mercoledì 30 giugno 2010
Italiani, brava gente...
"Dell'Utri è stato condannato a 7 anni in appello, è da tempo senatore per non finire in galera (nominato dallo psiconano e non eletto dai cittadini). Il prossimo grado di giudizio (la Cassazione) non deciderà nel merito, ma solo nella forma. Quindi, nel merito, Dell'Utri è colpevole secondo la Giustizia italiana. Se Dell'Utri rimane in libertà e percepisce lo stipendio e i benefit da parlamentare e il popolo italiano non fa una piega, allora ha ragione Marcello, fondatore, allenatore e suggeritore di Forza Italia, a definire eroe il pluriomicida Mangano. E ha ragione anche Berlusconi a definirci coglioni, e Minchiolini a fare telegiornali sull'assoluzione di Dell'Utri. Per una questione di equità, tutti i carcerati che stanno scontando una pena per condanne fino a 7 anni devono essere rilasciati. Pdl e Pdmenoelle potrebbero organizzare un indulto estivo ad hoc come nel 2006, un'altra legge bipartisan ad delinquentes. Alle prossime elezioni si potrà organizzare una riffa con tutti i nomi dei farabutti rimessi in libertà. Gli estratti diventeranno deputati e senatori della Repubblica. Un Parlamento di ex galeotti, un partito trasversale Gratta e Vinci delle Libertà. Una ideale continuazione del Parlamento attuale ripieno di condannati in via definitiva, in primo o secondo grado o indagati. Qual è il grado di sopportazione di questo Paese? C'è un Paese? Qualcuno è rimasto in casa? Un Paese in cui i giornali parlano di legge bavaglio da mesi quando si sono imbavagliati da soli da anni con interviste in ginocchio al "bibliofilo" Dell'Utri, all'"onorevole" Dell'Utri. Vorrei mandare un messaggio di solidarietà alla Federazione Nazionale Stampa Italiana: "Restituiteci i soldi delle nostre tasse con cui stampate le balle quotidiane e vergognatevi, pentitevi, mettete un cappello a punta con sopra scritto: "Venduti"".Qualche volta ti domandi se ha senso opporsi al degrado di un popolo (Dell'Utri è solo un sintomo, lo è anche Berlusconi) e cosa fare per risvegliarlo. Ti guardi allo specchio, più vecchio, più incazzato, più disilluso. Pensi a lasciare tutto e andare via. In un Paese civile nel quale un condannato per concorso esterno alla mafia sarebbe allontanato da qualunque carica pubblica. Sarebbe in galera, evitato da tutti. Ricordi Borsellino, che sapeva di essere stato condannato a morte, e ti chiedi chi glielo ha fatto fare. Pensieri così, di chi vede crescere l'indifferenza e l'ignavia degli italiani di fronte a qualunque stupro della democrazia. Gli italiani sono i colpevoli, non tutti, ma la maggioranza assoluta certamente sì. Meritano quello che hanno e forse anche di più". (dal blog di Beppe Grilli)
martedì 29 giugno 2010
lunedì 28 giugno 2010
domenica 27 giugno 2010
sabato 26 giugno 2010
venerdì 25 giugno 2010
giovedì 24 giugno 2010
Morire d'energia
"William Allen Kruse si è sparato un colpo alla testa. Era il capitano di una nave da pesca della Louisiana. Aveva perso il lavoro a causa della marea nera che è uscita ininterrotta dal fondo dell'Oceano Atlantico. Claudio Scajola invece sta bene anche se non si fa vedere in giro con la stessa frequenza di una volta. Non rilascia più le sue caratteristiche interviste "ad minchiam". Vive la sua vita inconsapevole di sempre. Stefania Prestigiacomo, tuttora ministro per l'Ambiente, fa shopping, quando le è possibile, di articoli di moda e di pelletteria femminile nelle vie della Capitale.Il duo Scajola/Prestigiacomo ha concesso negli ultimi anni 95 nuovi permessi di trivellazione in Italia. 71 sulla terraferma e 24 nel Mediterraneo. La superficie interessata dalle trivellazioni nei nostri mari ha una superficie pari alla Regione Abruzzo, circa 11.000 metri quadrati. I petrolieri potranno bucare ovunque, dalle Tremiti alle coste della Sicilia, dalle coste marchigiane e pugliesi alle isole Egadi a Pantelleria, dallo Ionio alle acque intorno all'isola d'Elba a quelle sarde di Oristano. La corsa al petrolio italiano e alla distruzione dell'ambiente e del turismo è un richiamo irresistibile per i petrolieri di mezzo mondo, inclusi ovviamente quelli italiani. E' quasi uno stampede della corsa all'oro nero. Il presidente di Assomineraria Claudio Scalzi spiega che c'è "un certo disordine iniziale" compensato però dal "movimento che porta investimenti, royalties e vivacità". Mi risulta che in Italia non è prevista la responsabilità delle compagnie petrolifere in caso di incidente. Le bandiere blu delle nostre coste diventeranno nere come il petrolio e sono, in realtà, già sulla buona strada. L'italia ha il maggior numero di siti non balneabili d'Europa.Il popolo italiano è cambiato in trent'anni, da Chernobyl al disastro della piattaforma BP nel Golfo del Messico. Dopo l'incidente nucleare, nessun politico si sognò di proporre nuove centrali nucleari in Italia. Il nucleare fu cancellato da un referendum. Oggi, di fronte al più grande disastro ambientale della Storia che potrebbe condurre a esiti imprevedibili come un'immane esplosione sotterranea di gas, compressi ora dal petrolio, con la scomparsa di interi Stati americani, Sogliola e Presty trivellano il Mediterraneo e gli italiani, come le stelle stanno a guardare". (dal blog di Beppe Grillo)
martedì 22 giugno 2010
La nuova dittatura
"Si può organizzare un golpe schierando l’esercito e in un solo giorno conquistare il potere per instaurare un regime, azzerando la dialettica parlamentare e gli equilibri democratici e spargendo, anche, sangue civile innocente. Dal ‘900 al secolo contemporaneo, da Hitler a Pinochet fino a Mugabe: la storia è costellata di colpi di stato in tutto il mondo. Berlusconi ci insegna, invece, che si può realizzare un golpe emendamento dopo emendamento, decreto legge dopo decreto legge, Consiglio dei ministri dopo consiglio dei ministri. Usando lo strumento della legge ordinaria, piegata ai propri interessi e ai propri fini, si può erodere la Costituzione e intaccare la democrazia, senza spargimento di sangue e senza militari nelle strade. E’ un modo moderno, occidentale, silenzioso, diciamo anche apparentemente innocuo e più sicuro per chi lo attua. Così progressivamente si marcia in direzione di un regime mascherato, dove la Carta e la democrazia non sono abrogate ma semplicemente svuotate. Comunque uccise. Da tempo è quello che si sta realizzando nel nostro Paese che, storicamente, manifesta come una sorta di attrazione irresistibile e fatale per l’uomo solo al comando, per il grande ‘decisore’, per il potere forte. Una vecchia tendenza che si ripete riaggiornandosi, negli strumenti e nei modi, ma sempre uguale nella sostanza. Il parlamento sarà un ‘bivacco per i miei manipoli’ (Mussolini dixit), oggi è lo spazio della ratifica dei desiderata di Berlusconi. Lo sciopero abrogato e la libertà di informazione azzerata con la chiusura dei giornali; la fine del controllo giudiziario anche verso la politica per una magistratura asservita e servente il potere, con la nascita dei tribunali speciali per perseguitare e confinare il dissenso; le leggi razziali e i patti con i grandi dittatori. Tutto questo si è realizzato o non si è realizzato nel ventennio fascista? Tutto questo non ricompare anche oggi, soltanto in una versione aggiornata e ammodernata, soltanto più camuffata? A Pomigliano si impone agli operai la rinuncia al diritto costituzionale di astenersi dal lavoro in cambio del mantenimento della fabbrica Fiat, mentre Sacconi pochi mesi fa proponeva l’idea dello ‘sciopero bianco’ come accade nell’estremo oriente del lavoro schiavizzato. La Lega confeziona leggi e misure come il reato di clandestinità (tu sei immigrato clandestino, quindi colpevole indipendentemente da come agisci e anche se non delinqui: è il tuo status burocratico ad inchiodarti al palo della colpa) e come i respingimenti dei naufraghi stranieri nei lager di Tripoli. L’asse internazionale si cerca con Gheddafi e Putin: si stringono accordi commerciali ed economici, dimenticando i regimi che hanno instaurato. Non c’è campo di concentramento libico, non c’è persecuzione in Cecenia o killeraggio di giornalisti indipendenti che scoraggi la sentita ‘amicizia’. Sulla giustizia e l’informazione più di tutte le norme parla il ddl intercettazioni, contrario alla Costituzione perché viola l’art.21 sul diritto ad informare ed essere informati, ma anche perché contrasta col principio dell’obbligatorietà dell’azione penale e dell’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, fino ad essere in conflitto con le sentenze della Corte Costituzionale. Anche sul fronte internazionale appare una violazione del diritto e preoccupa il resto dei Paesi. A riprova di questo basti ricordare l’intervento recente dell’Osce e, poche settimane fa, del sottosegretario Usa alla Giustizia Breuer. La lotta alle mafie e la libertà mediatica, che questo ddl aggredisce, sono questioni che interessano la comunità globale. Perciò insieme agli altri colleghi dell’Alde, di cui IdV fa parte, abbiamo indirizzato una lettera ai capi di Stato e di Governo dell’Ue per chiedere di vigilare su quanto si sta realizzando in Italia. Il ddl intercettazioni non è compatibile con gli standard europei sulla libertà di stampa e sul diritto dei cittadini a sapere, come sancito dall'art. 11 della Carta Ue dei diritti fondamentali e dall'art. 10 della Convenzione europea per i diritti umani. Rischia inoltre di ostacolare la lotta alle mafie e alla corruzione che in modo convergente l’Ue sta portando avanti con grande impegno e che investe anche gli Usa. La lotta al narcotraffico che gli Stati Uniti sono chiamati ad affrontare, per esempio, avviene con la collaborazione dei Paesi europei, essendo il fenomeno internazionale. Si capisce allora l’intervento allarmato del sottosegretario Breuer, che teme che il ddl rallenti il perseguimento del crimine in Italia con ripercussioni transnazionali. Il limite temporale alle intercettazioni e la difficoltà burocratica per disporne, oltre al velo di silenzio che cala sulle indagini da parte dell’informazione, sono attacchi mirati e chirurgici alla democrazia. Che non è aggredita ufficialmente, così come non lo è la Costituzione. Dicono i 'soloni' della maggioranza: aggiornare, ammodernare, riformare, non stravolgere. Ma è fascismo democratico, bellezza! Quindi striscia e cresce col rischio di passare inosservato, quando apparentemente la Costituzione e la democrazia restano in piedi. Ma è fascismo democratico, bellezza! Per tanto deve spingere la società civile in piazza Navona il 1 luglio per dire compattamente no. Il sindacato dei giornalisti, le associazioni, il mondo dei media e della giustizia, il popolo viola e i singoli cittadini. Questa volta del resto l’Europa e la comunità internazionale ci guardano preoccupati. Non deludiamoli, non deludiamoci". (Luigi de Magistris)
lunedì 21 giugno 2010
domenica 20 giugno 2010
sabato 19 giugno 2010
venerdì 18 giugno 2010
Buon compleanno San Suu Kyi e lunga vita a Josè Saramago
"Ancora una volta rinnovo il mio appello perché il governo birmano liberi immediatamente e senza condizioni Aung San Suu Kyi e tutti i prigionieri politici". E' il contenuto della lettera scritta dal presidente degli Stati Uniti Barack Obama in occasione del 65° compleanno del premio Nobel per la pace e leader dell'opposizione in Myanmar. "La sua determinazione, il suo coraggio e il suo personale sacrificio nel battersi per i diritti umani e per un cambiamento democratico in Birmania sono di ispirazione a tutti noi, che ci schieriamo a favore della libertà e della giustizia", si legge ancora nella lettera, il cui testo è stato diffuso dalla Casa Bianca.Il compleanno di San Suu Kyi è l'occasione per riportare l'attenzione della comunità internazionale sul regime birmano e sugli oltre 2 mila prigionieri politici tenuti in isolamento o rinchiusi nelle carceri del Myanmar. In un'altra lettera fatta uscire di nascosto dal paese e recapitata al quotidiano britannico The Independent, il collaboratore più stretto di san Suu Kyi, U Win Tin, si rivolge ai paesi liberi perché facciano pressione sul governo di Naypyidaw: "Per favore, usate la vostra libertà per promuovere la nostrà", scrive U Win Tin, "e voglio aggiungere qualcosa di più. Per favore portateci più libertà, in Birmania. Siamo affamati di libertà e stiamo aspettando che qualcuno, qualche istituzione o qualche Paese ce la porti". E in tutto il mondo si moltiplicano le iniziative a sostegno della premio Nobel per la pace che, ancora una volta, dovrà passare il giorno del suo compleanno sotto sorveglianza: la famiglia e le persone più vicine ad Aung San Suu Kyi organizzeranno una piccola festa in suo onore (alla quale, ancora una volta, la dissidente più nota al mondo non potrà prendere parte), ma per onorare il suo coraggio e la sua tenacia volontari pianteranno ventimila alberi in tutta la Birmania. La mobilitazione si sposta anche oltreconfine: manifestazioni sono state organizzate davanti ai consolati birmani di Hong Kong e Manila, altre dimostrazioni sono attese a Washington e a Londra". (La Repubblica)
Purtroppo è morto lo scrittore José Saramago, un fratello a pelle. Eccone qui di seguito un ricordo che ne fa Roberto Saviano: "Di tutte le cose che poteva fare Josè Saramago morire è quella più inaspettata. Se conoscevi Josè proprio non lo mettevi in conto. Sì, certo tutti muoiono, anche gli scrittori.Ma lui non ti dava proprio alcuna impressione di essersi stancato di vivere, respirare, mangiare, amare. Si era consumato negli ultimi anni, tra la carne e le ossa sembrava esserci sempre meno spessore, la sua pelle sembrava un sottile mantello che ricopriva il teschio. Ma diceva: «Potessi decidere, io non me ne andrei mai». Parlare della morte di qualcuno cui si è voluto bene, molto bene, rischia di essere solo un esercizio retorico, una proclamazione di memoria e virtù del defunto. L´unico modo che si ha per mantenersi sinceri, è quello di tentare di descrivere lo spazio di vita in più che ti ha dato chi ha finito di respirare. Questo vale la pena fare. Vedere quanto ti è stato sommato alla tua vita, ciò che ti è rimasto dentro, che riuscirai a passare a chi incontrerai, e questo sì, ha il sapore della vita eterna. In fondo molto non è andato via, se molto sei riuscito a trattenere. Avevo conosciuto Saramago per la prima volta come tutti, leggendolo. Il Vangelo secondo Gesù era il suo libro che mi aveva cambiato, trasformando il modo di sentire le cose. Quel Gesù uomo, che sbaglia, ama, arranca, cerca di essere felice, mi era sembrato essere un personaggio del tutto nuovo nella storia della letteratura. Era una sintesi dei vangeli apocrifi, dei vangeli ufficiali, dei racconti pagani e delle leggende materialiste sul Cristo socialista. Era il Gesù dell´amore carnale verso Maria Maddalena. Su questo Saramago ha scritto parole incantevoli come solo il Cantico dei Cantici era riuscito a creare: «Guarderò la tua ombra se non vuoi che guardi te, gli disse, e lui rispose "Voglio essere ovunque sia la mia ombra, se là saranno i tuoi occhi"». E´ un Gesù umano che non vuole morire: è il contrario della santità, è uomo con i suoi errori, peccati, talenti e con il suo coraggio. Sembra dire al lettore che basta esser fedeli a se stessi per conoscere la vita e non diventare dei servi, o degli schiavi. «Allora Gesù capì di essere stato portato all´inganno come si conduce l´agnello al sacrificio, che la sua vita era destinata a questa morte, fin dal principio e, ripensando al fiume di sangue e di sofferenza che sarebbe nato spargendosi per tutta la terra, esclamò rivolto al cielo dove Dio sorrideva, Uomini, perdonatelo, perché non sa quello che ha fatto». Proprio così: il Gesù di Saramago rivolgendosi all´uomo chiede di perdonare Dio, ribaltando la versione evangelica del "Padre perdona loro". E poi ho letto Cecità, altro suo romanzo che ho amato molto e che spesso mi torna in mente. In una frase. Pronunciata da lui per rispondere a me che maledivo certe scelte che mi avevano rovinato la vita. «Arriva sempre un momento in cui non puoi fare altro che rischiare». E la parola di Saramago era sempre una parola rischiosa, non cercava mai di farsi comoda. Sognavo di trasferirmi da lui, come mi aveva consigliato, esprimendomi solidarietà nei giorni più difficili. Non lo dimenticherò mai. E non dimenticherò mai l´imbarazzo estremo in cui mi trovai quando mi definì "maestro di vita". Io che da lui cercavo continuamente indicazioni, esperienza, per galleggiare in un oceano di difficoltà, bile, rabbia, ostilità. Lui era un maestro che insegnava per farsi a sua volta insegnare. A Stoccolma disse che nella sua vita le persone più sagge che avesse mai conosciuto erano i suoi nonni. Entrambi analfabeti. La loro saggezza era stata costretta a rinunciare per povertà al libro, alla musica, ai teatri, ai dipinti, ma che era riuscita a conoscere la vita, a sentirne con generosità quello che José chiamava sussurro. «Tutte le cose, le animate e le inanimate, stanno sussurrando misteriose rivelazioni». Una volta scambiandoci alcune riflessioni sullo stile, citai Albert Camus convinto che «lo scrittore che decide di scrivere chiaro vuole lettori, lo scrittore che scrive oscuro vuole invece interpreti». E la risposta fu: «ecco cos´hanno di simpatico le parole semplici, non sanno ingannare». Trovare parole semplici è il mestiere più complicato che sceglie di fare uno scrittore. Avevi ragione, José: «il viaggio non finisce, solo i viaggiatori finiscono". E ora tocca a noi qui. Continueremo a camminare con le tue parole a indicarci la strada senza fine".
