia missione – come potete immaginare, non semplicissima – svoltasi, in gran parte, a Palazzo Giustiniani, con una generosità e una cordialità che non potrò dimenticare”.
In questo clima di ritrovata coesione istituzionale, non poteva mancare il cenno deferente al Capo dello Stato dell’apprezzato intrattenitore Rosario Fiorello, sempre sobrio e garbato.
Né il gesto di alta responsabilità, in un momento così grave per i destini della Nazione, del noto attore Lino Banfi, che ieri ha comunicato alla cittadinanza l’intenzione di rivestire i panni prematuramente abbandonati di nonno Libero nella sobria e garbata fiction Un medico in famiglia perché, spiega l’artista pugliese, “me l’ha chiesto anche il Capo dello Stato”.
Forse è una sensazione infondata, nel qual caso chiediamo sobriamente perdono.
Ma in questo tourbillon di inchini, riverenze e salamelecchi in cui tutti ringraziano tutti di qualcosa, abbiamo come l’impressione che convenga camminare rasente i muri". (Marco Travaglio)
"Ho paura che sia troppo ottimista chi pensa di essersi liberato una volta per tutte, se non del berlusconismo, almeno di Berlusconi e dei metodi con i quali aveva messo in ginocchio questo Paese.E' stato per esempio appena nominato il nuovo presidente dell'Antitrust, dato che quello che c'era prima, Catricalà, è andato a fare il sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Lo hanno nominato, come impone la legge, i presidenti di Camera e Senato, ma siccome questo è da sempre il Paese in cui i potenti strillano di voler cambiare tutto per lasciare tutto uguale chi credete che abbiano scelto? Giovanni Pitruzzella, uno che è amico, avvocato e socio del presidente del Senato Renato Schifani.Uno che cumula tante consulenze, in Sicilia, da essere da solo una specie di mostra itinerante sui costi della politica. Uno che quando ai consiglieri regionali siciliani sarebbe toccato abbassarsi il gettone di presenza ha rappresentato da solo 67 esposti per restituire ai poveri consiglieri il maltolto. Uno che è oggi consulente di Raffaele Lombardo e ieri lo era di Totò Cuffaro, attualmente in carcere per i suoi rapporti con la mafia. Questo signore dovrà occuparsi nei prossimi mesi di un sacco di interessi economici, tra i quali anche quelli dell'ex presidente del consiglio e capopartito di Schifani.Non voglio dire che le cose, rispetto a un mese fa, non siano cambiate per niente. C'è un nuovo governo, ed è molto diverso da quello di prima. Però esiste solo grazie a Berlusconi e ai suoi voti, e queste sono cose che contano.Per questo fino a che non ci saranno le elezioni e fino a quando Berlusconi non sarà stato democraticamente battuto dalla maggioranza degli italiani, dei conflitti di interessi, delle leggi ad personam e di tutto il fango con cui Berlusconi ha coperto le istituzioni non ci libereremo davvero". (dal blog di Antonio Di Pietro)
giovedì 17 novembre 2011
Grazie per averci liberati dallo psiconano, ma questo che governo è?!?
Grati di essere stati liberati dallo psiconano che improvvisamente si è reso evanescente e non lo si vide più dappertutto, ci chiediamo: ma questo che governo è e chi rappresenta? La risposta è: boh. Figure altisonanti sovrapopolari, fredde, gelide, senza spinta dal basso e non votate dal popolo italiano spesso tanto ignorante, che cosa e chi rappresentano? Chi esse siano, sempre meglio del circo barnum di pochi giorni fa, che restino lo stretto necessario per tirarci fuori dal baratro economico e per fare una nuova legge elettorale. Poi subito al voto perché ce li vogliamo scegliere noi i nostri rappresentanti, alla nostra altezza, umani, senza tromboni alteri di turno, senza massoni, senza inciuciati, senza conflitti d'interessi, senza amici degli amici, senza storie dubbie di potere e difesa del potere. Queste figure calate dall'alto, diciamo la verità, ci fanno un po' paura. Speriamo che ce la caviamo... .
martedì 15 novembre 2011
Liberia, freedom for eternity
Sono stato in Liberia diverse volte quando infuriava la guerra civile con Charles Taylor. Il Paese, voluto dai ricchi americani che cercavano un ritorno africano in Africa, era una landa desolata stile 'Apocalipse now'. Pensavo che la situazione si fosse normalizzata ma leggo che non è proprio così. Mi auguro che non si torni più indietro.
"I risultati del ballottaggio tenutosi in Liberia martedì 8 novembre hanno assegnato a Ellen Johnson-Sirleaf, il presidente uscente, il 90,6% delle preferenze.
La Sirleaf ha così ottenuto il suo secondo mandato alla guida del paese, ma l’alta percentuale dei voti raccolti è tutt’altro che una prova di forza per la covincitrice del premio Nobel per la pace 2011. La credibilità del processo elettorale, che ha chiamato i liberiani a scegliere il loro presidente per la seconda volta dopo la fine della guerra civile, è stata infatti compromessa dal boicottaggio messo in atto dallo sfidante Winston Tubman, il cui nome, comunque presente sulle schede, ha ricevuto il 9,4% dei voti.
La strategia di Tubman ha portato a duri scontri verificatisi alla vigilia del voto tra le forze di polizia e i suoi sostenitori, durante i quali hanno perso la vita almeno due manifestanti, mentre diversi sono stati i feriti. Il timore di ulteriori violenze, probabilmente più dello stesso boicottaggio invocato da Tubman, ha indotto la maggioranza dei liberiani a non partecipare alle operazioni di voto, il cui svolgimento è stato comunque pacifico. Nonostante gli appelli dell’Onu e di Obama, l’affluenza si è fermata al 38%, poco più della metà del 71,6% raggiunto nella prima tornata elettorale dell’11 ottobre. Un dato che mina profondamente la legittimità della vittoria della “Iron Lady” liberiana.
I risultati del primo turno avevano assegnato a Sirleaf, a capo dello Unity party, il 43,9% dei voti, mentre Tubman, sostenuto dal Congress for democratic change (Cdc) di George Weah, si era piazzato secondo con il 32,7%. Nonostante i giudizi positivi espressi dagli osservatori internazionali, il portabandiera del Cdc ha da subito accusato la National elections commission (Nec) di aver favorito il presidente uscente. Tubman ha poi iniziato a minacciare di boicottare il secondo turno dopo l’errore contenuto nella lettera inviata dalla Nec ai due candidati più votati l’11 ottobre per notificare loro l’accesso al ballottaggio: il Cdc risultava in possesso della maggioranza relativa dei voti, sebbene i risultati ufficiali avessero assegnato un maggior numero di preferenze allo Unity party di Sirleaf. Un errore definito “umano” dal presidente della Nec, James Fromayan, poi costretto a dimettersi.
Le sue dimissioni e le forti pressioni delle Nazioni Unite e della Comunità Economica dell’Africa Occidentale non sono tuttavia state sufficienti a far desistere Tubman dalle sue intenzioni. Il candidato del Cdc, che pretendeva il rinvio delle elezioni di almeno due settimane, ha infatti esortato i suoi sostenitori ad astenersi dal voto. Dietro a questa presa di posizione si nascondeva probabilmente la consapevolezza di non poter vincere, dopo che le ultime manovre prima del ballottaggio avevano assicurato a Sirleaf l’appoggio di Prince Johnson, noto ex signore della guerra, e di Charles Brumskine, leader del Liberty party, giunti rispettivamente terzo e quarto al primo turno.
