Da una settimana siamo bombardati dalle notizie del terremoto in Abruzzo. In genere false notizie, tese a lodare i post interventi, senza nemmeno un accenno critico. Informazioni di regime che stanno permettendo a questo governo di nani e ballerine di spostare il baricentro dei problemi ponendosi come dei grandi salvatori di italiani in gara di solidarietà. La realtà non è quella propagandata dai nostra media. Le poche voci pensanti, infatti, tipo "Anno Zero", vengono zittite addirittura dai presidenti della Camera, terza carica dello Stato. Tutto il resto dell'informazione è completamente supina, a novanta gradi, con lingue che pendono dalle labbra che non hanno paura di leccare il peggiore dei governanti, passando anche sopra la vera tragedia dei terremotati. Un esempio di come un evento sismico o di un altro di grande portata, tipo la monnezza a Napoli, possa essere utilizzato per osannare il principe che offre dentiere e case, pontificare la cerimonia dei politicanti in odore di mafia, aprire le porte ai preti officianti di morte. I corvi sono calati sui loro cadaveri facendo sembrare di essere i loro salvatori. Il bello di tutto ciò è che gli italiani ci credono, anche perché l'informazione non esiste più.
Ecco cosa ne pensa, dati alla mano, un altro essere pensante come Marco Travaglio: "Dopo una settimana di terremoto, capita di incontrare sui giornali titoli come questi: “Sisma? Colpa del governo. Deliranti accuse di Santoro, Annozero approfitta della tragedia abruzzese per mettere sotto accusa Protezione Civile e Bertolaso. Non hanno ascoltato le profezie di Giuliani e buttano via i soldi per il G8”.Questo c'è da aver paura a prenderlo in mano perché ci si sporca: “Il dolore e gli sciacalli. Funerali in Abruzzo, speculazione in TV”. Da una parte le bare, dall'altra Santoro, a proposito di Sciacalli e di speculazioni in TV. E c'è il pezzo di quel soggettino del direttore, che non nomino neanche per non sporcarmi – appunto - il quale ha fatto una figuraccia ad Annozero. Vedete, ad Annozero si invitano le persone a parlare, se poi dicono stronzate fanno brutta figura e allora si incavolano e il giorno dopo scrivono sul giornale per prendersela con la trasmissione che non gli ha consentito di fare la solita messa cantata che, invece, gli viene consentita nelle TV e nei programmi di regime.Ma abbiamo anche il Corriere della Sera, che in questi giorni ha cambiato direttore e che a fianco di un bellissimo articolo di Gianantonio Stella che, praticamente unico fra gli unici, segnala ogni volta tutte le inadempienze legislative – dopo ne vedremo qualcuna – riporta anche un altro articolo intitolato: “Santoro, in onda l'abuso di libertà”, e dentro c'è un titolo che dice che si getta zizzania in televisione.E' un bel complimento per i giornalisti, perché i giornalisti devono gettare zizzania altrimenti è inutile che esistano.
Vi leggo, a questo proposito, l'editoriale che è comparso il giorno prima di questi articoli, cioè venerdì. E' l'editoriale di saluto di Ferruccio De Bortoli che torna dopo cinque anni alla direzione del Corriere, succedendo a Paolo Mieli al quale era già succeduto una dozzina di anni fa:“Primo: perché un' informazione libera, indipendente e responsabile fa bene alla democrazia? Non è una domanda retorica. Senza un' opinione pubblica consapevole e avvertita un Paese non è soltanto meno libero, ma è più ingiusto e cresce di meno. Il cittadino ha pochi strumenti affidabili per decidere, non solo per chi votare, ma anche nella vita di tutti i giorni. La sua classe dirigente fatica a individuare le priorità, lo stesso governo (come avviene nelle aziende in cui tutti dicono di sì al capo) seleziona più difficilmente le buone misure distinguendole da quelle che non lo sono. Il consumatore è meno protetto, il risparmiatore più insidiato. Lo spazio pubblico è dominato dall'inutile e dall'effimero. Si discute molto, e a ragione, sugli eccessi dell'informazione. Che ci sono, e gravi. Di cui anche noi portiamo le nostre colpe. Si discute poco sui costi della non informazione. - Guardate che è una splendida lezione di giornalismo, purtroppo di teoria come vedremo - Dove c' è opacità il merito non è riconosciuto; quando c' è poca trasparenza le aziende e i professionisti migliori sono penalizzati, i lavoratori onesti posti ai margini, i talenti esclusi. I diritti calpestati. La qualità della cittadinanza modesta. Colpisce che spesso la classe dirigente italiana, non solo quella politica, consideri l' informazione un male necessario. E sottostimi il ruolo di una stampa autorevole e indipendente. Tutti l' apprezzano e la invocano quando i giornalisti si occupano degli altri, degli avversari e dei concorrenti. Altrimenti la detestano e la sospettano. Molti confondono l' informazione con la comunicazione di parte o la considerano la prosecuzione della