Purtroppo è morto lo scrittore José Saramago, un fratello a pelle. Eccone qui di seguito un ricordo che ne fa Roberto Saviano: "Di tutte le cose che poteva fare Josè Saramago morire è quella più inaspettata. Se conoscevi Josè proprio non lo mettevi in conto. Sì, certo tutti muoiono, anche gli scrittori.Ma lui non ti dava proprio alcuna impressione di essersi stancato di vivere, respirare, mangiare, amare. Si era consumato negli ultimi anni, tra la carne e le ossa sembrava esserci sempre meno spessore, la sua pelle sembrava un sottile mantello che ricopriva il teschio. Ma diceva: «Potessi decidere, io non me ne andrei mai». Parlare della morte di qualcuno cui si è voluto bene, molto bene, rischia di essere solo un esercizio retorico, una proclamazione di memoria e virtù del defunto. L´unico modo che si ha per mantenersi sinceri, è quello di tentare di descrivere lo spazio di vita in più che ti ha dato chi ha finito di respirare. Questo vale la pena fare. Vedere quanto ti è stato sommato alla tua vita, ciò che ti è rimasto dentro, che riuscirai a passare a chi incontrerai, e questo sì, ha il sapore della vita eterna. In fondo molto non è andato via, se molto sei riuscito a trattenere. Avevo conosciuto Saramago per la prima volta come tutti, leggendolo. Il Vangelo secondo Gesù era il suo libro che mi aveva cambiato, trasformando il modo di sentire le cose. Quel Gesù uomo, che sbaglia, ama, arranca, cerca di essere felice, mi era sembrato essere un personaggio del tutto nuovo nella storia della letteratura. Era una sintesi dei vangeli apocrifi, dei vangeli ufficiali, dei racconti pagani e delle leggende materialiste sul Cristo socialista. Era il Gesù dell´amore carnale verso Maria Maddalena. Su questo Saramago ha scritto parole incantevoli come solo il Cantico dei Cantici era riuscito a creare: «Guarderò la tua ombra se non vuoi che guardi te, gli disse, e lui rispose "Voglio essere ovunque sia la mia ombra, se là saranno i tuoi occhi"». E´ un Gesù umano che non vuole morire: è il contrario della santità, è uomo con i suoi errori, peccati, talenti e con il suo coraggio. Sembra dire al lettore che basta esser fedeli a se stessi per conoscere la vita e non diventare dei servi, o degli schiavi. «Allora Gesù capì di essere stato portato all´inganno come si conduce l´agnello al sacrificio, che la sua vita era destinata a questa morte, fin dal principio e, ripensando al fiume di sangue e di sofferenza che sarebbe nato spargendosi per tutta la terra, esclamò rivolto al cielo dove Dio sorrideva, Uomini, perdonatelo, perché non sa quello che ha fatto». Proprio così: il Gesù di Saramago rivolgendosi all´uomo chiede di perdonare Dio, ribaltando la versione evangelica del "Padre perdona loro". E poi ho letto Cecità, altro suo romanzo che ho amato molto e che spesso mi torna in mente. In una frase. Pronunciata da lui per rispondere a me che maledivo certe scelte che mi avevano rovinato la vita. «Arriva sempre un momento in cui non puoi fare altro che rischiare». E la parola di Saramago era sempre una parola rischiosa, non cercava mai di farsi comoda. Sognavo di trasferirmi da lui, come mi aveva consigliato, esprimendomi solidarietà nei giorni più difficili. Non lo dimenticherò mai. E non dimenticherò mai l´imbarazzo estremo in cui mi trovai quando mi definì "maestro di vita". Io che da lui cercavo continuamente indicazioni, esperienza, per galleggiare in un oceano di difficoltà, bile, rabbia, ostilità. Lui era un maestro che insegnava per farsi a sua volta insegnare. A Stoccolma disse che nella sua vita le persone più sagge che avesse mai conosciuto erano i suoi nonni. Entrambi analfabeti. La loro saggezza era stata costretta a rinunciare per povertà al libro, alla musica, ai teatri, ai dipinti, ma che era riuscita a conoscere la vita, a sentirne con generosità quello che José chiamava sussurro. «Tutte le cose, le animate e le inanimate, stanno sussurrando misteriose rivelazioni». Una volta scambiandoci alcune riflessioni sullo stile, citai Albert Camus convinto che «lo scrittore che decide di scrivere chiaro vuole lettori, lo scrittore che scrive oscuro vuole invece interpreti». E la risposta fu: «ecco cos´hanno di simpatico le parole semplici, non sanno ingannare». Trovare parole semplici è il mestiere più complicato che sceglie di fare uno scrittore. Avevi ragione, José: «il viaggio non finisce, solo i viaggiatori finiscono". E ora tocca a noi qui. Continueremo a camminare con le tue parole a indicarci la strada senza fine".
mercoledì 16 giugno 2010
Io non sono italiano
Da oggi non mi riconosco più in questo Stato, nelle sue istituzioni e nelle sue rappresentanze politiche. Mi ritengo libero di agire per averne uno diverso e migliore fuori dalle gabbie apparentemente democratiche che ci imprigionano e che sono state occupate da mestieranti da quattro soldi e malavitosi senza scupoli sociali e morali. Mi rifiuto di pagare qualsiasi tassa e gabello che continui ad ingrassare faccendieri e puttanieri che hanno occupato le nostre istituzioni, le nostre tesorerie e le nostre rappresentanze. Da oggi e fino a quando non ci sarà una rigenerazione completa della nostra società non mi sento rappresentato da nessuno. Chi crede nelle stesse cose mi segua. Quando i rubinetti delle casse pubbliche non saranno più riempiti dai nostri soldi questi banditi andranno a rubare, corrompere e rimestare altrove, magari in galera, lasciandoci liberi di esistere civilmente. Altrimenti rimane solo lo scontro diretto. A proposito, come giornalista professionista posso pubblicare senza andare in galera per quattro anni. Utilizzatemi, mi metto a disposizione di chi non lo potrà fare.
domenica 13 giugno 2010
venerdì 11 giugno 2010
Disobbedienza civile totale
Da oggi non mi riconosco più in questo Stato, nelle sue istituzioni e nelle sue rappresentanze politiche. Mi ritengo libero di agire per averne uno diverso e migliore fuori dalle gabbie apparentemente democratiche che ci imprigionano e che sono state occupate da mestieranti da quattro soldi e malavitosi senza scupoli sociali e morali. Mi rifiuto di pagare qualsiasi tassa e gabello che continui ad ingrassare faccendieri e puttanieri che hanno occupato le nostre istituzioni, le nostre tesorerie e le nostre rappresentanze. Da oggi e fino a quando non ci sarà una rigenerazione completa della nostra società non mi sento rappresentato da nessuno. Chi crede nelle stesse cose mi segua. Quando i rubinetti delle casse pubbliche non saranno più riempiti dai nostri soldi questi banditi andranno a rubare, corrompere e rimestare altrove, magari in galera, lasciandoci liberi di esistere civilmente. Altrimenti rimane solo lo scontro diretto. A proposito, come giornalista professionista posso pubblicare senza andare in galera per quattro anni. Utilizzatemi, mi metto a disposizione di chi non lo potrà fare.
Non ci resta che piangere
Sciopero generale immediato. Senza se e senza ma. Quando l’avversario combatte con uno spadone non lo si può contrastare impugnando una margherita.Con il disegno di legge Alfano sulle intercettazioni governo e maggioranza cercano di travolgere la Costituzione e l’assetto giuridico e sociale della nostra democrazia.I giornalisti hanno il dovere di informare i cittadini in modo corretto, completo e tempestivo. Il primo loro obbligo è dunque quello di far loro capire cosa sta accadendo, combattendo in breccia la propaganda e il marketing politico di chi ha concepito e sta cercando di realizzare i punti base del Piano di rinascita della P2: disarmare la magistratura e imbavagliare la stampa. Perché la prima si occupi solo dei ladri di galline e la seconda convinca gli italiani di vivere dentro una soap opera continuata.L’Unione Cronisti ha capito immediatamente la portata eversiva del Ddl Alfano sulle intercettazioni e l’ha combattuto apertamente e duramente. E, allo stesso tempo, ha sollecitato tutte le organizzazioni del giornalismo a fare altrettanto.Con la stessa chiarezza, l’Unci sostiene che prevedere lo sciopero generale dopo un mese dal voto del Senato è un grave errore. Se è giusta, come lo è, l’analisi sull’attacco alla democrazia fatta concordemente da Unci, Fnsi, Ordine l’unica risposta al voto del Senato è lo sciopero generale immediato. Qui e ora. Sciopero seguito da un mese intero di manifestazioni in ogni città d’Italia e ripetuto alla vigilia del voto conclusivo della Camera. Prima del voto, non dopo.Quando la democrazia è in pericolo è meglio farne due, tre, quattro di scioperi generali piuttosto che uno soltanto a babbo morto.Tutte le altre iniziative per informare i cittadini di quanto accade sono giuste e necessarie e vanno intensificate, ma lo sciopero generale deve essere l’arma principale dei giornalisti per contrastare il tentativo di sovvertire la democrazia.
""I professionisti della richiesta al presidente della Repubblica di non firmare spesso parlano a vanvera. Per il resto non ho nulla da aggiungere". Questo il monito di Giorgio Napolitano nel giorno dell'approvazione della legge bavaglio al Senato. Non si può dire che Morfeo manchi di coerenza. Lui firma sempre, è chi gli chiede di non firmare che parla, appunto, a vanvera. Resta però il senso di naufragio della democrazia, di una zattera Italia senza riferimenti, ancorata a un ultraottantenne per non affondare. Coloro che oggi si indignano in Parlamento, tranne pochissime eccezioni, sono gli stessi che hanno consegnato l'Italia a Berlusconi, che gli hanno regalato le concessioni televisive e permesso ogni conflitto di interessi. Che hanno tollerato Dell'Utri e Cuffaro in Parlamento e ridotto a mercimonio ogni azione politica e economica, dalla Bicamerale allo Scudo Fiscale. Se l'azione di governo fa ribrezzo, quella della cosiddetta opposizione fa ancora più schifo. I pdimenoellini che sono usciti dall'aula per non votare ci rimangano per sempre, nessuno noterà la loro assenza".(dal blog di Beppe Grillo)
"Avviso ai naviganti e soprattutto ai paraculi che si scandalizzano perché lo squilibrato attacca la Costituzione. Ragazzi, non c’è più nulla che quell’ometto malato possa fare o dire di nuovo: ha già fatto e detto tutto. Sono 16 anni che fa e dice di tutto. Perché lui è così. Se la legge vieta certi suoi comportamenti, è sbagliata la legge e lui la cambia. Se la Costituzione vieta certe leggi, è sbagliata la Costituzione e lui la cambia. Chi si stupisce dovrebbe spiegarci dove ha vissuto dal 1994 a oggi e perché non ha fatto nulla per fermarlo. Anche la comica finale sulla legge bavaglio, contro la quale strepita financo il Pompiere della Sera, era ampiamente scontata.Tutte le leggi ad personam (siamo a quota 39, contando solo quelle per quella personam) hanno seguito la medesima tecnica, tipica del racket delle estorsioni. B, per ottenere 10, minaccia 100. Anziché dirgli semplicemente No, con un’opposizione intransigente e irriducibile contro il 10 e contro il 100, il Quirinale, il Pd e ora pure i finiani si mettono a trattare per “limitare i danni”.Lui gli serve in tavola un letamaio e quelli lavorano di fino per “migliorare” il letamaio, levando col cucchiaino qualche grammo di letame. Alla fine se lo mangiano e lo trovano pure buono.Così B. fa la figura del moderato aperto al dialogo e, se puntava a 10, ottiene almeno 50. Sono due anni che la legge bavaglio viene emendata, ritoccata, smussata, ruminata, covata: su richiesta ora di quel genio di D’Alema (che ringrazia molto Gianni Letta perché, bontà sua, ha ritirato il segreto di Stato su tutto quel che fanno le spie); ora delle vittime dei pedofili (grate perché Gasparri e Quagliariello, magnanimi, ritirano l’emendamento che salva gli autori di violenze sessuali “lievi”, come se lo stupro fosse questione di millimetri); ora del capo dello Stato, che non tenta più nemmeno di smentire le cronache sulle sue quotidiane interferenze nell’iter di formazione delle leggi che egli stesso dovrebbe valutare (e respingere) ALLA FINE, non DURANTE il percorso parlamentare (poi si meraviglia se B. vuole la sua firma preventiva sulla manovra e Alfano sul bavaglio).Risultato: il letamaio puzza esattamente come prima, ma viene spacciato per Chanel numero 5. In America (lo notava ieri Luigi Ferrarella) si apre il processo all’ex governatore dell’Illinois Blagojevic, intercettato mentre vendeva il seggio senatoriale liberato da Obama. La stampa Usa pubblicò regolarmente le intercettazioni in piena inchiesta, e senza bisogno di piatirle da questo o quell’avvocato o usciere: erano contenute in un atto ufficiale della Procura, dunque pubbliche, dunque pubblicabili. In Italia i giornalisti che le han pubblicate sarebbero finiti sotto processo e i loro giornali falliti sotto una gragnuola di multe. In America l’unico finito nei guai è Blagojevic. Sono strani questi americani: anziché le guardie, perseguitano i ladri. Da noi pare quasi che poliziotti e magistrati pretendano di intercettare i delinquenti per sfizio personale, per sadismo, si divertono così.Se, intercettando un rapinatore, scoprono che è pure un assassino, non potranno più incastrarlo: il nastro vale solo nel processo per furto, usarlo per l’omicidio non sarebbe sportivo. Se, al 75° giorno di ascolti, scoprono che il tizio progetta un altro colpo, dovranno chiedere al tribunale collegiale (tre giudici, e solo del tribunale-capoluogo) una proroga di 48 ore e sperare che il tizio dica tutto subito, altrimenti nuova proroga di due giorni, a oltranza, coi fascicoli che viaggiano su e giù. Così magari si stufano e la piantano. Intanto il governo blocca contratti e turnover alle Forze dell’ordine e taglia del 30% gli stipendi ai magistrati. È la Finanziaria più equa del mondo: i ladri rubano, le guardie pagano.
Ps. Il sottosegretario alla Giustizia Giacomo Caliendo, uno che sta addirittura sotto Al Fano, si è molto raccomandato: “Spero che i giornalisti, se c’è una notizia in un’intercettazione, non la pubblichino”. Ma certo, gentile sottosegretario, come no: conti su di noi".(Marco Travaglio)
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""I professionisti della richiesta al presidente della Repubblica di non firmare spesso parlano a vanvera. Per il resto non ho nulla da aggiungere". Questo il monito di Giorgio Napolitano nel giorno dell'approvazione della legge bavaglio al Senato. Non si può dire che Morfeo manchi di coerenza. Lui firma sempre, è chi gli chiede di non firmare che parla, appunto, a vanvera. Resta però il senso di naufragio della democrazia, di una zattera Italia senza riferimenti, ancorata a un ultraottantenne per non affondare. Coloro che oggi si indignano in Parlamento, tranne pochissime eccezioni, sono gli stessi che hanno consegnato l'Italia a Berlusconi, che gli hanno regalato le concessioni televisive e permesso ogni conflitto di interessi. Che hanno tollerato Dell'Utri e Cuffaro in Parlamento e ridotto a mercimonio ogni azione politica e economica, dalla Bicamerale allo Scudo Fiscale. Se l'azione di governo fa ribrezzo, quella della cosiddetta opposizione fa ancora più schifo. I pdimenoellini che sono usciti dall'aula per non votare ci rimangano per sempre, nessuno noterà la loro assenza".(dal blog di Beppe Grillo)
"Avviso ai naviganti e soprattutto ai paraculi che si scandalizzano perché lo squilibrato attacca la Costituzione. Ragazzi, non c’è più nulla che quell’ometto malato possa fare o dire di nuovo: ha già fatto e detto tutto. Sono 16 anni che fa e dice di tutto. Perché lui è così. Se la legge vieta certi suoi comportamenti, è sbagliata la legge e lui la cambia. Se la Costituzione vieta certe leggi, è sbagliata la Costituzione e lui la cambia. Chi si stupisce dovrebbe spiegarci dove ha vissuto dal 1994 a oggi e perché non ha fatto nulla per fermarlo. Anche la comica finale sulla legge bavaglio, contro la quale strepita financo il Pompiere della Sera, era ampiamente scontata.Tutte le leggi ad personam (siamo a quota 39, contando solo quelle per quella personam) hanno seguito la medesima tecnica, tipica del racket delle estorsioni. B, per ottenere 10, minaccia 100. Anziché dirgli semplicemente No, con un’opposizione intransigente e irriducibile contro il 10 e contro il 100, il Quirinale, il Pd e ora pure i finiani si mettono a trattare per “limitare i danni”.Lui gli serve in tavola un letamaio e quelli lavorano di fino per “migliorare” il letamaio, levando col cucchiaino qualche grammo di letame. Alla fine se lo mangiano e lo trovano pure buono.Così B. fa la figura del moderato aperto al dialogo e, se puntava a 10, ottiene almeno 50. Sono due anni che la legge bavaglio viene emendata, ritoccata, smussata, ruminata, covata: su richiesta ora di quel genio di D’Alema (che ringrazia molto Gianni Letta perché, bontà sua, ha ritirato il segreto di Stato su tutto quel che fanno le spie); ora delle vittime dei pedofili (grate perché Gasparri e Quagliariello, magnanimi, ritirano l’emendamento che salva gli autori di violenze sessuali “lievi”, come se lo stupro fosse questione di millimetri); ora del capo dello Stato, che non tenta più nemmeno di smentire le cronache sulle sue quotidiane interferenze nell’iter di formazione delle leggi che egli stesso dovrebbe valutare (e respingere) ALLA FINE, non DURANTE il percorso parlamentare (poi si meraviglia se B. vuole la sua firma preventiva sulla manovra e Alfano sul bavaglio).Risultato: il letamaio puzza esattamente come prima, ma viene spacciato per Chanel numero 5. In America (lo notava ieri Luigi Ferrarella) si apre il processo all’ex governatore dell’Illinois Blagojevic, intercettato mentre vendeva il seggio senatoriale liberato da Obama. La stampa Usa pubblicò regolarmente le intercettazioni in piena inchiesta, e senza bisogno di piatirle da questo o quell’avvocato o usciere: erano contenute in un atto ufficiale della Procura, dunque pubbliche, dunque pubblicabili. In Italia i giornalisti che le han pubblicate sarebbero finiti sotto processo e i loro giornali falliti sotto una gragnuola di multe. In America l’unico finito nei guai è Blagojevic. Sono strani questi americani: anziché le guardie, perseguitano i ladri. Da noi pare quasi che poliziotti e magistrati pretendano di intercettare i delinquenti per sfizio personale, per sadismo, si divertono così.Se, intercettando un rapinatore, scoprono che è pure un assassino, non potranno più incastrarlo: il nastro vale solo nel processo per furto, usarlo per l’omicidio non sarebbe sportivo. Se, al 75° giorno di ascolti, scoprono che il tizio progetta un altro colpo, dovranno chiedere al tribunale collegiale (tre giudici, e solo del tribunale-capoluogo) una proroga di 48 ore e sperare che il tizio dica tutto subito, altrimenti nuova proroga di due giorni, a oltranza, coi fascicoli che viaggiano su e giù. Così magari si stufano e la piantano. Intanto il governo blocca contratti e turnover alle Forze dell’ordine e taglia del 30% gli stipendi ai magistrati. È la Finanziaria più equa del mondo: i ladri rubano, le guardie pagano.