Il 7 novembre, alla vigilia del voto, una manifestazione a favore del Cdc a Monrovia nei pressi del quartier generale del partito è stata dispersa dal massiccio intervento delle forze di polizia, che hanno fatto uso di armi da fuoco. Gli scontri hanno causato almeno due morti (quattro secondo fonti locali) e diversi feriti tra i manifestanti. Dure le dichiarazioni di Tubman: “Non avevo mai visto le forze di polizia attaccare manifestanti pacifici. Il vero obiettivo della polizia era quello di uccidere me”.
A porre fine alle violenze sono stati i caschi blu della missione Unmil, presenti nel paese dalla fine della guerra civile nel 2003, che si sono interposti tra i sostenitori di Tubman e gli agenti di polizia formando un cordone intorno alla sede del Cdc. L’attuale ministro della Giustizia, Christina Tah, ha giustificato l’operato delle forze dell’ordine dichiarando che la manifestazione non era stata autorizzata. Questo il commento di Leymah Gbowee, l’attivista liberiana insignita del Nobel insieme a Sirleaf, riportato dalla Misna: “È successo un incidente inopportuno, era un test per la nostra democrazia. Il ministero della Giustizia non ha autorizzato la manifestazione ma la gente è scesa per strada, il che era sbagliato, ma anche la polizia ha sbagliato sparando pallottole vere sui manifestanti”. Amnesty International ha chiesto un’indagine indipendente per accertare i fatti.
Gli episodi di violenza hanno di fatto configurato quanto auspicato da Tubman: Sirleaf, la cui vittoria era ormai certa, si è ritrovata infatti in possesso di una maggioranza assoluta del tutto fittizia, poiché espressa dalla minoranza dei liberiani che hanno votato l’8 novembre. Quanto accaduto a ridosso del ballottaggio ha quindi determinato il sostanziale fallimento delle prime elezioni organizzate autonomamente dalla Liberia dopo la lunga guerra civile (nel 2005 il processo elettorale era stato diretto dalle Nazioni Unite), rafforzando così i timori per la stabilità del paese.
Sirleaf, pur rivendicando con fermezza la legittimità della sua vittoria, ha teso la mano verso il Cdc e gli altri partiti di minoranza, auspicando la formazione di un governo di unità nazionale e promettendo un nuovo programma di riconciliazione. Una soluzione tipicamente africana questa, forse ancora una volta necessaria in un contesto estremamente vulnerabile come quello liberiano, dove la povertà colpisce la maggioranza della popolazione e la disoccupazione ha ormai raggiunto il tasso dell’80%.
Tuttavia, dopo aver fatto sapere di considerare possibile un compromesso, i rappresentanti del Cdc sono tornati sui loro passi, rifiutando l’offerta dell’attuale presidente: Tubman ha dichiarato di volere l’annullamento del voto e l’organizzazione di nuove elezioni, definendo l’esito del voto il risultato di un complotto orchestrato dalla comunità internazionale e paventando l’imminente organizzazione di una nuova manifestazione di protesta nelle strade di Monrovia.
Considerando il seguito di cui il Cdc può godere tra la popolazione, questa posizione, se mantenuta, potrebbe facilmente provocare nuove violenze in grado di compromettere il processo di pacificazione del paese, aprendo una nuova fase di instabilità. In un questo contesto, gli ambiziosi obiettivi indicati da Sirleaf per il suo secondo mandato (riduzione fino al 50% della povertà, creazione di posti di lavoro e tassi di crescita a doppia cifra) sembrano irraggiungibili". (Davide Matteucci-Limes)
"I risultati del ballottaggio tenutosi in Liberia martedì 8 novembre hanno assegnato a Ellen Johnson-Sirleaf, il presidente uscente, il 90,6% delle preferenze.
La Sirleaf ha così ottenuto il suo secondo mandato alla guida del paese, ma l’alta percentuale dei voti raccolti è tutt’altro che una prova di forza per la covincitrice del premio Nobel per la pace 2011. La credibilità del processo elettorale, che ha chiamato i liberiani a scegliere il loro presidente per la seconda volta dopo la fine della guerra civile, è stata infatti compromessa dal boicottaggio messo in atto dallo sfidante Winston Tubman, il cui nome, comunque presente sulle schede, ha ricevuto il 9,4% dei voti.
La strategia di Tubman ha portato a duri scontri verificatisi alla vigilia del voto tra le forze di polizia e i suoi sostenitori, durante i quali hanno perso la vita almeno due manifestanti, mentre diversi sono stati i feriti. Il timore di ulteriori violenze, probabilmente più dello stesso boicottaggio invocato da Tubman, ha indotto la maggioranza dei liberiani a non partecipare alle operazioni di voto, il cui svolgimento è stato comunque pacifico. Nonostante gli appelli dell’Onu e di Obama, l’affluenza si è fermata al 38%, poco più della metà del 71,6% raggiunto nella prima tornata elettorale dell’11 ottobre. Un dato che mina profondamente la legittimità della vittoria della “Iron Lady” liberiana.
I risultati del primo turno avevano assegnato a Sirleaf, a capo dello Unity party, il 43,9% dei voti, mentre Tubman, sostenuto dal Congress for democratic change (Cdc) di George Weah, si era piazzato secondo con il 32,7%. Nonostante i giudizi positivi espressi dagli osservatori internazionali, il portabandiera del Cdc ha da subito accusato la National elections commission (Nec) di aver favorito il presidente uscente. Tubman ha poi iniziato a minacciare di boicottare il secondo turno dopo l’errore contenuto nella lettera inviata dalla Nec ai due candidati più votati l’11 ottobre per notificare loro l’accesso al ballottaggio: il Cdc risultava in possesso della maggioranza relativa dei voti, sebbene i risultati ufficiali avessero assegnato un maggior numero di preferenze allo Unity party di Sirleaf. Un errore definito “umano” dal presidente della Nec, James Fromayan, poi costretto a dimettersi.
Le sue dimissioni e le forti pressioni delle Nazioni Unite e della Comunità Economica dell’Africa Occidentale non sono tuttavia state sufficienti a far desistere Tubman dalle sue intenzioni. Il candidato del Cdc, che pretendeva il rinvio delle elezioni di almeno due settimane, ha infatti esortato i suoi sostenitori ad astenersi dal voto. Dietro a questa presa di posizione si nascondeva probabilmente la consapevolezza di non poter vincere, dopo che le ultime manovre prima del ballottaggio avevano assicurato a Sirleaf l’appoggio di Prince Johnson, noto ex signore della guerra, e di Charles Brumskine, leader del Liberty party, giunti rispettivamente terzo e quarto al primo turno.
Il 7 novembre, alla vigilia del voto, una manifestazione a favore del Cdc a Monrovia nei pressi del quartier generale del partito è stata dispersa dal massiccio intervento delle forze di polizia, che hanno fatto uso di armi da fuoco. Gli scontri hanno causato almeno due morti (quattro secondo fonti locali) e diversi feriti tra i manifestanti. Dure le dichiarazioni di Tubman: “Non avevo mai visto le forze di polizia attaccare manifestanti pacifici. Il vero obiettivo della polizia era quello di uccidere me”.
A porre fine alle violenze sono stati i caschi blu della missione Unmil, presenti nel paese dalla fine della guerra civile nel 2003, che si sono interposti tra i sostenitori di Tubman e gli agenti di polizia formando un cordone intorno alla sede del Cdc. L’attuale ministro della Giustizia, Christina Tah, ha giustificato l’operato delle forze dell’ordine dichiarando che la manifestazione non era stata autorizzata. Questo il commento di Leymah Gbowee, l’attivista liberiana insignita del Nobel insieme a Sirleaf, riportato dalla Misna: “È successo un incidente inopportuno, era un test per la nostra democrazia. Il ministero della Giustizia non ha autorizzato la manifestazione ma la gente è scesa per strada, il che era sbagliato, ma anche la polizia ha sbagliato sparando pallottole vere sui manifestanti”. Amnesty International ha chiesto un’indagine indipendente per accertare i fatti.
