lunedì 9 settembre 2013

Firma per restituire l'isola di Gorgona alla società civile e per bloccare il rigassificatore nel Santuario dei Cetacei

A sinistra, guardando la foto, Matteo Citti, figlio di zia Giovannina, l'ultimo semaforista di Gorgona. A destra, zia Ida Citti, sorella della mia nonna Amelia e figlia di Graziosa, nonna di Ada Mastrangelo. La foto, di una cinquantina di anni fa, è scattata nella terrazza della nostra casa di piazzetta Borgovecchio, quella oggi occupata dalla famiglia Mastrangelo- Favillini, che non conoscendo bene la nostra storia familiare ci hanno messo un bel recinto per impedirci di accedere a quella che era la nostra abitazione di un tempo, ferendo così i nostri sentimenti. Su questo stesso terrazzo c'era una piccola trattoria, soprattutto durante l'estate. Quando la famiglia era ancora riunita in questa casa, con Amelia e Ida che ci vivevano insieme, io ci venivo l'estate. Qualche volta zio Gigi Mastrangelo, che ancora non si era sposato con zia Marisa, che veniva dalla Sardegna a trovare il padre recluso, mi portava a pescare a traina con lui. Ma mia nonna doveva insistere molto perché a lui piaceva andare da solo. Era innamorato cotto di mia zia Rita, sua cugina,che era bellissima e corteggiata da tutti, ma con scarsa fortuna. Zio Matteo, che era sposato con zia Fedora ed aveva due figli, Laura e il pestifero Tore, abitava nella casa oggi occupata dalla sorella Luisa Citti, la zia che si atteggia oggi ad ultima abitante di Gorgona, ma che in realtà si era sposata ed era andata a vivere a Firenze. Ogni giorno zio Matteo accendeva e spegneva i semafori del moletto, a Cala lo Scalo, a Punta Paratella e a Bellavista. E quasi sempre ci andava a piedi. Ora. da tempo, i tre semafori sono automatizzati. Spesso d'estate, quando ancora nonna Amelia non aveva affittato la casa del maestro accanto alla nostra, quella che abbiamo attualmente in concessione dal Demanio, siccome non c'era posto mi mandavano a dormire da zio Matteo. Ma a me non piaceva molto, anche perché la figlia Laura, un po' più grande di me, mi faceva un po' la corte e si infilava nel mio letto. Noi ragazzi giocavamo sul piazzale Borgovecchio, allora Cardon, tra il caldo appicicaticcio e la polvere. I palloni finivano inesorbilmente nel giardino sottostante il piazzale di zia Giovannina, mamma slava di zio Matteo, che non ce li restituiva e li nascondeva nella cucina dietro al forno. Ne aveva a decine. Qualche volta nonna Amelia mi mandava a prendere le uova della gallina di zia Giovannina, senza che lei se ne accorgesse. Così come oggi i miei figli vanno a prendere le pesche dall'albero della figlia Luisa. Sopra il piazzale dove giocavamo c'era il lavatoio e, più in alto, delle terrazze mezze coltivate. Proprio di fronte alla casa-magazzino della zitella zia Nella e di zia Isolina, c'era un albero di fichi neri, la cui bontà me la ricordo ancora oggi. Lo hanno tagliato per farci un campo di calcetto per gli agenti della polizia penitenziaria. "Queste merde...", avrebbe detto zio Aldo... .



Da qualche mese, insieme all'organizzazione internazionale Avaaz, sono partite due nuove ed importanti petizioni. Spero vorrete  firmarle convidendole con i vostri amici e conoscenti.
La prima si chiama: "Chiudiamo il carcere dell'Isola di Gorgona".
 La seconda: "No al rigassificatore nel mare del Santuario dei Cetacei".
Forse non tutti sanno che in Italia esiste un'isola chiamata Gorgona, a sole 19 miglia da Livorno, dove coesistono una colonia penale ed un paese che sta scomparendo a causa del carcere.
Chiudere questa dispendiosissima prigione a cielo aperto è diventata per gli ultimi abitanti ormai una priorità. O il carcere o i gorgonesi è ormai l'unica scelta da fare per non disperdere per sempre la storia e il patrimonio del villaggio degli antichi pescatori. 
La secolare convivenza è ormai carta straccia grazie all'attuale direttrice del carcere Maria Grazia Giampiccolo che, abusando dell'autorità che gli concede il ministero di Giustizia, è arrivata addirittura ad impedire lo sbarco ad alcuni gorgonesi che abitano stabilmente sull'isola. 
Questo, insieme ad altre mille prevaricazioni ed ingiustizie della colonia penale sul paese, significa la morte di Gorgona e dei suoi abitanti originari, per farne un'altra isola desertificata e senza un'anima, come è già successo per Pianosa e l'Asinara.
 Per ora siamo a 94 firme.


