mercoledì 7 agosto 2013

Firmate le petizioni per rispedire il rigassificatore a Dubai e per riaprire Gorgona alla civiltà. No alle ridicole cene galeotte!


(la nostra casa all'isola di Gorgona, dove il ministero dell'ingiustizia vorrebbe impedirci di accedere con la forza, senza aver ricevuto nessuna comunicazione ufficiale, nessuna motivazione.... Intanto si ripropongono le grottesche cene galeotte per ricchi curiosi che vengono a vedere i detenuti come venissero ad uno zoo a vedere degli animali chiusi in gabbia e vestiti da camerieri...)

Una delle iniziative più ridicole mai viste in un carcere sono le cosiddette 'cene galeotte', dove i detenuti vengono usati a piacimento di turisti danarosi come fossero dei burrattini. Questa attuale direttrice, Maria Grazia Giampiccolo, che impedisce agli abitanti civili gorgonesi di accedere alle loro case e di far venire i propri parenti ed amici, che impedisce di fare delle escursioni locali, ma che vuole lei far del turismo grottesco senza mai essere sull’isola, è segno dei tempi che viviamo. Del vino, poi, non parliamo, che serve solo a farsi pubblicità con i soldi dei contribuenti. Questi signori usano il loro mediocre potere per farsi belli con i soldi degli altri, uccidendo un paese e le sue origini, aggredendoli in tutti i modi, con il solo scopo di fare di Gorgona un’altra Pianosa, cioé un’isola desertificata e senz’anima. Perché senza i pianosini ed i gorgonesi queste isole sono solo dei deserti in mano a dei profittatori. Come gorgonesi, sconsigliamo a chiunque questo tipo di iniziative, a forte stampo mediatico, ma inutili per i detenuti e per gli abitanti.


Da qualche mese, insieme all'organizzazione internazionale Avaaz, sono partite due nuove ed importanti petizioni. Spero vorrete  firmarle convidendole con i vostri amici e conoscenti.
La prima si chiama: "Chiudiamo il carcere dell'Isola di Gorgona". La seconda: "No al rigassificatore nel mare del Santuario dei Cetacei".
Forse non tutti sanno che in Italia esiste un'isola chiamata Gorgona, a sole 19 miglia da Livorno, dove coesistono una colonia penale ed un paese che sta scomparendo.
Chiudere questa dispendiosissima prigione a cielo aperto è diventata per gli ultimi abitanti ormai una priorità. O il carcere o i gorgonesi, è ormai la scelta da fare.
La grave crisi economica e i continui sprechi impediscono la soppravvivenza dignitosa di questa struttura carceraria, sempre più degradata, ma nessuno ha il coraggio di chiuderla definitivamente perché, con la scusa di un 'carcere modello' che non esiste ed è solo apparenza, si continuano a finanziare progetti inutili, al solo scopo mediatico e per mantenere con i soldi dei contribuenti una burocrazia succhiasangue. 
Casi come questi, dove lo Stato infierisce sui suoi cittadini invece di salvaguardarli, spesso a causa della mediocrità di chi si annida a caro prezzo nelle nostre istituzioni, ce ne sono tanti in Italia. Fermarne uno potrebbe dare un esempio per tanti altri presenti nella nostra Penisola. 

Intanto sta arrivando a Livorno, non lontano dall'isola di Gorgona, un enorme rigassificatore che gli stessi enti vogliono piazzare in mezzo al mare, proprio all'interno del Santuario dei Cetacei e del Parco dell'Arcipelago Toscano. Questa iniziativa va fermata a tutti i costi perché darebbe un colpo mortale all'ambiente e alla bellezza di questi mari.

