domenica 20 novembre 2011

Dove si firma? Class action per richiesta danni all'ex premier & company

"Qualche miliardo di euro. E’ quanto sono costate agli italiani alcune delle operazioni partorite dai governi di Silvio Berlusconi. Dalla penale per il ponte sullo stretto di Messina allo smaltimento dei sottomarini nucleari russi. La cifra esatta è sconosciuta, ma qualcuno ha deciso fare i conti con un preciso intento: chiedere i danni al responsabile, il Cavaliere. Così, a Milano Radio Popolare ha cominciato a raccogliere adesioni per presentare un esposto alla Corte dei conti a carico dell’ex premier. E a fare la fila davanti ai banchetti si sono presentate in appena una giornata migliaia di persone.In tempi di spread è normale fare due conti. Quanto avremmo risparmiato se il Cavaliere si fosse dimesso prima? Difficile dirlo, per ora. Nel frattempo possiamo domandarci quanto ci sono costate alcune scelte del governo uscente. È quanto hanno deciso di fare i promotori dell’esposto alla Corte dei conti per danno erariale contro l’ex premier Berlusconi. “Non si tratta di vendetta”, precisa immediatamente Andrea Di Stefano, direttore della rivista Valori e promotore dell’iniziativa con Radio Popolare, “ma chi ha ricoperto ruoli istituzionali di quel livello non può sottrarsi a certe responsabilità”. Quali in particolare? “Parlo delle responsabilità connesse all’abolizione dell’Ici”, risponde Di Stefano, che spiega: “Era il 2008, e la crisi era già alle porte”.Secondo Di Stefano l’abolizione dell’imposta sugli immobili avrebbe prodotto un danno di tre miliardi e mezzo per le casse dello Stato. Ma non è finita. Quattrocentocinquanta milioni è quanto pagheremo a titolo di penale per un ponte sullo Stretto che molto probabilmente non vedremo mai. “E altri quattrocento li tireremo fuori per smaltire i sottomarini nucleari russi”, aggiunge ancora il direttore di Valori, “uno strano accordo con l’amico Putin che graverà sul bilancio pubblico”. Insomma, è ora di capire davvero quanto ci è costato Silvio Berlusconi. E a sentire i tanti milanesi che sono accorsi oggi per la presentazione dell’iniziativa, la curiosità è tanta. “A me Berlusconi è costato duemila euro in busta paga”, dice una signora che fa la fila ai banchetti di Radio Popolare per firmare la sua adesione all’esposto. “Ma poi non è solo una questione di soldi”, dice un’altra, “paghiamo in cultura, in servizi, e tanto tanto fegato”. (Il Fatto Quotidiano)


"Tutte le ragazze, oltre a Ruby, che hanno partecipato ai presunti festini a luci rosse ad Arcore, sono parti offese. È in sostanza quel che ha chiarito la quinta sezione penale del Tribunale di Milano, presieduta da Anna Maria Gatto, che con un'ordinanza ha disposto di notificare il decreto che dispone il giudizio di Emilio Fede, Lele Mora e Nicole Minetti, per i quali oggi si è aperto il processo, a tutte le 29 giovani maggiorenni che sarebbero state ospiti alle serate a casa di Silvio Berlusconi e che non hanno fatto richiesta di essere parte civile. "È un provvedimento che farà storia dal punto di vista culturale", è stato il commento dell'avvocato Patrizia Bugnano, legale di Chiara Danese, ex miss Piemonte che si è costituita parte civile nel processo.La Bugnano e Stefano Castrale, legale di Ambra, l'altra ex miss piemontese che è costituita parte civilie, hanno spiegato che la decisione di chiedere il risarcimento per i danni morali e materiali subiti non è stata presa "per una questione di soldi", ma per tutelare l'"onorabilità" delle ragazze. L'avvocato Danila Di Domenico, legale della modella Imane Fadil, che ha depositato la costituzione di parte civile, spera che tutte le ragazze che hanno preso parte ai presunti festini ad Arcore vogliano costituirsi parti civili, dopo che oggi i giudici milanesi le hanno
dichiarate "persone offese".Promette battaglia, invece, la difesa di Nicole Minetti, che ha precisato, davanti ai cronisti, che si opporrà alla costituzione di parte civile delle ragazze che hanno partecipato alle serate ad Arcore. E l'opposizione riguarderà sia le richieste di costituzione già presentate, da Ambra, Chiara e Imane Fadil, che altre richieste che eventualmente potranno essere presentate. Lo ha detto l'avvocato Paolo Righi.La decisione è stata letta oggi in aula e si richiama alla più recente giurisprudenza che considera "le vittime" dello sfruttamento della prostituzione come persone offese in base "alla tutela della libertà della persona umana", anche nell'ambito della sfera sessuale. A questo punto il collegio ha disposto la notifica dell'atto di fissazione del processo e ha rinviato l'udienza al prossimo 20 gennaio specificando alle parti che il processo da quella data in poi si terrà ogni venerdì salvo eventuali cambiamenti di programma.Il legale di Lele Mora, Nicola Avanzi, ha detto che il suo assistito "sta molto male". L'avvocato ha fatto presente quanto sia difficile affrontare un processo con un cliente in una condizione psicofisica molto sofferente. "Non ci sta aiutando, non riusciamo a ricostruire le situazioni" ha proseguito il legale. L'ex talent scout, detenuto per la bancarotta della LM Management, ha inviato oggi al collegio composto da tre donne della V sezione penale la rinuncia a comparire. All'udienza di oggi, che lo vede imputato insieme a Nicole Minetti e Lele Mora per induzione e struttamento della prostituzione era contumace.Le motivazioni dell'ordinanza. La tutela della dignità e della libertà della persona umana, con particolare riguardo alla libertà di autodeterminazione dei soggetti nella sfera sessuale, prevale sulla sola tutela del buon costume e della moralità pubblica che riconosceva al solo Stato la qualifica di persona offesa e alle vittime la mera qualifica di soggetto passivo, eventualmente danneggiato dal reato, hanno spiegato i giudici. Il Tribunale, si legge nell'ordinanza "ritiene di condividere tale più recente orientamento anche alla luce delle numerose convenzioni internazionali cui lo Stato italiano ha aderito in tema di tutela della libertà umana, di repressione della tratta degli esseri umani e di sfruttamento della prostituzione". "Tale interpretazione - proseguono i giudici - si concilia col dato normativo che persegue penalmente solo le condotte che incidono sulla libertà di autodeterminazione della donna, non costituendo invece reato il compimento di atti sessuali al di fuori di ogni attività di sfruttamento o di agevolazione, anche se posti in essere con fini di lucro personale". (La Repubblica)

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