Ps. Il sottosegretario alla Giustizia Giacomo Caliendo, uno che sta addirittura sotto Al Fano, si è molto raccomandato: “Spero che i giornalisti, se c’è una notizia in un’intercettazione, non la pubblichino”. Ma certo, gentile sottosegretario, come no: conti su di noi".(Marco Travaglio)
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giovedì 10 giugno 2010
mercoledì 9 giugno 2010
Una scelta di campo
Ormai in Italia siamo ad una svolta decisiva. Va fatta adesso, da parte di noi tutti sedicenti italiani, una scelta di campo. La scelta è se continuare a dare qualche credibilità a questa banda di lanzichenecchi che occupa il potere nella nostra Penisola o se opporci in tutti i modi, anche attraverso forme di disobbedienza civile e anche di guerra civile. La nostra attuale democrazia è taroccata perché il voto è stato taroccato, il parlamento svuotato, le banche occupate, le nuove generazioni ridotte alla fame. Siamo chiaramente in mano alla mafia e chi ci guida la rappresenta. Il vaso è più che colmo e la situazione è inaccettabile. Io, da oggi, non mi riconosco più in questo Stato e mi ritengo libero di agire in nome del mio benessere e di quello di altri italiani.
Ecco, qui di seguito alcune motivazioni, solo da alcune note odierne, della realtà di quel Paese che continuiamo a chiamare Italia:
Gentiluomi del Papa...: "Nelle stanze della finanza vaticana più "oscura" non c'è solo il caso di Angelo Balducci, figura chiave del sistema Anemone e degli affari sporchi con la politica: se si scava più a fondo si scopre che il club più esclusivo del mondo, quello dei Gentiluomini di sua Santità, nasconde altre inquietanti verità, che portano a chiedersi come mai Ratzinger, a distanza ormai di cinque anni dall'inizio del suo pontificato, non abbia fatto pulizia negli oscuri meandri della finanza off-shore che prospera all'ombra dello Ior, dell'Apsa (Amministrazione Patrimonio Sede Apostolica), di Propaganda Fide e di molte società partecipate dal Vaticano. Raztinger, infatti, ha portato alla guida dello Ior un banchiere dell'Opus Dei, Ettore Gotti Tedeschi, inquisito (e poi prosciolto) per il caso Parmalat e molto legato a Gianmario Roveraro, centrale nella quotazione di Parmalat e ucciso poi da strani killer, e il Vaticano sta coprendo una serie di situazioni ancora più strane, che hanno radici lontane ma che presentano analogie col caso Balducci.
Per parlarne bisogna illuminare una figura molto legata con San Pietro, il "re" della finanza off-shore in Liechtenstein, Herbert Batliner, un anziano professionista, classe 1928, a sua a volta figlio d'arte. Batliner è il massimo esperto di fiduciarie off-shore, ma anche l'uomo nell'ombra della finanza vaticana. Per avere una fotografia nitida da cui partire per raccontare questa strana storia bisogna fissare una data, il 9 settembre 2006.Una giornata importante, per papa Ratzinger e per Herbert Batliner, presidente di una fondazione con sede in Liechtenstein, la Peter Kaiser Gedächtnisstiftung, che ha come scopo statutario la difesa dei valori cristiani in Europa. Quel giorno lo "gnomo degli gnomi" avrebbe incontrato papa Ratzinger, a Ratisbona,in Baviera, per regalargli un prezioso organo a canne del valore di 730mila euro destinato proprio alla chiesa di Ratisbona.Era una giornata di gloria che l'avvocato di Vaduz attendeva da tempo, dopo gli anni difficili e le intricate vicende che ne avevano infangato il nome. Per decenni Herbert Batliner, nominato gentiluomo di Sua Santità già da Giovanni Paolo II, aveva operato dietro le quinte, silenziosamente, per il bene dell'Europa cristiana.Ma poi era stato qualificato da un rapporto del Servizio segreto tedesco Bnd e da Der Spiegel come il "re dei fiduciari", la "centrale del lavaggio di denaro sporco", "l'amico di evasori e gangster". Eppure Herbert Batliner - pochi lo sanno - era e resta un autentico uomo di fiducia del Vaticano da oltre 30 anni. E per questo, quel 9 settembre 2006, era venuto a Ratisbona, per donare quel prezioso organo a Benedetto XVI. Mentre Batliner compiva questa buona azione, tuttavia, qualcuno si stava interessando a lui. Era il Dipartimento 35 della Procura di Bochum, fiore all'occhiello dello stato tedesco nella lotta all'evasione fiscale. Lì, a Bochum, il nome di Batliner era scritto a caratteri cubitali su più di 400 fascicoli aperti a partire dal 2000, ovvero l'anno in cui un dipendente "infedele" del noto avvocato aveva consegnato al fisco tedesco un cd-rom pieno di dati segreti dello studio Batliner.In quel momento si aprì un mondo fino a quel momento completamente sconosciuto, per gli 007 del fisco tedesco. Gli 007 arrivarono a definire il "sistema Batliner" come un meccanismo perfetto che per anni aveva sottratto al fisco tedesco almeno 250 milioni di euro di imponibile. Ed era certo una stima per difetto. Il ruolo di Batliner risultò subito centrale: creava di persona le società paravento, le Anstalt, le Stiftung; e poi le gestiva a nome di clienti di tutto il mondo che cercavano l'anonimato assoluto in Liechtenstein. Il 9 settembre 2006, chi osservò Batliner muoversi nella "Piccola Cappella" di Ratisbona potè notare in lui un certo nervosismo. Ogni tanto il notissimo professionista girava la testa, come per accertarsi se qualcuno lo aspettasse fuori, per capire se la polizia in divisa e gli agenti in borghese si trovavano lì per proteggere il Papa, e non per occuparsi di lui. Le sue paure non erano infondate. Era infatti un vero miracolo che Herbert Batliner potesse incontrare papa Ratzinger: in quel momento, pur risiedendo in Lichtenstein, era formalmente ricercato in Germania.Com'era riuscito Batliner a ottenere di incontrare personalmente Papa Ratzinger? Dopo mesi di serrate trattative e grazie alla "moral suasion" degli ambienti vaticani, la Procura di Bochum aveva ceduto a forti pressioni, garantendo al gentiluomo del Papa un "salvacondotto" per quell'incontro e consentendogli un percorso dal confine austriaco-tedesco fino a Ratisbona e ritorno. La motivazione ufficiale, che poi si è rivelata risibile, era che Batliner era gravemente malato. Solo grazie a questo artificio fu evitato lo scandalo dell'arresto in chiesa di un gentiluomo del Papa: appena un anno dopo, nell'estate del 2007, Batliner ammetteva le sue colpe e scendeva a patti con lo Stato tedesco, accettando il pagamento di una sanzione di due milioni di euro.Il salvacondotto concesso a Batliner per l'incontro con Benedetto XVI destò un vero scandalo in Germania. E ci fu chi ironizzò sulla vicenda accostandola alla storia del predicatore medioevale Tetzel che, durante il papato di Giulio II, vendeva lettere di indulgenza papale per la remissione dei peccati in cambio di denaro che serviva a finanziare la costruzione della basilica di San Pietro: una protesta che aveva segnato nel 1517 l'inizio della Riforma, guidata da Martin Lutero. La cattiva fama di Batliner superò in seguito i confini della Germania e del Liechtenstein. E nel 1999 il Presidente della repubblica austriaca Thomas Klestil rifiutò un assegno di beneficenza di 56 mila franchi perché proveniente proprio da Batliner. Tre anni dopo, la Suprema Corte del Liechtenstein confermò, in una sentenza, che Batliner già nel 1990 era il fiduciario dell'ecuadoriano Hugo Reyes Torres, indicato come boss della droga, nel frattempo condannato. Per conto del barone della droga, segnala The Independent, Batliner avrebbe riciclato 15 milioni di euro.Il gentiluomo di sua santità, il "più noto e discusso fiduciario del Liechtenstein", come lo definisce il settimanale svizzero Weltwoche, sponsor dell'Hockey Club di Davos, forte di un patrimonio stimato in 200 milioni di euro, era diventato noto per la prima volta in Germania all'inizio degli anni Novanta nell'ambito dello scandalo delle casse nere della Democrazia Cristiana tedesca, la Cdu. Un ammanco di oltre 8 milioni di euro. "Appropriazione indebita personale", si giustificò il capo della Cdu dell'Assia Roland Koch, pesantemente coinvolto nella vicenda. Una vicenda che vide Batliner in un ruolo senz'altro centrale, ma di cui le reali implicazioni restano ancora nebulose dato che il Lichtenstein non collabora con le amministrazioni giudiziarie degli altri Paesi, tranne nei casi di omicidio o traffico di droga. Batliner era l'uomo giusto per queste operazioni. Chi cercava un rifugio sicuro per il proprio denaro si rivolgeva a lui, il decano dei fiduciari. Il commento che una volta l'avvocato rilasciò in merito alle pesanti accuse rivoltegli resta lapidario: "Non sono un padre confessore, che deve interrogare i suoi clienti per scoprire se questi rispettano o meno le leggi dei loro rispettivi Paesi d'origine".L'incontro a Ratisbona fu per Herbert Batliner senz'altro uno dei momenti più alti della sua vita. Le cronache dell'incontro ci restituiscono l'atmosfera. L'organo comincia a suonare. L'organista intona un brano di Bach. Herbert Batliner è raggiante e sembra abbia esclamato: "Se gli angeli suonano per Dio, scelgono Bach. Se suonano per se stessi, scelgono Mozart". Ma quell'organo non era il primo che il benefattore del Liechtenstein avrebbe regalato alla Chiesa cattolica: il 14 dicembre 2002 il Cardinale Angelo Sodano, Segretario di Stato e Vice Decano del Collegio Cardinalizio, presiedeva il rito di benedizione del nuovo organo della Cappella Sistina, regalato anche in questo caso dallo stesso Batliner. Il maestro delle celebrazioni liturgiche pontificie, monsignor Piero Marini, si rivolgeva direttamente al benefattore affermando solennemente: "Il nostro ringraziamento va al Prof. Dott. Herbert Batliner, Presidente della Fondazione Gedächnisstiftung Peter Kaiser e Gentiluomo di Sua Santità".L'avvocato di Vaduz, questo è certo, godeva della massima fiducia dei Papi: già nel 1998 Giovanni Paolo II lo aveva nominato Gentiluomo di Sua Santità, il più alto rango che un laico può raggiungere in Vaticano. La prima onorificenza papale, la croce "Komturkreuz des Päpstlichen Silberordens mit Stern", gli però era stata conferita già nel lontano 1970. Nel 1993 seguì il "segno d'oro" della diocesi di Innsbruck, per meriti speciali. Alla nomina di Gentiluomo di Sua Santità si aggiungeva, nel 2001, anche la Gran Croce dell'Ordine Papale di San Gregorio: Herbert Batliner era ed è uno dei laici più decorati in Vaticano.Dal 1994, inoltre, Batliner è Presidente del Consiglio della Fondazione della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali. È curioso ciò che scriveva l'1 gennaio 1994 papa Giovanni Paolo II nel documento di nomina: "I membri dell'Accademia sono scelti dal Pontefice in base alla loro competenza e alla loro integrità morale". A questo punto s'impongono alcune domande: in base a quale competenza "morale" è stato scelto il re dei fiduciari vaticani nel Lichtenstein? Dal 1990 era noto il coinvolgimento di Batliner nello scandalo delle casse nere dei democristiani tedeschi; dal 2000 in poi il suo nome era associato al più grande scandalo di evasione fiscale in Germania. È difficile decifrare i motivi di un comportamento "ad alto rischio di vergogna" come il rapporto strettissimo e inspiegabile del Vaticano con Herbert Batliner, di vago sapore nibelunghiano.Tra l'altro, i suoi guai legali sono proseguiti anche in seguito. Nel gennaio 2009 il tribunale del Liechtenstein si è dovuto occupare del vecchio "tesoro" dei democristiani tedeschi dell'Assia nella fondazione Alma Mater, gestita da Batliner. Oltre ai sei milioni di marchi spariti dai conti, restano ancora aperte alcune domande degli inquirenti: quanti soldi neri giacevano ancora sui conti dell'Alma Mater e chi esattamente aveva versato i soldi? Ufficialmente, come intestataria della società, figurava una vedova di nome Christa Buwert. Ma nel processo davanti alla Corte del Lichtenstein si sono scoperti fatti sorprendenti: per esempio che Batliner, fiduciario della fondazione, nel 1998 avrebbe effettuato un versamento di 10 milioni di franchi svizzeri da questi fondi ai propri conti personali. Un anno dopo quel versamento Batliner riceveva dalla vedova (nel frattempo ammalatasi di demenza senile) 1,2 milioni di franchi per comperare un quadro. La Corte del Liechtenstein, su istanza dell'avvocato d'ufficio della vedova, ha però costretto Batliner a restituire quei soldi. Batliner si è lamentato di questa sentenza, perché il "quadro aveva un alto valore emozionale, fatto di ricordi". Batliner è l'uomo chiave anche in una strana, piccola banca italiana: la Banca Rasini, l'istituto di credito che finanziò gli inizi di Silvio Berlusconi e che era diretto dal padre Luigi. Batliner era infatti l'uomo che gestiva e rappresentava tre misteriose società che erano azioniste forti della Rasini: si tratta della Wootz Anstalt di Eschen, della Brittener Anstalt di Mauren e della Manlands Financiere S. A. di Schaan, tutte situate del Liechtenstein. Batliner ne era rappresentante legale insieme a un altro "gnomo" della finanza vaticana, Alex Wiederkehr. Wiederkehr è anch'egli membro dell'inner circle della finanza vaticana e fa parte di una nota famiglia di gnomi svizzeri. Insieme a Wiederkehr, Batliner era una figura chiave nella Banca Rasini, coinvolta nel blitz di San Valentino del 14 febbraio 1983 che portò all'arresto di molti mafiosi di stanza a Milano; una banca indicata dallo stesso Sindona come la banca della mafia a Milano. La riprova che Batliner fosse l'uomo della finanza vaticana nella Rasini viene anche dal fatto che altri importanti azionisti della Rasini, gli Azzaretto, erano fiduciari della finanza vaticana sin dai tempi di Papa Pacelli, come recentemente ammesso da Dario Azzaretto in una intervista a chi scrive.Un "dettaglio" altrettanto interessante e inquietante è che Batliner, gentiluomo del Papa e longa manus del Vaticano nella Banca Rasini, è anche coinvolto nella vicenda del tesoro nascosto della Fiat. Batliner è infatti il fondatore della Prokuration Anstalt, che a sua volta controlla il First Advisory Group, il quale ha materialmente costituito il Trust Alkyone, la principale cassaforte offshore destinata a raccogliere il patrimonio estero dell'avvocato Agnelli. E nel consiglio di amministrazione di Alkyone compaiono la moglie dell'avvocato Batliner, Angelica Moosleithner, Ivan Ackermann e Norbert Maxer della Prokuration Anstalt. Nel 2001 venivano inoltre nominati, accanto ai consiglieri di amministrazione, i protettori del Trust: Gianluigi Gabetti, Franzo Grande Stevens e, naturalmente, Gianni Agnelli.Oggi Herbert Batliner si divide tra la sua clientela "top" e i campi da hockey di Davos. Nonostante sia stato accusato di essere l'uomo del riciclaggio dei fondi neri della politica ed abbia riconosciuto di essere uno dei maggiori esperti di evasione fiscale, Ratzinger non fa nulla per rimuoverlo. Dopo l'esplosione del caso Balducci-Anemone, il Vaticano ha dichiarato formalmente che i gentiluomini di sua santità sono "professionisti di indubbia moralità e qualora si dimostri il contrario le dimissioni dall'incarico sono doverose". Eppure, se si entra nella fornitissima libreria del Vaticano situata accanto a piazza San Pietro e si acquista il gigantesco Annuario Pontificio, si scopre, a pagina 1822, che Herbert Batliner è sempre lì, nel cuore dell'organigramma del potere vaticano, come presidente del Consiglio della Fondazione per la Promozione delle Scienze Sociali. I vecchi amici non si abbandonano mai". (La Repubblica)
Avvoltoi sulla pelle dei terremotati...: "C'è un'inchiesta della Procura nazionale antimafia sulla ricostruzione dell'Aquila. Un'indagine che riguarda il Progetto C. a. s. e.: i duecento palazzi e le decine di scuole realizzate dal governo per i terremotati. E uno dei nomi finiti sul registro degli indagati è quello di Denis Verdini, coordinatore nazionale del Pdl, già indagato per corruzione a Firenze (grandi eventi) e a Roma (business eolico). Il titolo del fascicolo è "infiltrazioni della criminalità organizzata negli appalti per la ricostruzione", ed è in mano ad un pool di magistrati: Vincenzo Macri (coordinatore), Olga Capasso (delegata al collegamento con gli inquirenti aquilani) Alberto Cisterna e Gianfranco Donadio. Un procedimento aperto diversi mesi fa che, almeno all'inizio, doveva riguardare solo le infiltrazioni delle mafie nei lavori per il terremoto (con quindici aziende già sotto inchiesta) e che invece, da marzo, è stato allargato - di concerto con il procuratore de L'Aquila Alfredo Rossini - agli affari nel post sisma degli imprenditori coinvolti nelle inchieste sui Grandi eventi.Così, in questa indagine sono entrate le carte della procura fiorentina sugli affari gestiti della Protezione civile, in deroga alle procedure sugli appalti pubblici. Affidamenti pilotati, secondo gli inquirenti, a Firenze come all'Aquila. E le carte che riguardano la ricostruzione arrivate sul tavolo dei pm dell'antimafia, sono voluminose e pesanti: centinaia di pagine di intercettazioni ed interrogatori. Al centro degli affari, il Consorzio Federico II, con l'azienda toscana Btp (Baldassini-Tognozzi-Pontello, quella del costruttore Riccardo Fusi, indagato a Firenze per corruzione) insieme alle ditte aquilane Fratelli Ettore&Carlo Barattelli srl, Vittorini Emidio costruzioni srl e Marinelli ed Equizi srl. Un consorzio nato il 15 maggio 2009 (appena quaranta giorni dopo il terremoto), dopo una serie di visite a Palazzo Chigi degli imprenditori che poi hanno unito le loro forze. Era proprio nella sede della presidenza del Consiglio dei ministri - come emerge dalle carte del procedimento - che i costruttori cercavano di accreditarsi per gli appalti del post terremoto. Appalti che poi, di lì a poco, sono arrivati. Come la costruzione della scuola media Carducci (struttura provvisoria costata allo Stato 7,3 milioni di euro) al restauro di alloggi alla caserma Pasquali (con un appalto firmato dal provveditore delle opere pubbliche dell'Abruzzo Gianni Guglielmi), fino ai puntellamenti nella zona rossa, finora cinque, ottenuti dal Comune dell'Aquila.Tra le carte, anche l'interrogatorio davanti ai magistrati fiorentini - il 15 febbraio scorso - di Denis Verdini, ascoltato sui suoi rapporti con il costruttore Fusi. In quell'occasione Verdini raccontò di aver presentato gli imprenditori al sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri, Gianni Letta. "Ho accompagnato Fusi insieme al presidente della Banca dell'Aquila, credo la Cassa di Risparmio dell'Aquila, e un consorzio al dottor Letta, per raccomandargli la... diciamo la possibilità di lavorare: questo è avvenuto. Il colloquio si è risolto in grandi gentilezze, ma nella sostanza è che i lavori dell'Aquila erano stati, come dire, orientati, verso la soluzione (...) E siccome Letta è dell'Aquila ed era molto interessato alle cose...".La raccomandazione di Verdini verso il consorzio risulta anche dalle intercettazioni. È lo stesso esponente Pdl che chiama al telefono, il 17 giugno 2009, l'imprenditore Fusi e gli passa il presidente della Regione Gianni Chiodi. "Come si chiama il vostro consorzio, scusami... Vittorio Emanuele II?". E poi: "Come si chiama l'imprenditore di lì?". Quindi Chiodi (ora commissario straordinario per la ricostruzione) gli detta il numero del suo cellulare. E Verdini chiosa: "Và a trovarlo... ti spiega un po' tutto... lui è un amico...". Gli appalti dati al consorzio dovevano essere - secondo gli inquirenti - una ricompensa. Una ricompensa alla Btp per altri affari che non erano riusciti ad ottenere. Ed è sempre lo stesso Verdini ad ammettere davanti ai pm "di aver raccomandato" la Btp "perché era in un momento in cui lavorava poco". (La Repubblica)
Riciclaggio di denaro pubblico: "Un testimone il cui nome è top secret ha indicato ai pm di Perugia dove sarebbero custoditi i "tesoretti" accumulati e nascosti in banche estere dai funzionari pubblici Angelo Balducci, Fabio De Santis, Claudio Rinaldi e Mauro Della Giovampaola e dal commercialista di Diego Anemone, Stefano Gazzani. Una parte, circa 10 milioni di euro, è già stata individuata in un paio di istituti di credito di San Marino: sono intestati o comunque riconducibili a Gazzani, De Santis, Rinaldi e alla madre di quest'ultimo, Mimma Giordano.
