Da qualche mese, insieme all'organizzazione internazionale Avaaz, sono partite due nuove ed importanti petizioni. Spero vorrete firmarle convidendole con i vostri amici e conoscenti.
La prima si chiama: "Chiudiamo il carcere dell'Isola di Gorgona".
La seconda: "No al rigassificatore nel mare del Santuario dei Cetacei".
Forse non tutti sanno che in Italia esiste un'isola chiamata Gorgona, a sole 19 miglia da Livorno, dove coesistono una colonia penale ed un paese che sta scomparendo a causa del carcere.
Chiudere questa dispendiosissima prigione a cielo aperto è diventata per gli ultimi abitanti ormai una priorità. O il carcere o i gorgonesi è ormai l'unica scelta da fare per non disperdere per sempre la storia e il patrimonio del villaggio degli antichi pescatori.
La secolare convivenza è ormai carta straccia grazie all'attuale direttrice del carcere Maria Grazia Giampiccolo che, abusando dell'autorità che gli concede il ministero di Giustizia, è arrivata addirittura ad impedire lo sbarco ad alcuni gorgonesi che abitano stabilmente sull'isola.
Questo, insieme ad altre mille prevaricazioni ed ingiustizie della colonia penale sul paese, significa la morte di Gorgona e dei suoi abitanti originari, per farne un'altra isola desertificata e senza un'anima, come è già successo per Pianosa e l'Asinara.
Per ora siamo a 94 firme.
Per firmare clicca qui sotto:
Questa iniziativa va fermata a tutti i costi perché darebbe un colpo mortale all'ambiente e alla bellezza di questi posti, oltre ad essere un pericolo per eventuali esplosioni o per l'utilizzo di sostanze chimiche.
Siamo a 80 firme.
Per firmare clicca qui sotto:
http://www.avaaz.org/it/petition/No_al_rigassificatore_nel_mare_del_Santuario_dei_Cetacei/?launch
La pesca delle acciughe alla Gorgona
Contemporaneamente alla pesca della tonnara a Camogli si sviluppavano altri tipi di pesca, il più importante dei quali era la pesca delle acciughe praticata alla Gorgona e che veniva chiamata << la crociera dei cento giorni >> perché durava appunto tre mesi. Le cronache riportano che questo tipo di pesca si svolse tra il 1810 e il 1890, ma da un libro cassa custodito nell'archivio dell'Arciconfraternita dei SS. Prospero e Caterina di Camogli risulta che nel 1742 i pescatori di ritorno dalla campagna della Gorgona consegnarono all'Oratorio, oltre al decimo dovuto come istituzione religiosa, un ulteriore quantitativo di pesce, dalla cui vendita furono ricavate in totale Lire 300; altre fonti attestano che l'ultima campagna avvenne nel 1918, mentre dalla viva voce di un vecchio pescatore ho saputo che lui stesso ha preso parte all'ultima campagna di pesca alla Gorgona nel 1939, quando aveva 16 anni, con un equipaggio di 6 persone. Questa pesca annuale, veniva praticata con i leudi, grossi gozzi di 5 o 6 tonnellate di stazza, adatti per il piccolo cabotaggio ed armati con vela latina e remi. Almeno un terzo della popolazione maschile di Camogli vi prendeva parte e la partenza avveniva in Maggio, subito dopo la festa di San Fortunato, patrono dei Pescatori, che si teneva nella seconda domenica di quel mese. Gli equipaggi venivano scelti dai capibarca sulla calata del porto sotto l'edicola della Madonna del Buon Viaggio e non era raro che di essi facessero parte anche persone venute dalla campagna sovrastante Camogli e bambini di 8, 10 anni. I leudi erano caricati con barili di legno vuoti e sale grosso, oltre a provviste non deperibili, come legumi, pesce o carne salati, l'immancabile galletta, insieme a fichi secchi e limoni della vallata per sopperire alla mancanza di cibo fresco. In tempi più recenti fece la sua apparizione a bordo anche un preziosissimo pacchetto con un etto di caffè, che veniva portato unicamente a scopo medicinale in caso di bisogno. Nei tempi più antichi la partenza avveniva all'alba, i pescatori arrivavano alla spicciolata e si imbarcavano in silenzio, mentre in tempi più recenti la partenza era preceduta da una cerimonia religiosa. La mattina una processione, preceduta dal parroco che portava la reliquia di San Prospero, lasciava la chiesa tra uno scampanio a festa e raggiungeva il porto dove, con la formula <> benediceva la piccola flotta, dopodiché venivano alzate le vele e in un paio di giorni, con vento buono, i leudi arrivavano a destinazione, utilizzando anche i remi in caso di mancanza di vento. Le acciughe appena pescate finivano subito nei barili sotto sale ed il pescato veniva poi venduto a Livorno a mercanti inglesi che, dopo un accurato controllo della qualità del prodotto, che avveniva tramite un'asticella di legno infilata nel barile, lo inviavano in Inghilterra. Quanto veniva pescato con l'ultima calata delle reti veniva portato a Camogli in parte per uso locale, in parte veniva venduto per pagare le provviste e le attrezzature di bordo, acquistate a credito, ed in parte devoluto alla Chiesa. Il ricavato della vendita del pesce a Livorno veniva diviso tra l'equipaggio durante il ritorno: un sesto veniva messo da parte per la Chiesa di Camogli, poi c'era una parte per la barca e le reti, una per il capitano e quella per l'equipaggio che veniva diviso in base ai compiti a bordo. Ai più piccoli restava la parte più esigua, ma molti di quei bambini uscivano da quella scuola con un'esperienza tale che avrebbe loro permesso in seguito di affrontare ben altri velieri e ben altri mari e di fare una brillante carriera. Alcuni di questi leudi erano spesso di proprietà di armatori camogliesi che vedevano in questa attività una ulteriore fonte di profitto e a metà del 1800 nel porto di Camogli se ne contavano 120. Nel 1939 la flotta era ridotta a poche decine di unità con propulsione a motore, ma le modalità di pesca erano le stesse di sempre : la rete calata al tramonto, il sale grosso macinato a mano, le acciughe pulite a bordo da un esperto marinaio, messe sotto sale rigorosamente dal capobarca e poi vendute a Livorno. La parola crociera può suggerire l'idea di un'avventurosa spedizione, in realtà si trattava di sopportare improbe fatiche, l'equipaggio dormiva a bordo come poteva, mangiava quando poteva e solo la domenica poteva gustare un pasto caldo, raramente scendevano a terra e l'igiene personale era quello che era, le mani erano piagate dal continuo salpare le funi delle reti e al ritorno a casa questo uomini non si erano certo arricchiti.
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