martedì 15 marzo 2011

17 marzo 2011. Io non mi sento italiano di questa Italia. Viva i 150 anni dell'Unità d'Italia


In un'Italia come quella di oggi festeggiare i 150 anni della sua unità può creare fraintendimenti. In un'Italia dove le stesse parole 'Forza Italia', 'Partito della Libertà', 'Circoli della libertà', Partito dell'amore', la Padania, la democrazia e quant'altro sono parole vuote o sono state usurpate del loro significato, festeggiare l'unità d'Italia appare confuso. Io festeggio l'Unità d'Italia, con la 'U' maiuscola, dove per Unità non intendo il primeggiare di una nazione su un'altra, ma solo un'appartenenza e una difesa delle buone tradizioni ed istituzioni che sono state conquistate e ci appartengono. Perché se le lotte per arrivare a questi 150 anni hanno avuto come conseguenza questa Italia balorda che è sotto gli occhi di tutti non c'è proprio nulla da festeggiare.
"Dopo soli centocinquant’anni l’Italia sta per finire. In molti partecipano alla distruzione: un capo di governo e capo popolo ricco di misteriosa ricchezza, membro di una misteriosa organizzazione detta P2, da cui ha ereditato fino ai dettagli il programma e il modo di governare; la criminalità organizzata che ha ormai invaso e infettato ogni parte d’Italia; la corruzione che, per esempio, consente di comprare pubblicamente maggioranze parlamentari, se quelle di prima si esauriscono; e una corte sterminata, diffusa fra politici, giornalisti e manager che si presta ad approvare e a celebrare qualunque cosa che offra un ragionevole margine di guadagno. La distruzione è in corso, e l’Italia in cui stiamo vivendo è adesso molto simile alla Libia. Stessa parola d’ordine del gruppo che si proclama “il governo”: distruggere per conquistare. Distruggere in modo dettagliato e meticoloso ogni cosa che abbia a che fare con l’informazione, l’insegnamento, la cultura, la giustizia. Occorre che si senta, nel Paese, una voce sola, poi la voce dei servi. Occorre che il divertimento sia la barzelletta del capo, quando non è intento a soddisfare i suoi bisogni corporali di fronte alla corte ammirata dei suoi sudditi a tassametro. Capite subito che, se questo è lo stato in cui versa l’Italia, il solo patriottismo possibile è il pronto soccorso. Salvare il Paese è il tema, molto prima che dichiarare di amarlo e fare finta di celebrarlo.Vi sarete accorti che, nel fare la lista del male che affligge il Paese, non ho citato la Lega. Non sto pensando che sia migliore. Ha fatto il suo buon lavoro per spaccare il Paese, per far dilagare divisione, risentimento, separazione tra italiani (anni di insulti e disprezzo per il Sud) e verso i nuovi venuti, legali o illegali. Abbiamo tutti ascoltato Le Pen e Borghezio dire ciò che hanno detto a Lampedusa proprio nei giorni di celebrazione della nascita italiana: rigettateli in mare. E mentre l’Italia compie 150 anni, celebrati da poche persone perbene con il maestro Muti al chiuso di un teatro, indicati invano come una festa dal presidente della Repubblica, una nave con 1.800 rifugiati, scampati e disperati è bloccata in alto mare dalla Marina italiana.Ma la Lega, con i suoi paesi governati da sindaci che lasciano digiuni i bambini, verniciano le scuole di verde e danno ogni giorno la caccia a chi gli sembra diverso, prima e dopo averne sfruttato il lavoro, non avrebbe il controllo squadristico di tutto il Paese se l’uomo della P2, che provvede comunque a pagare i conti, non avesse bisogno della gang di Ponte di Legno per restare al governo. Ecco, questa è la festa. È una festa macabra, in cui la morte, la persecuzione, le leggi razziali (si pensi agli sgomberi dei campi nomadi) sono parte della nostra vita quotidiana. L’unica celebrazione che ci resta è l’imitazione: rifare il Risorgimento. Credere, contro ogni evidenza, che esista un’altra Italia pulita, solidale, libera dai tentacoli anche politici della malavita, risvegliare i nostri concittadini dal lungo sonno avvelenato che ha reso sudditi tante persone libere e ha ucciso, per soldi, sentimenti e ideali". (Furio Colombo-Il Fatto Quotidiano)

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