sabato 21 maggio 2011

Cacciamo via la cricca con una valanga di voti

"Qualche giorno fa avevamo annunciato il piano straodinario messo a punto da Berlusconi per tentare di ribaltare i ballottaggi attraverso un broglio mediatico. Non erano mancati i commenti di quelli che: “Non facciamo allarmismo, stiamo calmi, questa volta Berlusconi non si farà vedere, cambierà stile, si travestirà da presidente sobrio e istituzionale, cercherà di incastrare De Magistris e Pisapia sulle questioni di merito…”, infatti è andata proprio così!Prima Bossi ha definito Pisapia un matto, poi Lettieri, l’amico di Cosentino, ha chiamato forcaiolo de Magistris, quindi hanno evocato zingaropoli, il leoncavallo, la droga, il terrosimo… Il colpo finale è arrivato ieri sera con il comizio a reti semiunificate di Berlusconi, un colpo di mano, una violazione delle regole, per di più senza contraddittorio alcuno, senza domande, senza diritto di replica.Questa mattina Bersani si è recato davanti alla sede dell’Autorità di garanzia delle comunicazioni per reclamare il rispetto delle norme. Bene, benissimo, ma da lì non bisognerà muoversi sino a quando la legalità non sarà rispettata e poi bisognerà andare davanti alle sedi di Mediaset e della Rai e chiedere ai dirigenti di fare il loro mestiere oppure di andarsene. In particolare, il servizio pubblico non può cavarsela con qualche generico invito al pluralismo.Ieri sera il Tg1 e il Tg2 si sono resi complici di una violazione annunciata, hanno fatto da palo e da complici, gli stessi dirigenti sapevano e non hanno fatto nulla, gli altri hanno fatto finta di essere altrove. Chi pagherà la multa inevitabile? Perchè dovranno essere i cittadini a contribuire alle spese elettorali di Berlusconi? Perchè gli arbitri non rassegnano le dimissioni nelle mani delle massime autorità dello Stato, denunciando la loro impossibilità o incapacità di opporsi alla violenza del conflitto di interessi?Lo stesso vale per i giornalisti, anche per quelli che si autodefiniscono buoni. Perchè tacciono, al di là delle immediata reazione dei dirigenti della Fnsi e dell’Usigrai? Perchè non si apre un confronto redazione per redazione, sino a quando potranno fingere di non vedere che si stanno consumando delle violazioni che colpiscono al cuore l’articolo 21 della Costituzione e lo stesso libero esercizio del voto? Non basta quello che è accaduto per incrociare le braccia?Di fronte a tutto questo non ci possono esserci alibi per nessuno, non possono essere solo i montatori della sede Rai di Milano a far sentire in modo pubblico il loro sdegno e persino la vergogna per un servizio pubblico ridotto alla funzione di zerbino del proprietario della concorrenza? Non si tratta di schierarsi per questa o quella parte, ma di schierarsi dalla parte della Costituzione, delle leggi, del contratto di lavoro che fanno obbligo di garantire, in campagna elettorale, una situazione di parità tra le forze politiche e i contendenti, in particolare nella fase del ballottaggio.In queste ore tutti abbiamo pianto Roberto Morrione, un coraggioso giornalista che ha combattuto con uguale forza il tumore che lo aveva colpito e il tumore delle mafie e dell’illegalità che aveva e ha copito l’Italia. Proprio Morrione ci aveva insegnato che di fronte all’arbitrio e alla prepotenza c’è un diritto-dovere alla resistenza, alla ribellione, all’ordine ingiusto, alla tutela della propria dignità personale e collettiva.Chi non ci sta, chi non vuole piegare la schiena, chi ha orrore per questa melma ha il dovere di reagire, anche da solo. Sarà bene farlo ora, prima che le ronde mediatiche e politiche portino a compimento il loro sporco lavoro". (Il Fatto Quotidiano)

