mercoledì 28 agosto 2013

Firma la petizione per chiudere il carcere di Gorgona e bloccare il rigassificatore nel Santuario dei Cetacei

La Torre dell'Orologio e, dietro, la Torre Vecchia. Nella prima la colonia penale ci ha fatto un magazzino per le bombole del gas?!? L'antichissima Torre, detta anche Pisana, invece, citata anche da Dante Alighieri nella Divina Commedia, sempre nel territorio controllato dal ministero di Giustizia, sta franando interamente a mare senza che nessuno intervenga a salvarla. Dopo averle restaurate se ne potrebbe fare dell'ottimo agriturismo, se il carcere chiudesse definitivamente i battenti e lasciasse il territorio agli abitanti gorgonesi che intendono ripopolare l'isola e ridargli un'anima. Non certo per farne delle speculazioni edilizie, come vorrebbe far credere un Parco assente ed inutile, ma un turismo protetto e contingentato. D'altronde lo fanno nell'omonima isola di Gorgona, in Colombia, dove prima c'era una prigione ed ora delle visite protette. Loro riescono a farlo mentre noi, in mano ad una burocrazia cieca, mediocre, onnipresente ed onnivora, no!



Da qualche mese, insieme all'organizzazione internazionale Avaaz, sono partite due nuove ed importanti petizioni. Spero vorrete  firmarle convidendole con i vostri amici e conoscenti.
La prima si chiama: "Chiudiamo il carcere dell'Isola di Gorgona".
 La seconda: "No al rigassificatore nel mare del Santuario dei Cetacei".
Forse non tutti sanno che in Italia esiste un'isola chiamata Gorgona, a sole 19 miglia da Livorno, dove coesistono una colonia penale ed un paese che sta scomparendo a causa del carcere.
Chiudere questa dispendiosissima prigione a cielo aperto è diventata per gli ultimi abitanti ormai una priorità. O il carcere o i gorgonesi è ormai l'unica scelta da fare per non disperdere per sempre la storia e il patrimonio del villaggio degli antichi pescatori. 
La secolare convivenza è ormai carta straccia grazie all'attuale direttrice del carcere Maria Grazia Giampiccolo che, abusando dell'autorità che gli concede il ministero di Giustizia, è arrivata addirittura ad impedire lo sbarco ad alcuni gorgonesi che abitano stabilmente sull'isola. 
Questo, insieme ad altre mille prevaricazioni ed ingiustizie della colonia penale sul paese, significa la morte di Gorgona e dei suoi abitanti originari, per farne un'altra isola desertificata e senza un'anima, come è già successo per Pianosa e l'Asinara.
 Per ora siamo a 93 firme.


Per firmare clicca qui sotto:


Intanto è arrivato a Livorno, non lontano dall'isola di Gorgona, un enorme rigassificatore che vogliono piazzare in mezzo al mare, proprio all'interno del Santuario dei Cetacei e del Parco dell'Arcipelago Toscano. Inutile dire che tutti gli enti preposti alla salvaguardia di questo territorio e che magari vietano di pescare con la canna agli abitanti delle isole non hanno alzato un dito (tutti stipendiati da noi: Parco dell'Arcipelago Toscano, Comune di Livorno, Provincia di Livorno, Regione Toscana, ministero dell'Ambiente, Governo). Anzi, hanno fatto di tutto per incentivare l'arrivo di questo ecomostro, i cui guadagni andranno in tasca ai promotori e le spese saranno pagate invece dalle bollette di tutti i contribuenti italiani... .Questa iniziativa va fermata a tutti i costi perché darebbe un colpo mortale all'ambiente e alla bellezza di questi posti, oltre ad essere un pericolo per eventuali esplosioni o l'utilizzo di sostanze chimiche. Siamo a 80 firme.