Un "gruzzolo" che si aggiunge a quello già rintracciato nei mesi scorsi in alcune banche del Lussemburgo. Anche quei soldi, 5 milioni di euro, occultati nella agenzie dell'Unicredit, erano stati collegati a Balducci e Rinaldi.E se da un lato si cercano i conti, dall'altro si tenta di fare luce sulla lista di Anemone e sui metodi di corruzione del costruttore. Gli inquirenti perugini hanno già riscontrato 40 ristrutturazioni fatte dalle ditte di Diego Anemone. I "beneficiari" fanno parte dei 412 nomi inseriti nel "libro mastro" del costruttore. Tra i lavori registrati ci sono anche quelli nell'appartamento con vista Colosseo di Claudio Scajola, comprato con il "contributo" di 900mila euro dell'imprenditore. Tra i documenti trovati, ci sono le fatture delle ditte subappaltatrici, ma ancora non c'è traccia dei pagamenti fatti dai proprietari o dagli affittuari degli appartamenti "curati" da Anemone e Balducci.Non c'è solo quello. I pm di Perugia stanno anche cercando riscontri alle dichiarazioni rese dal leader dell'Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, interrogato due giorni fa nella caserma dei carabinieri del Ros di Roma. Agli investigatori l'ex sostituto avrebbe consegnato una lettera inviata al presidente del Consiglio dell'epoca, Romano Prodi, e al comitato dei Ministri coinvolti nelle celebrazioni dell'anniversario dell'Unità d'Italia. Alla fine della lettera, c'è un post scriptum in cui Di Pietro, già nel novembre 2007, evidenziava che gran parte degli appalti per i 150 anni dell'Unità d'Italia, potevano finire, come poi è successo, nel mirino della magistratura. "P. S. Vi prego (scriveva l'ex magistrato, ndr) ci stiamo avviando verso macroscopiche violazioni di legge e questo non può essere accettato, se riscontrato". Molti i riferimenti ad Anemone e al suo gruppo. Di Pietro ha anche chiamato in causa indirettamente Romano Prodi e Francesco Rutelli. Nella lettera denunciava anche il fatto che la Struttura di Missione per gli appalti che faceva capo ad Angelo Balducci si era trasformata da "struttura di supporto" a "centrale di committenza" con procedure di assegnazione non proprio limpide. In particolare per quanto riguardava i lavori dell'Auditorium di Isernia, del Palazzo della Musica di Firenze e del Palazzo del Cinema di Venezia. In questi casi c'erano, secondo il leader dell'Idv, "elementi di criticità e anomalie".Accuse che hanno bisogno di conferme. E per questo i pm non escludono di ascoltare prossimamente i ministri del governo Prodi. "Vedremo più avanti", dice un inquirente. E in procura non si esclude nemmeno un altro interrogatorio del capo della Protezione Civile, Guido Bertolaso.Ieri, intanto, c'è stata l'udienza per decidere del commissariamento delle sei aziende di Anemone. L'esito si saprà solo tra qualche giorno: il gup Massimo Ricciarelli si è riservato di decidere. I pm Alessia Tavernesi e Sergio Sottani hanno ribadito i motivi che li hanno spinti a richiedere il provvedimento: "La pratica corruttiva finalizzata alla gestione degli appalti era invalsa ormai da tempo, circostanza questa che crea serie perplessità sul fatto che il mero cambio dei vertici dirigenziali possa incidere in maniera concreta su detti metodi senza che vi sia l'attuazione di seri sistemi di controllo anche attraverso l'adozione di concreti ed efficace modelli organizzativi". Richiesta bocciata dai legali di Anemone: metterebbe a rischio le imprese e il lavoro di 750 dipendenti". (La Repubblica)
Vini e mafia: "Francesco Lena è stato arrestato all'alba dagli agenti della sezione Criminalità organizzata della squadra mobile di Palermo: è accusato di associazione mafiosa, sulla base delle dichiarazioni di alcuni pentiti, ma anche delle intercettazioni, che hanno captato discorsi d'affari fra boss del vertice di Cosa nostra.Lena è fra i 19 arrestati del blitz disposto dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo per fare luce su alcuni investimenti milionari di Cosa nostra. L'imprenditore vitivinicolo di Castelbuono non è l'unico insospettabile della lista. In manette è finito pure l'imprenditore Vincenzo Rizzacasa, negli ultimi anni diventato il ras delle più importanti ristrutturazioni immobiliari realizzate nel centro di Palermo: è accusato di trasferimento fraudolento di valori, perché avrebbe gestito attraverso le sue società il patrimonio del boss Salvatore Sbeglia, anche lui arrestato questa mattina assieme ai fratelli Francesco Paolo e Giuseppe, nonché ai nipoti Francesco e Marcello.Nell'estate scorsa, la società di costruzione di Rizzacasa, Aedilia Venusta, era stata espulsa da Confindustria Palermo, perché ritenuta "non in linea con il nuovo codice etico dell'associazione": fra i dipendenti, come coordinatore dei cantieri, risultava il figlio di Salvatore Sbeglia, Francesco, condannato in primo grado per concorso esterno in associazione mafiosa. Rizzacasa si era difeso a spada tratta, sostenendo di essere solo un benefattore, vicino a gruppi ecclesiali e del volontariato, sempre pronto a dare un'altra possibilità a chi ha sbagliato.Rizzacasa si vantava soprattutto di aver fatto decine di denunce contro il racket del pizzo. In realtà, secondo il pool coordinato da Roberto Scarpinato, il manager sarebbe stato un insospettabile prestanome del gotha mafioso. Tre giorni fa, di sicuro, aveva vinto il suo ricorso contro la decisione di Confindustria: un giudice del tribunale di Palermo l'aveva reintagrato fra le fila dell'associazione degli industriali.Il blitz della sezione "Criminalità organizzata", diretta dal vicequestore aggiunto Nino De Santis, ha portato in carcere anche l'imprenditore palermitano Filippo Chiazzese, ritenuto prestanome del boss detenuto Francesco Bonura. Chiazzese è il titolare della"Agricoltura e giardinaggio sas", una delle società che sta realizzando il maxi appalto da 11 milioni di euro per il più grande parco della città, il giardino d'Orleans. Chiazzese risulta fra i soci del consorzio "Generale appalti pubblici" di Firenze, di cui è stato anche presidente del consiglio di amministrazione.I boss potevano contare davvero su una rete di insospettabili per i propri investimenti. Le indagini dei pm Roberta Buzzolani, Nino Di Matteo, Lia Sava e Marcello Viola hanno portato il gip Maria Pino a firmare anche il sequestro di 10 aziende e di numerose quote sociali.Provvedimenti in carcere sono stati notificati ai boss Nino Rotolo, Francesco Bonura, Vincenzo Marcianò, Carmelo Cancemi e Massimo Troia. L'indagine sul tesoro di Cosa nostra è nata nel 2006, grazie alle intercettazioni effettuate in un box di lamiera che Nino Rotolo aveva sistemato nel giardino della sua villa: il boss riteneva di essere al sicuro dalle microspie, invece tutti i summit erano registrati".(La Repubblica)
In mano alla n'drangheta: "Gli arresti sono cominciati durante la notte. La Dia (Direzione investigativa antimafia) da tempo seguiva le tracce di presunti esponenti della 'ndrangheta che secondo l'accusa agivano sia in Piemonte che in Calabria. I carabinieri hanno eseguito fino ad ora 11 ordinanze di custodia cautelare in carcere ma l'operazione 'Revenge 2' non è ancora conlusa. Sequestrati anche terreni, abitazioni e quote societarie. I carabinieri di Reggio Calabria e di Torino che hanno collaborato con la Dia, in tutto un centinaio impegnati in diverse zone d'Italia, hanno anche scoperto cinque bunker nella Locride. Tre di questi, che si trovano a Platì in provincia di Reggio, erano dentro un appartamento, all'interno di un'intercapedine segreta. Altri due, invece, sotto terra. In particolare il bunker nella contrada Flacchi di Platì è grande 100 metri quadrati, composto da quattro stanze di cui una veniva utilizzata per l'essiccazione di marijuana.Alla struttura, che risulta di Domenico Trimboli (32 anni), si accedeva tramite un'apertura attraverso un blocco di cemento che veniva azionato dalla rastrelliera in una cantina che conteneva bottiglie di vino. Un altro bunker è stato scoperto in contrada Riella, anche in questo caso l'accesso era stato aperto dalla cantina. L'immobile è riconducibile a Luigi Virgora (35 anni). Il bunker trovato in via San Michele del Carso, sempre a Platì, è riconducibile secondo gli inquirenti a Pasquale Marando, ritenuto vittima di lupara bianca. Nel corso della perquisizione i carabinieri hanno sequestrato un chilo d'oro alla moglie, Anna Trimboli, perché il figlio ha precedenti per ricettazione e altri reati.Infine un ultimo bunker è stato scoperto in una struttura nelle disponibilità di Antonino Barbaro (69), una stanza di 20 metri quadrati con l'accesso da un blocco di cemento che scorre suibinari. Tutti i bunker erano arredati. I carabinieri hanno inoltre sequestrato sette binocoli di precisione abilitati per la visione notturna a Natale Trimboli, fratello del latitante Saverio Trimboli arrestato lo scorso anno dai carabinieri e inserito nella lista dei 100 più pericolosi. Uno di essi in particolare era molto potente, per avvistamenti a notevole distanza.Il blitz ha colpito le famiglie Marando, Perre e Trimboli. Gli indagati sono accusati, a vario titolo, di riciclaggio di denaro 'sporco' e dell'omicidio di Antonio Stefanelli, Antonino Stefanelli e Franco Mancuso, avvenuto nel 1997 a Volpiano (Torino). Il triplice omicidio fu ordinato in una faida tra famiglie della 'ndrangheta. I tre corpi non furono mai ritrovati. L'operazione contro la cosca platiota che da anni opera in Piemonte, è partita dalla Dia di Torino che ha collaborato con i centri operativi di Milano, Genova, Roma, Reggio Calabria. I carabinieri stanno effettuando le ordinanze cautelari e diverse perquisizioni in Piemonte, Lombardia, Lazio e Calabria". (La Repubblica)
La nuova Grecia: "Una manovra correttiva da oltre 24 miliardi di euro che peserà sui lavoratori e sulle famiglie, varata dopo un lungo periodo in cui il Governo ha rivestito i panni dell’imbonitore e del prestigiatore facendo credere che tutto, economicamente, andasse bene, maneggiando i numeri come un mago. Solo recentemente il velo di Maya è caduto, anzi è dovuto cadere: il rischio era quello che l’esecutivo finisse schiacciato sotto il peso della stessa commedia recitata, ma prossima a trasformarsi in tragedia. Se ieri eravamo l’America, oggi siamo ad un passo dal diventare la nuova Grecia. La crisi brucia posti di lavoro, vanifica il sacrificio delle pmi, si abbatte come una clava sui precari, sui pensionati e sulle donne, oltre a spingere nell’ombra dell’occupazione in nero le finte partite Iva in maggioranza di giovani lavoratori. E l’esecutivo cosa fa? Sceglie di varare un piano “duro” che colpisce i soliti noti con i soliti noti interventi. Quali? Congelamento degli stipendi del pubblico impiego, proroga del turn over, restringimento delle finestre pensionistiche, liquidazione consegnata in tre anni: sono esempi sufficienti a dare il senso di questa manovra, di chi ferisce e di chi risparmia. Completa il quadro la politica dei tagli agli enti locali con la scusa della lotta allo spreco, che costringerà regioni, comuni e province a comprimere il sistema di welfare oppure ad accrescere la pressione fiscale per i servizi erogati ai cittadini. Il welfare, già, lo stesso che dalle colonne di illustri giornali, legati a Confindustria, viene dichiarato morto, mal celando una certa soddisfazione di casta per la fine di un sistema di conquiste e di diritti che al contrario, soprattutto adesso, andrebbe difeso. Zero misure per rilanciare il sistema produttivo, per gli investimenti nella ricerca e formazione, per rivalutare i redditi e far ripartire i consumi, nessuna riforma strutturale. Condisce il tutto, un’operazione di maquillage populistico: taglio ai costi della casta, quindi giro (presunto) di vite contro lo sperpero di ministeri, Camera e Senato che dovranno sforbiciare del 10% le spese. Operazione in linea di principio anche condivisibile, ma che comunque resta insufficiente se la si considera risolutiva della crisi. Parallelamente si rilancia la lotta all’evasione fiscale. Il Governo Berlusconi infatti è stato folgorato sulla via di Damasco scoprendo che in Italia – novità delle novità- si evade il fisco. Peccato che questo stesso Governo sia padre ignobile della mala pratica dei condoni. Così a fronte di una manovra “lacrime e sangue” (Churchill comunque era uno statista, Berlusconi no), si scopre dunque il tema dell’evasione tributaria tutta champagne e patatine. Si tratta di 120 miliardi di euro occultati all’estero e che trasformano il Bel Paese nel deserto della legge fiscale e della minima condotta etica. Addirittura il presidente del Consiglio ammette che il 22% dell’economia italiana scompare dai radar delle tasse. Un demerito, l’evasione, che si accompagna ad un altro triste primato: la maglia nera vestita dalla nostra nazione per quanto riguarda la gestione illecita dei fondi comunitari. Si tratta di due aspetti non secondari nell’economia italiana che, in particolare in un momento difficile come quello che stiamo attraversando, dovrebbero essere terreno di intervento per far cassa, come si dice in gergo, evitando di scaricare il peso della crisi sulle spalle dei soliti noti. 24 miliardi moltiplicati per cinque danno una modica cifra di 120 miliardi. Tradotto: l’evasione fiscale è più o meno cinque volte il piano draconiano anti crisi del ministro Tremonti. Se a questo si aggiungesse un controllo sul corretto investimento dei fondi erogati dall’Ue per favorire lo sviluppo, ci sarebbero risorse sufficienti per una risposta alla crisi fondata sul principio dell’equità sociale o meglio della “proporzione sociale” (ciascuna fascia è chiamata al sacrificio consono al suo livello). Il giro d'affari per i furbetti delle truffe europee, infatti, si attesta sulla sottrazione di quasi 20 miliardi di euro, dove a farla da padrone sono le mafie in combutta con pezzi della politica, della amministrazione locale, della massoneria mai morta. Come agiscono questi soggetti? Semplice, sfruttando il gelatinoso forziere delle società miste pubblico-private e la prassi anomala delle procedure di emergenza ambientale che consentono di affidare il denaro e gli appalti in deroga alle leggi, favorendo il clientelismo. Al Sud quanto al Nord. L’Olaf, l'Ufficio europeo per la lotta antifrode, lo ha messo in luce recentemente in occasione di un ciclo di seminari svoltisi presso la Corte dei conti proprio in merito alle risorse comunitarie. I fondi europei ammontano a 180 miliardi di euro l'anno, di questi l'11% finisce nel giro delle frodi. In Italia dal 2007 al 2009 le citazioni in giudizio sono state 294, mentre i fondi recuperati sono stati pari a 82 milioni nel primo biennio e 136 milioni nel 2009 (per un totale di 218 milioni di fondi europei e nazionali). Esercitare un controllo maggiore su questo flusso di denaro, parallelamente ad una lotta senza quartiere all’evasione fiscale, consentirebbe un guadagno importante per le casse dello Stato. Ma per farlo, il fattore determinante resta la volontà politica. Le misure esistono: porre fine al sistema emergenziale e allo strapotere delle società che fondono, in un mix diabolico, il pubblico e il privato; la tracciabilità vera (per i pagamenti in contanti infatti il limite dei 5mila euro, come previsto ora, non è sufficiente perché eccessivamente elevato); l’eliminazione della soglia di non punibilità per i reati di elusione fiscale prevedendo al contrario la certezza della pena detentiva e l’incremento stesso delle pene, oltre alla rivisitazione dei tempi di prescrizione che vanificano i procedimenti creando sacche di impunità; l’anagrafe tributaria che registri la verità delle condizioni reali di guadagno. Un’altra proposta interessante che consentirebbe non solo di reperire risorse ma anche di ridare un po’ di credibilità al Paese, sarebbe quella di elevare dall’attuale 5% ad almeno il 10% la tassa prevista per il ritorno dei capitali sottratti al fisco e in giacenza all’estero. Una sorta di “lodo fiscale” che consenta di chiedere il contributo a chi non solo ha violato la legge, ma di fatto ci ha anche guadagnato nel momento in cui gli è stata offerta la possibilità di una amnistia tributaria a prezzo stracciato. Certo, sempre in attesa che l’Europa si esprima sullo scudo che, con alta probabilità, contrasta con le norme comunitarie in materia di lotta al riciclaggio e viola la legge sull’Iva. Un contrasto serio all’evasione consentirebbe di recuperare ben oltre i 6-7 miliardi previsti dal Governo. Dalla legalità dunque abbiamo tutto da guadagnare e ci consentirebbe di non far pagare lo tsunami economico ai soliti noti, cioè i 14 milioni di pensionati e i 20 milioni di lavoratori dipendenti, oltre che gli artigiani e le pmi. Ma a Palazzo Chigi e a viale dell’Astronomia non lo vogliono capire". (Luigi de Magistris)
Ecco, qui di seguito alcune motivazioni, solo da alcune note odierne, della realtà di quel Paese che continuiamo a chiamare Italia:
Gentiluomi del Papa...: "Nelle stanze della finanza vaticana più "oscura" non c'è solo il caso di Angelo Balducci, figura chiave del sistema Anemone e degli affari sporchi con la politica: se si scava più a fondo si scopre che il club più esclusivo del mondo, quello dei Gentiluomini di sua Santità, nasconde altre inquietanti verità, che portano a chiedersi come mai Ratzinger, a distanza ormai di cinque anni dall'inizio del suo pontificato, non abbia fatto pulizia negli oscuri meandri della finanza off-shore che prospera all'ombra dello Ior, dell'Apsa (Amministrazione Patrimonio Sede Apostolica), di Propaganda Fide e di molte società partecipate dal Vaticano. Raztinger, infatti, ha portato alla guida dello Ior un banchiere dell'Opus Dei, Ettore Gotti Tedeschi, inquisito (e poi prosciolto) per il caso Parmalat e molto legato a Gianmario Roveraro, centrale nella quotazione di Parmalat e ucciso poi da strani killer, e il Vaticano sta coprendo una serie di situazioni ancora più strane, che hanno radici lontane ma che presentano analogie col caso Balducci.