Gli episodi di violenza hanno di fatto configurato quanto auspicato da Tubman: Sirleaf, la cui vittoria era ormai certa, si è ritrovata infatti in possesso di una maggioranza assoluta del tutto fittizia, poiché espressa dalla minoranza dei liberiani che hanno votato l’8 novembre. Quanto accaduto a ridosso del ballottaggio ha quindi determinato il sostanziale fallimento delle prime elezioni organizzate autonomamente dalla Liberia dopo la lunga guerra civile (nel 2005 il processo elettorale era stato diretto dalle Nazioni Unite), rafforzando così i timori per la stabilità del paese.
Sirleaf, pur rivendicando con fermezza la legittimità della sua vittoria, ha teso la mano verso il Cdc e gli altri partiti di minoranza, auspicando la formazione di un governo di unità nazionale e promettendo un nuovo programma di riconciliazione. Una soluzione tipicamente africana questa, forse ancora una volta necessaria in un contesto estremamente vulnerabile come quello liberiano, dove la povertà colpisce la maggioranza della popolazione e la disoccupazione ha ormai raggiunto il tasso dell’80%.
Tuttavia, dopo aver fatto sapere di considerare possibile un compromesso, i rappresentanti del Cdc sono tornati sui loro passi, rifiutando l’offerta dell’attuale presidente: Tubman ha dichiarato di volere l’annullamento del voto e l’organizzazione di nuove elezioni, definendo l’esito del voto il risultato di un complotto orchestrato dalla comunità internazionale e paventando l’imminente organizzazione di una nuova manifestazione di protesta nelle strade di Monrovia.
Considerando il seguito di cui il Cdc può godere tra la popolazione, questa posizione, se mantenuta, potrebbe facilmente provocare nuove violenze in grado di compromettere il processo di pacificazione del paese, aprendo una nuova fase di instabilità. In un questo contesto, gli ambiziosi obiettivi indicati da Sirleaf per il suo secondo mandato (riduzione fino al 50% della povertà, creazione di posti di lavoro e tassi di crescita a doppia cifra) sembrano irraggiungibili". (Davide Matteucci-Limes)
Caro Monti, o parli con le nuove generazioni o fallirai
Caro Monti, osserviamo che parli con i partiti, con le parti sociali, con i sindacati e tutto quello che è istituzionale e protetto dalla sicurezza di avere un alvoro. Ma se vuoi formare un governo, per tecnico e provvisorio che sia, devi parlare anche con i lavoratori precari, con chi non ha lavoro, con gli studenti, con chi non è rappresentanto da nessuno e da nessuna parte, con gli indignati e gli incazzati. E' inutile parlare con i soliti noti che hanno la pancia più o meno piena e sono all'interno della protezione sociale, c'è un buon 40 per cento di persone che non è rappresentato da questi signori. Sarà questa metà dell'Italia, quella che ha vinto il referendum, che vinceranno le prossime elezioni. Tu, allora, chi rappresenti?
"Mio nipote ha 13 anni, frequenta la prima liceo, studia, è bravo. Ieri l'ho sentito telefonicamente. Vive al Sud, in Puglia, 1000 km da me, Lombardia. Ieri, mi fa:"Zio, non voglio più studiare. Non ne vale la pena. Mi piace studiare, ma non serve a nulla. Vedo i tg. Ci sono i soliti vecchi, Napolitano, ora Monti, ieri Berlusconi. E poi tutti quei cadaveri dei politici, dei sindacati, delle imprese che parlano di me, del futuro delle nuove generazioni. E poi ascolto che i giovani disoccupati sono il 30%, chi lavora di loro, non fa quello per cui ha studiato. La pensione non l'avrò. Dovrò lavorare fino a 70 anni. Papà ha la macchina rotta e non può cambiarla. Fa i turni di notte e lavora di domenica. Mamma torna stanca e stressata dal lavoro. Qui al Sud io non troverò mai un lavoro e non voglio andare via come te e zia. A scuola i laboratori sono chiusi perchè il Preside dice che non ci sono i soldi. Possibile che dei vecchi potranno pensare al mio futuro?E voi adulti non fate nulla per migliorare la situazione? Mi spieghi zio perchè devo andare a scuola?"Non ho saputo rispondergli". (Terzo Nick- dal blog di Beppe Grillo)
"Mio nipote ha 13 anni, frequenta la prima liceo, studia, è bravo. Ieri l'ho sentito telefonicamente. Vive al Sud, in Puglia, 1000 km da me, Lombardia. Ieri, mi fa:"Zio, non voglio più studiare. Non ne vale la pena. Mi piace studiare, ma non serve a nulla. Vedo i tg. Ci sono i soliti vecchi, Napolitano, ora Monti, ieri Berlusconi. E poi tutti quei cadaveri dei politici, dei sindacati, delle imprese che parlano di me, del futuro delle nuove generazioni. E poi ascolto che i giovani disoccupati sono il 30%, chi lavora di loro, non fa quello per cui ha studiato. La pensione non l'avrò. Dovrò lavorare fino a 70 anni. Papà ha la macchina rotta e non può cambiarla. Fa i turni di notte e lavora di domenica. Mamma torna stanca e stressata dal lavoro. Qui al Sud io non troverò mai un lavoro e non voglio andare via come te e zia. A scuola i laboratori sono chiusi perchè il Preside dice che non ci sono i soldi. Possibile che dei vecchi potranno pensare al mio futuro?E voi adulti non fate nulla per migliorare la situazione? Mi spieghi zio perchè devo andare a scuola?"Non ho saputo rispondergli". (Terzo Nick- dal blog di Beppe Grillo)
lunedì 14 novembre 2011
Luigi De Magistris premier
Ci è riuscito a Napoli, perché non in Italia? Luigi De Magistris è stato eletto a Napoli da tutte le nuove forze emergenti nel nostro Paese, al di là degli schieramenti politici, 'scassando' i grumi incrostati della società partenopea. Potrebbe essere lui il nuovo premier italiano, non certo Mario Monti. In questo momento in Italia è solo lui che è riuscito a rappresentare quei giovani, quella parte di società che non trova spazio nelle nostre istituzioni. Non ci importa dei mercati perchè non abbiamo più niente. Ci interessa invece una nuova classe dirigente e un leader sincero. Quella presentata o che presenterà Monti non ci piace per niente: fredda e calata dall'alto.
"Luigi De Magistris non si iscrive al partito degli entusiasti di Mario Monti. Per il sindaco di Napoli il professore-senatore incarna il neoliberismo dei poteri forti contro il quale il centrosinistra deve immediatamente elaborare una controproposta imperniata sulle primarie e sulla creazione di una lista nazionale che scardini i partiti. Altrimenti non ci sarà più vera democrazia in questo paese ma un governo delle multinazionali e delle banche.
De Magistris non dobbiamo festeggiare l’addio di Berlusconi e l’arrivo di Monti?
Dobbiamo esultare per l’uscita di scena definitiva di Berlusconi e dobbiamo dare atto al presidente Napolitano di avere fatto la scelta più saggia. Allo stesso tempo però non bisogna esultare per la nascita del Governo Monti.
Non pensa che un governo tecnico sia necessario per ridare credibilità all’Italia con i tassi dei BTP al 7 per cento?
Questo non è un governo tecnico, nonostante la professionalità dei suoi membri, perché è sostenuto da partiti molto diversi con i quali dovrà fare i conti: Pd, Pdl e Udc, forse anche l'Idv. Mi sembra una medicina amara e forse necessaria ma non mi piace. Da sindaco lo giudicherò sui fatti e sui provvedimenti che metterà in campo per il sud, da politico invece lavorerò per un’alternativa a Berlusconi ma anche a Monti e ai poteri forti che lo sostengono.
