Dopo un divieto lungo 19 anni, sta per ritornare in commercio l'avorio. Il Cites, l'organismo delle Nazioni Unite che veglia sugli scambi di fauna e flora che rischiano l'estinzione, si riunirà domani a Ginevra per autorizzare la vendita di oltre cento tonnellate del materiale ricavato dalle zanne degli elefanti. L'allarme viene lanciato dagli ambientalisti: temono l'inizio di una nuova strage di dimensioni simili a quella che negli anni '80 portò all'abbattimento di circa settecentomila esemplari solo nel continente africano. La decisione è spinta dall'aumento esponenziale della domanda cinese. "Questo significherà un ritorno ai vecchi tempi bui con gli elefanti a rischio estinzione", denuncia Allan Thernton, dell'Agenzia per la tutela dell'ambiente (Eia). Fu proprio l'Eia a fornire la documentazione sul rischio di estinzione degli elefanti in Africa, prove che porteranno alla messa al bando dell'avorio. Solo tra il 1980 e il 1989 gli animali passarono da 1,3 milioni a 625mila. Già nel 1997, nonostante la proibizione, il Sudafrica, la Namibia, il Botswana e lo Zimbabwe, convinsero la Cites ad autorizzare il commercio delle zanne di elefanti morti per cause naturali. La battaglia fu guidata allora dal presidente dello Zimbabwe Robert Mugabe. Due anni dopo venne così autorizzata la cessione di 50 tonnellate di avorio, ma solo ad "acquirenti selezionati", ovvero quei Paesi in grado di dimostrare un forte impegno contro il commercio illegale di avorio. La Cina allora venne esclusa. Lo sviluppo vertiginoso di Pechino ha aumentato la fame di oggetti di lusso: se martedì la Cites darà il via libera alla vendita di 108 tonnellate, il Paese sarà il maggiore acquirente, sempre che riesca a farsi riconoscere lo status di nemico del traffico illegale.
Pare incredibile che esista un collegamento tra un cinese che mangia una ciotola di riso e un elefante che viene ammazzato dall’altra parte del mondo. Eppure proprio la richiesta di bacchette d’avorio potrebbe far riprendere nei prossimi mesi la strage di pachidermi. Alla riunione del Cites, la Convenzione sul commercio internazionale delle specie di fauna e flora minacciate di estinzione, che si è aperta ieri a Ginevra, la Cina preme per ottenere l’autorizzazione a comprare avorio da alcuni Stati africani come Namibia, Botswana e Zimbabwe. Da diciannove anni era stata imposta una moratoria.In ballo ci sono oltre cento tonnellate d’avorio, 108 per la precisione; un business di tutto rispetto, se si considera che al mercato nero giapponese e cinese le zanne di elefante vengono pagate 750 dollari al chilo. La denuncia proviene da alcune associazioni ambientaliste, tra cui l’Environmental Investigation Agency (Eia), che attraverso il presidente Allan Thernton ha paventato il rischio di un ritorno agli Anni Ottanta, quando gli elefanti africani passarono da un milione e trecentomila esemplari a 625.000. Già i pachidermi sono costretti a vivere in territori sempre più ristretti dal taglio delle foreste e dall’espansione indiscriminata delle piantagioni: un’eventuale ripresa degli abbattimenti potrebbe dar loro il colpo di grazia. Alla Cites, dunque, il compito di verificare se esistono i presupposti per la vendita: nel 1997 quattro Paesi africani, Sudafrica, Namibia, Botswana e Zimbabwe, convinsero la Cites ad autorizzare il commercio delle zanne di elefanti deceduti per cause naturali. Due anni dopo la Convenzione autorizzò la vendita di poco meno di 50 tonnellate di avorio solo ad «acquirenti autorizzati», cioè a Paesi in grado di dimostrare il proprio impegno contro il commercio illegale. L’unico Paese a cui venne riconosciuto tale status fu il Giappone. Non stupisce dunque che la Cina, ora, sostenga di essersi impegnata molto nel contrastare il traffico illegale di animali protetti: un funzionario della Cites ha riconosciuto a Pechino di aver fatto importanti passi avanti nella lotta al commercio illegale.Nonostante le leggi, però, il traffico illegale continua. I principali acquirenti di avorio, si legge in un «report» del Wwf svizzero, sono la Cina e Hong Kong, che lo lavorano e rivendono. Spesso l’avorio illegale viene offerto su Internet. Il prezioso materiale è commercializzato anche in Paesi dove non esistono elefanti. Così, per esempio, l’avorio giunge in Egitto attraverso gli Stati confinanti, come ad esempio il Sudan, una nazione in cui non viene effettuato alcun controllo. Per lungo tempo l’Egitto è stato uno dei principali mercati di scambio dell’avorio in Africa. Negli ultimi anni, grazie ai controlli delle autorità, le vendite di questo materiale si sono drasticamente ridotte.Ma il rischio di estinzione degli elefanti è sempre in agguato. Non solo con la responsabilità dei cinesi: il traffico è alimentato da turisti, faccendieri, residenti europei, nordamericani o dell’estremo oriente e in qualche caso persino del personale di alcune ambasciate.
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