Per parlarne bisogna illuminare una figura molto legata con San Pietro, il "re" della finanza off-shore in Liechtenstein, Herbert Batliner, un anziano professionista, classe 1928, a sua a volta figlio d'arte. Batliner è il massimo esperto di fiduciarie off-shore, ma anche l'uomo nell'ombra della finanza vaticana. Per avere una fotografia nitida da cui partire per raccontare questa strana storia bisogna fissare una data, il 9 settembre 2006.Una giornata importante, per papa Ratzinger e per Herbert Batliner, presidente di una fondazione con sede in Liechtenstein, la Peter Kaiser Gedächtnisstiftung, che ha come scopo statutario la difesa dei valori cristiani in Europa. Quel giorno lo "gnomo degli gnomi" avrebbe incontrato papa Ratzinger, a Ratisbona,in Baviera, per regalargli un prezioso organo a canne del valore di 730mila euro destinato proprio alla chiesa di Ratisbona.Era una giornata di gloria che l'avvocato di Vaduz attendeva da tempo, dopo gli anni difficili e le intricate vicende che ne avevano infangato il nome. Per decenni Herbert Batliner, nominato gentiluomo di Sua Santità già da Giovanni Paolo II, aveva operato dietro le quinte, silenziosamente, per il bene dell'Europa cristiana.Ma poi era stato qualificato da un rapporto del Servizio segreto tedesco Bnd e da Der Spiegel come il "re dei fiduciari", la "centrale del lavaggio di denaro sporco", "l'amico di evasori e gangster". Eppure Herbert Batliner - pochi lo sanno - era e resta un autentico uomo di fiducia del Vaticano da oltre 30 anni. E per questo, quel 9 settembre 2006, era venuto a Ratisbona, per donare quel prezioso organo a Benedetto XVI. Mentre Batliner compiva questa buona azione, tuttavia, qualcuno si stava interessando a lui. Era il Dipartimento 35 della Procura di Bochum, fiore all'occhiello dello stato tedesco nella lotta all'evasione fiscale. Lì, a Bochum, il nome di Batliner era scritto a caratteri cubitali su più di 400 fascicoli aperti a partire dal 2000, ovvero l'anno in cui un dipendente "infedele" del noto avvocato aveva consegnato al fisco tedesco un cd-rom pieno di dati segreti dello studio Batliner.In quel momento si aprì un mondo fino a quel momento completamente sconosciuto, per gli 007 del fisco tedesco. Gli 007 arrivarono a definire il "sistema Batliner" come un meccanismo perfetto che per anni aveva sottratto al fisco tedesco almeno 250 milioni di euro di imponibile. Ed era certo una stima per difetto. Il ruolo di Batliner risultò subito centrale: creava di persona le società paravento, le Anstalt, le Stiftung; e poi le gestiva a nome di clienti di tutto il mondo che cercavano l'anonimato assoluto in Liechtenstein. Il 9 settembre 2006, chi osservò Batliner muoversi nella "Piccola Cappella" di Ratisbona potè notare in lui un certo nervosismo. Ogni tanto il notissimo professionista girava la testa, come per accertarsi se qualcuno lo aspettasse fuori, per capire se la polizia in divisa e gli agenti in borghese si trovavano lì per proteggere il Papa, e non per occuparsi di lui. Le sue paure non erano infondate. Era infatti un vero miracolo che Herbert Batliner potesse incontrare papa Ratzinger: in quel momento, pur risiedendo in Lichtenstein, era formalmente ricercato in Germania.Com'era riuscito Batliner a ottenere di incontrare personalmente Papa Ratzinger? Dopo mesi di serrate trattative e grazie alla "moral suasion" degli ambienti vaticani, la Procura di Bochum aveva ceduto a forti pressioni, garantendo al gentiluomo del Papa un "salvacondotto" per quell'incontro e consentendogli un percorso dal confine austriaco-tedesco fino a Ratisbona e ritorno. La motivazione ufficiale, che poi si è rivelata risibile, era che Batliner era gravemente malato. Solo grazie a questo artificio fu evitato lo scandalo dell'arresto in chiesa di un gentiluomo del Papa: appena un anno dopo, nell'estate del 2007, Batliner ammetteva le sue colpe e scendeva a patti con lo Stato tedesco, accettando il pagamento di una sanzione di due milioni di euro.Il salvacondotto concesso a Batliner per l'incontro con Benedetto XVI destò un vero scandalo in Germania. E ci fu chi ironizzò sulla vicenda accostandola alla storia del predicatore medioevale Tetzel che, durante il papato di Giulio II, vendeva lettere di indulgenza papale per la remissione dei peccati in cambio di denaro che serviva a finanziare la costruzione della basilica di San Pietro: una protesta che aveva segnato nel 1517 l'inizio della Riforma, guidata da Martin Lutero. La cattiva fama di Batliner superò in seguito i confini della Germania e del Liechtenstein. E nel 1999 il Presidente della repubblica austriaca Thomas Klestil rifiutò un assegno di beneficenza di 56 mila franchi perché proveniente proprio da Batliner. Tre anni dopo, la Suprema Corte del Liechtenstein confermò, in una sentenza, che Batliner già nel 1990 era il fiduciario dell'ecuadoriano Hugo Reyes Torres, indicato come boss della droga, nel frattempo condannato. Per conto del barone della droga, segnala The Independent, Batliner avrebbe riciclato 15 milioni di euro.Il gentiluomo di sua santità, il "più noto e discusso fiduciario del Liechtenstein", come lo definisce il settimanale svizzero Weltwoche, sponsor dell'Hockey Club di Davos, forte di un patrimonio stimato in 200 milioni di euro, era diventato noto per la prima volta in Germania all'inizio degli anni Novanta nell'ambito dello scandalo delle casse nere della Democrazia Cristiana tedesca, la Cdu. Un ammanco di oltre 8 milioni di euro. "Appropriazione indebita personale", si giustificò il capo della Cdu dell'Assia Roland Koch, pesantemente coinvolto nella vicenda. Una vicenda che vide Batliner in un ruolo senz'altro centrale, ma di cui le reali implicazioni restano ancora nebulose dato che il Lichtenstein non collabora con le amministrazioni giudiziarie degli altri Paesi, tranne nei casi di omicidio o traffico di droga. Batliner era l'uomo giusto per queste operazioni. Chi cercava un rifugio sicuro per il proprio denaro si rivolgeva a lui, il decano dei fiduciari. Il commento che una volta l'avvocato rilasciò in merito alle pesanti accuse rivoltegli resta lapidario: "Non sono un padre confessore, che deve interrogare i suoi clienti per scoprire se questi rispettano o meno le leggi dei loro rispettivi Paesi d'origine".L'incontro a Ratisbona fu per Herbert Batliner senz'altro uno dei momenti più alti della sua vita. Le cronache dell'incontro ci restituiscono l'atmosfera. L'organo comincia a suonare. L'organista intona un brano di Bach. Herbert Batliner è raggiante e sembra abbia esclamato: "Se gli angeli suonano per Dio, scelgono Bach. Se suonano per se stessi, scelgono Mozart". Ma quell'organo non era il primo che il benefattore del Liechtenstein avrebbe regalato alla Chiesa cattolica: il 14 dicembre 2002 il Cardinale Angelo Sodano, Segretario di Stato e Vice Decano del Collegio Cardinalizio, presiedeva il rito di benedizione del nuovo organo della Cappella Sistina, regalato anche in questo caso dallo stesso Batliner. Il maestro delle celebrazioni liturgiche pontificie, monsignor Piero Marini, si rivolgeva direttamente al benefattore affermando solennemente: "Il nostro ringraziamento va al Prof. Dott. Herbert Batliner, Presidente della Fondazione Gedächnisstiftung Peter Kaiser e Gentiluomo di Sua Santità".L'avvocato di Vaduz, questo è certo, godeva della massima fiducia dei Papi: già nel 1998 Giovanni Paolo II lo aveva nominato Gentiluomo di Sua Santità, il più alto rango che un laico può raggiungere in Vaticano. La prima onorificenza papale, la croce "Komturkreuz des Päpstlichen Silberordens mit Stern", gli però era stata conferita già nel lontano 1970. Nel 1993 seguì il "segno d'oro" della diocesi di Innsbruck, per meriti speciali. Alla nomina di Gentiluomo di Sua Santità si aggiungeva, nel 2001, anche la Gran Croce dell'Ordine Papale di San Gregorio: Herbert Batliner era ed è uno dei laici più decorati in Vaticano.Dal 1994, inoltre, Batliner è Presidente del Consiglio della Fondazione della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali. È curioso ciò che scriveva l'1 gennaio 1994 papa Giovanni Paolo II nel documento di nomina: "I membri dell'Accademia sono scelti dal Pontefice in base alla loro competenza e alla loro integrità morale". A questo punto s'impongono alcune domande: in base a quale competenza "morale" è stato scelto il re dei fiduciari vaticani nel Lichtenstein? Dal 1990 era noto il coinvolgimento di Batliner nello scandalo delle casse nere dei democristiani tedeschi; dal 2000 in poi il suo nome era associato al più grande scandalo di evasione fiscale in Germania. È difficile decifrare i motivi di un comportamento "ad alto rischio di vergogna" come il rapporto strettissimo e inspiegabile del Vaticano con Herbert Batliner, di vago sapore nibelunghiano.Tra l'altro, i suoi guai legali sono proseguiti anche in seguito. Nel gennaio 2009 il tribunale del Liechtenstein si è dovuto occupare del vecchio "tesoro" dei democristiani tedeschi dell'Assia nella fondazione Alma Mater, gestita da Batliner. Oltre ai sei milioni di marchi spariti dai conti, restano ancora aperte alcune domande degli inquirenti: quanti soldi neri giacevano ancora sui conti dell'Alma Mater e chi esattamente aveva versato i soldi? Ufficialmente, come intestataria della società, figurava una vedova di nome Christa Buwert. Ma nel processo davanti alla Corte del Lichtenstein si sono scoperti fatti sorprendenti: per esempio che Batliner, fiduciario della fondazione, nel 1998 avrebbe effettuato un versamento di 10 milioni di franchi svizzeri da questi fondi ai propri conti personali. Un anno dopo quel versamento Batliner riceveva dalla vedova (nel frattempo ammalatasi di demenza senile) 1,2 milioni di franchi per comperare un quadro. La Corte del Liechtenstein, su istanza dell'avvocato d'ufficio della vedova, ha però costretto Batliner a restituire quei soldi. Batliner si è lamentato di questa sentenza, perché il "quadro aveva un alto valore emozionale, fatto di ricordi". Batliner è l'uomo chiave anche in una strana, piccola banca italiana: la Banca Rasini, l'istituto di credito che finanziò gli inizi di Silvio Berlusconi e che era diretto dal padre Luigi. Batliner era infatti l'uomo che gestiva e rappresentava tre misteriose società che erano azioniste forti della Rasini: si tratta della Wootz Anstalt di Eschen, della Brittener Anstalt di Mauren e della Manlands Financiere S. A. di Schaan, tutte situate del Liechtenstein. Batliner ne era rappresentante legale insieme a un altro "gnomo" della finanza vaticana, Alex Wiederkehr. Wiederkehr è anch'egli membro dell'inner circle della finanza vaticana e fa parte di una nota famiglia di gnomi svizzeri. Insieme a Wiederkehr, Batliner era una figura chiave nella Banca Rasini, coinvolta nel blitz di San Valentino del 14 febbraio 1983 che portò all'arresto di molti mafiosi di stanza a Milano; una banca indicata dallo stesso Sindona come la banca della mafia a Milano. La riprova che Batliner fosse l'uomo della finanza vaticana nella Rasini viene anche dal fatto che altri importanti azionisti della Rasini, gli Azzaretto, erano fiduciari della finanza vaticana sin dai tempi di Papa Pacelli, come recentemente ammesso da Dario Azzaretto in una intervista a chi scrive.Un "dettaglio" altrettanto interessante e inquietante è che Batliner, gentiluomo del Papa e longa manus del Vaticano nella Banca Rasini, è anche coinvolto nella vicenda del tesoro nascosto della Fiat. Batliner è infatti il fondatore della Prokuration Anstalt, che a sua volta controlla il First Advisory Group, il quale ha materialmente costituito il Trust Alkyone, la principale cassaforte offshore destinata a raccogliere il patrimonio estero dell'avvocato Agnelli. E nel consiglio di amministrazione di Alkyone compaiono la moglie dell'avvocato Batliner, Angelica Moosleithner, Ivan Ackermann e Norbert Maxer della Prokuration Anstalt. Nel 2001 venivano inoltre nominati, accanto ai consiglieri di amministrazione, i protettori del Trust: Gianluigi Gabetti, Franzo Grande Stevens e, naturalmente, Gianni Agnelli.Oggi Herbert Batliner si divide tra la sua clientela "top" e i campi da hockey di Davos. Nonostante sia stato accusato di essere l'uomo del riciclaggio dei fondi neri della politica ed abbia riconosciuto di essere uno dei maggiori esperti di evasione fiscale, Ratzinger non fa nulla per rimuoverlo. Dopo l'esplosione del caso Balducci-Anemone, il Vaticano ha dichiarato formalmente che i gentiluomini di sua santità sono "professionisti di indubbia moralità e qualora si dimostri il contrario le dimissioni dall'incarico sono doverose". Eppure, se si entra nella fornitissima libreria del Vaticano situata accanto a piazza San Pietro e si acquista il gigantesco Annuario Pontificio, si scopre, a pagina 1822, che Herbert Batliner è sempre lì, nel cuore dell'organigramma del potere vaticano, come presidente del Consiglio della Fondazione per la Promozione delle Scienze Sociali. I vecchi amici non si abbandonano mai". (La Repubblica)
Avvoltoi sulla pelle dei terremotati...: "C'è un'inchiesta della Procura nazionale antimafia sulla ricostruzione dell'Aquila. Un'indagine che riguarda il Progetto C. a. s. e.: i duecento palazzi e le decine di scuole realizzate dal governo per i terremotati. E uno dei nomi finiti sul registro degli indagati è quello di Denis Verdini, coordinatore nazionale del Pdl, già indagato per corruzione a Firenze (grandi eventi) e a Roma (business eolico). Il titolo del fascicolo è "infiltrazioni della criminalità organizzata negli appalti per la ricostruzione", ed è in mano ad un pool di magistrati: Vincenzo Macri (coordinatore), Olga Capasso (delegata al collegamento con gli inquirenti aquilani) Alberto Cisterna e Gianfranco Donadio. Un procedimento aperto diversi mesi fa che, almeno all'inizio, doveva riguardare solo le infiltrazioni delle mafie nei lavori per il terremoto (con quindici aziende già sotto inchiesta) e che invece, da marzo, è stato allargato - di concerto con il procuratore de L'Aquila Alfredo Rossini - agli affari nel post sisma degli imprenditori coinvolti nelle inchieste sui Grandi eventi.Così, in questa indagine sono entrate le carte della procura fiorentina sugli affari gestiti della Protezione civile, in deroga alle procedure sugli appalti pubblici. Affidamenti pilotati, secondo gli inquirenti, a Firenze come all'Aquila. E le carte che riguardano la ricostruzione arrivate sul tavolo dei pm dell'antimafia, sono voluminose e pesanti: centinaia di pagine di intercettazioni ed interrogatori. Al centro degli affari, il Consorzio Federico II, con l'azienda toscana Btp (Baldassini-Tognozzi-Pontello, quella del costruttore Riccardo Fusi, indagato a Firenze per corruzione) insieme alle ditte aquilane Fratelli Ettore&Carlo Barattelli srl, Vittorini Emidio costruzioni srl e Marinelli ed Equizi srl. Un consorzio nato il 15 maggio 2009 (appena quaranta giorni dopo il terremoto), dopo una serie di visite a Palazzo Chigi degli imprenditori che poi hanno unito le loro forze. Era proprio nella sede della presidenza del Consiglio dei ministri - come emerge dalle carte del procedimento - che i costruttori cercavano di accreditarsi per gli appalti del post terremoto. Appalti che poi, di lì a poco, sono arrivati. Come la costruzione della scuola media Carducci (struttura provvisoria costata allo Stato 7,3 milioni di euro) al restauro di alloggi alla caserma Pasquali (con un appalto firmato dal provveditore delle opere pubbliche dell'Abruzzo Gianni Guglielmi), fino ai puntellamenti nella zona rossa, finora cinque, ottenuti dal Comune dell'Aquila.Tra le carte, anche l'interrogatorio davanti ai magistrati fiorentini - il 15 febbraio scorso - di Denis Verdini, ascoltato sui suoi rapporti con il costruttore Fusi. In quell'occasione Verdini raccontò di aver presentato gli imprenditori al sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri, Gianni Letta. "Ho accompagnato Fusi insieme al presidente della Banca dell'Aquila, credo la Cassa di Risparmio dell'Aquila, e un consorzio al dottor Letta, per raccomandargli la... diciamo la possibilità di lavorare: questo è avvenuto. Il colloquio si è risolto in grandi gentilezze, ma nella sostanza è che i lavori dell'Aquila erano stati, come dire, orientati, verso la soluzione (...) E siccome Letta è dell'Aquila ed era molto interessato alle cose...".La raccomandazione di Verdini verso il consorzio risulta anche dalle intercettazioni. È lo stesso esponente Pdl che chiama al telefono, il 17 giugno 2009, l'imprenditore Fusi e gli passa il presidente della Regione Gianni Chiodi. "Come si chiama il vostro consorzio, scusami... Vittorio Emanuele II?". E poi: "Come si chiama l'imprenditore di lì?". Quindi Chiodi (ora commissario straordinario per la ricostruzione) gli detta il numero del suo cellulare. E Verdini chiosa: "Và a trovarlo... ti spiega un po' tutto... lui è un amico...". Gli appalti dati al consorzio dovevano essere - secondo gli inquirenti - una ricompensa. Una ricompensa alla Btp per altri affari che non erano riusciti ad ottenere. Ed è sempre lo stesso Verdini ad ammettere davanti ai pm "di aver raccomandato" la Btp "perché era in un momento in cui lavorava poco". (La Repubblica)
Riciclaggio di denaro pubblico: "Un testimone il cui nome è top secret ha indicato ai pm di Perugia dove sarebbero custoditi i "tesoretti" accumulati e nascosti in banche estere dai funzionari pubblici Angelo Balducci, Fabio De Santis, Claudio Rinaldi e Mauro Della Giovampaola e dal commercialista di Diego Anemone, Stefano Gazzani. Una parte, circa 10 milioni di euro, è già stata individuata in un paio di istituti di credito di San Marino: sono intestati o comunque riconducibili a Gazzani, De Santis, Rinaldi e alla madre di quest'ultimo, Mimma Giordano.
