mercoledì 23 febbraio 2011

Tris


"E voi perché mi avete creduto?"

"C'È QUALCOSA, nel successo strappato a Sanremo dalla canzone di Vecchioni, che intrecciandosi con altri episodi recenti ci consente di vedere con una certa chiarezza lo stato d'animo di tanti italiani: qualcosa che rivela una stanchezza diffusa nei confronti del regime che Berlusconi ha instaurato 17 anni fa, quando pretese di rappresentare la parte ottimista, fiduciosa del Paese.Una stanchezza che somiglia a un disgusto, una saturazione. Se immaginiamo i documentari futuri che riprodurranno l'oggi che viviamo, vedremo tutti questi episodi come inanellati in una collana: le manifestazioni che hanno difeso la dignità delle donne; la potenza che emana dalle recite di Benigni; il televoto che s'è riversato su una canzone non anodina, come non anodine erano le canzoni di Biermann nella Germania Est o di Lounes Matoub ucciso nel '98 in Algeria. Può darsi che nei Palazzi politici tutto sia fermo, che il tema dell'etica pubblica non smuova né loro né la Chiesa. Ma fra i cittadini lo scuotimento sfocia in quest'ansia, esasperata, di mutamento.A quest'Italia piace Benigni quando narra Fratelli d'Italia. Piace Vecchioni quando canta la "memoria gettata al vento da questi signori del dolore", e "tutti i ragazzi e le ragazze che difendono un libro, un libro vero, così belli a gridare nelle piazze perché stanno uccidendo il pensiero". Quando conclude: "Questa maledetta notte dovrà pur finire". Poiché si estende, il senso di abitare una notte: d'inganni, cattiveria, sfruttamento sessuale di minorenni. C'è voglia che inizi un risveglio. Che la politica e anche la Chiesa, cruciale nella nostra storia, vedano la realtà dei fatti dietro quella pubblicitaria.Massimo Bucchi aveva anticipato, in una vignetta del 19 gennaio 2010, questa rivolta contro il falso futuro promesso dai signori del dolore: "Ha da passà 'o futuro!". Erano i giorni in cui il governo non s'occupava che di legittimo impedimento, di lodo Alfano costituzionale, di processo breve. Immobile, il tempo ci restituisce senza fine l'identico. Quel 19 gennaio, il Senato si riunì per commemorare Craxi. Colpito poco prima a Milano dalla famosa statuetta, Berlusconi annunciava "l'anno dell'amore".Forse ricorderemo gli anni presenti per questa collana di eventi, che pian piano travolse giochi parlamentari, patti con un potere imperioso e tassativo con gli altri, mai con se stesso. Ricorderemo questa domanda di politica vera. Ricorderemo, infine, i tanti che non hanno visto montare la marea della nausea, che hanno consentito al peggio per noia, o rassegnazione, o calcolo di lobby. Cerchiamo di non dimenticarlo: ben 315 parlamentari hanno votato un testo, il 4 febbraio, in cui si sostiene che Berlusconi liberò Ruby perché, ritenendola nipote di Mubarak, voleva "evitare un incidente diplomatico".Ma soprattutto, colpirà nei documentari futuri l'inerte ignavia dei vertici della Chiesa, l'orecchio aperto solo ai potenti, il rifiuto - così poco cristiano - di dire male del male solo perché da questo male sgorgano favori; perché i governanti concedono alla Chiesa il monopolio sui cosiddetti valori non negoziali (il dominio sulla vita e la morte, essenzialmente) purché siano lasciati in pace quando violano la Costituzione, fanno leggi per sottrarsi alla giustizia, mostrano di non sapere neppur lontanamente cosa sia la decenza pubblica. La canzone di Vecchioni, la recita di Benigni, sono punti di luce in una chiusa camera oscura; sono una forza che sta di fronte alla formidabile forza del regime. Una forza cocciuta, insistente, cui l'opposizione è estranea e ancor più la Chiesa.L'insurrezione interiore avviene anche dentro il mondo cattolico: si parla di un 30 per cento di refrattari, tra frequentatori della messa e presbiteri. Basta scorrere le innumerevoli lettere che parroci e preti scrivono contro i dirigenti in Vaticano, per rendersene conto. Sono lettere d'ira, contro la loro acquiescenza. Micromega dà ai dissidenti il nome di altra Chiesa e sul proprio sito li rende visibili. Le pagine dei lettori sulla rivista di attualità pastorale Settimana sono fitte di denunce del berlusconismo.Quest'altra chiesa non ne può più dei compromessi ecclesiastici con una destra che nulla ha ereditato dalla destra storica che fece l'unità d'Italia. Ha riscoperto anch'essa il Risorgimento, la Costituzione del '48. Condivide il dover-essere dei cattolici che Alberto Melloni riassume così: "Una dedizione alla grande disciplina spirituale, un primato vissuto del silenzio orante, un abito di umiltà, un'adesione alla democrazia costituzionale come ascesi politica" (Corriere della Sera 19-12-10, il corsivo è mio).Tra i criticati il cardinale Bagnasco, che critica il Premier ma per non sbilanciarsi vitupera non meno impetuosamente i magistrati. O che denuncia un disastro antropologico contro il quale però non pronuncia anatemi, preferendo alla chiarezza il torbido di alleanze tra Pdl e Casini che mettano fuori gioco Fini e le sinistre, troppo laici. Contro questo insorgono tanti preti: "Vedete quanto è pericoloso tacere?", chiedono citando Agostino. L'empio pecca, ma è la sentinella che ha mancato: "Chi ha trascurato di ammonirlo sarà giustamente condannato".Nei paesi nordafricani vigeva simile spartizione di compiti: ai despoti il dominio politico, alle moschee la libertà di modellare l'intimo delle coscienze. L'accordo di scambio sta saltando ovunque, tanto che si parla di fallimento colossale di quella che gli Occidentali chiamavano stabilità. È in nome della stabilità che Berlusconi ha chiamato Mubarak un saggio, e ha detto non voler "disturbare" Gheddafi poco prima che questi bombardasse i libici facendo centinaia di morti. È la stabilità il valore che anima tanti responsabili in Vaticano, perché essa garantisce prebende varie, sconti fiscali per le case-albergo dei religiosi, finanziamenti per scuole.In cambio si elargiscono indulgenze. Berlusconi dice parole blasfeme, e mons. Fisichella invita a "contestualizzare" la bestemmia. Il Premier è accusato di concussione e prostituzione minorile, e la Chiesa giudica "abnorme" la sua condotta come quella dei magistrati. Afferma Nogaro, vescovo emerito di Caserta: "Noi rimaniamo nello sgomento più doloroso vedendo i gesti farisaici delle autorità civili e religiose, che riescono ad approdare a tutti i giochi del male, dichiarando di usare una pratica delle virtù più moderna e liberatoria." (Micromega 1/11).Altri presbiteri ammoniscono contro leggi liberticide sul testamento biologico. Don Mario Piantelli, parroco di San Michele Arcangelo, si associa "alle richieste che da molte parti d'Italia sono indirizzate ai vertici ecclesiastici di alzare forte la voce e di compiere azioni profetiche nei confronti del governo Berlusconi. È necessario un supplemento di libertà evangelica per sganciarsi decisamente da un sistema di governo che, attraverso benefici e privilegi, sembra avvantaggiare il "mondo ecclesiastico", e in realtà aliena e impoverisce i credenti".La Chiesa ebbe comportamenti non diversi nel fascismo. Sta macchiandosi di colpe simili, e nessuno sguardo profetico l'aiuta a vedere gli umori d'un paese che cambia, che magari non vota opposizione ma è stufo di quel che succede. Che comincia a guardare se stesso, oltre che l'avversario. Il cartello più nuovo, nella manifestazione delle donne, diceva: "Bastava non votarlo". Bastava la virtù dei primordi cristiani: la parresia, il parlar chiaro.Nel filmato futuro che dirà il nostro oggi saranno convocati gli storici. Potranno imitare Benedetto Croce, quando nei Diari, il 2-12-'43, si mise nei panni di Mussolini e scrisse: "Chiamato a rispondere del danno e dell'onta in cui ha gettato l'Italia, con le sue parole e la sua azione e con tutte le sue arti di sopraffazione e di corruzione, potrebbe rispondere agli italiani come quello sciagurato capopopolo di Firenze(...) rispose ai suoi compagni di esilio che gli rinfacciavano di averli condotti al disastro di Montaperti: "E voi, perché mi avete creduto?"". (Barbara Spinelli-La Repubblica)

lunedì 21 febbraio 2011

Se non ora, ariquando?

