"Pontificia Università Gregoriana in Roma, 459 mila euro. Fondo librario della Compagnia di Gesù, 500 mila euro. Diocesi di Cassano allo Ionio, 1 milione 146 mila euro. Confraternita di Santa Maria della Purità, Gallipoli, 369 mila euro. L'elenco è lungo 17 pagine e porta in calce la firma del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Non si tratta di uno dei tanti decreti, ma quello che ripartisce per il 2009 i 43 milioni 969 mila 406 euro che gli italiani hanno destinato allo Stato in quota 8 per mille dell'Irpef. Basta sfogliarlo per scoprire che confraternite, monasteri, congregazioni e parrocchie assorbono la quota prevalente di quanto i contribuenti avevano devoluto a finalità umanitarie o per scopi di assistenza e sussidi al volontariato. E invece? Succede che i 10 milioni 586 mila euro assegnati al capitolo "Beni culturali" sono finalizzati in realtà a restauri e interventi in favore di 26 immobili ecclesiastici. Opere che avrebbero tutte le carte in regola per usufruire della quota dell'8 per mille destinata alla Chiesa cattolica, col suo apposito fondo "edilizia di culto". Come se non bastasse, la medesima destinazione (chiese e parrocchie) hanno anche gli altri 19 milioni destinati alle aree terremotate del centro Italia (14 per l'Abruzzo). "L'atto del governo n. 121" è stato predisposto ai primi di settembre da un presidente Berlusconi reduce dall'incidente diplomatico del 28 agosto con la Segreteria di Stato Vaticano. Sullo sfondo, la (mancata) Perdonanza dopo il caso Giornale-Boffo. Il documento, poi trasmesso alla Camera il 23 settembre, conferma intanto che i soldi vanno allo Stato ma entrano di diritto nella piena discrezionalità del capo del governo, per quanto attiene al loro utilizzo. È un atto "sottoposto a parere parlamentare" delle sole commissioni Bilancio. Quella della Camera lo ha già espresso, "positivo", il 27 ottobre, quella del Senato lo farà nei prossimi giorni. Eppure, anche la maggioranza di centrodestra della commissione Bilancio di Montecitorio ha lamentato le finalità distorte e ha condizionato il parere finale a una serie di modifiche, contestando carenze e incongruenze del decreto.
Tra le più sorprendenti, quella che riguarda la "Fame nel mondo", "alla quale nel decreto vengono attribuite risorse finanziarie alquanto modeste, a fronte di richieste di finanziamento di importo limitato che avrebbero potuto essere integralmente accolte". Insomma: governo ingeneroso verso i bisognosi. In effetti, ultima pagina, al capitolo "Fame nel mondo", sono solo dieci le onlus e associazioni finanziate per 814 mila euro, pari al 2 per cento del totale. Tutto il resto? A chi sono andate le quote parte dell'Irpef che gli italiani hanno devoluto allo Stato? La parte del leone quest'anno la fanno gli "interventi per il sisma in Abruzzo". Sono 32 e assorbono 14 milioni 692 mila euro. Ma il condizionale è d'obbligo. A parte la preponderanza anche qui di parrocchie e monasteri (la quasi totalità) tra l'Aquila, Pescara e Teramo, tuttavia altro non quadra. E a rivelarlo è proprio la commissione parlamentare presieduta dal leghista Giancarlo Giorgetti: "Le richieste di finanziamento relative all'Abruzzo risultano presentate in data antecedente al sisma dell'aprile 2009 ed appare quindi opportuna una puntuale verifica e un coordinamento con gli interventi previsti dopo il sisma". L'ammonimento è chiaro: quei beni finanziati in Abruzzo non sarebbero stati danneggiati dal terremoto del 6 aprile, non quanto altri almeno. Perché dunque si dirotta lì un quinto dell'intera quota dell'8x1000? Il sisma del dicembre 2008 in Emilia garantisce a 9 tra parrocchie e monasteri del Parmense altri 4 milioni, mentre 11 milioni sono parcellizzati per i danni delle restanti calamità in tutta Italia. Ma ecco il punto. Oltre 10 milioni finiscono ad appannaggio dei Beni culturali. Ventisei tra consolidamenti e restauri, quasi tutti per diocesi, chiese, parrocchie, monasteri. Solo per restare alle cifre più consistenti, ecco il milione 314 mila euro per la cattedrale dell'Assunta di Gravina di Puglia, il milione 167 mila euro per il restauro degli affreschi della chiesa dei Santi Severino e Sossio di Napoli, oppure i 987 mila euro per il restauro di Santa Maria ad Nives di Casaluce (Caserta), i 579 mila euro per San Lorenzo Martire in Molini di Triora o i 413 mila euro per la "valorizzazione della chiesa San Giovanni in Avezzano". E poi, la Pontificia Università Gregoriana e la Compagnia di Gesù. Anche su questo capitolo le bacchettate del Parlamento: la priorità dovevano essere "progetti presentati da enti territoriali", non ecclesiastici. Ci sarebbe anche il capitolo "Assistenza ai rifugiati", al quale però, per il 2009, il decreto firmato dal premier Berlusconi destina 2,6 milioni, poco più del 5 per cento del totale. E quasi tutto (2,3 milioni) va al solo Consiglio italiano per i rifugiati. Concentrazione "non opportuna", censura infine la commissione Bilancio: "Altri progetti non finanziati risultavano meritevoli di attenzione". (La Repubblica)
