sabato 29 ottobre 2011
Gorgon live
"Qualcuno o qualcosa sta mettendo le mani su Gorgona. Il 2011 ha visto un’escalation di iniziative per liberare l’isola dal carcere e dai suoi abitanti. I motivi ancora non sono chiari, ma di sicuro c’è un disegno o un regista occulto che sta cercando di accaparrarsi una delle più belle isole italiane. Gli abitanti di Gorgona, che con i suoi due chilometri quadrati a 18 miglia nautiche dalle coste livornesi è la più piccola fra le isole dell’arcipelago toscano, sono appena sessantaquattro. Ma si sentono accerchiati e, con l’aiuto del web (www.ilgorgon.eu), hanno deciso di disseppellire l’ascia di guerra. «Ogni volta che qualcuno propone di vendere i beni demaniali mettono gli occhi su Gorgona - si lamentano -. Era già successo nel 2002 quando c’era Castelli Guardasigilli. Allora si parlò di 5 milioni di euro». L’ultimo round è cominciato il 1 gennaio scorso. Prima il ministero della Giustizia (l’isola ospita una colonia penale con 70 detenuti) ha deciso l’interruzione dei collegamenti con la terraferma e ha costretto i gorgonesi a chiedere un’autorizzazione per far sbarcare parenti e amici. Poi il comune di Livorno, dopo anni di sostanziale disinteresse, ha dato il via ad un controllo capillare di tutte le residenze (senza non si può mettere piede sull’isola). Infine, nel giugno scorso, mentre si iniziava a parlare dell’imminente chiusura del carcere, qualcuno ha messo in giro la notizia che Andrew Beal, un miliardario di Dallas con la passione per il poker, vorrebbe acquistare l’isola per costruirci un casinò, nonostante il Piano del Parco nazionale dell’Arcipelago toscano approvato da Regione, Provincia e Comune di Livorno, vieti espressamente operazioni del genere. Bufale? Paure ingiustificate? Nei giorni scorsi i residenti hanno avuto l’ennesima conferma dei loro sospetti. «Il Demanio di Stato, proprietario di tutti gli immobili, ci ha inviato una lettera in cui ci spiega che le nostre abitazioni non sono più a norma e che entro il 31 dicembre 2011 dobbiamo lasciarle, spiega Antonio Brindisi, portavoce del «Comitato abitanti isola di Gorgona» -. Ci vogliono cacciare. Lo sfratto, infatti, non permetterebbe più ai gorgonesi di mettere piede sull’isola perché la colonia penale lo impedirebbe. E pensare che i lavori di manutenzione delle case ce li siamo sempre fatti da soli. Comunque, dovranno passare sui nostri cadaveri. Anzi, saremo noi a chiedere i danni. Discendiamo dai Citti e dai Dodoli, le due famiglie di agricoltori della Garfagnana che si trasferirono qui per lavorare i terreni dell’isola molti anni prima che aprissero il carcere nel 1869, e ci opporremo a questo disegno in tutte le sedi possibili». «È una cosa assurda. Non si può far scomparire un villaggio senza chiedere nulla a chi ci vive - si arrabbia Christine Koffi, originaria della Costa d’Avorio ma residente a Gorgona da più di quindici anni -. Perché ci vogliono buttare fuori?». In realtà i discendenti dei gorgonesi, in guerra, lo sono almeno da trent’anni. Da quando venne tolto il cancello che divideva la colonia agricola penale dall’antico borgo dei pescatori. «Gli agenti penitenziari cominciarono ad abitare le case abbandonate e da allora la comunità si è spaccata in due fazioni: chi sta con il sistema carcere e chi si oppone - racconta Antonio Brindisi -. Adesso, però, è il momento di tornare a fare fronte comune. Se è vero che il penitenziario non ha futuro (costa 20 milioni di euro all’anno), non possiamo permettere che l’isola finisca abbandonata o peggio nelle mani di qualche privato. Noi abitanti vorremmo ripopolarla utilizzando le strutture del carcere per farne un agriturismo controllato, mantenendo l’identità del paese e l’eredità degli antichi pescatori gorgonesi». Un progetto fattibile? Un’utopia? Dagli uffici centrali del Demanio, per il momento, non arrivano commenti. Si limitano a confermare la notizia dello sfratto: «È vero, abbiamo inviato una comunicazione agli utilizzatori degli alloggi perché devono essere messi a norma». (Francesco Moscatelli, La Stampa del 29.10.2011)
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