pubblicità con altri mezzi. Una classe dirigente che non riconosce il ruolo di garanzia dell'informazione dimostra una scarsa maturità e una discreta miopia. La leadership nei processi globali, in particolare in questi momenti di profonda inquietudine e disorientamento, è fatta di informazioni corrette, tempestive e credibili. Il dibattito vero fa emergere le politiche migliori, quello falso o reticente solo quelle che appaiono in superficie le più percorribili e all'apparenza le meno costose. Insomma, con i cantori a pagamento e gli spin doctors improvvisati non si va da nessuna parte. Il secondo tema che vorrei trattare riguarda l'utilità dei giornali. - E qui ci sarà dibattito anche fra di voi, c'è chi ritiene che siano morti in forma stampata su carta e chi no. De Bortoli, per ragioni anche ovvie, dirige un giornale di carta, li difende - Vivono una crisi profonda, questo è vero. Ma non sono mai stati così letti. Sulla carta e online. Ci sarà una ragione se un navigatore che vuole un'informazione credibile accede più facilmente al sito di una testata storica. - Bah, questo è tutto da vedere - La Rete è una grande piazza democratica ma il confine fra vero e falso, effimero e sostanziale, lecito e illecito è assai sottile. E poi c' è un' altra ragione. Guardatevi intorno: quali sono i simboli che vi ricordano tradizione, appartenenza, storia della vostra comunità? Sono pochi, pochissimi. Un' alluvione di marchi e format globali. In strada, in tv e nella Rete. Persino la vostra squadra del cuore parla una lingua diversa. A volte capita che solo in edicola e in libreria si abbia la certezza di trovarsi nel proprio Paese. Con il suo giornale un lettore si sente sempre a casa. A suo agio. Con uno strumento (anche di lavoro) affidabile per interpretare realtà complesse.”
Bene, queste cose – condivisibili o meno – dipendono da quello che uno ci mette sopra, alla carta. Il problema non è lo strumento carta, il problema è quello che uno ci mette sopra. Dopo un editoriale del genere ci si attenderebbe che il Corriere della Sera non dico si mettesse a fare le pulci alle inefficienze dei soccorsi in Abruzzo – che pure sono stati meritori. Parlare delle inefficienze non vuol dire criticare quelli che hanno prestato soccorso, vuol dire criticare la macchina organizzativa. Chi ha guardato Annozero con occhi non dico vispi ma quanto meno in coma vigile, diciamo, ha capito benissimo cosa voleva dire quel signore che all'inizio della trasmissione indicava sulla montagna di rovine delle persone con la divisa gialla che stavano con le mani conserte e diceva “questi non fanno un cazzo”. Non voleva dire che quelli erano venuti lì magari dal Veneto, dal Piemonte, dalla Lombardia, dalla Calabria, dalla Sicilia per non fare un cazzo – perché se uno non vuole fare un cazzo se ne sta a casa propria e nessuno se ne accorge. E' evidente che voleva dire che questi signori erano arrivati lì pieni di buona volontà per aiutare ma la macchina organizzativa non era in grado di dargli qualcosa da fare e quindi nelle prime ore, soprattutto, si sono disperse molte energie perché non c'era una pianificazione.Pianificazione che avrebbe dovuto essere fatta, anzi che dovrebbe già essere pronta con dei piani di evacuazione e soccorso standard, a ogni allarme. L'allarme c'era, c'era da mesi. E qui entriamo nel merito delle critiche che ha fatto Annozero, unica trasmissione in Italia in mezzo a una marea di messe cantate piene di retorica, piene di sciacalli veri, a cominciare dal TG1 dove il grande Johnny Riotta ha dato il suo estremo saluto ai telespettatori per passare a dirigere il Sole 24 Ore. Tra l'altro peccato, perché era diventato un bel giornale con De Bortoli. Bene, Riotta ha dato il suo saluto facendo leggere da una signorina i dati di ascolto crescenti, a mano a mano che cresceva il numero dei morti nella giornata di lunedì scorso.Ma di questi casi di sciacallaggio abbiamo letto molto in rete e molto poco sui giornali. In ogni caso, il problema della macchina organizzativa è strettamente legato al problema degli allarmi: avete visto che per tutta la settimana hanno massacrato il povero Giuliani. Ancora si legge, da questi grandi esperti di terremoti – Feltri, eccetera – che ad Annozero si sarebbe accusato Bertolaso di non avere ascoltato le profezie di Giuliani. Assolutamente no, nessuno ha detto a Bertolaso che doveva ascoltare le profezie di Giuliani, si diceva che avrebbe dovuto ascoltare 4-5 mesi di sciame sismico, o lui o chi per esso perché poi abbiamo visto che è molto occupato in eventi sportivi, G8... è un esperto di grandi eventi, Bertolaso, non di Protezione Civile. Se Giuliani non è uno scienziato di terremoti, Bertolaso non è un esperto di Protezione Civile. Fa il responsabile di Protezione Civile, ma non è un esperto di Protezione Civile. Chiunque abbia seguito lo scandalo