Cosa non la convince nel Governo Monti?
Questo Governo non ha una legittimazione democratica e nasce per assecondare il volere della Borsa, delle banche, della Banca Centrale Europea e di Bruxelles. C'è il serio rischio che la politica scompaia. Noi un secondo dopo la sua nascita, anzi mentre si sta formando, dobbiamo cominciare a costruire un’alternativa politica al neoliberismo che Monti rappresenta e che ha fallito.
Non mi sembra un’operazione semplice vista la situazione del centrosinistra. L’obiettivo finale è quello di dare vita a un governo legittimato dal voto che cambi profondamente l'economia e la società e superi l'occupazione delle istituzioni da parte della partitocrazia e delle caste.
Da dove si comincia?
Per arrivare pronti all'appuntamento con le elezioni nel 2013 o prima, non c'è un minuto da perdere, dobbiamo avviare delle primarie serie.
Come immagina le primarie?
Non devono essere lotte tra bande o correnti come quelle che si sono tenute a Napoli prima che io mi candidassi. Non devono nemmeno essere un referendum su un leader già scelto in altro modo, come è stato con Prodi.
Primarie di coalizione?
Certamente non voglio primarie di partito. Come a Napoli, bisogna dialogare anche con i moderati e i liberali. Le primarie devono andare oltre il partito ma anche oltre la coalizione. E poi io credo che il secondo passaggio dovrebbe essere una lista civica nazionale.
Sta pensando a un nuovo movimento?
C’è una straordinaria partecipazione politica nel paese che però - a torto o a ragione - non si riconosce negli attuali partiti. Questa è un’energia politica vitale per il paese che non ci possiamo permettere di perdere. Anche perché corriamo un grandissimo rischio: l'indignazione che io ho guardato in questi mesi negli occhi deve essere trasformata - come è accaduto a Napoli - in mobilitazione e in partecipazione. Se questa indignazione non trovasse sbocco politico, se l’unica alternativa a Berlusconi fosse un governo tecnico neoliberista guidato da Monti, l’indignazione andrà verso il conflitto. Dobbiamo impedire una saldatura tra quelli che dirigono le banche e quelli che spaccano le loro vetrine. Vengono ovviamente da poli opposti ma si saldano di fatto e bloccano la crescita democratica. Per questo dobbiamo lavorare per costruire una lista civica nazionale o un movimento politico che unisca le personalità migliori in vista delle elezioni.
Chi dovrebbe farne parte?
Io non escludo una deflagrazione del quadro politico attuale. Non sono sicuro che i partiti reggano alla crisi economica con le diseguaglianze che aumentano. Anche per questo dobbiamo trovarci pronti alla creazione di un movimento che superi il quadro attuale dei partiti e semplifichi l'offerta politica nel centrosinistra. Non dobbiamo lasciare la scena politica a Monti. Altrimenti partiti e poteri forti si spartiranno il prossimo presidente del consiglio e il prossimo presidente della repubblica con le vecchie logiche e le vecchie persone.
Cosa deve fare il centrosinistra?
Dobbiamo essere rivoluzionari, l'ho provato a Napoli. C'è una rabbia che fa bene alla democrazia ed è ancora positiva perché crede nel cambiamento. Ma se scoprisse che il Governo Monti è servito solo a rimettere in piedi i vecchi equilibri tra Confindustria, gerarchie ecclesiastiche, banche, vecchi partiti e massoneria, quella rabbia potrebbe esplodere.
Lei immagina primarie di coalizione e la nascita di un nuovo soggetto. Esattamente il contrario di quello che sogna Bersani.
La base del Pd è su posizioni di cambiamento. L’ho visto alla festa dell’Unità a Pesaro e a Bologna alla convention di Civati e Serracchiani. Non posso credere che i militanti del Pd siano felici di un Governo Monti.
Le personalità forti che potrebbero gareggiare ale primarie sono numerose, da Vendola a Renzi, da Chiamparino a De Magistris. Immagina un’alleanza tra voi per convincere il Pd ad accettare le primarie?
Il laboratorio che immagino io comprende soprattutto movimenti: i precari, i sindacati e in particolare la Cgil e la Fiom. Certamente non sono molte le personalità in grado di immaginare un percorso simile. Non a caso sostengono tutti Monti. Certo Vendola, il sindaco di Bari Michele Emiliano, Pippo Civati e Debora Serracchiani li sento vicini. Mentre Renzi parla una lingua diversa.
Lei parla di primarie e movimenti. Però intanto bisogna affrontare l’emergenza economica.
Certo. Ma la strada giusta non è il commissariamento della democrazia da parte delle banche. Rischiamo un governo senza le derive del Bunga Bunga ma che porta avanti, con maggiore efficacia, le politiche neoliberiste che accrescono le diseguaglianze. Il Governo Monti mette al centro la finanza. Noi dobbiamo costruire un’alternativa che metta al centro il lavoro. O non avremo più una vera democrazia in questo paese". (Il Fatto Quotidiano)
"Ecco, secondo le ultime indiscrezioni, i nomi potrebbero comporre la squadra di governo del premier incaricato Mario Monti: una formazione snella, solo 12 ministri, per avere il massimo dell’efficienza.
Anna Maria Cancellieri – Interni67 anni, romana, ex commissario prefettizio a Bologna (dopo il ‘Cinziagate’ in cui è stato coinvolto Del Bono) e appena nominata commissario a Parma. Il suo è un curriculum di tutto rispetto. Appena maggiorenne inizia a lavorare alla presidenza del Consiglio, poi si laurea in Scienze politiche a Roma e nel ’72, a Milano, inizia la carriera apicale al ministero dell’Interno. Nel 1993 è nominata prefetto. Da qui in poi, una sfilza di impegni: sub-commissario a Milano, commissario a Parma e poi prefetto a Vicenza, Bergamo, Brescia, Catania e Genova. Da segnalare anche il ruolo ricoperto come commissario del teatro Bellini di Catania.
Rocco Sabelli – Infrastrutture57 anni, di Agnone (Isernia), è laureato in ingegneria chimica a Roma, ma di fatto è un manager. Inizia la sua carriera in Gepi (Società per le Gestioni e Partecipazioni Industriali), poi a metà anni Ottanta passa all’Eni, dove arriva a essere presidente e ad di Nuova Ideni, una società controllata. In Telecom Italia dai primi anni del ’90 fino al 2001, nel 2002 è uno dei fondatori (e ad) di Omniainvest. Dal 2003 al 2006 è ad di Immsi e della controllata Piaggio. Quattro anni fa entra in Tiscali come consigliere non esecutivo, nello stesso anno crea la Data Holding 2007 srl. Nell’agosto 2008, invece, è chiamato da Banca Intesa per guidare la newco per il rilancio di Alitalia, dopo i risanamenti compiuti in Immsi e Piaggio.
Lorenzo Ornaghi – Istruzione63 anni, di Villasanta (Monza), è attuale rettore (al terzo mandato consecutivo) dell’università Cattolica di Milano, dove si è laureato in Scienze politiche nel 1972 ed è stato ricercatore fino al 1987, quando è diventato professore associato all’università di Teramo. Nel 1990 il ritorno a casa, come cattedratico di scienza politica nell’omonima facoltà. Già prorettore, diventa rettore nel 2002. Saggista e autore di prestigio, Ornaghi ricopre e ha ricoperto diversi incarichi di prestigio: è direttore dell’Aseri (Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali), della rivista Vita e pensiero, è vicepresidente di Avvenire e della Fondazione Vittorino Colombo di Milano. Non solo. Membro del Cda della Fondazione Policlinico IRCCS di Milano, dal 2001 al 2006 è stato presidente dell’Agenzia per le Onlus. Nel 2006 ha ricevuto l’Ambrogino d’oro dal Comune di Milano.