Per firmare clicca qui sotto:

http://www.avaaz.org/it/petition/Chiudiamo_il_carcere_dellIsola_di_Gorgona/?launch

http://www.avaaz.org/it/petition/No_al_rigassificatore_nel_mare_del_Santuario_dei_Cetacei/?launch



"E’ stata la prima manifestazione anti-rigassificatore dopo il suo arrivo al largo delle coste di Livorno e Pisa. E, nella notte, c’è stato persino un funerale del mare, definitivamente ucciso (secondo i gli oltre tremila manifestanti e i comitati) dal «bombolone», nomignolo affibbiato all’impianto offshore con quell’ironia livornese che a volte però si perde nell’inquietudine. Un successo andato al di là di ogni aspettativa, perché nel lungo serpentone di oltre 3 mila persone che ha attraversato il centro di Livorno di notte incuneandosi sino al quartiere storico della Venezia, dove si svolgeva la festa della città e il palazzo del Comune, c’erano tantissimi giovani, famiglie, gente comune. Nessuna bandiera di partito. Contestati il sindaco di Livorno Alessandro Cosimi (Pd), l’ex primo cittadino Gianfranco Lamberti, l’intera giunta che ha voluto il progetto e naturalmente l’Olt, la società che lo gestirà.
La manifestazione di Livorno non è stata solo un «no» ambientalista al rigassificatore, il primo in assoluto realizzato con una nuova tecnologia (i detrattori parlano di salto nel buio), ma anche uno sfogo per un presunto ma probabile aumento della bolletta per ripianare i costi dell’impianto costruito a Dubai: circa 900 milioni di euro. La crisi energetica ha infatti fatto precipitare la domanda di gas e la Olt (con tanto di sentenza vinta in primo grado al Tar) ha chiesto un sostegno finanziario dallo Stato per 60-70 milioni l’anno e i soldi potrebbero arrivare da un aumento delle tariffe, ovvero della bolletta energetica. Intanto è in corso la procedura di attracco del «bombolone» a nord est dell’isola di Gorgona a una ventina di miglia davanti alle spiagge di Tirrenia (Pisa) nel cuore del Santuario dei cetacei pronto ad affondare le radici, ovvero le tubazioni che raggiungeranno terra in una delle zone a più alto rischio ambientale di Livorno.
Il rigassificatore della società Olt, il secondo impianto offshore d’Italia dopo quello di Rovigo. Alto più di 26 metri, largo 48 metri e lungo 287, ha le stesse dimensioni di un palazzone di otto piani che si è deciso di piazzare non lontano dalle Secche della Meloria (quelle famose per la batosta di Pisa con Genova e per il tradimento del Conte Ugolino) e in una zona ad alto rischio sismico. L’impianto è unico al mondo e dovrebbe garantire la rigassificazione di 3,75 miliardi di metri cubi annui di Gnl, gas naturale che viene liquefatto a -160 gradi. «Durante il processo di liquefazione il suo volume si riduce di 600 volte – spiegano gli esperti – e dunque si può trasportare una grande quantità di energia in uno spazio limitato. Con questa tecnologia il gas non è più schiavo del gasdotto ma può essere acquistato dove costa meno.
I 3,75 miliardi di Gnl trattati sono pari al 4% del fabbisogno nazionale e dunque, sottolineano gli ideatori del progetto, darà più energia all’Italia e aprirà a Livorno nuovi orizzonti, anche occupazionali. «Ci saranno 120 nuove assunzioni», annuncia il management di Olt, la società che gestisce l’impianto. Olt (Offshore Lnf Toscana) è composta (quote alla pari) dal colosso energetico privato tedesco E.On e dalla multiutility Iren (nata dalla costola delle aziende municipali di Genova, Torino e Emilia, compreso il 5,1% in possesso di Asa Livorno, la società municipalizzata in prenne crisi). Al 2,7% c’è la Golar, compagnia nata in Norvegia con sede a Londra e nel paradiso fiscale delle Bermuda. L’Associazione industriali di Livorno ha salutato come un cambio di stagione e un ritorno ai grandi investimenti l’arrivo dell’impianto offshore, ma moòte sono le perplessità.
Il professor Tommaso Luzzati, professore di Economia all’Università di Pisa, ha parlato di un progetto che non aveva alcuna priorità. «Secondo me il rigassificatore si colloca agli ultimi posti negli interventi da adottare nel campo energetico – ha detto l’economista -. In Italia non c’è carenza di energia, semmai c’è spreco. Le nostre case, scuole, ospedali hanno un’enorme dispersione di calore, il nostro sistema di trasporto è tra i peggiori in Europa eppure nulla facciamo». Contestate anche le assunzioni, solo virtuali, perché arriveranno quasi tutte da fuori Toscana e dall’estero". (dal Corriere.it del 7 agosto 2013)

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