sabato 2 luglio 2011
Io sono sardo e me ne vanto
"Chi vi scrive è un emigrato fortunato. Uno dei seicentomila sardi che hanno lasciato la Sardegna per lavorare altrove. Ma in una posizione di privilegio, comoda, protetta. All'inizio mi pareva strano che si usasse la stessa parola - emigrato - per operai e soldati, camerieri e minatori, gente che si spezza la schiena per mettere assieme il pranzo e la cena, e per categorie privilegiate quali gli imprenditori e, appunto, i giornalisti. Ne ho recuperato il senso generale lentamente, incontrando emigrati sardi in Italia e nel mondo, dagli Stati Uniti all'Australia, dalla Germania all'Argentina, e scoprendo che avevamo condiviso tutti, indipendentemente dalla professione e dal censo, lo stesso processo: la trasformazione della nostalgia in rabbia.E' un processo lento ma inesorabile. A un certo punto si esaurisce il piacere di perdersi nelle strade sconosciute e cominci a vedere il dolore e la solitudine metropolitani, poi un giorno l'acqua torbida di Ostia t'immalinconisce e la memoria del Poetto ti strugge, poi un altro giorno incontri in Somalia uomini che si uccidono per contendersi un pezzo di deserto e rivedi come un Eden gli spazi immensi della tua infanzia in Barbagia. E siccome avevi ormai cominciato a misurare le distanze col passo del luogo straniero, quei flash di memoria ti restituiscono il senso dell'essere la tua terra “quasi un Continente”. Scopri che quella definizione abusata, troppo spesso ripetuta, che ormai quasi ti irritava, è esatta: non esiste al mondo un altro luogo dove, in un così piccolo spazio, si concentri il mondo. Il passaggio dalla nostalgia alla rabbia è un viaggio a ritroso: cominci a rivedere la tua terra in ogni angolo del pianeta. E più lo giri, più la ritrovi: ti perseguita. Poi magari per il tuo lavoro ti capita d'incrociare le storie di uomini che lasciano la loro terra, rischiando la vita, spesso perdendola nel Mediterraneo, perché proprio non possono restare nel luogo dove sono nati, e allora ritrovi la consapevolezza della tua fortuna. Non è scontata la democrazia, non è scontato il benessere. Bisogna coltivarli. La democrazia va coltivata con lo stesso amore con cui si coltiva la terra. Cominci a notare le occasioni perdute e i talenti dissipati. Li ho visti, in queste settimane, mentre formavo la redazione di Sardegna24: decine e decine di curricula stellari, studi di eccellenza nelle migliori università del mondo, ed esperienze lavorative misere segnate da retribuzioni modeste e precarie. Il nostro futuro umiliato a favore degli amici degli amici, dei raccomandati, dei furbi. Rilevi che un tempo, quando sei partito, per lo meno agivano di nascosto, si vergognavano. Oggi, invece, quasi rivendicano come un valore la loro cialtroneria e la loro amoralità. Aguzzi lo sguardo e pensi che con tutta quella terra, con tutto quel mare, con tutta quella varietà, potremmo essere ricchi. Ricchi nella misura giusta: quella che dà a tutti i bambini che nascono le stesse opportunità. E constati che non solo non è così, ma che siamo gli ultimi. Gli ultimi nella pur misera ripresa del Paese, gli ultimi nella capacità di rivendicare i nostri diritti. Siamo minores – come i tiranni del malaffare che oggi come ieri dobbiamo buttare a mare – minores e patetici. Siamo giunti a utilizzare alcuni dei luoghi sacri della nostra memoria - Scintu, Dimonios – per coprire – come raccontiamo in questo nostro primo numero – l'incapacità di utilizzare le leggi per salvaguardare i nostri diritti. Povera Sardegna massacrata dai mediocri e dai vassalli. Povera Sardegna che umilia se stessa umiliando le sue migliori intelligenze. Povera terra mia trasformata nel bordello di un miliardario senza dignità. Può finire così una privilegiata esperienza migratoria. Semplicemente con la rabbia che nasce dall'indignazione.Non esiste il giornalismo obiettivo. Esiste il giornalismo onesto. E' la più importante tra le cose che ho imparato da Eugenio Scalfari quando, più di vent'anni fa, andai a lavorare a Repubblica. Non esiste il giornalismo asettico, esiste il giornalismo che offre un punto di vista sul mondo, come abbiamo tentato di fare in questi ultimi anni con Concita De Gregorio a l'Unità. Esiste solo il giornalismo che riferisce la verità sostanziale dei fatti, senza travisamenti e senza censure. Il giornalismo che informa. Quello dove i lettori comprano i giornali non per contare i morti, ma per capire i vivi. E' un lavoro duro che richiede pazienza e umiltà. Gli editori di questo giornale mi hanno garantito assoluta autonomia, e la eserciterò in pieno. Sarete voi, i lettori, a giudicare. E sarete voi stessi i protagonisti di questo progetto, perché Sardegna24 è il giornale che avete tra le mani, ma anche un sito internet, una radio. Una “piattaforma multimediale” aperta al contributo di tutti.Oggi, in questo primo numero, ho pensato che la cosa più onesta fosse rendere esplicite le motivazioni. Secondo la lezione di uno dei più grandi report del nostro tempo, Ryszard Kapuscinski, credo nel giornalismo che cambia la realtà e dà voce agli ultimi". (Giovanni Maria Bellu)
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