"Il governo Berlusconi, e la sua maggioranza parlamentare obbediente “perinde ac cadaver”, è entrato in un crescendo di eversione che mira apertamente a distruggere i fondamenti della Costituzione repubblicana e perfino un principio onorato da tre secoli (Montesquieu): la divisione dei poteri. Di fronte a questo conclamato progetto di dispotismo proprietario chiediamo alle opposizione (all’Idv, al Pd, ma anche all’Udc e a Fli, che ormai riconoscono l’emergenza democratica che il permanere di Berlusconi al governo configura) di reagire secondo una irrinunciabile e improcrastinabile legittima difesa repubblicana, proclamando solennemente e subito il blocco sistematico e permanente del Parlamento su qualsiasi provvedimento e con tutti i mezzi che la legge e i regolamenti mettono a disposizione, fino alle dimissioni di Berlusconi e conseguenti elezioni anticipate". Ed aggiungerei: il popolo scenda in piazza in tutta Italia con presidi permanenti. Se non ora, ariquando?
(Antonio Brindisi, Andrea Camilleri, Roberta De Monticelli, Paolo Flores d’ArcaisDario Fo, Margherita Hack, Franca RameBarbara Spinelli, Antonio Tabucchi, Marco Travaglio e più di mezza Italia)

giovedì 17 febbraio 2011

Morning

Questo regime va rovesciato a tutti i costi

Ormai è chiaro, stiamo vivendo in uno dei peggiori regimi camuffato da democrazia. Stiamo in mano a dei malviventi che non hanno intenzione di mollare la presa sul nostro Paese. Nonostante questa 'maggioranza' governativa esista solo sulla carta e grazie ad un premio di maggioranza ingannevole, stiamo assistendo ad un mercato delle vacche con dei deputati e senatori che se ne infischiano del malumore crescente della vera stragrande maggioranza degli italiani, pensando alle loro poltrone e alle lusinghe ministeriali ed economiche di uno squallido premier che ci sta uccidendo moralmente, politicamente ed economicamente. I partiti tradizionali non sono più sufficienti ad arginare il pericolo che incombe minaccioso, sembrano non capire in quale melma ci stiamo inabissando. Noi cittadini assistiamo inermi allo sfaldamento della morale comune, all'occupazione sistematica di tutto, allo scempio televisivo, alla morte dell'informazione, senza avere la possibilità di fare e dire qualcosa. Siamo come imprigionati da una ragnatela legale che ci soffoca giorno dopo giorno, impedendoci di respirare liberamente. Mentre il resto del mondo ci guarda attoniti senza riuscire a capire cosa stia succedendo al nostro bel Paese. Continuare così è un gioco al massacro che può essere interrotto solo con una violenta spallata prima che il Paese scenda nel peggiore di baratri. Poi, con una legge elettorale vera, solo il voto ci potrà ridare una serenità che sembra apparentemente perduta.

Gli sceriffi indignati

"Uno sceriffo senza pistole e senza stella. Non ha un cinturone, né legittimità a far rispettare la legge. E' senza autorità, aiutanti. Armato solo della sua indignazione. E' il cittadino che ogni giorno e ogni notte vede o subisce un sopruso, grande o piccolo. La sua rabbia è alimentata dall'evidenza, dalla sfacciataggine del reato, del comportamento incivile che avviene in piena luce, con il silenzio assenso di chi la legge dovrebbe farla applicare, dall'Asl alla Polizia Municipale, dagli assessori comunali, ai presidenti di Regione. Tra l'indifferenza di gran parte degli italiani che si fa rigorosamente i cazzi suoi, vere amebe della democrazia, cartilagini di un corpo in decomposizione.Il fiume inquinato dall'azienda di cui si conoscono indirizzo e partita iva, le macchine, spesso delle cosiddette autorità che sostano per un caffè, parcheggiate sugli scivoli per i portatori di handicap, minorenni che si prostituiscono sui marciapiedi delle città a tutte le ore, la droga spacciata davanti alle scuole, i cacciatori che sparano a pochi metri dalle abitazioni, la distruzione del territorio, che nel tuo caso è il prato di fronte alla tua finestra, con un capannone abusivo, i giovani virgulti che non si alzano per cedere il posto a un'anziana sui mezzi pubblici, le malattie respiratorie dovute all'inquinamento dell'aria a causa dell'amministrazione pubblica, il pizzo nel negozio. E' un'ordinaria iniezione di bile che riguarda tutto ciò che ci circonda. Il cittadino sceriffo che non ce la fa più, reagisce, alza la voce, denuncia, si incazza, fa il lavoro per cui paga quattro milioni di dipendenti pubblici. Rischia di tutto. Il rompicoglioni è lui, non gli altri. Isolato, insultato, qualche volta picchiato, denunciato, querelato. Se ha qualcosa da obiettare alla ordinaria merda quotidiana che gli viene rovesciata addosso, si rivolga alle autorità... Ma otto milioni di occhi retribuiti da lui, con il suo lavoro, non dovrebbero vedere al suo posto, intervenire al suo posto, fare applicare il codice civile e il codice penale al suo posto, se necessario armi alla mano? E allora?Non c'è lo sceriffo in città e neppure le altre autorità. Il cittadino sceriffo, come Gary Cooper in "Mezzogiorno di fuoco" è solo. Chi dovrebbe sostenerlo si chiude in casa per paura di ritorsioni o per quieto vivere. Lo sceriffo improvvisato è visto con fastidio dai parenti e dagli amici. Così rispose la moglie di Cooper a chi la criticava per voler abbandonare il marito: "Ma che razza di donna siete? Come potete lasciarlo così? Il suono delle pistole vi fa tanta paura?" "No. Ci sono abituata. Mio padre e mio fratello sono stati uccisi in una sparatoria. Erano dalla parte della ragione, ma questo non servì a nulla quando iniziarono a sparare"." (Dal Blog di Beppe Grillo)

Incredibile

"“Spero che adesso la gente capisca che può fidarsi della polizia. Abbiamo dimostrato che tanti di noi non si piegano e obbediscono solo alla legge. Sono fiero che i pm abbiano affidato a noi le indagini come segno di fiducia. Noi li abbiamo ripagati e le prove che abbiamo raccolto sono state definite evidenti. Oggi sono di nuovo fiero della mia divisa”.
Parlare con gli agenti che erano in Questura l’ormai famosa notte tra il 27 e il 28 maggio 2010 è un’impresa: “Niente telefono, perché abbiamo tutti un abbonamento stipulato dalla polizia e, chissà, potrebbero controllare i tabulati”. Allora ci si può vedere di persona, ma dove? “Lontano dalla Questura… anzi, da qualsiasi commissariato”.
Uno slalom, però vedi che vogliono raccontare, un po’ per se stessi, molto per la polizia. Certo, sono stati mesi duri: “Non sapete quante volte ho maledetto il giorno che mi sono segnato di turno quella notte. Voi non avete idea di quante rogne abbiamo avuto: le indagini, i giornalisti, i superiori che non vogliono che parliamo con nessuno. Ma lo sa che ci sono colleghi così spaventati che non riesci nemmeno più a chiedergli come stanno”. Sembra di essere piombati in mezzo a una storia di spionaggio, alla fine ci si ritrova nella saletta interna di un bar fuori mano: “È comprensibile, qui c’è di mezzo il premier e un’inchiesta della Procura”. Non solo: “Bè… può immaginare, ci sono anche dei nostri pezzi grossi che compaiono negli atti, certo non sono indagati, ma la faccenda è complicata”. Nessun nome, nessun riferimento, d’accordo, allora Giorgio (lo chiameremo così) comincia a parlare. E non si ferma più, come se da mesi aspettasse di sfogarsi: “Bè… all’inizio ‘sta storia di Ruby era come tante altre. A parte che lei era carina… insomma, una ragazza alta un metro e ottanta, vestita come se andasse al mare che ti piomba in Questura mentre stai facendo il turno di notte… bé, non te la dimentichi”, sorride Giorgio. Poi si passa la mano sul viso, come per cancellare quell’espressione e non dare l’idea di prendere poco sul serio questa vicenda.
“GUARDI, era tutto filato liscio per qualche ora. Alle 18,15 gli uomini della volante Monforte Bis avevano fermato Ruby, poi l’avevamo accompagnata in Questura e alle 19,13 la prima telefonata al pm del Tribunale dei minori Annamaria Fiorillo. Tutto ok, ma alle 21,38 è arrivata quella prima strana chiamata. Sul momento non ci avevamo fatto caso. Era Michelle Conceicao Dos Santos Oliveira che ha chiamato il 113 e ha chiesto notizie di Ruby… ma sa, di gente così ne gira parecchia. I guai, quelli veri sono venuti più tardi… verso mezzanotte è arrivata quella telefonata. Abbiamo visto la dottoressa Giorgia Iafrate sbiancare in volto. Era il capo di Gabinetto della Questura, Pietro Ostuni che le riferiva della telefonata di Berlusconi. A quel punto è successo il finimondo… Lo so, io difendo la polizia, ma mi rendo conto che ci sono tanti punti oscuri, mi fa male vedere la paura che tutti noi abbiamo a parlare di questa storia… ma provate a mettervi nei nostri panni: un funzionario di polizia come la dottoressa Iafrate riceve dodici, dico dodici !, telefonate dal Capo di Gabinetto della Questura Pietro Ostuni che a sua volta era stato chiamato da Berlusconi. Non è facile resistere, anche se in qualche modo Iafrate ci ha provato… È stata una notte folle… davanti a noi avevamo quella ragazza, con quello sguardo insieme da donna consumata e da bambina, poi la sua amica brasiliana dal mestiere incerto che ci telefona.
QUINDI le chiamate del Premier che tira fuori Mubarak… e alla fine ci mancava solo quella consigliera regionale vestita da pin up. Ecco, glielo devo dire, sono anni, tanti anni che lavoro in polizia. Lasciamo perdere i reati di Berlusconi, a quelli ci penserà eventualmente il giudice… e io non sono né di destra, né di sinistra… ma l’impressione è stata che ci abbiano trattati senza alcun riguardo. Ma che cazzo credono che siamo, un circo Barnum, un teatrino di avanspettacolo...? Vede, noi a fine mese ci portiamo a casa millecinquecento euro. E quando usciamo con le volanti non sappiamo mai a che cosa andiamo incontro… provate a immaginare la radio di servizio che vi chiama e vi ordina di andare dove c’è una rapina e stanno sparando. Noi non possiamo tirarci indietro. Questo è il nostro lavoro e poi ci tocca rischiare la carriera per la nipote di Mubarak. Ma scherziamo? Ecco, dopo aver visto certe cose ho pensato di mollare tutto. Ma poi è arrivata la decisione del gip, il processo immediato, e ho ritrovato fiducia: le indagini che abbiamo fatto noi poliziotti hanno retto all’esame del giudice. Io non spero che Berlusconi sia condannato, mi basta vedere che la legge è uguale per tutti. Anche grazie al nostro lavoro”". (Il Fatto Quotidiano)