Un "gruzzolo" che si aggiunge a quello già rintracciato nei mesi scorsi in alcune banche del Lussemburgo. Anche quei soldi, 5 milioni di euro, occultati nella agenzie dell'Unicredit, erano stati collegati a Balducci e Rinaldi.E se da un lato si cercano i conti, dall'altro si tenta di fare luce sulla lista di Anemone e sui metodi di corruzione del costruttore. Gli inquirenti perugini hanno già riscontrato 40 ristrutturazioni fatte dalle ditte di Diego Anemone. I "beneficiari" fanno parte dei 412 nomi inseriti nel "libro mastro" del costruttore. Tra i lavori registrati ci sono anche quelli nell'appartamento con vista Colosseo di Claudio Scajola, comprato con il "contributo" di 900mila euro dell'imprenditore. Tra i documenti trovati, ci sono le fatture delle ditte subappaltatrici, ma ancora non c'è traccia dei pagamenti fatti dai proprietari o dagli affittuari degli appartamenti "curati" da Anemone e Balducci.Non c'è solo quello. I pm di Perugia stanno anche cercando riscontri alle dichiarazioni rese dal leader dell'Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, interrogato due giorni fa nella caserma dei carabinieri del Ros di Roma. Agli investigatori l'ex sostituto avrebbe consegnato una lettera inviata al presidente del Consiglio dell'epoca, Romano Prodi, e al comitato dei Ministri coinvolti nelle celebrazioni dell'anniversario dell'Unità d'Italia. Alla fine della lettera, c'è un post scriptum in cui Di Pietro, già nel novembre 2007, evidenziava che gran parte degli appalti per i 150 anni dell'Unità d'Italia, potevano finire, come poi è successo, nel mirino della magistratura. "P. S. Vi prego (scriveva l'ex magistrato, ndr) ci stiamo avviando verso macroscopiche violazioni di legge e questo non può essere accettato, se riscontrato". Molti i riferimenti ad Anemone e al suo gruppo. Di Pietro ha anche chiamato in causa indirettamente Romano Prodi e Francesco Rutelli. Nella lettera denunciava anche il fatto che la Struttura di Missione per gli appalti che faceva capo ad Angelo Balducci si era trasformata da "struttura di supporto" a "centrale di committenza" con procedure di assegnazione non proprio limpide. In particolare per quanto riguardava i lavori dell'Auditorium di Isernia, del Palazzo della Musica di Firenze e del Palazzo del Cinema di Venezia. In questi casi c'erano, secondo il leader dell'Idv, "elementi di criticità e anomalie".Accuse che hanno bisogno di conferme. E per questo i pm non escludono di ascoltare prossimamente i ministri del governo Prodi. "Vedremo più avanti", dice un inquirente. E in procura non si esclude nemmeno un altro interrogatorio del capo della Protezione Civile, Guido Bertolaso.Ieri, intanto, c'è stata l'udienza per decidere del commissariamento delle sei aziende di Anemone. L'esito si saprà solo tra qualche giorno: il gup Massimo Ricciarelli si è riservato di decidere. I pm Alessia Tavernesi e Sergio Sottani hanno ribadito i motivi che li hanno spinti a richiedere il provvedimento: "La pratica corruttiva finalizzata alla gestione degli appalti era invalsa ormai da tempo, circostanza questa che crea serie perplessità sul fatto che il mero cambio dei vertici dirigenziali possa incidere in maniera concreta su detti metodi senza che vi sia l'attuazione di seri sistemi di controllo anche attraverso l'adozione di concreti ed efficace modelli organizzativi". Richiesta bocciata dai legali di Anemone: metterebbe a rischio le imprese e il lavoro di 750 dipendenti". (La Repubblica)
Vini e mafia: "Francesco Lena è stato arrestato all'alba dagli agenti della sezione Criminalità organizzata della squadra mobile di Palermo: è accusato di associazione mafiosa, sulla base delle dichiarazioni di alcuni pentiti, ma anche delle intercettazioni, che hanno captato discorsi d'affari fra boss del vertice di Cosa nostra.Lena è fra i 19 arrestati del blitz disposto dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo per fare luce su alcuni investimenti milionari di Cosa nostra. L'imprenditore vitivinicolo di Castelbuono non è l'unico insospettabile della lista. In manette è finito pure l'imprenditore Vincenzo Rizzacasa, negli ultimi anni diventato il ras delle più importanti ristrutturazioni immobiliari realizzate nel centro di Palermo: è accusato di trasferimento fraudolento di valori, perché avrebbe gestito attraverso le sue società il patrimonio del boss Salvatore Sbeglia, anche lui arrestato questa mattina assieme ai fratelli Francesco Paolo e Giuseppe, nonché ai nipoti Francesco e Marcello.Nell'estate scorsa, la società di costruzione di Rizzacasa, Aedilia Venusta, era stata espulsa da Confindustria Palermo, perché ritenuta "non in linea con il nuovo codice etico dell'associazione": fra i dipendenti, come coordinatore dei cantieri, risultava il figlio di Salvatore Sbeglia, Francesco, condannato in primo grado per concorso esterno in associazione mafiosa. Rizzacasa si era difeso a spada tratta, sostenendo di essere solo un benefattore, vicino a gruppi ecclesiali e del volontariato, sempre pronto a dare un'altra possibilità a chi ha sbagliato.Rizzacasa si vantava soprattutto di aver fatto decine di denunce contro il racket del pizzo. In realtà, secondo il pool coordinato da Roberto Scarpinato, il manager sarebbe stato un insospettabile prestanome del gotha mafioso. Tre giorni fa, di sicuro, aveva vinto il suo ricorso contro la decisione di Confindustria: un giudice del tribunale di Palermo l'aveva reintagrato fra le fila dell'associazione degli industriali.Il blitz della sezione "Criminalità organizzata", diretta dal vicequestore aggiunto Nino De Santis, ha portato in carcere anche l'imprenditore palermitano Filippo Chiazzese, ritenuto prestanome del boss detenuto Francesco Bonura. Chiazzese è il titolare della"Agricoltura e giardinaggio sas", una delle società che sta realizzando il maxi appalto da 11 milioni di euro per il più grande parco della città, il giardino d'Orleans. Chiazzese risulta fra i soci del consorzio "Generale appalti pubblici" di Firenze, di cui è stato anche presidente del consiglio di amministrazione.I boss potevano contare davvero su una rete di insospettabili per i propri investimenti. Le indagini dei pm Roberta Buzzolani, Nino Di Matteo, Lia Sava e Marcello Viola hanno portato il gip Maria Pino a firmare anche il sequestro di 10 aziende e di numerose quote sociali.Provvedimenti in carcere sono stati notificati ai boss Nino Rotolo, Francesco Bonura, Vincenzo Marcianò, Carmelo Cancemi e Massimo Troia. L'indagine sul tesoro di Cosa nostra è nata nel 2006, grazie alle intercettazioni effettuate in un box di lamiera che Nino Rotolo aveva sistemato nel giardino della sua villa: il boss riteneva di essere al sicuro dalle microspie, invece tutti i summit erano registrati".(La Repubblica)
In mano alla n'drangheta: "Gli arresti sono cominciati durante la notte. La Dia (Direzione investigativa antimafia) da tempo seguiva le tracce di presunti esponenti della 'ndrangheta che secondo l'accusa agivano sia in Piemonte che in Calabria. I carabinieri hanno eseguito fino ad ora 11 ordinanze di custodia cautelare in carcere ma l'operazione 'Revenge 2' non è ancora conlusa. Sequestrati anche terreni, abitazioni e quote societarie. I carabinieri di Reggio Calabria e di Torino che hanno collaborato con la Dia, in tutto un centinaio impegnati in diverse zone d'Italia, hanno anche scoperto cinque bunker nella Locride. Tre di questi, che si trovano a Platì in provincia di Reggio, erano dentro un appartamento, all'interno di un'intercapedine segreta. Altri due, invece, sotto terra. In particolare il bunker nella contrada Flacchi di Platì è grande 100 metri quadrati, composto da quattro stanze di cui una veniva utilizzata per l'essiccazione di marijuana.Alla struttura, che risulta di Domenico Trimboli (32 anni), si accedeva tramite un'apertura attraverso un blocco di cemento che veniva azionato dalla rastrelliera in una cantina che conteneva bottiglie di vino. Un altro bunker è stato scoperto in contrada Riella, anche in questo caso l'accesso era stato aperto dalla cantina. L'immobile è riconducibile a Luigi Virgora (35 anni). Il bunker trovato in via San Michele del Carso, sempre a Platì, è riconducibile secondo gli inquirenti a Pasquale Marando, ritenuto vittima di lupara bianca. Nel corso della perquisizione i carabinieri hanno sequestrato un chilo d'oro alla moglie, Anna Trimboli, perché il figlio ha precedenti per ricettazione e altri reati.Infine un ultimo bunker è stato scoperto in una struttura nelle disponibilità di Antonino Barbaro (69), una stanza di 20 metri quadrati con l'accesso da un blocco di cemento che scorre suibinari. Tutti i bunker erano arredati. I carabinieri hanno inoltre sequestrato sette binocoli di precisione abilitati per la visione notturna a Natale Trimboli, fratello del latitante Saverio Trimboli arrestato lo scorso anno dai carabinieri e inserito nella lista dei 100 più pericolosi. Uno di essi in particolare era molto potente, per avvistamenti a notevole distanza.Il blitz ha colpito le famiglie Marando, Perre e Trimboli. Gli indagati sono accusati, a vario titolo, di riciclaggio di denaro 'sporco' e dell'omicidio di Antonio Stefanelli, Antonino Stefanelli e Franco Mancuso, avvenuto nel 1997 a Volpiano (Torino). Il triplice omicidio fu ordinato in una faida tra famiglie della 'ndrangheta. I tre corpi non furono mai ritrovati. L'operazione contro la cosca platiota che da anni opera in Piemonte, è partita dalla Dia di Torino che ha collaborato con i centri operativi di Milano, Genova, Roma, Reggio Calabria. I carabinieri stanno effettuando le ordinanze cautelari e diverse perquisizioni in Piemonte, Lombardia, Lazio e Calabria". (La Repubblica)
La nuova Grecia: "Una manovra correttiva da oltre 24 miliardi di euro che peserà sui lavoratori e sulle famiglie, varata dopo un lungo periodo in cui il Governo ha rivestito i panni dell’imbonitore e del prestigiatore facendo credere che tutto, economicamente, andasse bene, maneggiando i numeri come un mago. Solo recentemente il velo di Maya è caduto, anzi è dovuto cadere: il rischio era quello che l’esecutivo finisse schiacciato sotto il peso della stessa commedia recitata, ma prossima a trasformarsi in tragedia. Se ieri eravamo l’America, oggi siamo ad un passo dal diventare la nuova Grecia. La crisi brucia posti di lavoro, vanifica il sacrificio delle pmi, si abbatte come una clava sui precari, sui pensionati e sulle donne, oltre a spingere nell’ombra dell’occupazione in nero le finte partite Iva in maggioranza di giovani lavoratori. E l’esecutivo cosa fa? Sceglie di varare un piano “duro” che colpisce i soliti noti con i soliti noti interventi. Quali? Congelamento degli stipendi del pubblico impiego, proroga del turn over, restringimento delle finestre pensionistiche, liquidazione consegnata in tre anni: sono esempi sufficienti a dare il senso di questa manovra, di chi ferisce e di chi risparmia. Completa il quadro la politica dei tagli agli enti locali con la scusa della lotta allo spreco, che costringerà regioni, comuni e province a comprimere il sistema di welfare oppure ad accrescere la pressione fiscale per i servizi erogati ai cittadini. Il welfare, già, lo stesso che dalle colonne di illustri giornali, legati a Confindustria, viene dichiarato morto, mal celando una certa soddisfazione di casta per la fine di un sistema di conquiste e di diritti che al contrario, soprattutto adesso, andrebbe difeso. Zero misure per rilanciare il sistema produttivo, per gli investimenti nella ricerca e formazione, per rivalutare i redditi e far ripartire i consumi, nessuna riforma strutturale. Condisce il tutto, un’operazione di maquillage populistico: taglio ai costi della casta, quindi giro (presunto) di vite contro lo sperpero di ministeri, Camera e Senato che dovranno sforbiciare del 10% le spese. Operazione in linea di principio anche condivisibile, ma che comunque resta insufficiente se la si considera risolutiva della crisi. Parallelamente si rilancia la lotta all’evasione fiscale. Il Governo Berlusconi infatti è stato folgorato sulla via di Damasco scoprendo che in Italia – novità delle novità- si evade il fisco. Peccato che questo stesso Governo sia padre ignobile della mala pratica dei condoni. Così a fronte di una manovra “lacrime e sangue” (Churchill comunque era uno statista, Berlusconi no), si scopre dunque il tema dell’evasione tributaria tutta champagne e patatine. Si tratta di 120 miliardi di euro occultati all’estero e che trasformano il Bel Paese nel deserto della legge fiscale e della minima condotta etica. Addirittura il presidente del Consiglio ammette che il 22% dell’economia italiana scompare dai radar delle tasse. Un demerito, l’evasione, che si accompagna ad un altro triste primato: la maglia nera vestita dalla nostra nazione per quanto riguarda la gestione illecita dei fondi comunitari. Si tratta di due aspetti non secondari nell’economia italiana che, in particolare in un momento difficile come quello che stiamo attraversando, dovrebbero essere terreno di intervento per far cassa, come si dice in gergo, evitando di scaricare il peso della crisi sulle spalle dei soliti noti. 24 miliardi moltiplicati per cinque danno una modica cifra di 120 miliardi. Tradotto: l’evasione fiscale è più o meno cinque volte il piano draconiano anti crisi del ministro Tremonti. Se a questo si aggiungesse un controllo sul corretto investimento dei fondi erogati dall’Ue per favorire lo sviluppo, ci sarebbero risorse sufficienti per una risposta alla crisi fondata sul principio dell’equità sociale o meglio della “proporzione sociale” (ciascuna fascia è chiamata al sacrificio consono al suo livello). Il giro d'affari per i furbetti delle truffe europee, infatti, si attesta sulla sottrazione di quasi 20 miliardi di euro, dove a farla da padrone sono le mafie in combutta con pezzi della politica, della amministrazione locale, della massoneria mai morta. Come agiscono questi soggetti? Semplice, sfruttando il gelatinoso forziere delle società miste pubblico-private e la prassi anomala delle procedure di emergenza ambientale che consentono di affidare il denaro e gli appalti in deroga alle leggi, favorendo il clientelismo. Al Sud quanto al Nord. L’Olaf, l'Ufficio europeo per la lotta antifrode, lo ha messo in luce recentemente in occasione di un ciclo di seminari svoltisi presso la Corte dei conti proprio in merito alle risorse comunitarie. I fondi europei ammontano a 180 miliardi di euro l'anno, di questi l'11% finisce nel giro delle frodi. In Italia dal 2007 al 2009 le citazioni in giudizio sono state 294, mentre i fondi recuperati sono stati pari a 82 milioni nel primo biennio e 136 milioni nel 2009 (per un totale di 218 milioni di fondi europei e nazionali). Esercitare un controllo maggiore su questo flusso di denaro, parallelamente ad una lotta senza quartiere all’evasione fiscale, consentirebbe un guadagno importante per le casse dello Stato. Ma per farlo, il fattore determinante resta la volontà politica. Le misure esistono: porre fine al sistema emergenziale e allo strapotere delle società che fondono, in un mix diabolico, il pubblico e il privato; la tracciabilità vera (per i pagamenti in contanti infatti il limite dei 5mila euro, come previsto ora, non è sufficiente perché eccessivamente elevato); l’eliminazione della soglia di non punibilità per i reati di elusione fiscale prevedendo al contrario la certezza della pena detentiva e l’incremento stesso delle pene, oltre alla rivisitazione dei tempi di prescrizione che vanificano i procedimenti creando sacche di impunità; l’anagrafe tributaria che registri la verità delle condizioni reali di guadagno. Un’altra proposta interessante che consentirebbe non solo di reperire risorse ma anche di ridare un po’ di credibilità al Paese, sarebbe quella di elevare dall’attuale 5% ad almeno il 10% la tassa prevista per il ritorno dei capitali sottratti al fisco e in giacenza all’estero. Una sorta di “lodo fiscale” che consenta di chiedere il contributo a chi non solo ha violato la legge, ma di fatto ci ha anche guadagnato nel momento in cui gli è stata offerta la possibilità di una amnistia tributaria a prezzo stracciato. Certo, sempre in attesa che l’Europa si esprima sullo scudo che, con alta probabilità, contrasta con le norme comunitarie in materia di lotta al riciclaggio e viola la legge sull’Iva. Un contrasto serio all’evasione consentirebbe di recuperare ben oltre i 6-7 miliardi previsti dal Governo. Dalla legalità dunque abbiamo tutto da guadagnare e ci consentirebbe di non far pagare lo tsunami economico ai soliti noti, cioè i 14 milioni di pensionati e i 20 milioni di lavoratori dipendenti, oltre che gli artigiani e le pmi. Ma a Palazzo Chigi e a viale dell’Astronomia non lo vogliono capire". (Luigi de Magistris)
