La morte di Umberto Eco mi rattrista, ma non più di quelle migliaia di morti sconosciuti in mezzo al mare, sotto i fili spinati, sotto le nostre bombe.
Sì, lo so, il paragone non tiene: un grande famoso scrittore e migliaia di persone normali.
Il suo romanzo 'In nome della rosa' il solo che ho letto di lui, é un capolavoro e il movente delle uccisioni dei frati, il 'ridere', é sublime.
Nessuno di quelli morti nel mare, bambini compresi, avrebbe potuto scriverlo.
Però c'é una cosa di Eco, oltre ai 5 miliardi di coglioni che gli giustificavano la dipartita in maniera meno dolorosa per un laico convinto come lui e me, che mi ha dato fastidio: é quando si é messo in cattedra, non nelle università e nei forum dove lo incensavano, ma nella vita.
Quando ha detto che lui, e quelli come lui, erano qualcuno, mentre quelli che scrivevano sui network non erano nessuno. E' la stessa cosa che dire:' io conto e voi non siete un cazzo', ma nella cultura.
No. caro Umberto, hai avuto una vita da 'grande', e probabilmente lo eri, ma per me uno vale uno, la vita di un macellaio vale come la tua, anche se tu sei riconosciuto come vate culturale.
E' lì che non mi sei piaciuto, nella spocchia, come tanti sgarbi che girano nei giornali e nelle tv.
Ciao Umberto, ti saluta un coglione... .
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