mercoledì 16 febbraio 2011

Fisher

Presidi permanente in tutta Italia, sciogliere le Camere, opposizione via dal Parlamento e voto subito. Deputati e senatori ormai venduti al chilo

"Ripeterlo è perfino inutile. In qualsiasi altra democrazia al mondo un premier indagato per prostituzione minorile non sarebbe restato un minuto di più al suo posto.
Pensate a Cameron, a Sarkozy, a Zapatero. Come avrebbero potuto tirarla in lungo accusando di qualsiasi cosa magistratura e informazione senza rischiare una rivolta di piazza? Figuriamoci se rinviati a giudizio con una motivazione di un giudice terzo, il gip, che parla di “evidenza delle prove”.
Ma in Italia c’è Berlusconi e anche in queste ore di marasma e di vergogna, mentre tutti i notiziari del globo aprono con la notizia che è senza precedenti, a Palazzo Grazioli il partito del tanto peggio può ancora alzare la voce. Fregatene, resisti, vai avanti: così lo consiglia la corte dei venduti e dei parassiti che pur di non essere ricacciati nel nulla da cui sono stati tirati fuori (il vero miracolo italiano) lo sospingono di nuovo sul ring disposti a farlo massacrare pur di salvarsi.
Un uomo con un residuo di lucidità avrebbe già capito dal rumoroso silenzio di Bossi che perfino il più fedele alleato ne ha le scatole piene. E quella gelida frase del cardinal Bagnasco: “Occorre trasparenza” non suona forse come la campana a martello del Vaticano? Con il Caimano ferito tutto è possibile. Ma se non darà ascolto alle voci del buon senso che gli indicano come unica via d’uscita le dimissioni immediate per poi giocarsi l’intera posta sul tavolo delle elezioni anticipate. Se, insomma, tenterà l’ultimo disperato arrocco trincerandosi dentro Palazzo Chigi con la sua maggioranza gonfiata da deputati comprati un tanto al chilo, allora toccherà all’opposizione uscire allo scoperto con un gesto forte, drammatico, senza precedenti come lo è il momento che viviamo. Se n’è già parlato: le dimissioni in blocco di tutti i gruppi e di tutti i parlamentari dell’opposizione. Camera e Senato già ridotte a enti inutili dall’inettitudine del governo non potrebbero sopravvivere. Un gesto estremo. Ma prepariamoci a ogni evenienza". (Antonio Padellaro-Il Fatto Quotidiano)

domenica 13 febbraio 2011

Se non ora quando?

Facciamo un presidio permanente in piazza del Popolo a Roma e in tutte le principale piazze italiane, anche quelle dei piccoli paesi, finché il Parlamento non venga sciolto e si vada a nuove elezioni, con delle regole giuste di rappresentanza e la possibilità di scegliersi i candidati, oscurando tutte le tv perché in mano ad un'unica persona, disertando i quotidiani ed utilizzando solo il web per informarci.

"Duecentomila a Roma, centomila a Milano e Torino, 50mila a Napoli, 30mila a Firenze, 20mila a Palermo, persino a Bergamo 2000. In tutte le 230 piazze italiane, più una trentina straniere, almeno un milione, forse di più, non ha importanza. Importa l'immenso, forse inaspettato successo, il risveglio improvviso di chi sembrava rassegnato al silenzio, a subire, ad adeguarsi.Invece il messaggio delle donne, 'se non ora quando?', è corso veloce ovunque, e ha riempito le piazze come un richiamo ineludibile, finalmente sorridente, entusiasta, liberatorio.Basta, basta, basta! il basta delle donne al di là di bandiere e partiti, il basta contro questo governo e questo premier, il basta contro la mercificazione delle donne ma anche contro l'avvilimento di tutto il paese. Il basta gridato da tutte, le giovani e meno giovani, le attrici e le disoccupate, le studentesse e le sindacaliste, le suore e le immigrate, le casalinghe e le donne delle istituzioni, facce note ma soprattutto ignote, donne tutte belle finalmente, non per tacchi a spillo o scollature o sguardi seduttivi, ma per la passione, e l'indignazione, e l'irruenza, e la coscienza di sé, dei propri diritti espropriati e derisi: e uomini, tanti, finalmente non intimiditi o infastiditi dal protagonismo femminile, consci che il basta delle donne poteva avere, ha avuto, un suono più alto, più felice, più coraggioso, cui affiancarsi, da cui ripartire per cambiare finalmente lo stato del paese. In mano alle donne, ieri, la politica si è fatta più
radicale e credibile, perché ha usato le parole, le voci, i gesti, non per le solite invettive e ironie e slogan e promesse che intorbidiscono e raggelano, ma per raccontare il disagio, la paura, la fatica, la rabbia, l'umiliazione, che le donne vere sopportano ogni giorno, come lavoratrici senza lavoro, e madri senza sostegno pubblico, e professioniste la cui eccellenza non le esime dalla precarietà, e giovani donne che non possono fare figli perché senza sicurezze per il futuro, e donne che nessuno protegge dallo sfruttamento, dai maltrattamenti, dall'amore assassino dei loro uomini.Si sa che l'armata mediatica del berlusconismo che deve il suo imperio alla menzogna e alla capacità di confondere, aveva stabilito che la manifestazione di oggi sarebbe stata dettata dal bigottismo di donne così sfortunate da non poter fare le escort, e da una superba rivalsa contro le vittoriose ragazze di Arcore e altrove. Che delusione! Nessuna, delle tante donne che si sono alternate sul palco, emozionate eppure decise, forti, ha avuto parole arroganti di separazione tra le buone e le cattive. Al massimo è stato detto quello che anche le belle signore del Pdl dovrebbero condividere: che cioè i letti dei potenti più o meno ossessionati dal sesso non dovrebbero essere istantanee scorciatoie per entrare in ruoli pubblici di massima responsabilità. E per esempio la sempre improvvida Gelmini, prima ancora che le piazze cominciassero a riempirsi, annunciò che ci sarebbe stato solo un gruppetto di desolate radical chic, termine così stantio e irreale che forse gli esperti di slogan del governo dovrebbero modificare. Povera ministra da poco mamma e scrittrice di libri per l'infanzia, oltre che falciatrice dell'istruzione pubblica italiana. Davanti a quelle migliaia di persone in ogni piazza, a quel milione accorso al richiamo di un piccolo gruppo di donne arcistufe e finalmente decise a ribellarsi, cosa avrà pensato?Se persino le donne scese in piazza, persino i partiti dell'opposizione, non si aspettavano un simile successo, figuriamoci gli altri: hanno cominciato a perdere la testa, e prima ancora che vengano dettate dal politburo governativo gli slogan denigratori per negare la realtà, han fatto la loro brutta figura, accusando curiosamente la manifestazione di essere antiberlusconiana: come infatti vistosamente, fortemente, appassionatamente, voleva essere. I cervelloni berlusconisti da poco tornati a galla come ultima trincea, terrorizzati da quelle piazze gremite, hanno parlato di "odioso sfruttamento delle donne per abbattere il premier" non avendo capito niente dell'autentica civile autonoma rabbia femminile; c'è chi ha vaneggiato di una contro-manifestazione da parte delle ministre in carica, "di orgoglio e di amore anche nelle sue perversioni", e la solita sottosegretaria cattivissima, lei devota ad ogni sospiro del suo idolo e fan delle sue movimentate serate, ha accusato le centinaia di migliaia di donne in piazza "di essere solo strumenti degli uomini", non si sa quali, ma di sicuro non dell'ormai pericolante premier.Chissà se le tante donne intelligenti e libere che hanno trovato mille colte ragioni per disertare una manifestazione che non risultava loro sufficientemente femminile o femminista, si sono alla fine commosse nel vedere tante altre donne, più sbrigative e meno sofisticate, gridare insieme, senza divisioni, senza distinzioni, il loro bisogno di dignità e di cambiamento. Che poi la differenza è anche questa: le donne non berlusconiane sono in grado di scelte differenti, libere di agire secondo i loro principi in contrapposizione con altre anche se le divergenze sono capillari: nessuna delle signore berlusconiane, dai loro scranni di ministre, sottosegretarie, rappresentanti di partito, osano esprimere non si dice un dissenso, ma un lievissimo, simpatico dubbio. Loro sì, pare, sono al servizio del maschio padrone.Però una domenica come quella di ieri, così bella, e appassionata, e corale, dovrebbe mettere in guardia anche l'opposizione. Le donne hanno detto basta a questo governo e al suo leader, ma resteranno vigili: dalle piazze ieri è venuta allo scoperto una riserva di energia, di intelligenza, di bellezza, di potere, di senso del futuro femminile, che parevano dispersi o rassegnati. Le donne promettono obiettivi ambiziosi, assicurano che non torneranno indietro, soprattutto che dopo una così straordinaria, spontanea prova di forza, niente, ma proprio niente, sarà più come prima". (Natalia Aspesi-La Repubblica)