martedì 8 giugno 2010
Cacciarlo a calci in culo
"Ad Arcore, vigilia di Natale, anno duemilacinque per la storia, Silvio riceve un dono eccezionale: un’intercettazione accusatoria nei confronti del misero Fassino: “Consorte, siam padroni di una banca!” Sprofondato in poltrona l’omarino per la grande emozione quasi sbianca e promette a Favata, il donatore: “La famiglia sarà grata in eterno!” Per caso suo fratello è l’editore del Giornale… Sei giorni ed è l’inferno: “Fassino – sul Giornale – è un lestofante, sono i Ds pien di farabutti, non è vero che son anime sante, sono mariuoli proprio come tutti!” Non è trascritta l’intercettazione e pertanto è illegale totalmente ma se ne fotte Silvio, oggi campione della privacy della brava gente. E’ questa la denuncia che Favata ha fatto al tribunale che ora indaga, visto che la famiglia non fu grata. Sui quotidiani tutti i dì dilaga la legge che imbavaglia il giornalista e che rende impotente il magistrato, la legge target per il piduista al traguardo oramai quasi arrivato: fare in Italia tutto quel che vuole. Per fermare il campione dei bugiardi prorompe una proposta dalle gole: “Cacciarlo a calci in culo!”… E’ sempre tardi". (Carlo Cornaglia)
"Soltanto un potere impaurito poteva decidere di proteggere se stesso con una legge che ostacola la libertà delle inchieste contro la criminalità, riduce la libertà di stampa e limita soprattutto il diritto dei cittadini di essere informati. Tre principi dello Stato moderno e democratico - il dovere di rendere giustizia cercando le prove per perseguire il crimine, il dovere della trasparenza e della circolazione delle informazioni nella sfera pubblica, il diritto di avere accesso alle notizie per capire, controllare e giudicare - vengono messi in crisi, per il timore che i faldoni dell'inchiesta sulla Protezione Civile aprano nuovi vuoti nel governo, dopo le dimissioni del ministro Scajola.È la vera legge della casta che ci governa e ha paura, come ha rivelato ieri Berlusconi, di "toghe e giornalisti". Per una volta, quello del Premier non è un anatema, ma una confessione: legalità e informazione sono i due incubi della destra berlusconiana, e nel paesaggio spettrale dei telegiornali di regime il governo con questa legge s'incarica infatti di bloccarli entrambi. L'obiettivo è che il Paese non sappia. E soprattutto, che non sapendo rimanga immerso nel senso comune dominante, senza più il pericolo che dall'intreccio tra scandali, inchieste e giornali nasca una pubblica opinione libera, autonoma e addirittura critica.Questa è la vera posta in gioco: non la privacy, che può e deve essere tutelata se le parti giudiziarie decidono quali intercettazioni distruggere e quali rendere pubbliche, lasciando intatta la libertà d'indagine e quella d'informazione. Ma proprio questi sono i veri bersagli da colpire. Lo rivela lo stesso Berlusconi che ieri, in piena crisi d'incoscienza, si è astenuto sulla legge perché la vorrebbe ancora più dura.La legge, così com'è, non piace a nessuno e fa male a tutti. Va fermata, nell'interesse del sistema democratico, che deve garantire il controllo di legalità, e che deve assicurare trasparenza d'informazione. Non c'è compromesso possibile su questioni di principio, che riguardano i diritti dei cittadini, i doveri dello Stato. La destra impari a fidarsi dei cittadini, a non temere la normale esigenza di giustizia, il bisogno di conoscere e rendersi consapevoli. Oppure smetta di chiamarsi popolo: e soprattutto, della libertà". (Ezio Mauro)
"Soltanto un potere impaurito poteva decidere di proteggere se stesso con una legge che ostacola la libertà delle inchieste contro la criminalità, riduce la libertà di stampa e limita soprattutto il diritto dei cittadini di essere informati. Tre principi dello Stato moderno e democratico - il dovere di rendere giustizia cercando le prove per perseguire il crimine, il dovere della trasparenza e della circolazione delle informazioni nella sfera pubblica, il diritto di avere accesso alle notizie per capire, controllare e giudicare - vengono messi in crisi, per il timore che i faldoni dell'inchiesta sulla Protezione Civile aprano nuovi vuoti nel governo, dopo le dimissioni del ministro Scajola.È la vera legge della casta che ci governa e ha paura, come ha rivelato ieri Berlusconi, di "toghe e giornalisti". Per una volta, quello del Premier non è un anatema, ma una confessione: legalità e informazione sono i due incubi della destra berlusconiana, e nel paesaggio spettrale dei telegiornali di regime il governo con questa legge s'incarica infatti di bloccarli entrambi. L'obiettivo è che il Paese non sappia. E soprattutto, che non sapendo rimanga immerso nel senso comune dominante, senza più il pericolo che dall'intreccio tra scandali, inchieste e giornali nasca una pubblica opinione libera, autonoma e addirittura critica.Questa è la vera posta in gioco: non la privacy, che può e deve essere tutelata se le parti giudiziarie decidono quali intercettazioni distruggere e quali rendere pubbliche, lasciando intatta la libertà d'indagine e quella d'informazione. Ma proprio questi sono i veri bersagli da colpire. Lo rivela lo stesso Berlusconi che ieri, in piena crisi d'incoscienza, si è astenuto sulla legge perché la vorrebbe ancora più dura.La legge, così com'è, non piace a nessuno e fa male a tutti. Va fermata, nell'interesse del sistema democratico, che deve garantire il controllo di legalità, e che deve assicurare trasparenza d'informazione. Non c'è compromesso possibile su questioni di principio, che riguardano i diritti dei cittadini, i doveri dello Stato. La destra impari a fidarsi dei cittadini, a non temere la normale esigenza di giustizia, il bisogno di conoscere e rendersi consapevoli. Oppure smetta di chiamarsi popolo: e soprattutto, della libertà". (Ezio Mauro)
Senza futuro i giovani non possono pagare i vecchi
"In Italia esistono due classi: quella dei vecchi e quella dei giovani. La prima è al governo, ha una pensione, al termine dell'attività lavorativa ha avuto un tfr, ha goduto di un'Italia quasi scomparsa con fiumi puliti, spiagge libere, bassa criminalità. I vecchi hanno un futuro dietro le spalle, hanno avuto la speranza di emergere nella loro professione e molti ci sono riusciti, hanno avuto la sicurezza di un lavoro a tempo indeterminato. I vecchi hanno potuto scegliere tra grandi aziende come l'Italtel, la Telecom, l'Olivetti. Hanno comprato un appartamento, i più fortunati anche una casa di villeggiatura.I vecchi hanno fatto studiare i figli per nulla, li hanno precarizzati, tolto loro l'ambiente, il diritto all'acqua pubblica. Li hanno indebitati con 30.000 euro a testa (lo stipendio di 3/4 anni di un interinale). I vecchi se la sono goduta, ognuno a modo suo, fottendosene delle generazioni successive. Lo hanno fatto e possono continuare a farlo perché sono loro a detenere il potere. L'Italia ha il presidente della Repubblica e il presidente del Consiglio più anziani del mondo occidentale.L'Italia ha anche 17 milioni di pensionati. Molti hanno pagato solo in parte la pensione che ricevono. Milioni sono a casa dall'età di 50/55 anni senza parlare delle baby pensioni con 15/20 anni di contributi o le pensioni scandalose dei parlamentari dopo solo due anni e mezzo di legislatura o le doppie e triple pensioni, le pensioni superiori ai 10.000 euro al mese, le pensioni cumulate con uno o più stipendi. In questa situazione di privilegi e di profonda ingiustizia sociale, si è deciso che i giovani andranno in pensione a 70 anni, in pratica mai. Questo non è accettabile.Se si deve procedere a una riforma delle pensioni, ognuno deve fare la sua parte oppure nessuno. Perché un ragazzo deve con il suo lavoro mantenere lo Stato sociale di cui beneficiano le vecchie generazioni? Un giovane di vent'anni che inizi a lavorare nel 2010 andrà in pensione nel 2060. Da qui all'eternità. Chi fa un lavoro usurante a 70 anni è buono per l'ospizio. Perché un ragazzo dovrebbe pagare i contributi per esempio per Felice Crosta, ex presidente dell'Agenzia dei Rifiuti in Sicilia in pensione con 1.369 euro al giorno? O tutti o nessuno.In pensione si può andare a 60 anni, l'innalzamento dell'età pensionabile è dovuto all'enorme spreco di soldi pubblici per le pensioni attuali, non per quelle future che vengono dilazionate nel tempo, sempre leggermente più in là, come è avvenuto con l'accorpamento delle finestre pensionabili. Discutiamo delle pensioni attuali, poi con calma di quelle future. Mettiamo un tetto massimo pensionistico a ogni italiano, ad esempio 2.500 euro, vietiamo il cumulo di pensioni, aboliamo con effetto retroattivo le pensioni "super baby" dei parlamentari e, soprattutto, diamo a ogni pensionato una pensione commisurata a quello che ha realmente versato perché la differenza di qualche miliardo di euro è a carico dei giovani che la pensione non la vedranno mai, il tfr neppure e forse, neanche il lavoro. I sacrifici non hanno età, l'anagrafe non è un privilegio".(dal blog di Beppe Grillo)
Un pazzo guida il nostro Paese
"È il colpo di coda del Caimano. In una mattinata di "ordinaria eversione", Silvio Berlusconi è tornato in guerra con il mondo. Nell'ufficio di presidenza del Pdl, trasformato per l'occorrenza nella "quarta camera parlamentare" (la terza essendo com'è noto il salotto televisivo di Bruno Vespa) il presidente del Consiglio ha dato fondo al suo peggior repertorio, sparando ad alzo zero contro tutto e contro tutti: istituzioni e mass-media, avversari dell'opposizione e alleati della maggioranza. Sulla legge-bavaglio per le intercettazioni ha lanciato il suo anatema: il testo che va all'esame del Senato, "ostacolato da toghe e giornalisti", è il punto di caduta finale per il centrodestra. Le modifiche apportate sono "definitive" (oltre che ancora una volta peggiorative), e alla Camera non saranno tollerati dissensi: dovrà approvarle così come sono. Strana visione non solo dei rapporti interni al suo partito (dove Fini pretende pari dignità e rispetto) ma anche del funzionamento del bicameralismo (dove il governo non può ipotecare ciò che farà ciascuno dei due rami del Parlamento sovrano). Sul servizio pubblico radiotelevisivo ha lanciato la sua "fatwa azzurra": a una Rai "così faziosa contro la maggioranza" non andrebbe rinnovato il contratto di servizio. Detto da un presidente del Consiglio non è male. Poi ci si stupisce, con falsa indignazione, se tanti italiani evadono il canone. Sugli scandali della Protezione Civile ha lanciato un consiglio: i tecnici non vadano più all'Aquila, dopo la "criminalizzazione" cui sono stati esposti dalle inchieste giudiziarie rischiano che "qualche mente fragile gli spari in testa". Anche questa, in bocca a un capo di governo, non è male. Poi si contesta, con pelosa ipocrisia, chi usa le parole come pallottole. L'ultimo affondo del Cavaliere, in pieno delirio di autocratico-populista, riguarda come sempre le fondamenta della democrazia secondo la dottrina berlusconiana: in Italia (è il suo mantra) la sovranità non è del governo, non è del popolo, ma è "in mano a Magistratura democratica e alla Consulta". Che dire? Non c'è più limite, né politico né psicologico, alla natura tecnicamente totalitaria e costituzionalmente rivoluzionaria di questo "potere". Questo premier incarna ormai l'anti-Stato, non più lo Stato". (Massimo Giannini)
Tagliamo tutto, tagliamo meglio...
"La manovra da 24 miliardi di euro in due anni, presentata dal ministro Tremonti, è sbagliata e in larga parte inutile. In Europa stanno preparandosi a tagli della spesa pubblica della nostra stessa entità anche se il loro debito pubblico è largamente inferiore al nostro. Ma in paesi come Germania ed Inghilterra la macchina burocratica ed amministrativa è largamente più snella ed efficiente della nostra. Questo governo promette lacrime e sangue ai cittadini e propone “tagli” necessari per risanare il debito pubblico. Falso. Prima di tagliare dobbiamo innanzitutto ridurre gli sprechi e arrivare a una manovra più virtuosa ma meno dolorosa per la popolazione. In un solo anno, il 2009, Berlusconi e Tremonti hanno fatto lievitare il debito pubblico di 100 miliardi di euro ed ora propinano una manovra in due anni che recupera un quarto del buco creato nelle casse dello Stato grazie alla loro gestione dissennata delle finanze. Per due anni hanno preferito anestetizzare la crisi, spendendo e spandendo, per ingraziarsi l’opinione pubblica in occasione forse delle elezioni europee e amministrative del 2009 e 2010. Terminati gli appuntamenti elettorali hanno calato il siparietto e fatto “esplodere la crisi”, addossando la responsabilità agli italiani e ai governi passati. Peccato che dal 1996 a oggi i governi che hanno fatto segnare un Pil nullo o negativo sono stati esclusivamente quelli del signor Berlusconi (guarda il video). Stranamente le sue aziende hanno però segnato sempre ottimi risultati. Non si può parlare agli italiani di lacrime e sangue, di pensionamento posticipato, d’innalzamento del tetto dell’età pensionabile per le donne (guarda il video del senatore Belisario) se chi propone queste soluzioni (il parlamentare di maggioranza) matura la pensione dopo appena due anni ed ha gli stipendi di categoria più alti d’Europa. L’Italia dei Valori ha presentato una manovra di taglio da 65 miliardi di euro in due anni ma andando ad azzerare i costi inutili e gli sprechi della politica (guarda il video). Non è accettabile tagliare i servizi e lo stato sociale se prima non si eliminano i mille privilegi di cui il potere politico fa sfoggio, i mille investimenti inutili per foraggiare le imprese amiche il tutto senza rilanciare la lotta all’evasione fiscale che si aggira su una cifra vicina ai 300 miliardi di euro annui. Nei prossimi giorni saremo al fianco dei cittadini per promuovere questa manovra, per dare la nostra solidarietà ai tagli alla cultura, allo stato sociale, al settore pubblico. Prima di tagliare i servizi vitali per i cittadini vogliamo tagliare quelli utili solo alla politica.
Di seguito riportiamo i punti la manovra proposta dall'Italia dei Valori e rimandiamo gli utenti all’area http://manovraalternativaidv.wikispaces.com/ qualora vogliano commentare i punti.
