giovedì 7 febbraio 2008

La mia Africa/10. Convivere con la malaria.


I primi due anni in Costa d'Avorio prendevo regolarmente delle medecine preventive contro la malaria. Erano potentissime e, per evitare di spappolarmi definitivamente il fegato, dovetti smettere di assumerle. Il primo anno, pur abitando in una zona lagunare infestata dai tre tipi di malaria presenti nel mondo, restai immune. Ma il quarto me la beccai e mi curai con una delle tante medicine presenti sul quel mercato, di cui una delle migliori era un prodotto cinese. Era un po' come curarsi una forte influenza anche se i malesseri erano diversi. Mia moglie e le sue sorelle invece erano in parte immuni e quando la malaria arrivava stavano coricati, con febbre alta e un grande dolore alle ossa e ai muscoli che le sconquassava, fino a che la malattia se ne andava da sola. Spesso si curavano con delle erbe medicinali amarissime, tipiche della loro medicina tradizionale, che però facevano il loro effetto.
Il quinto anno come stanziale in terra d'Africa provai anch'io a far passare la malattia malarica restando coricato e soffrendo come un cane, sempre però con un piccolo aiuto dei medicinali che, di anno in anno, divenivano però inutili perchè la malattia aveva il sopravvento sulla cura.
Mi ricordo di un anno in particolare. Vivevo a Grand Bassam, in un altra casa nel villaggio in una palazzina al terzo piano ed era il periodo delle piogge, tra maggio e ottobre. Ricordo che passavo spesso le mie giornate con la malaria sul terrazzo della casa, lo sguardo perso a guardare l'orizzonte con nell'orecchio l'assurdante brulichio del via vai alle fermate dei bus sottostanti la casa, in una specie di dormiveglia perenne, tra la coscienza e l'incoscienza. Il decorso durava dalle due alle quattro settimane e ti lasciava completamente debilitato. Un'altra malattia con quel fisico martoriato avrebbe dato la botta finale. Poi, piano piano, se ne usciva. Ma ogni anno era sempre peggio e i medicinali dovevano aumentare in quota esponenziale.
Da quando sono tornato in Italia non ho più avuto niente ma ho fatto una cura, con delle medicine che si trovavano solo alla farmacia del Vaticano, per liberare il fegato da alcune presenze indesiderate.
Ho capito sulla mia pelle che il problema della mortalità per malaria in quei Paesi dove è ancora presente deriva semplicemente dal fatto che per i locali le medicine sono troppo care e non se le possono permettere. Per questo, chi non sopravvive naturalmente, alla fine muore. Così come poi succede per l'Aids, il colera, la febbre gialla e via dicendo. Ma io ho visto morire anche un bambino di tre anni per una semplice varicella solo perchè la mamma non aveva 20 euro per curarlo... .

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