"Mubarak è caduto sotto la spinta irrefrenabile della gioventù egiziana. Berlusconi oscilla, sempre più impotente e sempre più Caimano e registra per la prima volta lo smottamento dei consensi che finora costituivano la base del suo sistema di potere. L'opposizione comincia (finalmente) a considerare la necessità di costruire un'alleanza repubblicana che guidi il paese fuori dal pantano in cui è precipitato.Questi sono i fatti della settimana che si conclude oggi con la manifestazione delle donne in tutte le piazze d'Italia per affermare la loro dignità ed opporsi al degrado che ci sovrasta.C'è un tema che unifica questo panorama di eventi e lo prendo da una frase ormai celebre di Immanuel Kant sul "legno storto dell'umanità". Isaiah Berlin ha scritto un libro intitolato a questa frase. L'umanità è un legno storto e lo è perché l'uomo risulta da un'incredibile mescolanza di istinti e di ragione. Un legno storto ma un legno vivo, con radici e fronde vitali. Nelle vene del suo tronco scorrono linfe, passioni, sentimenti, memoria, progetti, ragionamenti, sogni, trasgressioni, bisogno di regole e di limiti.Questo è il legno storto e questo siamo tutti noi. Ma l'opposto non è un improbabile anzi impossibile legno dritto, bensì un legno marcio, un legno imputridito, divorato dai parassiti e dai coleotteri velenosi. Noi, legno storto, non vogliamo che il nostro legno imputridisca, marcisca e sia divorato dai parassiti.Questo dunque è il tema al quale gli eventi di questi giorni si ricollegano ed è la chiave per poter leggere e svolgere con chiarezza. Un tribuno che si eccita quando fiuta l'odore del nemico e dello scontro, ha citato anche lui la massima kantiana leggendola come un alibi che giustifichi i peccati di tutti e di uno in particolare. Ha anche accusato Umberto Eco di leggere Kant senza capirlo. Non so se quel tribuno vociante e urlante dal palco d'un teatro milanese imbandierato di mutande abbia letto i romanzi e i saggi di Eco. Se li avesse letti si sarebbe accorto che tutta l'opera di Eco è l'analisi e il racconto del legno storto che combatte il legno marcio, a volte vincendo, a volte soccombendo, ma sempre e comunque testimoniando.Detto questo, a noi non importano molto i peccati perché siamo libertini illuministi e relativisti. A noi importano gli eventuali reati e chi pecca e crede confidi nella misericordia di Dio.* * *Berlusconi non è un fatto episodico e anomalo nella storia italiana.Conversando l'altro giorno con Nanni Moretti, l'autore del Caimano ha detto ad un certo punto che dai geni antropologici della nostra nazione sembra emergere una sorta di predisposizione a cedere alla demagogia. Nel suo articolo di mercoledì scorso Barbara Spinelli aveva esaminato della predisposizione come si manifesta nelle sue varie forme e quali ne siano state le cause storiche.Molti anni prima, nel 1945, in un dibattito alla Consulta che è rimasto nei verbali di quell'istituzione, ne parlarono Ferruccio Parri e Benedetto Croce a proposito di Mussolini e del fascismo. Croce sosteneva che fosse un fatto anomalo, un tragico incidente di percorso; Parri era di diverso avviso, non un incidente ma, appunto, una predisposizione, un effetto ricorrente ad intervalli periodici, un virus annidato nell'organismo del paese insieme agli anticorpi capaci di combatterlo ma a volte soccombenti di fronte alla sua irruenza.In un contesto diverso e con caratteri diversi, Berlusconi raffigura una nuova insorgenza di quel virus e questo spiega il largo consenso che l'ha fin qui sorretto. Ma ora gli anticorpi sono entrati in azione e non basteranno i tacchi dalla Santanché e le contumelie di Ferrara a ridare al virus la sua potenza corrompitrice.* * *L'opposizione sta finalmente considerando la necessità di dar vita ad un'alleanza repubblicana. Sembra decisa sull'obiettivo che si propone ma ancora molto incerta sulle modalità, sui tempi, sulla leadership ed anche sui partecipanti. Da Fini a Bersani? Da Casini a Vendola? Anche con Di Pietro? Guidati da chi? Per fare che cosa?Includendo anche quella parte del Pdl che dovesse eventualmente abbandonare il proprietario di quel partito?E la Lega? Si deve trattare con la Lega? Questa lunga sfilza di domande ancora senza risposte è preoccupante.Significa che i soggetti protagonisti non hanno ancora capito che il tempo a disposizione è corto e che compete proprio a loro di accorciarlo perché - e questo lo capiscono tutti - nelle odierne condizioni il paese non può stare più oltre.Debbo su questo punto una risposta personale a Nichi Vendola il quale giovedì scorso ad Annozero di Michele Santoro ha ricordato un mio articolo di oltre due mesi fa in cui sostenevo che non era il momento di andare alle elezioni e che bisognava piuttosto lavorare per disarcionare Berlusconi installando al suo posto un governo interinale che guidasse il paese fino alla fine naturale della legislatura.È perfettamente esatto, ho scritto proprio così perché allora il contesto politico ed economico a mio avviso consigliava questa soluzione ed in questa chiave si aspettava il voto parlamentare del 14 dicembre. Ma proprio quel voto, con i suoi tre voti di differenza in favore del governo ottenuti sappiamo come, cambiò radicalmente il contesto. Oggi non si può che andare alle elezioni a meno che il premier non si dimetta. C'è ancora chi crede in un'ipotesi del genere? Mubarak è stato costretto a farlo, ma l'Italia non è l'Egitto e i due casi non sono paragonabili.Dunque bisogna affrettare le elezioni e rispondere a quella selva di punti interrogativi che abbiamo sopra elencato.* * *Un'alleanza repubblicana deve avere dei promotori che indichino gli obiettivi e decidano la leadership. I promotori si sono già manifestati: Bersani, cioè il Partito democratico unito su questa linea e Casini, cioè l'Udc, o forse il Polo della nazione che comprende anche Fini e Rutelli.L'obiettivo è stato indicato: cambiare la legge elettorale avvicinandola agli elettori; affiancare con misure appropriate la crescita economica al rigore di bilancio; costruire un federalismo che non sia secessionista ma un solido ed efficiente sistema di autonomie regionali e comunali. Infine restituire alle istituzioni la loro dignità, la loro autonomia e la loro efficienza nel rispetto della reciproca indipendenza tra i poteri dello Stato.Fin qui i promotori. I quali - ecco un punto che ancora non è stato chiarito ma che è parte essenziale dell'operazione - , non possono mettere veti alle forze politiche che decidessero di partecipare all'alleanza, anzi debbono mirare ad ampliarla il più possibile.Gli esiti scoraggianti dell'Unione che erose dall'interno il governo Prodi del 2006 avvennero in un contesto del tutto diverso. Oggi non si tratta di dar vita ad un'alleanza di governo così estesa. L'alleanza di governo riguarda i partiti promotori. Le altre forze saranno invitate a far parte d'un cartello elettorale che concordi sull'obiettivo ed è questo che marca la differenza.Ma c'è un altro punto che va chiarito. Una volta perfezionata l'alleanza e il cartello elettorale, i promotori debbono chiedere al Presidente della Repubblica lo scioglimento delle Camere per la loro manifesta impossibilità di legiferare. Il Parlamento da oltre due mesi è in stato di paralisi e questo di per sé motiva la richiesta di scioglimento della legislatura.Va aggiunto che la paralisi parlamentare e l'impotenza del governo a governare motiva anche l'iniziativa autonoma del Capo dello Stato il quale ieri pomeriggio ha richiamato di nuovo l'attenzione pubblica su questa sua insindacabile prerogativa costituzionale.Resta il tema della leadership. Esprimo su questo punto un parere personale: non credo che il leader d'una alleanza tra la sinistra e il centro-centrodestra possa esser guidata da un esponente politico proveniente da una delle forze alleate. Deve essere rappresentativo di tutte e soprattutto della società civile.Parlammo a suo tempo d'un "Papa straniero" in questo senso. Prodi lo fu e vinse due volte in nome e per conto delle forze alleate. Ciampi, in condizioni del tutto diverse, guidò un governo di ricostruzione repubblicana.Il leader di questa alleanza non può che rispondere a queste caratteristiche: rappresentare il comune denominatore e possedere una specifica competenza soprattutto economica perché è quello il tratto dominante della situazione.Ma va aggiunto che anche la scelta del presidente del Consiglio spetta al Capo dello Stato che, in situazioni del genere e con l'aiuto della coalizione vincente può anche scegliere un premier diverso da quello indicato sulle schede come leader della campagna elettorale.Post scriptum. Domenica scorsa segnalai la pericolosità di riformare l'articolo 41 della Costituzione. Tutte le opposizioni hanno criticato quell'ipotesi approvata dal Consiglio dei ministri, definendola del tutto inutile ai fini della crescita economica. Per quanto mi riguarda sono perfettamente d'accordo su questa critica, ma la vera pericolosità è un'altra: sarebbe la prima volta che si emenda un articolo scritto nella prima parte della Costituzione, quella cioè che enumera i principi ispiratori della nostra Carta. Riscrivere quell'articolo e metterlo in votazione costituirebbe un pericolosissimo precedente. Del resto il ministro Sacconi, parlando in televisione di questa questione, ha dichiarato che la riscrittura dell'articolo 41 prelude ad una vera e propria rivoluzione culturale basata su nuovi principi ispiratori. Si aprirebbe dunque la strada ad uno stravolgimento della Costituzione, che non può esser fatta a colpi di emendamenti ma richiederebbe l'eccezionalità d'una nuova Assemblea costituente. Credo che le forze politiche responsabili dovrebbero impedire che un precedente del genere sia una mina sotterranea sotto la nostra democrazia costituzionale". (Eugenio Scalfari-La Repubblica)