La contromanovra Idv
A) Misure di lotta all’evasione fiscale e di recupero a tassazione e maggiori entrate addizionale dello 7,5% sui capitali regolarizzati tramite lo scudo fiscale (l’imposta complessiva (5% + 7,5% = 12,5%) diverrebbe pari al 12,5%, cioè all’aliquota dell’imposta sostitutiva applicata alle rendite finanziarie, ad esempio ai titoli di stato (7,5 miliardi di euro);
-ripristino delle norme di contrasto all’evasione fiscale introdotte dal Governo Prodi e soppresse dall’attuale Governo (1 miliardo l’anno) e contrasto di interesse con la possibilità di dedurre dall’imponibile Irpef alcune spese;
-introduzione della determinazione sintetica del reddito delle persone fisiche ed anche delle società di capitale minori (nuovo redditometro a riscossione immediata) e rettifica delle dichiarazioni pregresse, nonché misure di contrasto all’elusione tramite le società di comodo e dell’Ires (3 miliardi l’anno);
-recupero immediato delle somme dovute dai contribuenti che hanno aderito al condono fiscale 2003-2004 e che non hanno pagato tutte le rate secondo quanto denunciato dalla Corte dei conti (3 miliardi);
-tassazione con l’aliquota del 20 per cento delle plusvalenze finanziarie speculative con l’esclusione dei rendimenti dei titoli di Stato (1,2 miliardi l’anno);
reintrodurre l’Ici sulle case di lusso (1,7 miliardi l’anno);
-remunerazioni legate ai risultati dei manager (stock option) tassate in aggiunta allo stipendio annuale;
-mettere all’asta le frequenze liberate dal passaggio al digitale terrestre, come hanno fatto altri paesi (Usa, Gran Bretagna, Germania, Francia). La relativa asta in Germania, ad esempio, si è conclusa con un incasso di 4,5 miliardi di euro e si presuppone che lo stesso possa succedere in Italia, dove invece le frequenze vengono regalate (3 miliardi);
per le banche riduzione quota di deducibilità per le sofferenze creditizie dallo 0,30 allo 0,20% (0.25 miliardi l’anno);
B) Tagli ai costi della politica
-soppressione parziale di province in attesa dell’eliminazione nella Costituzione dell’istituzione “Provincia” (3 miliardi l’anno);abolizione del CNEL con legge Costituzionale;
-eliminazione del vitalizio per i parlamentari nazionali e per i consiglieri regionali con il trasferimento dei contributi versati all’ente previdenziale di riferimento, includendo in tale misura anche gli ex-parlamentari e gli ex-consiglieri regionali (1 miliardo l’anno);
-blocco immediato delle auto blu, salvo 10 per la Presidenza del consiglio, per ogni ministero con portafoglio, per i Comuni con più di 1 milione di abitanti, 5 per i Ministeri senza portafoglio, per i Comuni con più di 500 mila abitanti, per le Regioni, 2 per i Comuni con più di 250 mila abitanti e per le Province Autonome, 1 per i comuni con più di 100 mila abitanti e le province. (5 miliardi l’anno);
-nuove regole per gli appalti e per l’intervento della Protezione civile nonché per combattere la corruzione;
C) Tagli alla spesa pubblica
-una riduzione dei consumi intermedi delle pubbliche amministrazioni attraverso un taglio modulabile soprattutto a carico delle amministrazioni centrali ed il rafforzamento del ruolo della Consip (5 miliardi l’anno);
-riduzione da subito delle spese militari in previsione della costituzione di un esercito europeo (0.5 miliardi l’anno);
-soppressione dei finanziamenti previsti per il ponte sullo Stretto di Messina ed altri grandi opere non prioritarie (1,250 miliardi);
-riduzione dei trasferimenti alle imprese ad eccezione dei trasferimenti al settore del trasporto pubblico locale e alle Ferrovie dello Stato spa, risorse da impegnare nella deduzione del costo del lavoro dall’imponibile Irap ed in altre misure a favore delle imprese stesse (2,75 miliardi l’anno);
le pubbliche amministrazioni in pagamento del patrimonio immobiliare pubblico venduto devono accettare solo titoli di stato stimati al valore di mercato. Due gli obiettivi: garanzia che la vendita dei beni immobiliari pubblici è finalizzata solo alla riduzione del debito; sostegno al valore dei bond pubblici sui mercati;
-separare le attività bancarie da quelle assicurative come accadde negli altri paesi per ottenere una maggiore concorrenza;
-vietare l’utilizzo di alcuni strumenti finanziari speculativi come i derivati (definiti dall’economista Warren Buffet: “armi finanziarie di distruzione di massa”);
misure per le pubbliche amministrazioni:
avvio del passaggio delle PP.AA. all’Open source (0.250 miliardi l’anno);
accorpamento di tutti gli enti operanti nel campo della internazionalizzazione;
soppressione tutti gli enti inutili (lista Padoa Schioppa – 119 enti) (0,75 miliardi l’anno)
D) Riduzione del carico fiscale a lavoratori e imprese & sostegno al reddito e allo sviluppo (16 miliardi l'anno)
1. A favore dei cittadini, dei lavoratori e delle famiglie, anche al fine di sostenere la domanda interna (8 miliardi all’anno):
a) aumenti delle detrazioni per carichi familiari (4,4 miliardi a decorrere dal 2011);
b) alleggerimento del carico Irpef sui redditi bassi e medi da lavoro e da pensione diminuendo l’imposta sulle tredicesime e attraverso il meccanismo delle detrazioni (2,2 miliardi a decorrere dal 2011);
c) garantire gli ammortizzatori sociali anche ai lavoratori atipici (1,4 miliardi a decorrere dal 2011);
2. Per favorire lo sviluppo delle PMI (8 miliardi all’anno):
a) riduzione del costo del lavoro nell’imponibile Irap per le PMI (6 miliardi all’anno dal 2011);
b) per la piccola impresa e per l’artigianato, prevedere il pagamento dell’IVA al momento in cui si incassa e non in anticipo (2 miliardi all’anno dal 2011)
Di seguito riportiamo i punti la manovra proposta dall'Italia dei Valori e rimandiamo gli utenti all’area http://manovraalternativaidv.wikispaces.com/ qualora vogliano commentare i punti.
La contromanovra Idv
A) Misure di lotta all’evasione fiscale e di recupero a tassazione e maggiori entrate addizionale dello 7,5% sui capitali regolarizzati tramite lo scudo fiscale (l’imposta complessiva (5% + 7,5% = 12,5%) diverrebbe pari al 12,5%, cioè all’aliquota dell’imposta sostitutiva applicata alle rendite finanziarie, ad esempio ai titoli di stato (7,5 miliardi di euro);
-ripristino delle norme di contrasto all’evasione fiscale introdotte dal Governo Prodi e soppresse dall’attuale Governo (1 miliardo l’anno) e contrasto di interesse con la possibilità di dedurre dall’imponibile Irpef alcune spese;
-introduzione della determinazione sintetica del reddito delle persone fisiche ed anche delle società di capitale minori (nuovo redditometro a riscossione immediata) e rettifica delle dichiarazioni pregresse, nonché misure di contrasto all’elusione tramite le società di comodo e dell’Ires (3 miliardi l’anno);
-recupero immediato delle somme dovute dai contribuenti che hanno aderito al condono fiscale 2003-2004 e che non hanno pagato tutte le rate secondo quanto denunciato dalla Corte dei conti (3 miliardi);
-tassazione con l’aliquota del 20 per cento delle plusvalenze finanziarie speculative con l’esclusione dei rendimenti dei titoli di Stato (1,2 miliardi l’anno);
reintrodurre l’Ici sulle case di lusso (1,7 miliardi l’anno);
-remunerazioni legate ai risultati dei manager (stock option) tassate in aggiunta allo stipendio annuale;
-mettere all’asta le frequenze liberate dal passaggio al digitale terrestre, come hanno fatto altri paesi (Usa, Gran Bretagna, Germania, Francia). La relativa asta in Germania, ad esempio, si è conclusa con un incasso di 4,5 miliardi di euro e si presuppone che lo stesso possa succedere in Italia, dove invece le frequenze vengono regalate (3 miliardi);
per le banche riduzione quota di deducibilità per le sofferenze creditizie dallo 0,30 allo 0,20% (0.25 miliardi l’anno);
B) Tagli ai costi della politica
-soppressione parziale di province in attesa dell’eliminazione nella Costituzione dell’istituzione “Provincia” (3 miliardi l’anno);abolizione del CNEL con legge Costituzionale;
-eliminazione del vitalizio per i parlamentari nazionali e per i consiglieri regionali con il trasferimento dei contributi versati all’ente previdenziale di riferimento, includendo in tale misura anche gli ex-parlamentari e gli ex-consiglieri regionali (1 miliardo l’anno);
-blocco immediato delle auto blu, salvo 10 per la Presidenza del consiglio, per ogni ministero con portafoglio, per i Comuni con più di 1 milione di abitanti, 5 per i Ministeri senza portafoglio, per i Comuni con più di 500 mila abitanti, per le Regioni, 2 per i Comuni con più di 250 mila abitanti e per le Province Autonome, 1 per i comuni con più di 100 mila abitanti e le province. (5 miliardi l’anno);
-nuove regole per gli appalti e per l’intervento della Protezione civile nonché per combattere la corruzione;
C) Tagli alla spesa pubblica
-una riduzione dei consumi intermedi delle pubbliche amministrazioni attraverso un taglio modulabile soprattutto a carico delle amministrazioni centrali ed il rafforzamento del ruolo della Consip (5 miliardi l’anno);
-riduzione da subito delle spese militari in previsione della costituzione di un esercito europeo (0.5 miliardi l’anno);
-soppressione dei finanziamenti previsti per il ponte sullo Stretto di Messina ed altri grandi opere non prioritarie (1,250 miliardi);
-riduzione dei trasferimenti alle imprese ad eccezione dei trasferimenti al settore del trasporto pubblico locale e alle Ferrovie dello Stato spa, risorse da impegnare nella deduzione del costo del lavoro dall’imponibile Irap ed in altre misure a favore delle imprese stesse (2,75 miliardi l’anno);
le pubbliche amministrazioni in pagamento del patrimonio immobiliare pubblico venduto devono accettare solo titoli di stato stimati al valore di mercato. Due gli obiettivi: garanzia che la vendita dei beni immobiliari pubblici è finalizzata solo alla riduzione del debito; sostegno al valore dei bond pubblici sui mercati;
-separare le attività bancarie da quelle assicurative come accadde negli altri paesi per ottenere una maggiore concorrenza;
-vietare l’utilizzo di alcuni strumenti finanziari speculativi come i derivati (definiti dall’economista Warren Buffet: “armi finanziarie di distruzione di massa”);
misure per le pubbliche amministrazioni:
avvio del passaggio delle PP.AA. all’Open source (0.250 miliardi l’anno);
accorpamento di tutti gli enti operanti nel campo della internazionalizzazione;
soppressione tutti gli enti inutili (lista Padoa Schioppa – 119 enti) (0,75 miliardi l’anno)
D) Riduzione del carico fiscale a lavoratori e imprese & sostegno al reddito e allo sviluppo (16 miliardi l'anno)
1. A favore dei cittadini, dei lavoratori e delle famiglie, anche al fine di sostenere la domanda interna (8 miliardi all’anno):
a) aumenti delle detrazioni per carichi familiari (4,4 miliardi a decorrere dal 2011);
b) alleggerimento del carico Irpef sui redditi bassi e medi da lavoro e da pensione diminuendo l’imposta sulle tredicesime e attraverso il meccanismo delle detrazioni (2,2 miliardi a decorrere dal 2011);
c) garantire gli ammortizzatori sociali anche ai lavoratori atipici (1,4 miliardi a decorrere dal 2011);
2. Per favorire lo sviluppo delle PMI (8 miliardi all’anno):
a) riduzione del costo del lavoro nell’imponibile Irap per le PMI (6 miliardi all’anno dal 2011);
b) per la piccola impresa e per l’artigianato, prevedere il pagamento dell’IVA al momento in cui si incassa e non in anticipo (2 miliardi all’anno dal 2011)
lunedì 7 giugno 2010
domenica 6 giugno 2010
Il Corriere asservito
"Camilleri, le piaccia o no, sarà costretto a testimoniare, o come mandante o come persona informata sui fatti. Chi è sotto processo? Il suo tanto decantato Montalbano. Ronzando, ronzando, i mosconi hanno fatto un buon lavoro, denunciando l’ambiguità ambientale del commissario di Vigata, con i piedi ancorati in una realtà mafiosa alla quale, né lui, né Lei, potete sottrarvi. Il professore Angelo Panebianco su Sette: «Guardando una delle ultime puntate non ho potuto evitare di pensare: ma vuoi vedere che Montalbano è un “colluso”?»; «Montalbano intrattiene rapporti telefonici... con un vecchio capo mafia che gli manifesta grande stima e rispetto e, addirittura, ferma una guerra di mafia convocando i capi cosca in una località segreta e obbligandoli a stipulare un accordo». Certe cose non si fanno, neanche in letteratura! E il professore cita Andreotti, Contrada, Dell’Utri, processati per quei comportamenti che Lei, caro Camilleri, così disinvoltamente, giustifica in Montalbano. Il professore crede di vedere doppio e si chiede se di Camilleri «ce ne siano due» . Il primo è noto. L’altro è «l’intellettuale-politico che usa talvolta l’accetta giustizialista». Cosa ha da replicare? Ma non può cavarsela chiedendo la perizia psichiatrica per il suo accusatore, il professore Panebianco.
Caro Lodato, la ringrazio di avermi dato l’opportunità di parlare dell’articolo del professor Panebianco. In genere, non rispondo mai ai critici, se faccio un’eccezione è perché le parole del professore gridano vendetta. Occorre fare una premessa. Al professore è sorto il dubbio atroce che Montalbano fosse colluso con la mafia, alla stregua di Dell’Utri, Contrada e Andreotti, vedendo lo sceneggiato televisivo tratto dal mio racconto Par condicio. Ha giudicato cioè uno scrittore non per le sue pagine scritte e pubblicate, ma attraverso una riduzione televisiva. Se si fosse preso la briga di andarsi a leggere il racconto, avrebbe visto infatti che è Montalbano a convocare in commissariato il capo di una famiglia mafiosa e a metterlo alle strette, senza nessuna concessione. Nello sceneggiato, firmato anche da me, abbiamo preferito dare più spettacolarità alla scena. Montalbano convoca in un posto fuorimano i due capifamiglia, in quel momento non latitanti e non accusati di nessun reato, e fa una specie di incidente probatorio, senza concedere nulla anche lì.
Mi spiega il professore dove vede la collusione? Ad ogni modo, torno a ripetere, parlare di uno scrittore senza leggere i suoi libri è come spiegare agli studenti il De bello gallico di Giulio Cesare solo facendo loro vedere Asterix. Mi compiaccio per il rigore professionale, professore. In quanto alla stima che i mafiosi professano per Montalbano, vada a leggersi (perché di certo non l’ha letto, avrà visto il film) il dialogo tra il mafioso don Mariano e il capitano Bellodi nel Giorno della civetta di Sciascia. Capirà che è proprio l’incorruttibilità e il no a ogni compromesso a generare la stima dei mafiosi. Stima che non esclude il colpo di lupara verso chi «purtroppo non ha voluto sentire ragioni». No, caro Lodato, non chiederò la perizia psichiatrica per il mio accusatore. Egli persegue un disegno lucido e preciso, quello che Eco ha chiamato «dello sputtanamento globale».
Se tutti, anche un personaggio come Montalbano, sono collusi con la mafia, nessuno è colluso con la mafia. Insomma, il professore appartiene a quella scuola di pensiero creata da un ministro di un governo Berlusconi il quale affermò che «con la mafia bisogna convivere». Io, che non ho mai chiamato eroe un mafioso, appartengo a un’altra scuola. E anche il mio personaggio vi appartiene. E a dimostrarlo è proprio il tentativo d’infamarlo fatto dal professor Panebianco". (L'Unità)
Caro Lodato, la ringrazio di avermi dato l’opportunità di parlare dell’articolo del professor Panebianco. In genere, non rispondo mai ai critici, se faccio un’eccezione è perché le parole del professore gridano vendetta. Occorre fare una premessa. Al professore è sorto il dubbio atroce che Montalbano fosse colluso con la mafia, alla stregua di Dell’Utri, Contrada e Andreotti, vedendo lo sceneggiato televisivo tratto dal mio racconto Par condicio. Ha giudicato cioè uno scrittore non per le sue pagine scritte e pubblicate, ma attraverso una riduzione televisiva. Se si fosse preso la briga di andarsi a leggere il racconto, avrebbe visto infatti che è Montalbano a convocare in commissariato il capo di una famiglia mafiosa e a metterlo alle strette, senza nessuna concessione. Nello sceneggiato, firmato anche da me, abbiamo preferito dare più spettacolarità alla scena. Montalbano convoca in un posto fuorimano i due capifamiglia, in quel momento non latitanti e non accusati di nessun reato, e fa una specie di incidente probatorio, senza concedere nulla anche lì.
Mi spiega il professore dove vede la collusione? Ad ogni modo, torno a ripetere, parlare di uno scrittore senza leggere i suoi libri è come spiegare agli studenti il De bello gallico di Giulio Cesare solo facendo loro vedere Asterix. Mi compiaccio per il rigore professionale, professore. In quanto alla stima che i mafiosi professano per Montalbano, vada a leggersi (perché di certo non l’ha letto, avrà visto il film) il dialogo tra il mafioso don Mariano e il capitano Bellodi nel Giorno della civetta di Sciascia. Capirà che è proprio l’incorruttibilità e il no a ogni compromesso a generare la stima dei mafiosi. Stima che non esclude il colpo di lupara verso chi «purtroppo non ha voluto sentire ragioni». No, caro Lodato, non chiederò la perizia psichiatrica per il mio accusatore. Egli persegue un disegno lucido e preciso, quello che Eco ha chiamato «dello sputtanamento globale».
Se tutti, anche un personaggio come Montalbano, sono collusi con la mafia, nessuno è colluso con la mafia. Insomma, il professore appartiene a quella scuola di pensiero creata da un ministro di un governo Berlusconi il quale affermò che «con la mafia bisogna convivere». Io, che non ho mai chiamato eroe un mafioso, appartengo a un’altra scuola. E anche il mio personaggio vi appartiene. E a dimostrarlo è proprio il tentativo d’infamarlo fatto dal professor Panebianco". (L'Unità)
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