"Ho dovuto aspettare qualche giorno per superare lo choc procuratomi da un ministro della Repubblica che gridava, con la sua voce roca, come un tarantolato, con gli occhi fuori dalle orbite, le vene del collo gonfie e rosse: “Devono morire!”, e ripeteva, come una giaculatoria, però urlata, queste due parolette, che talora invertiva: “Morire, devono!”, alla siciliana. Siciliano è in effetti – e spiace per l’Isola meravigliosa – il signore (si fa per dire) in questione: un ex picchiatore fascista divenuto coordinatore dell’ala costituita da Alleanza Nazionale in seno al Popolo delle Libertà. Insomma, il signore in parola, pizzetto e baffi vagamente satanici, è il mitico Ignazio La Russa. Un ministro in carica che commentava così l’ormai famosa sentenza della Corte europea dei diritti dell’Uomo, sulla presenza del crocefisso nelle aule scolastiche. Ne abbiamo viste, lette e sentite, di tutti i colori, da quel dì. Abbiamo letto le banalità cerchiobottistiche del Corriere della Sera; ma anche su altri giornali più di un commentatore si è sentito in dovere di dire che la sentenza della Corte non era vincolante. E che era esagerata. Ma soprattutto abbiamo assistito a una fiera di volgarità che ha avuto momenti di autentica barbarie. Al primo posto, se volessimo stilare una graduatoria, distaccando di molte lunghezze il pacato La Russa, si colloca il solito Vittorio Sgarbi, il quale si è esibito, tra l’altro, essendo sindaco in Sicilia (ancora!): esempio vivente di come la televisione possa tirar fuori da ciascuno il suo peggio, che, in costui, è moltiplicato per un fattore 1000 si può dire ogni mese. Accanto a lui, in una kermesse televisiva, immortalata dal benemerito Blob, abbiamo potuto ammirare un sedicente psichiatra, già deputato, ora imbonitore televisivo; e, nella stessa trasmissione, abbiamo potuto non soltanto notare gli insulti scaraventati su quanti cercavano di tenere alta la bandiera almeno della decenza laica, ma ammirare enormi crocefissi appuntati sulle giacce e le maglie e le tonache (il prete non mancava, naturalmente) dei presenti. Anticipazione delle campagne volte a “popolarizzare” il crocefisso, di cui abbiamo avuto qualche notizia, o addirittura delle incursioni squadristiche volte a imporlo. A quando i nuovi Cavalieri dello Spirito Santo ci vorranno tatuare da qualche parte la croce? Insomma, il Ku Klux Klan avanza. E trova una sponda compiaciuta nelle gerarchie ecclesiali, a cui non par vero di assistere a tale mobilitazione in difesa del “simbolo”della “vera fede”, salvo poi ricordare – ma questo non pare sia stato fatto – che in nome di quel simbolo i cattolici hanno sterminato altri cristiani, e anche i protestanti non si sono tirati indietro nella realizzazione di attacchi sistematici, di persecuzioni e violenze su varie confessioni religiose tutte cristiane. E che dire delle performances di quei politici di governo che ora pretendono, per contrastare la ventata di laicismo proveniente dal Nord Europa, di obbligarci tutti, nelle scuole, nelle università, negli uffici, a inchiodare di nuovo il Cristo al muro: non come uomo, ma come effigie. E tutti a sproloquiare sulle radici giudaico-cristiane del Vecchio Continente, mentre si producono forme di inciviltà, anzi di vera crudeltà, nell’indifferenza generale: sono cristiani, quelli che nelle amministrazioni comunali (di vario colore) stanno trasformando le panchine pubbliche, onde renderle non fruibili da qualcuno che, senza tetto né letto, voglia riposare le sue stanche membra? No. Quel qualcuno non può dormire su una panchina. Non può allungarsi. Può al massimo star seduto, in modo composto, con gli occhi bassi. Meglio naturalmente, invece se raccoglie i suoi stracci e li porta lontano. Insomma, deve andarsene. Dove? Non importa. Oppure la risposta è più netta, ove si tratti di stranieri, possibilmente dalla pelle scura, o da tratti somatici magari europei, ma riconoscibili come “dell’Est”: per loro le radici cristiane non valgono. O valgono poco. Per loro la risposta, ad ogni pur flebile protesta, è: “Vattene a casa tua!”. E qual è la loro casa? E in cosa è diversa dalla nostra? E il diritto universale all’ospitalità teorizzato da Kant alla fine del Settecento? Non è forse Immanuel Kant, genio immortale del Pensiero, un padre della “identità europea”? Ammesso esista, l’identità europea.Già, sono tutti cristiani, anzi cristianissimi. Gli stessi che in nome di un sedicente “partito della vita”, si oppongono alla ricerca scientifica, si oppongono alla “pillola del giorno dopo”, si oppongono all’aborto, all’eutanasia; e vogliono addirittura reintrodurre il matrimonio coattivo, cancellando il divorzio dal nostro orizzonte. E così via. Cristiani mentitori, amici dei criminali, e da loro quindi favoriti, cristiani che rubano sul peso, che evadono le tasse, che organizzano truffe in grande e piccolo stile; cristiani compratori e venditori di corpi femminili di cui sono “utilizzatori”. Cristiani pronti a giurare e spergiurare su quel povero Cristo messo in croce. Che vorrebbero imporci, loro; proprio loro che dall’esperienza, reale o simbolica, di quell’uomo, dai suoi insegnamenti, non hanno appreso nulla. E lo bestemmiano nei loro comportamenti ogni giorno. Senza remore né turbamenti. E intanto lo evocano, quasi fosse un loro paladino. Il che equivale a reiterare, ogni giorno la crocifissione del Cristo". (Angelo Orsi-Micromega)
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