della monnezza a Napoli sa che è stato commissario già tempo fa, della monnezza, e non aveva combinato assolutamente niente e tutto il suo staff, lui compreso, è indagato e in parte addirittura sotto processo a Napoli proprio per quelle scene meravigliose delle discariche che sversavano liquami e percolati perché consapevolmente venivano imbottite di rifiuti che non dovevano essere lì.Stiamo parlando di una persona che dato che si occupa da molti anni di protezione civile è parte integrante del problema, quindi è difficile che lo possa risolvere.Da Bertolaso ci si attendeva che ciò che è stato detto ai funzionari della prefettura de L'Aquila che se la sono data a gambe, a mezzanotte, dopo la forte scossa delle 23.30 venisse detto anche al resto della popolazione. Voi sapete che il comandante è l'ultimo a lasciare la nave, nel codice della navigazione: evidentemente nel codice delle Prefetture, del ministero dell'interno e della Protezione Civile così ben gestite il comandante è il primo a darsela a gambe. Il palazzo della Prefettura viene evacuato intorno alla mezzanotte e ai cittadini non viene detto niente, tant'è che alle tre e mezza della notte, quando tutto crolla, ci rimangono sotto (stima di queste ultime ore) circa 300 persone.Naturalmente nessuno dice che si sarebbe dovuta evacuare L'Aquila quando Giuliani lanciò il suo allarme.
Tra l'evacuare un comune capoluogo e non fare nulla. Tra l'evacuare un comune capoluogo e il non fare nemmeno un'esercitazione. Tra l'evacuare un comune capoluogo e il non predisporre almeno un piano di evacuazione alla mala parata, come si dice. Tra il non fare nulla e il mettere all'erta le popolazioni per spiegargli che se dovesse succedere l'irreparabile devono intanto radunare quelle poche cose di pregio che hanno in casa, per essere pronti a portarsele via, per dirgli dove andare, cosa fare o cose di questo genere... ce ne passa!Infatti, dove non è arrivata la Protezione Civile nazionale e locale, sono arrivati dei privati cittadini, non soltanto quelli che conoscevano Giuliani: ci sono molte persone che dopo la scossa delle 23.30 o anche prima hanno preso e sono andate a dormire in macchina. Quindi, l'iniziativa privata dei singoli, altro che gli esperti, è arrivata molto prima di quello che ha fatto la meravigliosa macchina della Protezione Civile della quale non si è capito bene per quale motivo non possa essere criticata. Cos'è, l'impresa dei Mille? Chi è Bertolaso, Garibaldi? E' la Madonna? E' Gesù Cristo? Non si è capito per quale motivo questo signore debba essere presentato – cito da quel giornale che ci si sporca a prenderlo in mano - “L'Uomo della Provvidenza” “L'eroe della Protezione Civile”. Ma stiamo scherzando? Stiamo parlando di persone che sono umane, che possono sbagliare, che naturalmente possono essere criticate.L'Uomo della Provvidenza... per fortuna qualche giornale che scrive le cose c'è, intendiamoci, per esempio Italia Oggi. Franco Bechis, che è un infaticabile cronista che va a vedere i numeri: “Bertolaso, tre anni di tagli. Leggine, risparmi, musei, Bersani: via così i fondi anti terremoto”. E dice, Bechis: “Il suo primo sfogo avvenne il 20 luglio del 2006 davanti alla commissione Territorio e Ambiente del Senato. Fu lì che Bertolaso, l'uomo della Protezione Civile che servì due premier, Berlusconi e Prodi, perse la pazienza per i mesi orribili a cui fu costretto. A gennaio disse 'mi hanno tolto 10 milioni di euro per fare un importante museo a Roma, il Maxi. Nel passaggio delle consegne fra i due governi, Berlusconi e Prodi, mi hanno tolto altri 30 milioni per gestire i problemi della Presidenza del Consiglio. Col decreto legge Bersani, via altri 39 milioni di euro. In tutto meno 79 milioni in sei mesi'. Il fondo per la Protezione Civile, che nel 2008 ammontava a 196 milioni, nel 2009 è stato ridotto a 142 milioni”.E infatti, forse ve lo ricorderete... no, non ve lo ricordate perché non ve l'ha raccontato nessuno tranne quei mascalzoni di Annozero, il 19 dicembre – quanto è passato, quattro mesi? - Bertolaso annuncia le dimissioni da sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega alla Protezione Civile e ai grandi eventi, perché il piano della finanziaria triennale portava i fondi della Protezione Civile in tre anni, dal 2009 al 2011, dagli attuali 196 milioni di euro all'anno a 50 milioni di euro all'anno. Gli tagliavano il 74% dei fondi in tre anni, quindi Bertolaso ha detto: “non ho più i soldi, me ne vado, non ha più senso”.Perché quando Bertolaso minaccia le dimissioni contro i tagli del governo Berlusconi, nessuno lo elogia come l'uomo della provvidenza, l'eroe della ricostruzione e tutti stanno zitti? Perché quando revoca le sue dimissioni, anche se gli sono stati confermati in gran parte quei tagli, nessuno gli chiede come mai abbia cambiato idea, come mai non abbia continuato