"Ieri sera il prepotente dittatorello che ancora occupa palazzo Chigi ha varcato di nuovo il segno. Ha occupato cinque televisioni, ha camuffato quei messaggi che non gli sarebbero consentiti in campagna elettorale da false interviste, ha bombardato gli spettatori elettori con insulti e bugie.La dignità dell’informazione e del servizio pubblico è stata del tutto cancellata. Non è difficile immaginare la vergogna che devono aver provato quei giornalisti costretti a fare da comparse, senza poter fare nessuna domanda vera perché questo gheddafino italiano non sopporta il contraddittorio.Il rispetto delle regole democratiche è stata ancora una volta ridicolizzato, perché l’imbroglione ha di nuovo voluto dimostrare che lui se ne frega dei divieti e delle norme e che li ignora quando gli pare sicuro che tanto nessuno lo punirà a dovere.Non credo che Berlusconi potrà salvarsi con bravate come quella di ieri sera. I suoi cinque messaggi tutti uguali, tutti illegali e tutti bugiardi hanno solo confermato che, chiuso nel suo bunker, ha perso ogni contatto con la realtà e non capisce che il suo tempo è scaduto definitivamente.Ma questa non è una buona ragione per permettergli di fare a pezzi le regole democratiche e violare le leggi a suo piacimento. Le istituzioni e le autorità, a partire da chi il compito di sorvegliare che la campagna elettorale si svolga correttamente anche in tv, hanno l’obbligo di intervenire subito e con la massima severità. Credo che sia arrivata l’ora di dire basta e che devono essere i cittadini a dirlo con tutti i metodi pacifici che hanno a disposizione. Primo fra tutti il voto nei ballottaggi della settimana prossima e quello del 12 e 13 giugno nei referendum". (dal blog di Antonio Di Pietro)

"Un altro limite è stato superato, forse irrimediabilmente. Un prepotente, abusando in modo autoritario del suo potere e del conflitto d'interessi che lo protegge, ha rovesciato il tavolo. Si è assiso dinanzi alle telecamere di tutti i notiziari e, infischiandosene di ogni regola, si è lanciato in messaggi promozionali per i candidati della destra. Che cosa resta più del corretto gioco elettorale dopo questo oltraggio? Ci sono da qualche parte nelle istituzioni le energie e la volontà per mettere fine a questa oscenità per la democrazia? In tutte le battaglie che ha combattuto - politiche, economiche, finanziarie, fino ai conflitti matrimoniali - Berlusconi ha truccato le carte, ingannato gli antagonisti, corrotto gli arbitri, violato le regole del gioco. Tecnicamente, è un imbroglione perché "ricorre al raggiro in modo abituale". Lo fa anche ora. Ha gli arnesi mediatici a sua disposizione. Li adopera come meglio crede rifiutando ogni autocontrollo, non riconoscendo alcun limite e norma. Dopo giorni di silenzio assordante, il premier s'impadronisce degli schermi televisivi in un illegittimo, abusivo appello alla Nazione frammentato nelle interviste al Tg1, Tg2, Tg5, Tg4, Studio Aperto e al Gr, con uno straniante effetto orwelliano: dovunque fossi sintonizzato, ti raggiungevano la sua voce e le sue parole. Si scrive "interviste", ma l'espressione è alquanto impegnativa per l'umiliante - e servile - spettacolo che tocca osservare. Il Cavaliere quando mette la testa fuori dal Palazzo vuole un ambiente protetto. Riparato e sicuro come il salotto di casa. Così è stato, come d'abitudine anche ieri sera. Mai che l'uomo si avventuri in mare aperto in un confronto pubblico con un suo competitore politico. Si tiene al coperto e getta sulla bilancia non i suoi argomenti (ne ha solo uno da 17 anni e lo vedremo), ma il nudo potere sui media, personali e pubblici. La prepotenza di Berlusconi dovrebbe trovare un contrappeso nelle autorità che custodiscono, per missione o per legge, il principio di uguale chance. Tace, al contrario, l'Autorità per le garanzie delle comunicazioni a Roma. Non pervenuto alcun accenno alla questione dalla commissione parlamentare di