Andrea Riccardi o Salvatore Settis – Beni culturaliAndrea Riccardi: 61 anni, romano, è professore ordinario di Storia contemporanea presso la Università degli Studi Roma Tre. Noto studioso della Chiesa in età moderna e contemporanea (tanto da essere considerato uno dei laici più autorevoli del panorama religioso internazionale) nel 1968 ha fondato la Comunità di Sant’Egidio. Cavaliere di gran croce dell’Ordine al merito della Repubblica italiana, nel suo curriculum un’impressionante serie di onoreficenze per l’impegno per la pace nel mondo.Salvatore Settis: 70 anni, calabrese di Rosarno (Reggio Calabria), è uno dei più importanti archeologi e storici dell’arte italiani ed europei. Attualmente ha la Cattedra in Storia del disegno presso il museo del Prado di Madrid. Dal 1999 al 2010 è stato direttore della Scuola Normale Superiore di Pisa, ateneo dove si è laureato nel 1963 in archeologia classica. Il suo è un curriculum di altissimo profilo. Oltre alla carriera accademica alla Normale di Pisa, ha diretto il Getty Center for the History of Art and the Humanities di Los Angeles dal 1994 al 1999, è membro del Deutsches Archäologisches Institut, della American Academy of Arts and Sciences, dell’Accademia Nazionale dei Lincei e del Comitato scientifico dell’European Research Council; dal 2004 è membro del Comitato dei garanti della Scuola Galileiana di Studi Superiori. Nel 2003 ha vinto il premio Viareggio nella categoria Saggistica con il libro “Italia S.p.a. L’assalto al patrimonio culturale“. Nel 2008, su La Repubblica e Il Sole 24 Ore, spara a zero contro la politica di tagli indiscriminati all’università promossa dal governo Berlusconi. Nel febbraio 2009 si dimette dalla presidenza del Consiglio Superiore dei Beni Culturali: è la risposta al desiderio espresso dal neo-ministro dei Beni Culturali Sandro Bondi, il quale aveva chiesto a Settis di non criticare la linea del governo.
Carlo Secchi – Sviluppo economico64 anni, di Mandello del Lario (Lecco) è stato rettore dell’Università Bocconi di Milano e attuale componente dei Consigli d’amministrazione di diverse società , tra cui Mediaset e Pirelli. Stimatissimo docente ed economista con incarichi internazionali, ex deputato europeo e senatore della Repubblica con il Ppi, è stato vicepresidente della Commissione per i problemi economici e monetari e la politica industriale e membro della Delegazione per le relazioni con la regione transcaucasica. Nel passato, per via del suo curriculum di altissimo profilo, il suo nome è stato accostato a incarichi di prestigio, come ministro dell’Economia, del Tesoro e delle Finanze e assessore al Comune di Milano. Quando scoppiò il caso legato all’ex-governatore Antonio Fazio, ha sfiorato il ruolo di governatore della Banca d’Italia.Luisa Torchia – Pubblica Amministrazione54 anni, calabrese di Catanzaro, è docente ordinario alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Roma Tre. Allieva di Sabino Cassese, la sua è un’attività accademica di profilo assai elevato. Fa parte del gruppo editoriale de Il Mulino sul diritto pubblico.
Guido Tabellini – EconomiaClasse ’56, laureato in Economia all’Università di Torino, dal 1994 è professore alla Bocconi di Milano. Dal 2008 è rettore dello stesso Ateneo. Ha insegnato a Standford. E’ membro onorario straniero dell’American Academy of Arts and Sciences E’ stato insignito del Premio Yrjo Jahnsson dalla European Economic Association. E’ stato Presidente della European Economic Association. Sue aree d’interesse sono l’economia monetaria, l’economia pubblica, l’economia internazionale, l’Economia politica. Tabellini ha buone possibilità di sostituire Tremonti al ministero dell’Economia. Inizialmente si era parlato di Bini Smaghi, che ha recentemente lasciato il suo incarico in Bce.
Piero Alberto Capotosti – GiustiziaMarchigiano, classe 1942, è professore di giustizia costituzionale a La Sapienza di Roma. Già vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, Capotosti è espressione di un’area politica di centro vicina al Partito Popolare Italiano fondato da Mino Martinazzoli. Nel 1996, il 4 di novembre, viene nominato dall’allora presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro giudice costituzionale. Nel 2005 diventa presidente del Csm. Carica che termina pochi mesi dopo. Lo stesso Capotosti nei mesi scorsi ha fatto dichiarazioni pubbliche in merito all’ipotesi della procura di Napoli di un accompagnato coatto nei confronti di Berlusconi, presunta vittima di un’estorsione ordita dal duo Tarantini-Lavitola. Una mossa che Capotosti definisce un ”azzardo”, una ”forzatura”, uno ”scivolone della magistratura”. Con una mossa del genere, sostiene Capotosti, va a farsi benedire il ”canone della leale collaborazione” tra autorità giudiziaria e potere politico; principio più volte richiamato dalla Consulta nelle sue sentenze sul ‘caso Previti’, sul ‘lodo Alfano’ e, da ultimo, quella sul ‘legittimo impedimento’.
Cesare Mirabelli – Giustizia. Brianzolo, classe nel ’42, presidente emerito della Corte costituzionale, il 13 gennaio scorso ha salutato con favore la sentenza della Consulta che ha stabilito la parziale illegittimità della legge sul legittimo impedimento. Mirabelli è stato vicepresidente del Csm dal 1986 al 1990. Allievo di Pietro Gismondi, insegna diritto ecclesiastico all’università romana di Tor Vergata. Mentre è docente di diritto costituzionale all’Università europea della Capitale. E’ consigliere generale presso lo Stato della Città del Vaticano, il ruolo più elevato che un laico possa ricoprire in Vaticano. Nel 2009 entra nella polemica sul caso Englaro, l’eutanasia e l’obiezione di coscienza. Tema che nel caso specifico, secondo Mirabelli ”non riguarda il caso Englaro” poiché la sentenza della Cassazione non impone ”nessun obbligo nei confronti dei medici”, e ciò che viene autorizzato ”non rientra certo nelle prestazioni obbligatorie che il Servizio sanitario nazionale deve offrire ai suoi utenti”. E dunque “è sufficiente non prestarsi a svolgere questa attività. Quindi il problema va piuttosto ribaltato: c’e’ tutt’al piu’ un’ipotetica attivita’ volontaria da parte di chi si offre per compiere l’atto stesso, cioe’ il distaccamento del sondino con cui la Englaro e’ nutrita”.
Carlo Dell’Aringa – WelfareNel 2003 contribuisce a scrivere la legge Biagi e con lui il famoso libro bianco sul lavoro. E del giuslavorista ucciso a Bologna dalle Br nel marzo 2002, Carlo Dell’Aringa è stato strettissimo collaboratore. Nel settembre scorso è stato protagonista di un brutto episodio. Nei bagni dell’università Cattolica di Milano, dove Dell’Aringa insegna Economia Politica, un inserviente ha trovato una minaccia di morte. Sotto il messaggio la firma delle Nuove Br. Sul caso ancora oggi indaga la Digos. Ecco il testo del messaggio: “La sentenza di morte è stata emessa per il professor Dell’ Aringa e per il ministro Tremonti come per Biagi e D’ Antona». Il nome di Dell’Aringa resta, dunque, in pole position per sostituire Sacconi al ministero del Welfare. Nel 1963 Dell’Aringa si laurea in Scienze politiche alla Cattolica, consegue il dottorato in Economics, al Linacre College di Oxford nel 1970. Diventa professore ordinario nel 1982. Dal 1992 al 1996 è direttore dell’Istituto di Economia dell’Impresa e del Lavoro dell’Università Cattolica di Milano.