a denunciare la spoliazione del bilancio della Protezione Civile in un Paese dove ne succede sempre qualcuna? Domande che i giornalisti dovrebbero porre, ma avete visto che se c'è una trasmissione che le pone viene immediatamente individuata come la trasmissione sciacalla, zizzania, eversiva, la trasmissione che parla male di Garibaldi.Ma andiamo avanti, perché in questi giorni di sciacalli ne abbiamo visti tantissimi all'opera. Abbiamo visto una dozzina di ministri in tre giorni, alternarsi sui luoghi della sciagura. Sempre quel giornale che c'è da sporcarsi a tenerlo in mano titola: “Ministri al lavoro in prima fila. La squadra: Alfano, Zaia, La Russa, Tremonti, Bossi e Calderoli tra la gente per coordinare le operazioni”. Immaginate se c'era bisogno di Calderoli, Bossi, Tremonti, La Russa, Alfano e Zaia per coordinare le operazioni!Intanto, come ha dimostrato Ruotolo nei suoi bellissimi servizi insieme a Bertazzoni dalle zone terremotate, il centro di coordinamento de L'Aquila a cinque giorni dal terremoto, giovedì sera, non aveva ancora un coordinatore responsabile. Naturalmente, non è che è arrivato qualcuno in quelle tre ore di trasmissione a dire “non è vero, il coordinatore sono io, bugiardi.” Non è arrivato nessuno a smentirlo, ma sui giornali del giorno dopo trovavate “vergogna, hanno detto che non c'è un coordinatore”. Il problema è: vergogna, non c'è un coordinatore!Il problema è sempre di chi li racconta gli scandali, non di chi li propizia.Abbiamo visto questi giornalisti che scendevano dall'elicottero, cercavano la prima telecamera e ci si fiondavano davanti, andando a intralciare le opere di ricostruzione e soccorso. Una volta tanto va dato atto a qualche politico come Francheschini e Di Pietro che ci sono andati con molta discrezione, senza nemmeno rilasciare dichiarazioni, proprio per evitare di creare quel grande corteo semovente che disturba anche l'occhio, oltre che il lavoro.
Ma andiamo avanti: avete sentito molte trasmissioni fare i nomi e i cognomi delle imprese coinvolte in queste opere che crollano miseramente perché fatte di sabbia? Io ho cercato in tutte le trasmissioni di sentire una volta la parola “Impregilo”. Perché è importante la parola “Impregilo”? L'Impregilo è una grande impresa di costruzioni, una delle più grandi in Italia. Fa l'asso piglia tutto degli appalti per le grandi opere. E' quella che ha vinto, grazie alla giunta di centro destra di Rastrelli e poi di centro sinistra di Bassolino, in regione Campania il famoso appalto per non smaltire i rifiuti. E' quella delle ecoballe, dello scandalo della monnezza, quella sotto processo per truffa alla regione insieme a Bassolino.Bene, questi giganti della Confindustria hanno nel loro palmarés anche l'ospedale de L'Aquila, quello nuovo inaugurato 12 anni fa; perché quello vecchio è ancora in piedi, mentre quello nuovo, dove ci hanno messo la zampa anche loro, è venuto giù. Naturalmente, c'è un comunicato che è stato sufficiente alla cosiddetta informazione per non nominare l'Impregilo. L'Impregilo dice: “noi non abbiamo fatto la struttura dell'ospedale de L'Aquila, l'abbiamo solo messo in funzione” avete visto come funzionava bene.Peccato però che fino al giorno del terremoto, nel sito Impregilo alla voce “business units” si legge tra le varie opere di cui l'Impregilo si vanta: “edilizia ospedaliera: in questo settore ha realizzato sia in Italia che all'estero importanti e moderni complessi ospedalieri che vengono di seguito dettagliati”. Ce ne sono alcuni e in fondo all'elenco si legge: “ospedali a L'Aquila, Cerignola e Menaggio”. Chissà se c'è ancora sul sito, bisognerebbe controllare.E ancora, sempre sito Impregilo: comunicati stampa, 12 settembre 2000: “aumentano le acquisizioni, crescono gli investimenti...” tra le acquisizioni effettuate giova ricordare “ospedale San Salvatore, L'Aquila”. Se ne vantavano, all'epoca.In compenso una chicca: sempre nel sito Impregilo c'è scritto: “Algeria, biblioteca nazionale d'Algeria. Hanno fatto pure la biblioteca nazionale d'Algeria, questa però – scrivono - “l'edificio che si estende su una superficie di 60.000 mq e ripartito su 13 piani è stato realizzato secondo le norme vigenti in materia di stabilità strutturale antisismica”. Ecco, in Algeria gli edifici, l'Impregilo, li costruisce secondo le norme antisismiche.Bene, non vi sfuggirà che l'Impregilo c'entra molto con questo governo: Berlusconi quando è andato in Campania a inaugurare il termovalorizatore alias inceneritore di Acerra, ha elogiato pubblicamente l'Impregilo dicendo che è stata ingiustamente perseguitata dai giudici, quindi il principale corresponsabile dello scandalo della monnezza è stato elogiato pubblicamente da Berlusconi. Quando è venuto fuori che l'Impregilo, nella lunga catena dei vari costruttori, aveva messo le zampe anche sull'Ospedale de L'Aquila, Berlusconi