vigilanza dei Servizi Radiotelevisivi. Nessun imbarazzo dal presidente di Mediaset, Fedele Confalonieri, che posa da inossidabile "liberale", qualsiasi sia il significato che l'uomo attribuisce alla parola. Nessun gemito dal consiglio d'amministrazione dell'azienda pubblica. Non una parola dal nuovo direttore generale della Rai, Lorenza Lei.In questo silenzio - come definirlo: complice, vile, intimorito, rassegnato? - l'operazione mediatica, predisposta dal premier per ridimensionare la batosta elettorale di domenica scorsa, potrà continuare fino a quando - a babbo morto - i garanti e i custodi dell'equilibrio comunicativo faranno sentire uno spaventoso ruggito del coniglio. È quel che accadrà? O garanti e contrappesi troveranno la decenza di opporvisi? E se non troveranno il decoro della loro funzione pubblica, potremo ancora parlare di una corretta competizione elettorale?Irrompere così nei notiziari televisivi consegna a Berlusconi un vantaggio manifesto. Anzi, un doppio vantaggio: nascondere la sconfitta del 15 maggio; definire l'agenda dei temi che terranno banco negli ultimi sette giorni che separano le città dal secondo voto. I tempi, in queste faccende, sono essenziali, decisivi. Il premier e il suo staff, con la loro mossa illegale, hanno tenuto in considerazione quel che gli inglesi chiamano "gettare i corpi in mare". Se devi buttar giù un boccone amaro o mostrare una statistica che boccia le tue politiche, non farlo mai di lunedì. Fallo quando l'attenzione è allentata, quando c'è in circolo un'altra notizia più ingombrante. Il venerdì sera è il giorno più adatto, consigliano gli inglesi: tutti pensano al fine settimana e sono distratti.Berlusconi parla di venerdì sera in notiziari dipendenti o addomesticati e decide di che cosa si discuterà nell'ultimo tratto di campagna elettorale, un'opportunità che consente di decidere anche (o soprattutto) di che cosa non si discute. Per il capo del governo una chance che gli permette di nascondere la sua rumorosa sconfitta, di non discuterne. Nessun intervistatore ha naturalmente osato affrontare la questione. Nessuno ha ricordato ai telespettatori che Berlusconi si è presentato a questo appuntamento amministrativo trasformandolo in referendum politico nazionale sulla sua persona e sul suo governo. Il premier chiedeva consenso - un consenso pieno: due immediate vittorie a Milano e Napoli, due ballottaggi a Torino e Bologna - per manomettere la Costituzione, dichiararsi legibus solutus e piegare i pubblici ministeri al potere dell'esecutivo. Ne ha ricavato, al contrario dei suoi auspici, la vittoria al primo turno delle sinistre a Torino e Bologna, ballottaggi a Milano e a Napoli. A Milano con il candidato della sinistra, Giuliano Pisapia, in vantaggio di sette punti.Di questa disfatta politica, che lo punisce personalmente, che mostra quanto abbia perso ogni contatto con il Paese e quanto il Paese cominci ad essere insofferente alle sue menzogne, il Cavaliere non vuole a parlare. Non può parlare. Dovrebbe assumersi una responsabilità pubblica e l'informazione serve anche a questo, in fondo, a chiedere al potere di assumersi le sue responsabilità in pubblico. Non è il caso dell'informazione al servizio del Capo che tira via offrendogli la preziosa possibilità di scrivere l'agenda dei temi che terranno banco nella prossima settimana. Quali sono? I soliti, gli stessi di diciassette anni fa. In soldoni, o votate me o i comunisti prenderanno il potere. La filastrocca, ammuffita e noiosa, è sempre uguale. Non c'è un'altra anche se siamo nel 2011. Il premier riesuma una formula politica degli Anni Cinquanta, "le Estreme", per mettere in guardia i milanesi in un discorso dove le parole chiave sono "programma illiberale delle sinistre", "bandiere rosse in città", "Milano, città islamica", "centro