"Occhi grondanti dolore per la storia vissuta nel suo Paese, la Costa d'Avorio in guerra civile, e per lo schiaffo subito in Italia. Kante è stata denunciata dopo il parto: è clandestina. Occhi appannati dal dolore, ma ritrovano vita quando Abu, 26 giorni che gli sono bastati a superare i 3 chili e mezzo di peso, si volta verso il suo seno. Ha fame Abu. Vuole il latte. "Ma in ospedale mi hanno impedito di allattarlo, per quattro giorni". Kante viene dalla Costa d'Avorio. È in Italia da due anni, da quando sulla porta di casa le milizie governative del presidente Gbagbo le uccisero il marito. "L'ho visto morire dinanzi ai miei occhi. L'ho visto uccidere. A stento sono riuscita a sottrarmi ai miliziani che volevano portarmi via, sequestrarmi. E sono fuggita dalla guerra civile. Ho chiesto asilo politico qui in Italia, ma sono ancora senza documenti".Il giorno della nascita di suo figlio Abu, il 5 marzo scorso, è cominciato, per Kante e il suo attuale compagno, un nuovo incubo. "In ospedale ci hanno chiesto i documenti, non gli è bastata la fotocopia del passaporto. Non gli è piaciuta la richiesta di soggiorno ormai scaduta. E per oltre 10 giorni mi hanno tenuta separata dal bambino". Undici giorni è rimasto Abu in ospedale: "Non lo hanno dimesso, non me lo hanno dato, fino a quando la Questura ha confermato la mia identità. Ho temuto che me lo portassero via, che non me lo facessero stringere più tra le braccia". Neppure il padre del bambino ha ottenuto che venisse dimesso: "Non ero presente al momento del parto - racconta l'uomo, Traore Seydou - E quindi il piccino è stato registrato con il nome della madre. "Non possiamo consegnarlo a te" mi hanno spiegato in ospedale. D'altra parte anche io sono senza permesso di soggiorno, in attesa che venga accolta la mia richiesta di asilo politico".
Kante ha 25 anni, 33 il suo nuovo compagno, Traore. "Il parto è andato bene, nessuna complicazione. Ma non mi sono allontanata dall'ospedale fino a quando non mi hanno permesso di portare Abu con me. Sono rimasta lì, per 11 giorni. Certo ora, col bambino, diventa più difficile trovare un lavoro qui a Napoli. Però per 6 mesi non potranno cacciarmi dal Paese". Niente foglio di via, per chi ha partorito sul territorio nazionale. "Ma dopo?" L'idea di tornare in Costa d'Avorio la terrorizza. "Anche se mi piacerebbe rivedere il mio primo figlio, che ora ha 5 anni e vive con la nonna". Traore, che in Africa faceva il falegname, si arrangia con lavoretti che riescono appena a sfamare la famiglia e a permettergli di mantenere la povera casa, a Pianura, che i due dividono con un'altra coppia."Troviamo assurdo quello che ci è successo - raccontano entrambi - credevamo che l'Italia fosse un Paese ospitale. Qui la gente non è cattiva. Mai sentito di madri denunciate dagli ospedali in cui avevano partorito". Per i nove mesi della gravidanza Kante era stata seguita - con tanto di accertamenti e controlli medici - dai sanitari dell'ospedale San Paolo. Ed a nessuno era venuto in mente di rivolgersi alle forze dell'ordine. "Ma il giorno in cui mi sono venute le doglie al San Paolo non c'era posto. Quando alle 22.30 siamo andati al Pronto soccorso di quest'ospedale mi hanno assicurato che tutto procedeva regolarmente, ma che era presto per ricoverarmi. Hanno aggiunto che comunque posti non ce n'erano e quindi, dopo qualche ora, ci siamo rivolti al Fatebenefratelli. Ed è lì che dovremo portare il bambino ad un controllo medico, tra qualche giorno". (La Repubblica)
Nessun commento:
Posta un commento