si è precipitato in televisione a dire: “escludo che le aziende abbiano un dolo”, tra l'altro con un'ignoranza abissale: non sa che nei disastri colposi e negli omicidi colposi basta la colpa, non il dolo! Nessuno costruisce un ospedale apposta per farlo crollare, il dolo è che tu costruisci un ospedale sapendo che potrebbe anche crollare perché sai che ci metti dei materiali scandenti. A nessuno viene in mente di costruire un ospedale apposta per ammazzare la gente! Invece, il reato colposo è proprio quello che, anche senza il dolo, prevede la colpa. Cioè, hanno omesso certe cautele e quindi hanno creato un rischio oggettivo di cui erano a conoscenza, e voi sapete che ci potrebbe addirittura essere il dolo eventuale in quel caso. E' quello che Guariniello contesta alla ThyssenKrupp, cioè quando tu metti in campo dei comportamenti talmente pericolosi che hai già messo in conto l'eventualità che questi possano determinare la morte di qualcuno.
Gianantonio Stella, sullo stesso giornale che accusa Annozero di fare sciacallaggio, il Corriere della Sera, ricorda il piano casa. Il piano casa, non perché io sia particolarmente acuto ma semplicemente perché l'associazione di idee viene automaticamente nel giorno del terremoto: se viene giù una casa che pesa cento e fa x morti figuratevi se viene giù una casa che pesava 100 fino a qualche mese prima e alla quale è stato aggiunto il 20-30% di cubatura... farà x+1 morti.Infatti, appena l'ho citato, il piano casa, uno di questi sciocchini che lavorano in radio e che stanno naturalmente facendo carriera, magari scrivendo libri favorevoli al ponte sullo Stretto – perché chi l'ha vinto l'appalto? La solita Impregilo... capite che quando si lavora per i giornali e per le radio della Confindustria la tentazione di compiacere il padrone o i padroni è assolutamente irresistibile per alcuni, per altri fortunatamente ci sono ancora le regole della deontologia – ha cominciato a dire che il piano casa non c'entrava niente con il terremoto, esattamente come il ponte sullo stretto. Certo, un ponte costruito su una delle principali faglie sismiche non è un problema, è naturale. Come cubare le case 20-30% in più non è un problema, in un paese che ha il 70% del suo territorio classificato come zona sismica e solo il 18% delle abitazioni censite è a norma, senza contare i milioni di case che non risultano nemmeno al catasto, e senza contare il fatto che il piano casa potrà essere applicato non solo, come ci hanno detto, alle ville e alle case monofamiliari o bifamiliari in regola, perché da noi sono considerate in regola tutte le abitazioni condonate, quindi abusive all'origine ma che non si possono abbattere perché sanate dal condono. Quelle potranno fare parte del piano casa. Pensate ai rischi di una villa abusiva che non si è potuta abbattere perché condonata e che viene pure ampliata, ville spesso mostruose visto che i gusti estetici dei nostri architetti, ingegneri e soprattutto padroni di casa sono spaventosi.Ma in ogni caso, Stella – evidentemente sarà uno sciacallo anche lui, non lo so – ricorda che nel piano casa fino alle 3.32 della notte fra domenica e lunedì scorsi non compariva mai la parola terremoto. Nella prima versione, quella del giugno dell'anno scorso, non compariva. Nella prima bozza presentata circa un mese fa alle regioni non compariva. Nell'intesa fra il governo e le regioni, siglato il 31 marzo, non compariva se non in un articolo: il n.6. Nel testo dato alle regioni una settimana prima del terremoto, c'era scritto: “Semplificazioni in materia antisismica”. Cioè citavano i sismi per smantellare le norme, vissute come degli impacci per questo grande furore ricostruttivo o costruttivo. Dopo il terremoto, furtivamente, una manina ha cancellato l'articolo 6 che doveva snellire, cioè abrogare, alcune norme antisismiche e ha aggiunto un pomposo articolo intitolato: “misure urgenti in materia antisismica”, quello che leggeva il sottosegretario alla difesa l'altra sera dicendo “ma noi l'avevamo previsto”. No, voi l'avete previsto dopo che è venuto giù tutto a L'Aquila e nel quale si dice che gli interventi “non possono essere autorizzati ove non sia documentalmente provato il rispetto della vigente normativa antisismica”. Beh, allora non c'eravamo solo noi, lunedì scorso, a collegare il piano casa col sisma; c'era anche il governo che furtivamente infilava questa cosetta per evitare che qualcuno li prendesse col sorcio in bocca. Ma per fortuna il governo può godere di un vasto esercito di servitori, trombettieri e leccapiedi che naturalmente lo coprono dai disastri che combina.Ecco questo è un po' quello che mi sento di dire a una settimana, fermo restando che se qualcuno volesse dare un'occhiata a quello che è successo a San Giuliano di Puglia, cioè nell'ultimo terremoto in cui Berlusconi aveva promesso di ospitare