Giuliano Amato – Esteri. Come Mario Monti, anche l’ex socialista Giuliano Amato è stato protagonista di una stagione di crisi per l’Italia. Diventa presidente del Consiglio nel 1992 per traghettare l’Italia fuori dal pantano di Mani Pulite. Con lui si arriva alla Seconda repubblica. A palazzo Chigi Amato ci sale anche nel 2000. E’ stato quattro volte ministro del Tesoro, ministro per le Riforme istituzionali nel governo D’Alema, al Viminale nel Prodi bis. Dopo il crollo dei partiti tradizionali, Amato non ha mai preso una tessera, anche se le sue posizioni politiche sono sempre state vicine al centrosinistra. Dopodiché il 2 giugno 2008 esce ufficialmente dalla politica. Torinese di famiglia siciliana, classe ’38, Amato si laurea in giurisprudenza a Pisa. Dal 1975 al 1997 è stato professore di Diritto Costituzionale a Roma.
Rolando Mosca Moschini – Difesa. Anno: 1939. Città: Terni. Il generale Rolando Mosca Moschini nasce qui. Frequenta la scuola militare Nunziatella, dopodiché si laurea in sociologia, in scienze strategiche e in scienze internazionali e diplomatiche. A vent’anni diventa ufficiale. Sta in artiglieria. Comanderà la divisione Folgore e Mantova. Nel 1997 sale al vertice della Gdf diventandone comandante generale. Nel 2001 è nominato capo di Stato Maggiore della Difesa. Tre anni dopo lascia l’incarico e succede a Gustav Hagglund nel Comitato militare della Ue. Nel 2006 è nominato Consigliere Militare del Presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano.
Enzo Moavero – sottosegretario presidenza. Avvocato, 57 anni, padre di tre figli, Enzo Moavero una parte della sua vita l’ha passata all’estero. Come Mario Monti, di cui si dice sia l’alter ego giuridico, è stato a Yale. Dopodiché nel 1982 si specializza al Collegio Europeo di Bruges. Qui incassa un diploma di diritto comunitario. Nel 1983 è in Texas. All’università di Dallas si specializza in diritto internazionale. Nel 1995 l’incontro con Supermario. Moaverio e Monti, infatti, si conoscono a Bruxelles. Monti è appena stato nominato commissario europeo. Moavero lo segue come capo del suo gabinetto. Il tandem prosegue anche quando il neo premier diventa commissario per la Concorrenza. Nel 2002 Moavero diventa segretario generale aggiunto della Commissione Europea. Il suo compito: “Migliorare i metodi di lavoro della Commissione e promuovere la diffusione di pratiche ottimali». Dal 2005 al 2006 è direttore generale dell’Ufficio dei Consiglieri per le Politiche Europee della Commissione, per poi giurare a Lussemburgo come giudice del Tribunale di primo grado della Corte di Giustizia della Ue, ruolo che ricopre tuttora". (Il Fatto Quotidiano)
"Luigi De Magistris non si iscrive al partito degli entusiasti di Mario Monti. Per il sindaco di Napoli il professore-senatore incarna il neoliberismo dei poteri forti contro il quale il centrosinistra deve immediatamente elaborare una controproposta imperniata sulle primarie e sulla creazione di una lista nazionale che scardini i partiti. Altrimenti non ci sarà più vera democrazia in questo paese ma un governo delle multinazionali e delle banche.
De Magistris non dobbiamo festeggiare l’addio di Berlusconi e l’arrivo di Monti?
Dobbiamo esultare per l’uscita di scena definitiva di Berlusconi e dobbiamo dare atto al presidente Napolitano di avere fatto la scelta più saggia. Allo stesso tempo però non bisogna esultare per la nascita del Governo Monti.
Non pensa che un governo tecnico sia necessario per ridare credibilità all’Italia con i tassi dei BTP al 7 per cento?
Questo non è un governo tecnico, nonostante la professionalità dei suoi membri, perché è sostenuto da partiti molto diversi con i quali dovrà fare i conti: Pd, Pdl e Udc, forse anche l'Idv. Mi sembra una medicina amara e forse necessaria ma non mi piace. Da sindaco lo giudicherò sui fatti e sui provvedimenti che metterà in campo per il sud, da politico invece lavorerò per un’alternativa a Berlusconi ma anche a Monti e ai poteri forti che lo sostengono.
Cosa non la convince nel Governo Monti?
Questo Governo non ha una legittimazione democratica e nasce per assecondare il volere della Borsa, delle banche, della Banca Centrale Europea e di Bruxelles. C'è il serio rischio che la politica scompaia. Noi un secondo dopo la sua nascita, anzi mentre si sta formando, dobbiamo cominciare a costruire un’alternativa politica al neoliberismo che Monti rappresenta e che ha fallito.
Non mi sembra un’operazione semplice vista la situazione del centrosinistra. L’obiettivo finale è quello di dare vita a un governo legittimato dal voto che cambi profondamente l'economia e la società e superi l'occupazione delle istituzioni da parte della partitocrazia e delle caste.
Da dove si comincia?
Per arrivare pronti all'appuntamento con le elezioni nel 2013 o prima, non c'è un minuto da perdere, dobbiamo avviare delle primarie serie.
Come immagina le primarie?
Non devono essere lotte tra bande o correnti come quelle che si sono tenute a Napoli prima che io mi candidassi. Non devono nemmeno essere un referendum su un leader già scelto in altro modo, come è stato con Prodi.
Primarie di coalizione?
Certamente non voglio primarie di partito. Come a Napoli, bisogna dialogare anche con i moderati e i liberali. Le primarie devono andare oltre il partito ma anche oltre la coalizione. E poi io credo che il secondo passaggio dovrebbe essere una lista civica nazionale.
Sta pensando a un nuovo movimento?
C’è una straordinaria partecipazione politica nel paese che però - a torto o a ragione - non si riconosce negli attuali partiti. Questa è un’energia politica vitale per il paese che non ci possiamo permettere di perdere. Anche perché corriamo un grandissimo rischio: l'indignazione che io ho guardato in questi mesi negli occhi deve essere trasformata - come è accaduto a Napoli - in mobilitazione e in partecipazione. Se questa indignazione non trovasse sbocco politico, se l’unica alternativa a Berlusconi fosse un governo tecnico neoliberista guidato da Monti, l’indignazione andrà verso il conflitto. Dobbiamo impedire una saldatura tra quelli che dirigono le banche e quelli che spaccano le loro vetrine. Vengono ovviamente da poli opposti ma si saldano di fatto e bloccano la crescita democratica. Per questo dobbiamo lavorare per costruire una lista civica nazionale o un movimento politico che unisca le personalità migliori in vista delle elezioni.
Chi dovrebbe farne parte?
Io non escludo una deflagrazione del quadro politico attuale. Non sono sicuro che i partiti reggano alla crisi economica con le diseguaglianze che aumentano. Anche per questo dobbiamo trovarci pronti alla creazione di un movimento che superi il quadro attuale dei partiti e semplifichi l'offerta politica nel centrosinistra. Non dobbiamo lasciare la scena politica a Monti. Altrimenti partiti e poteri forti si spartiranno il prossimo presidente del consiglio e il prossimo presidente della repubblica con le vecchie logiche e le vecchie persone.
Cosa deve fare il centrosinistra?