mercoledì 9 febbraio 2011

Frogs


Perché?

"CARI elettori berlusconiani, vi sarà giunta voce, immagino, che gli italiani sono divenuti un enigma per le democrazie alleate. Il mistero non è più Berlusconi, che da anni detiene un potere non normale: controllando tv, intimidendo giornali e magistrati. Dopo tante elezioni, siamo noi, singoli cittadini, a essere il vero rebus.Quel che ripetutamente ci chiedono è: "Perché continuate a volerlo? Perché insistete anche ora, che viene sospettato di corruzione di minorenni e concussione?". Nessun capo di governo potrebbe durare più di qualche giorno, fuori Italia: la stampa, la televisione, i suoi pari lo allontanerebbero, costringendolo a presentarsi ai giudici. Di questo le democrazie non si capacitano: se non ora, quando vi libererete?A queste domande ciascuno deve saper rispondere: chi lo vota e chi non l'ha mai votato, giudicando non solo ineguale la battaglia fra schieramenti (per disparità di mezzi d'influenza) ma profondamente atipica. Tutti siamo contaminati, dal modo in cui quest'uomo entrò in politica e dalla natura del suo potere, che costantemente mescola il suo privato col nostro pubblico. Tutti viviamo in una sorta di show, dominato dal sesso e dai processi al premier.La cosa peggiore a mio parere è quando inveiamo contro le sue passioni senili. Come se a far problema fosse l'età; come se bastasse che a Arcore ci fosse un trentenne, perché le cose cambiassero. È la trappola in cui spesso cadono gli oppositori. Vale la pena leggere quel che ha scritto lo scrittore Boris Izaguirre, a proposito del consenso tuttora vantato dal premier. Le sue debolezze sono in realtà forze nascoste: "La corruzione, quando si espone, crea meraviglia. La capacità di scansare ogni controllo e di schivare la giustizia affascina". Affascina anche l'epifania finale dell'anziano concupiscente. Nella "rivoluzione del gusto" che questi impersona, l'epifania è "l'unica opzione per l'uomo maturo moderno, e ineluttabilmente attrae un elettorato che condivide sogni di eterna gioventù" (El Paìs, 7-2-11). Il nostro, lo sappiamo, è un paese di vecchi: l'offensiva che accoppia età e reati del premier è qualcosa che turba sia voi sia me. Fa cadere ambedue in una rete che imprigiona, che impedisce di far politica normalmente, di reinventare quel che sono, in democrazia, destra e sinistra.
La rete in cui cadiamo è un film che non minaccia davvero il leader: è il suo film, noi e voi siamo comparse di una sua sceneggiatura, impastata di sesso, cattiveria, abuso di potere. Sono anni che abitiamo un mondo-fantasma lontano dalla realtà, imperniato sulla vita privata del capo. È lecito quel che fa? Osceno? I benpensanti sono convinti che di questo si occuperanno i magistrati, che politici e stampa debbano invece cercare una tregua. Ma tregua con chi? Si può patteggiare con un burattinaio che ci tramuta in pupazzi o spettatori di pupazzi? Se non si fa luce sulle notti di Arcore, è inevitabile che i film sulle papi-girl sfocino nel ridanciano. Ogni cittadino, berlusconiano o no, già ci scherza sopra, probabilmente, come gli spettatori ridono increduli negli ultimi giorni dell'uomo descritti da Kierkegaard, quando irrompe il buffone e dice che il teatro brucia. Nel momento in cui inizia la risata lo show sommerge il reale. Anche voi elettori Pdl lo intuite: le novità che attendete da anni rischiano di esaurirsi in un teatro in fiamme, con noi imbambolati a fissare il buffone.C'è da domandarsi se non sia precisamente questa, la forza del Cavaliere: distruttiva, ma pur sempre forza. Come Napoleone quando parlava dei propri soldati, egli sembra dire: "I miei piani, li faccio coi sogni degli italiani addormentati". Imbullonati nello spettacolo senza vederne le insidie, ammaliati da veline e spazi azzurri che usurpano lo spazio della Cosa Pubblica, continueremo a esser pedine di un suo gioco. Sarà lui a decidere quando termina lo show di cui è protagonista. Lui occupa entrambi gli spazi, il fantasmatico e il reale, secondo le convenienze. È la sua doppia natura a confondere le menti: il suo essere Jekyll e Hyde. Chiamato a presentarsi in tribunale si rifugerà nell'inviolabile privato, esibendo la sguaiataggine di Hyde. Quando lo show tracimerà, ridiverrà l'impeccabile Dr Jekyll e dirà tutto stupito: "Propongo un patto di crescita economica, e l'armistizio sul resto". A Galli della Loggia, che è storico dell'Italia, vorrei chiedere: con questa doppia personalità urge far tregue?È il motivo per cui nessun politico dovrebbe, oggi, invitare gli italiani a sognare un paese diverso. L'Italia ha già troppo sognato. Nel caldo delle illusioni ha disimparato lo sguardo freddo, snebbiato. Non di sogni c'è bisogno, ma di risvegli. L'altra Italia da raccontare fuori casa non è quella "che va a letto presto", come dice la Marcegaglia. È quella che veglia, che osa di nuovo sapere, informarsi (Umberto Eco ha ben risposto, nella manifestazione di Libertà e Giustizia: "Io vado a letto tardi, signora, ma è perché leggo Kant"). Come i prestiti subprime, l'Italia è chiusa in una bolla, fabbricata da chi si pretende garante della sua stabilità. Ma le bolle scoppiano e voi lo sapete, elettori Pdl: quel giorno i pescecani si salveranno, e il vostro grande sballo finirà.Finché resta la bolla, è evidente che il premier conserverà influenza. Vi invito a leggere un articolo scritto nel 2002 sul Paìs da Javier Marìas (è riprodotto nel blog mirumir. blogspot. com). Lo scrittore enumera gli ingredienti della seduzione berlusconiana: la sua disinvoltura sempre "sottolineata in rosso", il "sorriso falso perché costante", il passato di cantante come allenamento per staccarsi dai domestici e mischiarsi ai potenti, la mentalità di vecchio portinaio franchista ossequioso coi potenti e sdegnoso coi domestici, il risentimento dietro una bontà caricaturale, il terrore d'essere escluso dalle cerchie dei grandi, l'assenza d'ogni "vergogna narrativa". Egli seduce i declassati identificandosi con loro, e tanto più li sprezza. La sua morale: sei un perdente, se non infrangi come me leggi, diritti, costituzione.Dicono che vi piace l'antipolitica. Credo piuttosto che vi aspettiate troppo, dalla politica. Avete sognato un re-taumaturgo onnipotente e permissivo al tempo stesso, non un democratico. È inutile proseguire l'omertoso patto che vi lega a lui nell'illegalità: i risultati attesi non verranno. Questo è infatti Berlusconi: un potere fortissimo, ma impotente. Non è il fascismo, ma i primordi del fascismo - quando era pura "dottrina dell'azione" - ripetuti come un disco rotto. Le masse cullate nell'illusione: tali sono i primordi. Poi la dottrina divenne politica, guerra, e fu rovina. Ma fu un agire. Non così Berlusconi. Da anni l'immagine è fissa sui preamboli fascisti del mago che seduce le folle umiliando l'uomo, come il Cavalier Cipolla che ipnotizza le vittime nel racconto Mario e il Mago di Thomas Mann.L'era Berlusconi è costellata di questi torbidi patti: patti con la mafia per proteggere impresa e famiglia; patti con giudici corrotti; patti con ragazze alla ricerca di soldi e visibilità. Si può indovinare quel che hanno pensato i loro genitori: "Meglio vergini offerte al drago, che precarie in un call-center". Erano pagate per le prestazioni, e poi perché tacessero. Per questo possono divenire, da ricattate, ricattatrici del papi-padrino.Ma la storia italiana è anche storia di decenza, di morti caduti difendendo lo Stato, contro le mafie. Anche voi ammirate questa storia: avete ammirato i tre ultimi capi di Stato, e prima Pertini. Senza di voi tuttavia il Quirinale può poco e l'Europa ancor meno. Ambedue ci risparmiano per ora il baratro, e forse l'Europa solo economico-monetaria è un po' la nostra sciagura: i pericoli, ci toccherà intuirli dietro tanti veli. Ma li intuiremo. Se l'Egitto ha avuto la rivoluzione della Dignità, perché l'Italia non può avere una rivolta della decenza? La decenza ricomincia sempre con la riscoperta di leggi superiori a chi governa, del diritto eguale per tutti, della libera parola". (Barbara Spinelli)