i terremotati nelle sue ville, di ricostruire San Giuliano 2 più bella di San Giuliano 1, si aggirava col caschetto, faceva retorica, abbracciava parenti di vittime eccetera, è servito. C'è uno splendido articolo su L'Espresso: “Niente miracoli a San Giuliano, la promessa di Berlusconi, in 24 mesi una città satellite a L'Aquila. Stessa promessa nel 2001 dopo il sisma in Molise e non la mantenne”.Leggerete in questo pezzo di Gianluca Di Feo che cosa ci aspetta nei prossimi mesi se tanto mi da tanto, se la stessa persona a San Giuliano, con la lacrima in tasca, aveva promesso una cosa che non ha mantenuto mi pare che dobbiamo stare ben poco allegri anche per quanto riguarda la ricostruzione dell'Abruzzo.Da questo punto di vista ribadisco quello che ho detto la settimana scorsa: l'abboffata dei miliardi pubblici per la ricostruzione sarà enorme, la classe politica abruzzese la conosciamo. L'Abruzzo è quello che ha avuto l'intera giunta regionale arrestata nel 1992; il presidente della regione arrestato meno di un anno fa, Del Turco; il sindaco di Pescara arrestato; l'ex presidente della regione, pregiudicato, Rocco Salini, in Parlamento; l'europarlamentare Patriciello, che è molisano, che sta al Parlamento Europeo in Forza Italia essendo sotto processo in udienza preliminare perché insieme al fratello aveva fatto costruire la famosa variante autostradale di Venafro coi piedi d'argilla. Stiamo parlando di questa classe dirigente, è questa classe dirigente, purtroppo, che gestirà la ricostruzione insieme al governo Berlusconi e insieme a questa Protezione Civile che, almeno nel cervello, fa acqua da tutte le parti; quindi sarà fondamentale il controllo sociale dell'informazione e dei cittadini. Il controllo dell'informazione ufficiale l'abbiamo visto questa settimana all'opera: trombe, trombette e trombettieri; quindi speriamo nel controllo sociale della popolazione e della società civile tramite tutti gli strumenti possibili, denunce ai giornali, alla magistratura, sulla rete".
Ecco invece cosa scrive Roberto Saviano: ""Non permetteremo che ci siano speculazioni, scrivilo. Dillo forte che qui non devono neanche pensarci di riempirci di cemento. Qui decideremo noi come ricostruire la nostra terra...". Al campo rugby mi dicono queste parole. Me le dicono sul muso. Naso vicino al naso, mi arriva l'alito. Le pronuncia un signore che poi mi abbraccia forte e mi ringrazia per essere lì. Ma la sua paura non è finita con il sisma. La maledizione del terremoto non è soltanto quel minuto in cui la terra ha tremato, ma ciò che accadrà dopo. Gli interi quartieri da abbattere, i borghi da restaurare, gli alberghi da ricostruire, i soldi che arriveranno e rischieranno non solo di rimarginare le ferite, ma di avvelenare l'anima. La paura per gli abruzzesi è quella di vedersi spacciare come aiuto una speculazione senza limiti nata dalla ricostruzione. Qui in Abruzzo mi è tornata alla mente la storia di un abruzzese illustre, Benedetto Croce, nato proprio a Pescasseroli che ebbe tutta la famiglia distrutta in un terremoto. "Eravamo a tavola per la cena io la mamma, mia sorella ed il babbo che si accingeva a prendere posto. Ad un tratto come alleggerito, vidi mio padre ondeggiare e subito in un baleno sprofondare nel pavimento stranamente apertosi, mia sorella schizzare in alto verso il tetto. Terrorizzato cercai con lo sguardo mia madre che raggiunsi sul balcone dove insieme precipitammo e io svenni". Benedetto Croce rimase sepolto fino al collo nelle pietre. Per molte ore il padre gli parlava, prima di spegnersi. Si racconta che il padre gli ripeteva una sola e continua raccomandazione "offri centomila lire a chi ti salva". Gli abruzzesi sono stati salvati da un lavoro senza sosta che nega ogni luogo comune sull'italianità pigra o sull'indifferenza al dolore. Ma il prezzo da pagare per questa regione potrebbe essere altissimo, ben oltre le centomila lire del povero padre di Benedetto Croce. Il terrore di ciò che è accaduto all'Irpinia quasi trent'anni fa, gli sprechi, la corruzione, il monopolio politico e criminale della ricostruzione, non riesce a mitigare l'ansia di chi sa cosa è il cemento, cosa portano i soldi arrivati non per lo sviluppo ma per l'emergenza. Ciò che è tragedia per questa popolazione per qualcuno invece diviene occasione, miniera senza fondo, paradiso del profitto. Progettisti, geometri, ingegneri e architetti stanno per invadere l'Abruzzo attraverso uno strumento che sembra innocuo ma è proprio da lì che parte l'invasione di cemento: le schede di rilevazione dei danni patiti dalle case. In questi giorni saranno distribuite agli uffici tecnici comunali di tutti i capoluoghi d'Abruzzo. Centinaia di schede per migliaia di ispezioni. Chi avrà in mano quel foglio avrà la certezza di avere incarichi remunerati benissimo e alimentati da un sistema incredibile.