sociali dappertutto", "meno tasse per tutti". Nulla di nuovo, l'abituale discorso d'odio (hate speech) ideologico che propone un nemico (le "sinistre estreme", gli "zingari", gli "islamici") per orientarsi nella complessità. Ancora una volta la dottrina di Berlusconi vuole sostituire ogni approfondimento delle informazioni, la concretezza di una discussione, l'efficacia del confronto politico, in una polarizzazione che chiede agli elettori una delega: soltanto io posso difendervi dal nemico in avvicinamento. Un messaggio che Berlusconi intende imporre con la prepotenza e l'abuso di potere. Chi ha il dovere di assicurare l'equilibrio dell'informazione e un corretto confronto politico faccia sentire la sua voce. Subito. Prima che sia troppo tardi". (Giuseppe D'Avanzo-La Repubblica)

"Jorge è di Pamplona e quando prende la parola, in piazza di Spagna a Roma, il piccolo corteo de los indignados è già riuscito a conquistare la scalinata di Trinità dei Monti. Mentre parla dal minimegafono made in China, un fotografo si avvicina e lui lo guarda, si interrompe, gli sorride e gli chiede: “No, por favor”. E quando, durante il suo breve intervento i ragazzi e le ragazze accennano ad un applauso, lui si schermisce e fa cenno con la mano che lo lascino continuare “porque soy timido…” aggiunge.Parla dei suoi problemi di precario, e dice che non si sente rappresentato da una democrazia bipolare che esclude tutte le sfumature politiche nelle quali lui si identifica: sinistra, ecologia, partecipazione democratica. E aggiunge che la Spagna è in mano alle grandi banche, che ricevono aiuti statali a iosa, e lui questo “non lo ha votato”.Maria, prima che il corteo tenti di conquistare la scalinata, parla con un funzionario della Questura che le chiede lumi su chi siano, come si sono organizzati e con chi poteva parlare in loro rappresentanza. Gentilmente gli spiega che “yo no quiero rappresentare nessuno, sono qui perché ho leido della protesta su Twitter, non c’è nessuno che ha organizzato, tutti siamo qui individualmente”. “Si però potevate chiedere in questura il permesso”, fa lui. “La revolución no pide permiso”. Già, la rivoluzione non chiede permesso.Un ragazzo spiega il perchè: “Sono stufo di pacche sulle spalle. Non capisco perchè la nostra generazione è la più preparata della storia ma siamo quelli che hanno meno lavoro e più disoccupazione di sempre”. Poi, rivolgendosi a un gruppo che si unisce ai manifestanti con una birra in mano, gli dice che “siamo qui per difendere la democrazia, non per fare baldoria”.Bene, non c’è bisogno di profonde analisi sociologiche per sapere chi sono questi ragazzi che stanno protestando dal 15 maggio in tutta Spagna, e che sono riusciti a estendere la loro lotta in tutta Europa. I loro temi: fermare la disoccupazione giovanile al 40%, basta aiuti alle grandi banche, partire con una vera democrazia partecipativa che il sistema bipolare non può rappresentare, un impulso allo stato sociale; chiedono un cambio politico immediato e reale; non si sentono né di destra né di sinistra ma sono contro l’astensionismo; sono contro i leaderismi e si scambiano i ruoli di portavoce quotidianamente.Si convocano soprattutto tramite Twitter con il tag #spanishrevolution (in Italia #italianrevolution) e questa è la vera novità comunicativa rivoluzionaria: tutti possono postare su Twitter utilizzando questo tag, non importa chi sia partito per primo, nessuno ha le chiavi di una pagina Facebook o di un sito Internet, ma tutti – collettivamente – compongono il grande mosaico di questa rivoluzione.Abbiamo tanto da imparare.Questa sera si replica a Roma e Torino. Uniamoci a loro. Per le altre città e per rimanere in contatto: www.piratenpad.de/oprevolution". (Il Fatto Quotidiano)

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