Giornalista, la fabbrica dei disoccupati

"C'è stata una grande mobilitazione contro la legge bavaglio sulle intercettazioni, ma nessuno s'incatena sotto la Camera contro la riforma dell'Ordine dei giornalisti, un provvedimento che intende limitare l'accesso alla professione, imponendo il percorso attraverso università e scuole di giornalismo come unico canale di accesso alla professione. Appena uscito dalla Commissione cultura per approdare nell'Aula, il disegno di legge in questione, prevede che un giornalista debba essere OBBLIGATORIAMENTE laureato e debba passare attraverso un apposito corso post universitario per poter essere ammesso all'esame di stato. Si tratta di un modello assolutamente intollerabile in un paese democratico, a mio avviso ben più intollerabile dalla legge sulle intercettazioni. E' infatti un modello d'accesso che trova riscontro solo in alcuni regimi totalitari del passato, dalla Germania nazista alla Spagna di Franco, dall'Italia fascista, quando a governare era un giornalista diventato dittatore, alla Repubblica democratica tedesca, quando per poter fare questo mestiere bisognava prima studiare per bene il pensiero socialista all'università Karl Marx di Lipsia. Negli Stati Uniti, i primi corsi universitari di giornalismo voluti da Joseph Pulitzer nascono nei primi del 900, ma, a tutt'oggi, non esiste un titolo legale per accedere alla professione giornalistica. E' giornalista chi lo fa. Il senso dell'obbligo, e sottolineo l'obbligo, di fare passare i futuri giornalisti attraverso un percorso d'istruzione formale è tutto racchiuso in questo passaggio di un articolo del Torchio, giornale dei giornalisti italiani, del giugno 1928: "La scuola creerà la nuova classe educata ai più severi principii: la nuova milizia dalla mentalità uniforme, omogenea, agile, animata da un unico spirito, da una sola volontà; addestrata all'esercizio cosciente della propria professione; protesa verso un unico fine". Insomma, è un'idea balorda e liberticida - come spiegherò, ancora una volta, nel mio nuovo saggio-inchiesta di prossima pubblicazione - che può continuare a trovare proseliti solo in un paese in cui giornalismo e politica sono avvinti in un insano abbraccio da almeno due secoli. Il disegno di legge in questione altro non è che la "rivoluzione copernicana" (sic!) del documento di indirizzo per la riforma della professione che l'Ordine dei giornalisti ha formulato per la prima volta nel 2002, riproposta da un gruppo di nostri colleghi diventati deputati. Il primo firmatario è Pino Pisicchio, eletto nell'Italia dei valori poi passato all'Alleanza per l'Italia, il movimento di Francesco Rutelli. Gli altri sono: Sandra Zampa (Pd), capo ufficio stampa di palazzo Chigi con Prodi; Giancarlo Mazzuca (Pdl), ex direttore del Quotidiano Nazionale – Resto del Carlino; Francesco Pionati, ex vicedirettore del Tg1, eletto nell'Udc ha poi dato vita all'Alleanza di centro per l'Italia; Giorgio Merlo (Pd), giornalista Rai; Giuseppe Giulietti, eletto nell'Italia dei valori (ma è del Partito democratico), già segretario dell'UsigRai; Roberto Rao, Udc, pubblicista, membro della commissione di vigilanza Rai; Matteo Salvini, Lega Nord, cessato dal mandato dopo aver optato per il parlamento europeo; Giancarlo Lehner, Pdl, ex direttore de l'Avanti! e autore di diversi libri sul comunismo; Piero Testoni, Pdl, responsabile editoria e comunicazione di Forza Italia. Dunque, l'intesa è bipartisan: da destra a sinistra, i politici sono tutti d'accordo nel voler inquadrare in un rigido percorso di studi gli aspiranti giornalisti.L'Ordine dei giornalisti propone oggi una riforma liberticida da paese totalitario, che appare congeniale solo al sistema universitario italiano, sempre in cerca di nuovi specchietti per attrarre studenti, non certo alla categoria dei giornalisti. Vediamo perché.In sette anni, dal 2003 al 2010 sono stati ammessi all'esame di stato 1800 allievi provenienti dalle scuole riconosciute dall'Ordine. Il che significa che 1800 aspiranti professionisti privi di un contratto di lavoro come coloro che sono stati ammessi come vuole la legge, sono stati immessi in un mercato del lavoro che interessa poco più di 15 mila professionisti, se andiamo a vedere gli ultimi dati sulle contribuzioni Inpgi. Agli allievi delle scuole si vanno ad aggiungere i cosiddetti riconoscimenti d'ufficio, vale a dire gli ammessi all'esame di stato senza un contratto di lavoro "canonico", ma ai quali l'Ordine ha riconosciuto un praticantato equivalente a quello previsto dalla legge, per contenuti e per reddito. La conseguenza è che negli ultimi anni i giornalisti disoccupati sono aumentati esponenzialmente: nel 2004 c'erano 1.500 iscritti negli elenchi tenuti dalla commissione paritetica Fieg-Fnsi, nel 2006 erano 2.650. L'ultimo dato che ho raccolto dalla Fnsi è relativo a settembre 2010: i disoccupati erano 4.718. Il reddito rappresenta il pilastro su cui si poggia tutto l'impianto normativo – contrattuale della nostra professione. Un pilastro che appare oggi gravemente lesionato. Infatti, da più di ottanta anni diventa professionista chi lavora già: la figura del praticante compare nell'ordinamento nel 1928 con il decreto d'attuazione della legge sulla stampa del 1925, trova riconoscimento nel contratto di lavoro del 1932 e in quello del 1939 ne viene previsto il trattamento economico. L'ammissione degli allievi delle scuole avviene per un breve periodo in quegli anni ed è previsto da un regio decreto del 1929 che verrà implicitamente abrogato con la legge 69 del 1963 che è quella attualmente in vigore. Quindi, ciò che l'Ordine sta permettendo oggi è contro la stessa legge che lo istituisce, come hanno fatto notare i deputati radicali al ministro della giustizia Alfano in un'interrogazione parlamentare della fine del 2008 che però non ha ancora ottenuto risposta. Tuttavia, potremmo guardare questa esperienza come una sorta di fase sperimentale ad uso e consumo del disegno di legge uscito dalla Commissione cultura della Camera. Ma qual è il risultato della sperimentazione? Quasi cinquemila disoccupati: questo è il risultato. D'altronde, durante l'acceso dibattito sulle scuole in epoca fascista, Curzio Malaparte l'aveva pronosticato, così pure il deputato democristiano Mariano Pintus durante i lavori preparatori della legge 69 del 1963: scuole di giornalismo uguale fabbriche di disoccupati". (Ugo Degli Innocenti)