"Più il danno si fa grave in pratica, più guadagni", mi dice Antonello Caporale. Arrivo in Abruzzo con lui, è un giornalista che ha vissuto il terremoto dell'Irpinia, e la rabbia da terremotato non te la togli facilmente. Per comprendere ciò che rischia l'Abruzzo si deve partire proprio da lì, dal sisma di 29 anni fa, da un paese vicino Eboli. "Ad Auletta - dice il vicesindaco Carmine Cocozza - stiamo ancora liquidando le parcelle del terremoto. Ogni centomila euro di contributo statale l'onorario tecnico globale è di venticinquemila". Ad Auletta quest'anno il governo ha ripartito ancora somme per il completamento delle opere post sisma: 80 milioni di euro in tutto. "Il mio comune ne ha ricevuti due milioni e mezzo. Serviranno a realizzare le ultime case, a finanziare quel che è rimasto da fare". Difficile immaginare che dopo 29 anni ancora arrivino soldi per la ristrutturazione ma è ciò che spetta ai tecnici: il 25 per cento del contributo. Ci si arriva calcolando le tabelle professionali, naturalmente tutto è fatto a norma di legge. Costi di progettazione, di direzione lavori, oneri per la sicurezza, per il collaudatore. Si sale e si sale. Le visite sono innumerevoli. Il tecnico dichiara e timbra. Il comune provvede solo a saldare. Il rischio della ricostruzione è proprio questo. Aumenta la perizia del danno, aumentano i soldi, gli appalti generano subappalti e ciclo del cemento, movimento terre, ruspe, e costruzioni attireranno l'avanguardia delle costruzioni in subappalto in Italia: i clan. Le famiglie di camorra, di mafia e di 'ndrangheta qui ci sono sempre state. E non solo perché nelle carceri abruzzesi c'è il gotha dei capi della camorra imprenditrice. Il rischio è proprio che le organizzazioni arrivino a spartirsi in tempo di crisi i grandi affari italiani. Ad esempio: alla 'ndrangheta l'Expo di Milano, e alla camorra la ricostruzione in subappalto d'Abruzzo. L'unica cosa da fare è la creazione di una commissione in grado di controllare la ricostruzione. Il presidente della Provincia Stefania Pezzopane e il sindaco de L'Aquila Massimo Cialente sono chiari: "Noi vogliamo essere controllati, vogliamo che ci siano commissioni di controllo...". Qui i rischi di infiltrazioni criminali sono molti. Da anni i clan di camorra costruiscono e investono. E per un bizzarro paradosso del destino proprio l'edificio dove è rinchiusa la maggior parte di boss investitori nel settore del cemento, ossia il carcere de L'Aquila (circa 80 in regime di 416 bis) è risultato il più intatto. Il più resistente. I dati dimostrano che la presenza dell'invasione di camorra nel corso degli anni è enorme. Nel 2006 si scoprì che l'agguato al boss Vitale era stato deciso a tavolino a Villa Rosa di Martinsicuro, in Abruzzo. Il 10 settembre scorso Diego Leon Montoya Sanchez, il narcotrafficante inserito tra i dieci most wanted dell'Fbi aveva una base in Abruzzo. Nicola Del Villano, cassiere di una consorteria criminal-imprenditoriale degli Zagaria di Casapesenna era riuscito in più occasioni a sfuggire alla cattura e il suo rifugio era stato localizzato nel Parco nazionale d'Abruzzo, da dove si muoveva, liberamente. Gianluca Bidognetti si trovava qui in Abruzzo quando la madre decise di pentirsi. L'Abruzzo è divenuto anche uno snodo per il traffico dei rifiuti, scelto dai clan per la scarsa densità abitativa di molte zone e la disponibilità di cave dismesse. L'inchiesta Ebano fatta dai carabinieri dimostrò che alla fine degli anni '90 vennero smaltite circa 60.000 tonnellate di rifiuti solidi urbani provenienti dalla Lombardia. Finiva tutto in terre abbandonate e cave dismesse in Abruzzo. Dietro tutto questo, ovviamente i clan di camorra. Sino ad oggi L'Aquila non ha avuto grandi infiltrazioni. Proprio perché mancava la possibilità di grandi affari. Ma ora si apre una miniera