Nel 1996 a Monrovia c'era il coprifuoco. Io e il faccendiere barese Aldo ci arrivammo per la terza volta via terra, dalla frontiera a Nord-Est della Costa d'Avorio, Danané. Lì il pervertito trafficante italiano con cui mi ero accompagnato, che penso fosse legato in qualche modo alla malavita italiana, conosceva un doganiere corrotto che ci avrebbe fatto passare senza troppi problemi. Lo aveva conosciuto quando trafficava con il cautchiù e probabilmente anche con le armi da dare a Charles Taylor, quello della guerra civile liberiana, che poi sarà condannato dal tribunale dell'Aja e ora è in Olanda in prigione. Allora però era lui il boss guerrafondaio che si era nominato presidente della Liberia scatenando una sanguinosa guerra civile e Aldo gli pigliava i soldi rubati alla sua gente, tramite una delle sue innumerevoli amanti, per farli transitare in Costa d'Avorio e poi destinarli a qualche caveau svizzero. Ci andammo con due macchine, una quella di Aldo, una Jeep celestina fatta venire dall'Italia sempre in panne, e un furgone comprato all'asta da me all'ambasciata americana ad Abidjan con i soldi di Aldo, compreso del mio mecccanico djoula che mi aveva solato duemila biglietti verdi con il trucco dei dollari con l'inchiostro, che dovevamo dare in regalo alla scorta di Taylor. Quando lo dissi ad Aldo che il mio meccanico mi aveva rubato i soldi voleva lasciarlo a Monrovia in mano ai guerriglieri di Taylor, che ci avrebbero pensato loro. Ma siccome ci serviva, anche se come meccanico si rivelò un disastro, fu graziato. Ma rischiò brutto. Lo capì sin dall'inizio quando lo forzai a venire invece di fare da autista alla mia moglie baulé e tremava come una foglia durante tutto il viaggio. Ma quando mi fregò i soldi non fece una grinza, nonostante fosse il mio meccanico e il mio autista.
In Liberia c'eravamo già andati in precedenza, sempre con Aldo, protetti dai colonnelli di Taylor che se la spassavamo in Costa d'Avorio con le diverse maitresses, altre due volte. La prima volta traversando il fiume Cavally su una piattaforma tra San Pedro e l'entroterra liberiano, per vedere di comprare del cautchiù abbandonato dalla Firestone, scortati da una ventina di bambini guerriglieri su un'unica Toyota che traversava strade dissestate e torrenti. La seconda volta ci andammo con un aereo sgangassato che atterò miracolasamente in una pista dove c'era un mercato di polli nella capitale liberiana. Alloggiavamo all'Holiday Inn di un libanese che sopravviveva con un gruppo elettrogeno. Aldo voleva farsi dare un albergo internazionale crivellato di pallottole da Taylor e passava le notti in bagordi ed orge con fusti liberiani e donne a pagamento. Poi riuscì a fargli venire dai bus da Milano e ci guadagnò con il trasporto navale. Oggi mi ricordava tutto il mondo che ruota intorno al satrapo di Arcore. Praticamente erano della stessa pasta e spesso con i suoi amici dicevamo che se tornava il cosiddetto cavaliere potevano fare meglio gli affari con l'Italia che tanto nessuno controllava.
Questa volta alloggiammo in una specie di mcdonalds unico vicino ad un chek point di Monrovia, tenuto da uno svedese che aveva sposato una liberiana. Sopra c'erano anche delle camere dove la notte ce la spassavamo con le innumerevoli ragazze che ti si offrivano per qualche dollaro e perché eravamo amici di Taylor. Alle 8 di sera c'era il coprifuoco e non si poteva uscire. Gli americani e l'Onu erano asseragliati in un solo quartiere di Monrovia e vi si accedeva solo dal Mamba Point. Avevano tutte auto nuove di zecca e la pelel la rischiavano poco, così come i cosiddetti giornalisti accreditati. Aldo voleva lasciarmi lì quando decise di tornare, ma io gli dissi che da solo non ci restavo manco morto. Da quella volta diradammo le nostre frequentazioni e non ci vedemmo quasi più nonostante abitassimo nella stessa cittadina, a Grand Bassam, l'antica capitale francese a 25 km da Abidjan. Lui si era affittato un intero albergo dove continuava la sua vita di pervertito, mentre io mi ero sposato con un'ivoriana da cui avevo avuto un figlio e vivevo in una villetta tra la laguna e l'Oceano Atlantico. Eravamo troppo diversi e mi faceva anche un po' schifo. L'avevo avvicinato per vedere se riuscivo a fare qualche affare con la mia srl di import export. Ma ero troppo negato per il commercio. Così in Liberia non ci tornai più, nememno dopo la fuga di Taylor e la nuova presidente donna.
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