martedì 8 febbraio 2011

Io sono Rom

Io sono Rom, con quei bambini, quelle famiglie, contro chi infierisce con i più deboli, rendendoli ancora più vulnerabili. I responsabili di quelle quattro morti sono chi li ha messi per strada, al freddo, alla fame, senza pietà, per avere il proprio giardino pulito mentre intorno si allontana l'immondizia.

lunedì 7 febbraio 2011

Via il satrapo tiranno. Tutti ad Arcore, ogni giorno a manifestare

"Dissociarsi, ma dopo, non prima. Andare alla presa di Arcore contro il tiranno. L'origine di tutti i mali. Martellare sull'informazione per mesi. Come è ovvio, a rischiare poi ci vanno i ragazzi. E sono loro a prendersi le manganellate e, come è successo ieri, anche l'arresto. Chi ha organizzato la manifestazione cosa si aspettava con questo clima? Il lancio di caramelle e coriandoli da parte dei manifestanti e l'insurrezione delle forze dell'Ordine? Arcore come la corazzata Potemkin? Io che non mi sono associato prima, non mi dissocio ora. I ragazzi avranno sbagliato, ma non possono essere lasciati a sé stessi, dissociandosi da dietro un pc o una scrivania. I legali del blog contatteranno le famiglie". (dal blog di Beppe Grillo)

Dream

venerdì 4 febbraio 2011

C'era una spiaggetta...


Il parlamento delle stronzate

In Italia esiste un parlamento (la p minuscola è d'obbligo) che non rispecchia più da tempo gli italiani. Con la legge 'porcellum' (che permette ai partiti di scegliere chi votare e quindi di tenerli sotto boccia sempre), con il premio di maggioranza che falsifica i numeri reali della rappresentatività e con la compravendita dei deputati, l'aula di Montecitorio è ormai un caravanserraglio con dentro le peggiori belve. Napolitano deve scioglierlo, altro che usare il guanto di velluto,bisogna cambiare la legge elettorale, indire elezioni ed allontanare dalla cosa pubblica inquisiti, ladri ed amorali. La vera Italia, la vera maggioranza degli italiani, vuole che questa ciurmaglia se ne vada senza violenza. Sperando che non ci debba salvare un inedito Tremonti, che si alza e se ne va quando il suo capo inizia a dire altre stronzate sul rilancio dell'economia, dicendo che lui deve stare in Europa, e poi se ne va a prendere il treno bacchettando sulle dita il ds Moretti perché nei bagni non c'è l'acqua. Poi addirittura sponsorizza Draghi, il suo nemico, per la Bce. Sempre meglio di quel venduto di Ferrara e della sua acida moglie, tutti a libro paga di un porco proseneuta che li sta divorando nella pancia e nelle coscienze. Sono queste le cose che uno si aspetta che qualcuno faccia. Ma le deve fare proprio Tremonti?