per le imprese. La solidarietà per ora fa argine ad ogni tipo di pericolo. Al campo del Paganica Rugby mi mostrano i pacchi arrivati da tutte le squadre di rugby d'Italia e i letti allestiti da rugbisti e volontari. Qui il rugby è lo sport principale, anzi lo sport sacro. Ed è infatti la palla ovale che alcuni ragazzi si lanciano in passaggi ai lati delle tende, che mi passa sulla testa appena entro. Ed è dal rugby che in questo campo sono arrivati molti aiuti. La resistenza di queste persone è la malta che unisce volontari e cittadini. È quando ti rimane solo la vita e nient'altro che comprendi il privilegio di ogni respiro. Questo è quello che cercano di raccontarmi i sopravvissuti. Il silenzio de L'Aquila spaventa. La città evacuata a ora di pranzo è immobile. Non capita mai di vedere una città così. Pericolante, piena di polvere. L'Aquila in queste ore è sola. I primi piani delle case quasi tutti hanno almeno una parte esplosa. Avevo un'idea del tutto diversa di questo terremoto. Credevo avesse preso soltanto il borgo storico, o le frazioni più antiche. Non è così. Tutto è stato attraversato dalla scossa. Dovevo venire qui. E il motivo me lo ricordano subito: "Te lo sei ricordato che sei un aquilano..." mi dicono. L'Aquila fu una delle prime città anni fa a darmi la cittadinanza onoraria. E qui se lo ricordano e me lo ricordano, come un dovere: presidiare quello che sta accadendo, raccontarlo. Tenere memoria. Mi fermo davanti alla Casa dello studente. In questo terremoto sono morti giovani e anziani. Quelli che a letto si sono visti crollare il soffitto addosso o sprofondare nel vuoto e quelli che hanno cercato di scappare per le scale, l'ossatura più fragile del corpo d'un palazzo. I vigili del fuoco mi fanno entrare ad Onna. Sono fortunato, mi riconoscono, e mi abbracciano. Sono sporchi di polvere e soprattutto fango. Non amano che si ficchino i giornalisti dappertutto : "Poi li devo andare a pescare che magari cade un soffitto e rimangono incastrati" mi dice un ingegnere romano Gianluca che mi fa un regalo che avrebbe fatto impazzire qualsiasi bambino, un elmetto rosso fuoco dei Vigili. Onna non esiste più. Il termine macerie è troppo usato. È come se non significasse più nulla. Mi segno sulla moleskine gli oggetti che vedo. Un lavabo finito a terra, un libro fotocopiato, un passeggino, ma soprattutto lampadari, lampadari, lampadari. In verità è quello che non vedi mai fuori da una casa. E invece qui vedi ovunque lampadari. I più fragili, gli oggetti che per primi hanno dato spesso inutilmente l'allarme del terremoto. È una vita ferma e crollata. Mi portano davanti la casa dove è morta una bambina. I vigili del fuoco sanno ogni cosa. "Questa casa vedi, era bella, sembrava ben fatta, invece era costruita su fondamente vecchie". Si è fatto poco per controllare... La dignità estrema di queste persone me la raccontano i vigili del fuoco: "Nessuno ci chiede niente. È come se per loro bastasse essere rimasti in vita. Un vecchietto mi ha detto: mi puoi chiudere le finestre sennò entra la polvere. Io sono andato ho chiuso le finestre ma alla casa mancano tetto e due pareti. Qui alcuni non hanno ancora capito cosa è stato il terremoto". Franco Arminio uno dei poeti più importanti di questo paese, il migliore che abbia mai raccontato il terremoto e ciò che ha generato scrive in una sua poesia: "Venticinque anni dopo il terremoto dei morti sarà rimasto poco. Dei vivi ancora meno". Siamo ancora in tempo perché in Abruzzo questo non accada. Non permettere che la speculazione vinca come sempre successo in passato è davvero l'unico omaggio vero, concreto, ai caduti di questo terremoto, uccisi non dalla terra che trema ma dal cemento".
2 commenti:
Marco Travaglio, Passa parola di oggi.
Appena pubblicato.
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