Per firmare clicca qui sotto:


Intanto è arrivato a Livorno, non lontano dall'isola di Gorgona, un enorme rigassificatore che vogliono piazzare in mezzo al mare, proprio all'interno del Santuario dei Cetacei e del Parco dell'Arcipelago Toscano. Inutile dire che tutti gli enti preposti alla salvaguardia di questo territorio, e che magari vietano di pescare con la canna agli abitanti delle isole, non hanno alzato un dito (tutti stipendiati da noi: Parco dell'Arcipelago Toscano, Comune di Livorno, Provincia di Livorno, Regione Toscana, ministero dell'Ambiente, Governo). Anzi, hanno fatto di tutto per incentivare l'arrivo di questo ecomostro, i cui guadagni andranno in tasca ai promotori e le spese saranno pagate invece dalle bollette di tutti i contribuenti italiani... .
Questa iniziativa va fermata a tutti i costi perché darebbe un colpo mortale all'ambiente e alla bellezza di questi posti, oltre ad essere un pericolo per eventuali esplosioni o per l'utilizzo di sostanze chimiche. 
Siamo a 80 firme.

Per firmare clicca qui sotto:

http://www.avaaz.org/it/petition/No_al_rigassificatore_nel_mare_del_Santuario_dei_Cetacei/?launch


LA FLORA 

Una delle peculiarità più significative e suggestive di G. è la sua copertura vegetale che si estende per circa i1 90% dell'intera superficie. Se si escludono le parti edificate e coltivate, l'isola è interessata quasi esclusivamente da macchia di tipo mediterraneo e da aree boscate per un numero complessivo di specie floristiche che si aggirano intorno alle 415 unità (G. Moggi). Per la estensione del verde e per le varietà vegetazionali oggi esistenti, la G. costituisce un prezioso ed interessante patrimonio naturalistico da salvaguardare e da utilizzare per motivi di osservazione e di studio. Dello stesso avviso sono G. Moggi ed altri autori che, nell'ambito delle loro recenti ricerche sulla flora gorgonese, hanno individuato alcune aree che definiscono di "particolare interesse floristico" e che pertanto sono meritevoli di stretta tutela ambientale. Per brevità di esposizione, e a puro titolo di esempio, riporto solo alcune delle specie botaniche catalogate e che hanno un certo interesse fitogeografico. Fra le alberature va ricordato (G.Moggi) il pino d' Aleppo (Pinus halepensis Miller), la sughera (Quercus suber L.), la farnia (Quercus robur L.), il castagno (Castanea sativa Miller), l'alaterno (Rhamnus alaternus L.), il sommacco (Rhus coriaria L. ). Oltre ad alcune leccete ed ai vari alberi da frutto presenti è stata segnalata anche la presenza dell ' olmo ( Ulmus sp. ) e dell' ontano nero (Alnus glutinosa). La macchia spontanea è costituita (sempre G.Moggi et al.) prevalentemente dal rosmarino (Rosmarinus officinalis L. ), dall' erica (Erica arborea L. ) e quindi dal lentisco (Pistacia lenliscus L.), dalla fillirea (Phillyrea augustifolia L.), dal mirto (Myrtus communis L.) e da alcuni cisti. Meno diffusi il corbezzolo (Arbutus unedo L.), la ginestra (Spartium junceum L.), il ginepro, l'orniello e l'alaterno. Va infine segnalata (stessi autori) l'esistenza di una specie endemica che è il Limonium gorgonae Pign. 

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