Dobbiamo essere rivoluzionari, l'ho provato a Napoli. C'è una rabbia che fa bene alla democrazia ed è ancora positiva perché crede nel cambiamento. Ma se scoprisse che il Governo Monti è servito solo a rimettere in piedi i vecchi equilibri tra Confindustria, gerarchie ecclesiastiche, banche, vecchi partiti e massoneria, quella rabbia potrebbe esplodere.
Lei immagina primarie di coalizione e la nascita di un nuovo soggetto. Esattamente il contrario di quello che sogna Bersani.
La base del Pd è su posizioni di cambiamento. L’ho visto alla festa dell’Unità a Pesaro e a Bologna alla convention di Civati e Serracchiani. Non posso credere che i militanti del Pd siano felici di un Governo Monti.
Le personalità forti che potrebbero gareggiare ale primarie sono numerose, da Vendola a Renzi, da Chiamparino a De Magistris. Immagina un’alleanza tra voi per convincere il Pd ad accettare le primarie?
Il laboratorio che immagino io comprende soprattutto movimenti: i precari, i sindacati e in particolare la Cgil e la Fiom. Certamente non sono molte le personalità in grado di immaginare un percorso simile. Non a caso sostengono tutti Monti. Certo Vendola, il sindaco di Bari Michele Emiliano, Pippo Civati e Debora Serracchiani li sento vicini. Mentre Renzi parla una lingua diversa.
Lei parla di primarie e movimenti. Però intanto bisogna affrontare l’emergenza economica.
Certo. Ma la strada giusta non è il commissariamento della democrazia da parte delle banche. Rischiamo un governo senza le derive del Bunga Bunga ma che porta avanti, con maggiore efficacia, le politiche neoliberiste che accrescono le diseguaglianze. Il Governo Monti mette al centro la finanza. Noi dobbiamo costruire un’alternativa che metta al centro il lavoro. O non avremo più una vera democrazia in questo paese". (Il Fatto Quotidiano)
"Ecco, secondo le ultime indiscrezioni, i nomi potrebbero comporre la squadra di governo del premier incaricato Mario Monti: una formazione snella, solo 12 ministri, per avere il massimo dell’efficienza.
Anna Maria Cancellieri – Interni67 anni, romana, ex commissario prefettizio a Bologna (dopo il ‘Cinziagate’ in cui è stato coinvolto Del Bono) e appena nominata commissario a Parma. Il suo è un curriculum di tutto rispetto. Appena maggiorenne inizia a lavorare alla presidenza del Consiglio, poi si laurea in Scienze politiche a Roma e nel ’72, a Milano, inizia la carriera apicale al ministero dell’Interno. Nel 1993 è nominata prefetto. Da qui in poi, una sfilza di impegni: sub-commissario a Milano, commissario a Parma e poi prefetto a Vicenza, Bergamo, Brescia, Catania e Genova. Da segnalare anche il ruolo ricoperto come commissario del teatro Bellini di Catania.
Rocco Sabelli – Infrastrutture57 anni, di Agnone (Isernia), è laureato in ingegneria chimica a Roma, ma di fatto è un manager. Inizia la sua carriera in Gepi (Società per le Gestioni e Partecipazioni Industriali), poi a metà anni Ottanta passa all’Eni, dove arriva a essere presidente e ad di Nuova Ideni, una società controllata. In Telecom Italia dai primi anni del ’90 fino al 2001, nel 2002 è uno dei fondatori (e ad) di Omniainvest. Dal 2003 al 2006 è ad di Immsi e della controllata Piaggio. Quattro anni fa entra in Tiscali come consigliere non esecutivo, nello stesso anno crea la Data Holding 2007 srl. Nell’agosto 2008, invece, è chiamato da Banca Intesa per guidare la newco per il rilancio di Alitalia, dopo i risanamenti compiuti in Immsi e Piaggio.
Lorenzo Ornaghi – Istruzione63 anni, di Villasanta (Monza), è attuale rettore (al terzo mandato consecutivo) dell’università Cattolica di Milano, dove si è laureato in Scienze politiche nel 1972 ed è stato ricercatore fino al 1987, quando è diventato professore associato all’università di Teramo. Nel 1990 il ritorno a casa, come cattedratico di scienza politica nell’omonima facoltà. Già prorettore, diventa rettore nel 2002. Saggista e autore di prestigio, Ornaghi ricopre e ha ricoperto diversi incarichi di prestigio: è direttore dell’Aseri (Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali), della rivista Vita e pensiero, è vicepresidente di Avvenire e della Fondazione Vittorino Colombo di Milano. Non solo. Membro del Cda della Fondazione Policlinico IRCCS di Milano, dal 2001 al 2006 è stato presidente dell’Agenzia per le Onlus. Nel 2006 ha ricevuto l’Ambrogino d’oro dal Comune di Milano.
Andrea Riccardi o Salvatore Settis – Beni culturaliAndrea Riccardi: 61 anni, romano, è professore ordinario di Storia contemporanea presso la Università degli Studi Roma Tre. Noto studioso della Chiesa in età moderna e contemporanea (tanto da essere considerato uno dei laici più autorevoli del panorama religioso internazionale) nel 1968 ha fondato la Comunità di Sant’Egidio. Cavaliere di gran croce dell’Ordine al merito della Repubblica italiana, nel suo curriculum un’impressionante serie di onoreficenze per l’impegno per la pace nel mondo.Salvatore Settis: 70 anni, calabrese di Rosarno (Reggio Calabria), è uno dei più importanti archeologi e storici dell’arte italiani ed europei. Attualmente ha la Cattedra in Storia del disegno presso il museo del Prado di Madrid. Dal 1999 al 2010 è stato direttore della Scuola Normale Superiore di Pisa, ateneo dove si è laureato nel 1963 in archeologia classica. Il suo è un curriculum di altissimo profilo. Oltre alla carriera accademica alla Normale di Pisa, ha diretto il Getty Center for the History of Art and the Humanities di Los Angeles dal 1994 al 1999, è membro del Deutsches Archäologisches Institut, della American Academy of Arts and Sciences, dell’Accademia Nazionale dei Lincei e del Comitato scientifico dell’European Research Council; dal 2004 è membro del Comitato dei garanti della Scuola Galileiana di Studi Superiori. Nel 2003 ha vinto il premio Viareggio nella categoria Saggistica con il libro “Italia S.p.a. L’assalto al patrimonio culturale“. Nel 2008, su La Repubblica e Il Sole 24 Ore, spara a zero contro la politica di tagli indiscriminati all’università promossa dal governo Berlusconi. Nel febbraio 2009 si dimette dalla presidenza del Consiglio Superiore dei Beni Culturali: è la risposta al desiderio espresso dal neo-ministro dei Beni Culturali Sandro Bondi, il quale aveva chiesto a Settis di non criticare la linea del governo.
Carlo Secchi – Sviluppo economico64 anni, di Mandello del Lario (Lecco) è stato rettore dell’Università Bocconi di Milano e attuale componente dei Consigli d’amministrazione di diverse società , tra cui Mediaset e Pirelli. Stimatissimo docente ed economista con incarichi internazionali, ex deputato europeo e senatore della Repubblica con il Ppi, è stato vicepresidente della Commissione per i problemi economici e monetari e la politica industriale e membro della Delegazione per le relazioni con la regione transcaucasica. Nel passato, per via del suo curriculum di altissimo profilo, il suo nome è stato accostato a incarichi di prestigio, come ministro dell’Economia, del Tesoro e delle Finanze e assessore al Comune di Milano. Quando scoppiò il caso legato all’ex-governatore Antonio Fazio, ha sfiorato il ruolo di governatore della Banca d’Italia.Luisa Torchia – Pubblica Amministrazione54 anni, calabrese di Catanzaro, è docente ordinario alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Roma Tre. Allieva di Sabino Cassese, la sua è un’attività accademica di profilo assai elevato. Fa parte del gruppo editoriale de Il Mulino sul diritto pubblico.