Per firmare clicca qui sotto:

http://www.avaaz.org/it/petition/No_al_rigassificatore_nel_mare_del_Santuario_dei_Cetacei/?launch




DALLE ORIGINI ALL'INSEDIAMENTO DEI BENEDETTINI 
...
1070 Da Lucca e in data 16 agosto, il pontefice Alessandro II emise una bolla che confermava al monastero della G. il possesso di tutti i suoi beni.
1074 La contessa Matilde di Toscana fece visita ai cenobiti e, come tanti altri prima di lei, elargì cospicue donazioni all'eremo di S Gorgonio allora diretto dall'abate Lanfranco.
I saraceni però tornarono per l' ennesima volta a saccheggiare le misere cose della G. e i pochi monaci presenti si videro costretti di nuovo alla fuga (Riparbelli). Con loro venne via anche il padre Adamo che all'epoca era l 'abate di questa piccola comunità monastica.
1118 All ' inizio del XII secolo i monaci raggiunsero di nuovo un' invidiabile condizione finanziaria che permise loro di trasformare ancora una volta l' isola in una sede di riferimento mistico e spirituale. Ben altri erano gli interessi del mondo esterno. Motivi strategici e militari indussero infatti i Pisani a prendere possesso dell' isola e a distaccarvi in modo stabile un presidio di soldati.
1166 Malgrado le premesse non siano state incoraggianti, fra la repubblica pisana e i monaci gorgonesi venne a consolidarsi una situazione di distensione e di reciproco rispetto poiché la cosa, come spesso succede, giovava ad entrambi.
1184 In un clima di accesa conflittualità fra le repubbliche marinare e fra loro ed i saraceni che continuavano ad infestare le nostre coste, le tre repubbliche di Pisa Firenze e Lucca stipularono un trattato con il re di Majorca nel quale venne riconosciuto ai Pisani il loro dominio sull'Elba, Pianosa, Montecristo, Gorgona, Giglio e Capraia. Venutasi a trovare isolata, Genova si affrettò a concludere un trattato di pace con Pisa.
1267 Il guelfo Carlo D' Angiò, nel corso della guerra che nel frattempo era scoppiata contro i Pisani, mandò le sue truppe in Toscana. Nel corso di questi scontri Livorno venne completamente devastata e rasa al suolo, tanto che è citato negli Annali " Nulla rimase " (An. Meozzi).
1282 In uno scenario storico che non accennava a modificarsi in quanto Genova e Pisa erano perennemente in guerra l'una contro l'altra, i Padri benedettini di G. approfittarono del decadimento della seconda per aumentare il loro già consistente patrimonio.
1283 Il persistere del conflitto fra le città di Genova e Pisa indusse quest'ultima, sempre per motivi strategici, a riprendere il possesso di G. che nel frattempo era tornata di nuovo nelle mani dei monaci.
1284 La flotta genovese e quella pisana si affrontarono davanti a Livorno in una battaglia rimasta famosa. I pisani, come sappiamo, ne uscirono sconfitti.
1288 Per conseguire una resa onorevole con i Genovesi, i Pisani offrirono quale compenso di guerra anche il castello di G. (l'attuale Torre Vecchia).
1292 I Pisani affidarono quindi il comando dell'esercito a Guido da Montefeltro che riuscì in breve a risollevare le sorti della repubblica. Successivamente gli stessi Pisani, pensando forse che questo generale aspirasse al governo assoluto della città, ne disposero il suo allontanamento. Vistosi messo in disparte e andando via da Pisa, Guido da Montefeltro, nel canto XXIII dell'Inferno ricorda l'episodio ripetendo a Dante il famoso anatema lanciato contro la città ingrata.

. . .Ahi Pisa, vituperio delle genti
del bel paese là dove 'l sì sona
poi che i vicini a te punir son lenti,
muovasi la Capraia e la Gorgona,
e faccian siepe ad Armo in su la foce,
sì ch'elli annieghi in te ogni persona!. . .
Nella maledizione dantesca viene auspicato lo spostamento delle isole di Capraia e Gorgona verso la foce dell' Armo in modo tale da provocarne l'ostruzione e la conseguente morte per inondazione di tutti i Pisani. (A.Specchia)

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