Il nostro malamato premier si muove come un dittatore sudamericano. Fa visite private al dittatore Putin con l'aereo della Repubblica italiana, non si sa esattamente cosa è andato a fare (ma si intuisce: i suoi affari), lasciando indietro il Re di Giordania, con relativa gaffe diplomatica. Lui pensa che non deve rendere conto agli italiani. Noi sì. Anche Franco Battiato lo canta, impegnandosi in prima persona, come dovrebbero fare tutti gli italiani consapevoli.
"Qualcuno potrebbe anche maliziosamente suggerire: era ora che dalla nostra prestigiosa canzone d'autore arrivasse un cenno su ciò che accade nella sfera morale della vita pubblica. Ma ora ci ha pensato il più esoterico, allusivo, enigmatico dei nostri cantautori, Franco Battiato, che nel suo nuovo pezzo Inneres auge (da oggi in anteprima sui siti di Repubblica.it e Xl.repubblica.it) usa parole furenti, esplicite, perfino difficili da immaginare cantate dalla sua voce delicata e misterica: "Come un branco di lupi affamati che scende dagli altipiani ululando o uno sciame di api accanite divoratrici di petali odoranti precipitano come massi da altissimi monti in rovina. Uno dice: che male c'è a organizzare feste private con delle belle ragazze per allietare Primari e Servitori dello Stato? Non ci siamo capiti, e perché mai dovremmo pagare anche gli extra a dei rincoglioniti?". Un vero sussulto, un'indignazione tangibile, ma è pur sempre una canzone di Battiato, e infatti si intitola Inneres auge ("l'occhio interiore" in tedesco) ed è una canzone ben strana, piena di disagio e di evocazioni profonde, divisa in due parti. Dopo la sparata iniziale, che continua con altri vituperi ("... di cosa vivrebbero ciarlatani e truffatori se non avessero moneta sonante da gettare come ami fra la gente"), scarta verso temi altissimi, verso quell'occhio interiore che ci fa intravedere ben altra bellezza. Insomma siamo lontani dal tono caricaturale di Edoardo Bennato che faceva il verso al presidente Leone quando cantava Uno buono, dall'anarchismo dissacrante di Rino Gaetano in Nun te reggae più e perfino dal più garbato De Gregori che nel 1992 dedicò a Bettino Craxi una corrosiva La ballata dell'uomo ragno ("si atteggia a Mitterand ma è peggio di Nerone") salvo poi pentirsi anni dopo e riabilitarne la figura.
Qui mancano nomi e cognomi ma il quadretto evocato da Battiato è desolante. Sembra la voce di un artista esiliato che si consola con Corelli ("mi basta una sonata di Corelli perché mi meravigli del Creato!") ma poi si affaccia alla finestra e vede un paese preso a sberle dalla politica". (La Repubblica)
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