Guido Tabellini – EconomiaClasse ’56, laureato in Economia all’Università di Torino, dal 1994 è professore alla Bocconi di Milano. Dal 2008 è rettore dello stesso Ateneo. Ha insegnato a Standford. E’ membro onorario straniero dell’American Academy of Arts and Sciences E’ stato insignito del Premio Yrjo Jahnsson dalla European Economic Association. E’ stato Presidente della European Economic Association. Sue aree d’interesse sono l’economia monetaria, l’economia pubblica, l’economia internazionale, l’Economia politica. Tabellini ha buone possibilità di sostituire Tremonti al ministero dell’Economia. Inizialmente si era parlato di Bini Smaghi, che ha recentemente lasciato il suo incarico in Bce.
Piero Alberto Capotosti – GiustiziaMarchigiano, classe 1942, è professore di giustizia costituzionale a La Sapienza di Roma. Già vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, Capotosti è espressione di un’area politica di centro vicina al Partito Popolare Italiano fondato da Mino Martinazzoli. Nel 1996, il 4 di novembre, viene nominato dall’allora presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro giudice costituzionale. Nel 2005 diventa presidente del Csm. Carica che termina pochi mesi dopo. Lo stesso Capotosti nei mesi scorsi ha fatto dichiarazioni pubbliche in merito all’ipotesi della procura di Napoli di un accompagnato coatto nei confronti di Berlusconi, presunta vittima di un’estorsione ordita dal duo Tarantini-Lavitola. Una mossa che Capotosti definisce un ”azzardo”, una ”forzatura”, uno ”scivolone della magistratura”. Con una mossa del genere, sostiene Capotosti, va a farsi benedire il ”canone della leale collaborazione” tra autorità giudiziaria e potere politico; principio più volte richiamato dalla Consulta nelle sue sentenze sul ‘caso Previti’, sul ‘lodo Alfano’ e, da ultimo, quella sul ‘legittimo impedimento’.
Cesare Mirabelli – Giustizia. Brianzolo, classe nel ’42, presidente emerito della Corte costituzionale, il 13 gennaio scorso ha salutato con favore la sentenza della Consulta che ha stabilito la parziale illegittimità della legge sul legittimo impedimento. Mirabelli è stato vicepresidente del Csm dal 1986 al 1990. Allievo di Pietro Gismondi, insegna diritto ecclesiastico all’università romana di Tor Vergata. Mentre è docente di diritto costituzionale all’Università europea della Capitale. E’ consigliere generale presso lo Stato della Città del Vaticano, il ruolo più elevato che un laico possa ricoprire in Vaticano. Nel 2009 entra nella polemica sul caso Englaro, l’eutanasia e l’obiezione di coscienza. Tema che nel caso specifico, secondo Mirabelli ”non riguarda il caso Englaro” poiché la sentenza della Cassazione non impone ”nessun obbligo nei confronti dei medici”, e ciò che viene autorizzato ”non rientra certo nelle prestazioni obbligatorie che il Servizio sanitario nazionale deve offrire ai suoi utenti”. E dunque “è sufficiente non prestarsi a svolgere questa attività. Quindi il problema va piuttosto ribaltato: c’e’ tutt’al piu’ un’ipotetica attivita’ volontaria da parte di chi si offre per compiere l’atto stesso, cioe’ il distaccamento del sondino con cui la Englaro e’ nutrita”.
Carlo Dell’Aringa – WelfareNel 2003 contribuisce a scrivere la legge Biagi e con lui il famoso libro bianco sul lavoro. E del giuslavorista ucciso a Bologna dalle Br nel marzo 2002, Carlo Dell’Aringa è stato strettissimo collaboratore. Nel settembre scorso è stato protagonista di un brutto episodio. Nei bagni dell’università Cattolica di Milano, dove Dell’Aringa insegna Economia Politica, un inserviente ha trovato una minaccia di morte. Sotto il messaggio la firma delle Nuove Br. Sul caso ancora oggi indaga la Digos. Ecco il testo del messaggio: “La sentenza di morte è stata emessa per il professor Dell’ Aringa e per il ministro Tremonti come per Biagi e D’ Antona». Il nome di Dell’Aringa resta, dunque, in pole position per sostituire Sacconi al ministero del Welfare. Nel 1963 Dell’Aringa si laurea in Scienze politiche alla Cattolica, consegue il dottorato in Economics, al Linacre College di Oxford nel 1970. Diventa professore ordinario nel 1982. Dal 1992 al 1996 è direttore dell’Istituto di Economia dell’Impresa e del Lavoro dell’Università Cattolica di Milano.
Giuliano Amato – Esteri. Come Mario Monti, anche l’ex socialista Giuliano Amato è stato protagonista di una stagione di crisi per l’Italia. Diventa presidente del Consiglio nel 1992 per traghettare l’Italia fuori dal pantano di Mani Pulite. Con lui si arriva alla Seconda repubblica. A palazzo Chigi Amato ci sale anche nel 2000. E’ stato quattro volte ministro del Tesoro, ministro per le Riforme istituzionali nel governo D’Alema, al Viminale nel Prodi bis. Dopo il crollo dei partiti tradizionali, Amato non ha mai preso una tessera, anche se le sue posizioni politiche sono sempre state vicine al centrosinistra. Dopodiché il 2 giugno 2008 esce ufficialmente dalla politica. Torinese di famiglia siciliana, classe ’38, Amato si laurea in giurisprudenza a Pisa. Dal 1975 al 1997 è stato professore di Diritto Costituzionale a Roma.
Rolando Mosca Moschini – Difesa. Anno: 1939. Città: Terni. Il generale Rolando Mosca Moschini nasce qui. Frequenta la scuola militare Nunziatella, dopodiché si laurea in sociologia, in scienze strategiche e in scienze internazionali e diplomatiche. A vent’anni diventa ufficiale. Sta in artiglieria. Comanderà la divisione Folgore e Mantova. Nel 1997 sale al vertice della Gdf diventandone comandante generale. Nel 2001 è nominato capo di Stato Maggiore della Difesa. Tre anni dopo lascia l’incarico e succede a Gustav Hagglund nel Comitato militare della Ue. Nel 2006 è nominato Consigliere Militare del Presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano.
Enzo Moavero – sottosegretario presidenza. Avvocato, 57 anni, padre di tre figli, Enzo Moavero una parte della sua vita l’ha passata all’estero. Come Mario Monti, di cui si dice sia l’alter ego giuridico, è stato a Yale. Dopodiché nel 1982 si specializza al Collegio Europeo di Bruges. Qui incassa un diploma di diritto comunitario. Nel 1983 è in Texas. All’università di Dallas si specializza in diritto internazionale. Nel 1995 l’incontro con Supermario. Moaverio e Monti, infatti, si conoscono a Bruxelles. Monti è appena stato nominato commissario europeo. Moavero lo segue come capo del suo gabinetto. Il tandem prosegue anche quando il neo premier diventa commissario per la Concorrenza. Nel 2002 Moavero diventa segretario generale aggiunto della Commissione Europea. Il suo compito: “Migliorare i metodi di lavoro della Commissione e promuovere la diffusione di pratiche ottimali». Dal 2005 al 2006 è direttore generale dell’Ufficio dei Consiglieri per le Politiche Europee della Commissione, per poi giurare a Lussemburgo come giudice del Tribunale di primo grado della Corte di Giustizia della Ue, ruolo che ricopre tuttora". (Il Fatto Quotidiano)
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