"Se si possono chiamare le cose col loro nome, si deve dire che il mondo del Cavaliere lo si rintraccia in un paio di righe di 'Una sporca storia', di Eric Ambler. In quel libro c'è un personaggio - Arthur Abdel Simpson - che ricorda i consigli che da bambino ha ricevuto dal padre: "Uno dei suoi primi insegnamenti fu: mai dire una bugia se puoi cavartela a forza di stronzate". Le cose devono essere andate più o meno così tra Berlusconi e Giuliano Ferrara, il consigliere più ascoltato (oggi e prima che gli impulsi aggressivi del capo del governo riattizzino il suo permanente conflitto con la democrazia). Dunque, denudato da una scena che lo scopre, frastornato, in preda a una disperatissima compulsività sessuale nelle mani di un ingordo serraglio di zambraccole e ruffiani, ricattabile, incapace di assolvere a suoi doveri pubblici, indifferente a ogni responsabilità e decoro istituzionali, il Sultano si avvoltola nelle bugie fino a strozzarsi, sgomento per quel che si può sapere della sua malinconica vita o addirittura mostrare per immagini. Per giorni mente a gola piena. Ruby? So chi è, l'ho vista soltanto un paio di volte. No, non mi disse che era minorenne. No, non ho mai pagato per una donna. Perché avrei dovuto, ho una relazione stabile, ho una fidanzata, io. Sì, è vero, aiuto molte giovani donne perché sono generoso e non chiedo mai nulla in cambio. Non sono mai fuggito dai magistrati, mai, mai, mai, mai. Il direttore de Il Foglio non fa altro che ricordare al Re tragicamente nudo il precetto di Simpson. Per quale diavolo di motivo menti, presidente? Non lo vedi che ti incastrano e affondi. Sparala grossa, più grossa che puoi. Sarai salvo perché le menzogne hanno il difetto di essere false, le stronzate hanno il vantaggio di essere finte: non sono altro che una copia, una copia esatta, più o meno riuscita, di una cosa vera. La tua "rivoluzione liberale" nel 1994 forse era una cosa vera ed è fallita, spara grosso e dì che tu, il Monopolista, ricominci daccapo perché è ora la vera "rivoluzione liberale". Inventati qualcosa. Una cosa qualsiasi. Bullshit? Vanno benissimo. Per esempio, maggiore crescita "alla tedesca" del 4 per cento grazie alle riforma dell'articolo 41 della Costituzione (libertà d'impresa) anche se la riforma costituzionale non si farà mai e quel tasso di sviluppo non lo vediamo da decenni e tra le due cose dio solo sa quale relazione ci sia. Fiscalità di vantaggio per il Sud, va bene anche se non c'è un euro e Tremonti non aprirà mai i cordoni della borsa. Anche il "Piano casa" va bene. Chi ricorderà che è la terza o quarta volta che lo annunci e finora tra i pochi a usufruirne sei stato solo tu con i bungalow di Villa Certosa.Dì queste "stronzate" con il tono maestoso dello Statista. Evoca il ritorno della Politica con la p maiuscola. Celebra il protagonismo del governo, e il gioco è fatto. Queste massime solenni ti proteggeranno dai magistrati di Milano che diventeranno, nella propaganda, gli aggressori che ti disturbano mentre ti sei dato carico del destino dell'Italia. Il "rilancio programmatico" restituirà il Paese a quel torpore mentale dal quale le notizie scioccanti di Villa San Martino rischiavano di scuoterlo. Attiva tutte le complicità omertose che proteggono la tua bancarotta politica. Rimetti in moto l'industria del falso (I Minzolini, per tutti). Manda in televisione le solite maschere salmodianti perché decidere di che cosa si discute offre la risolutiva opportunità di definire di che cosa non si discute e tu, presidente, non sei in grado affrontare le tue responsabilità. Della tua irresponsabilità, della tua incapacità assoluta ad affrontare la verità non si deve discutere.Nell'infelice Paese che è l'Italia questa degradazione della realtà è chiamata politica come se la politica non fosse altro che manipolazione persuasiva, sacco vuoto, discorso privo di contenuti. "Stronzata" insomma, utile non a governare i destini, le relazioni e gli interessi degli uomini, ma a scrivere le priorità dei telegiornali della sera. Va detto che c'è in giro una soddisfazione per il "costruttivo clima politico" che fa cadere le braccia. Soddisfatti di che cosa? Di questa goffa e comica stangata? Si dovrebbe, al contrario, essere inquietati quando un pensiero ideologico si emancipa così clamorosamente dall'esperienza reale fino a rendersi impermeabile nei confronti di ciò che davvero accade. In questa separazione del pensiero dalla realtà c'è un punto critico che è tutto politico. Chi ha in custodia le istituzioni dovrebbe tenerne conto perché la credibilità delle istituzioni si difende anche tutelando quella verità che è la condizione necessaria della fiducia del cittadino per lo Stato. E' la verità - e la responsabilità di affrontarla in pubblico - che rende adeguato il processo deliberativo che sta alla base di una democrazia. A chi ha a cuore la democrazia non può sfuggire che menzogne e "bullshit" sottraggono a gran parte degli individui la capacità di giudicare liberamente gli affari pubblici; demoliscono ogni spirito critico; confondono, distraggono, rendono indifferenti il cittadino, lo trasformano in "spettatore di ogni cosa e testimoni di nulla". In questo vuoto di verità precipitano anche le istituzioni. Menzogna e "bullshit" ne divorano la credibilità, l'affidabilità, la reputazione. E non parlo degli uomini. Ministri come Franco Frattini e Angelino Alfano l'hanno persa da tempo: da quando il primo, ministro degli Esteri, va ai Caraibi per trovare documenti che screditano un avversario politico o quando il secondo, Guardasigilli, si riunisce con gli avvocati di un imputato (Berlusconi), elabora tattiche per annichilire un processo, organizza il voto del Parlamento per impedire che la magistratura faccia il suo lavoro. Parlo delle istituzioni e dello spettacolo avvilente offerto dalla Camera dei deputati. Montecitorio deve decidere se autorizzare o meno la perquisizione dell'ufficio dove lavora il ragiunatt che dispensa, per conto del Sultano, migliaia di euro alle falene notturne di Arcore. Indagato per aver fatto pressioni su funzionari della questura e liberato indebitamente una prostituta minorenne accusata di furto (è concussione), Berlusconi dice: in quelle stanze c'è la mia segreteria politica. L'ingresso degli investigatori va allora autorizzato dalla Camera. L'accesso può essere negato soltanto se il Parlamento scorge un fumus persecutionis. Non lo avvista. Vede altro. Vede addirittura, nell'illegittima pressione, l'esercizio di una funzione del capo di governo. E' umiliante anche discuterne. Berlusconi, sostengono i caudatari nominati in parlamento, è intervenuto per evitare una crisi internazionale con l'Egitto, la notte del 27 maggio. Davvero credeva che quella prostituta minorenne, con cui si era intrattenuto fino al 2 maggio, fosse "la nipote di Mubarak". Il suo intervento è stato dunque funzionale e la competenza non è della Procura di Milano, ma del Tribunale dei ministri, dicono azzeccagarbugli e reggicoda. La Camera approva. Lasciamo cadere i dettagli tecnici e l'illegalismo (la funzione di governo non può essere soggettivamente interpretata e spetta a un giudice - non al Parlamento - decidere della competenza). Lasciamo perdere le parole, gli eventi e i documenti che smascherano il racconto del Gran Bugiardo. Andiamo alle macerie. Con una menzogna che fa piangere l'Italia e ridere il mondo, un Parlamento servile, senza libertà e onore, si sottomette alla necessità del Sultano e ci chiede di credere a una menzogna manifesta, a un falso indiscutibile (Berlusconi pensava che Ruby fosse nipote di Mubarak). In questo atto di violenza, c'è molta politica, altro che le "stronzate" del "ritorno alla Politica". L'offensiva affannosa di Berlusconi vuole cancellare ogni distinzione tra la verità e la menzogna, tra la realtà e la "giustezza" politica. Pretende di abituarci a questa confusione inducendoci a credere che nulla sia vero se non certificato dal Potere (anche quando lo si sa palesemente falso). Dopo la campagna di "bullshit" e il voto della Camera, quel che si vede in gioco è la pretesa di una sterilizzazione mentale, morale e politica dell'Italia e non solo un processo per concussione e sfruttamento della prostituzione minorile. Alla prima bisogna reagire chiedendo il rispetto di quel processo, reclamando che Berlusconi - come gli ha chiesto anche il capo dello Stato - si presenti dinanzi ai suoi giudici e si lasci giudicare". (Giuseppe D'Avanzo-La Repubblica)

"Mi rivolgo al presidente del Consiglio, chiedendogli perché ancora una volta tiene impegnato il parlamento ad occuparsi dei fatti suoi anziché dei problemi degli italiani e ancora oggi non ha la buona creanza di presentarsi a giustificare i suoi comportamenti.
D’altronde, lei presidente del Consiglio, da tempo ha trasformato quest’Aula in una sua succursale aziendale, pretende ogni giorno di ordinare a noi di sfornare leggi ad personam che assicurino la sua impunità. Lei ieri, ancora una volta, si è intrufolato nel telegiornale Rai per illudere i cittadini dicendo che il suo governo intenderebbe davvero occuparsi di piano casa, questione meridionale, riduzione delle tasse, liberalizzazioni, sburocratizzazione, sviluppo, lavoro, insomma è dal 1994 che ci racconta questa favoletta. Magari fosse così.
Invece siamo qui ad occuparci ancora di come fare per concederle di sistemare i suoi guai giudiziari. Solo pochi giorni fa, la Corte Costituzionale ha bocciato per la terza volta consecutiva il suo tentativo di sottrarsi alla giustizia, prima con il lodo Schifani, poi con il lodo Alfano, infine con il legittimo impedimento. Tutte le leggi che lei ha fermamente voluto per assicurarsi l’impunità e per le quali ha tenuto impegnato il Parlamento.
Oggi siamo qui a decidere di cosa fare di una richiesta della procura di Milano, rispetto alla quale lei per l’ennesima volta si comporta da recidivo, chiedendoci di approvare una decisione ingiusta e di respingere la richiesta dei magistrati di procedere con la perquisizione di locali non suoi ma di terze persone, da lei autorizzate a gestire i suoi loschi affari. Sappia che quello che chiede oggi al Parlamento è un atto incostituzionale ed illegale, anzi è una vera e propria prevaricazione che commette nei confronti del massimo organo costituzionale: vorrebbe che ci sostituissimo al giudice naturale, l’unico legittimato a decidere su una questione di stretta competenza tecnica della magistratura, ovvero l’individuazione della competenza giudiziaria su questo caso, se lo svolgimento delle indagini spetta alla procura di Milano o al Tribunale dei ministri.
Noi non vogliamo entrare nel merito della questione, perché è una decisione tecnica che può prendere soltanto l’autorità giudiziaria sulla base della lettura delle carte processuali. Visto, però, che ci tirate per la giacchetta, allora volendo entrare nel merito di questa squallida vicenda, è davvero un’offesa all’intelligenza e al buonsenso voler sostenere che rientri nelle funzioni proprie del presidente del Consiglio fare telefonate in questura per far rilasciare una minorenne sua amica del cuore.
Direbbe il Di Pietro di una volta: “Non c’azzecca proprio niente”. Non può essere lei a scegliere il giudice competente, né il Parlamento, perché da quando esistono lo Stato di diritto e la democrazia parlamentare, i deputati si occupano di fare le leggi e non le sentenze. Lo so che questo Parlamento lo farà perché la sua maggioranza è asservita e, insieme a qualche altro parlamentare che si è venduto l’anima e la dignità, chiuderà gli occhi e si turerà il naso, votando una decisione incostituzionale e anche un po’ criminale solo per non perdere la poltrona perché hanno paura delle elezioni.
Ma si sappia, e rimanga agli atti, che oggi questo Parlamento con il suo voto a favore delle pretese illegittime del suo presidente sta umiliando le sue funzioni e di ciò, davanti al popolo prima e alla storia poi, sarà chiamato a rendere conto. Soprattutto si conoscano, e restino agli atti, l’offesa e le falsità storiche contenute nella relazione che la maggioranza parlamentare si accinge ad approvare. Non esistono e non sono mai esistiti rapporti burrascosi e contrapposizioni ideologiche tra la magistratura e l’onorevole Berlusconi, così come non ci sono mai stati tra guardie e ladri, giacché i primi inseguono i secondi in nome della legge e quelli sfuggono perché l’hanno violata.
Non è una contrapposizione, è una necessità avere persone che applicano la legge e la fanno rispettare, così come non è un’opportunità avere al governo persone che violano le norme e usano il Parlamento per non farsi processare. Inoltre, la favoletta della magistratura politicizzata che è scritta nella relazione della maggioranza va respinta con forza perché soprattutto in questo caso, l’input alle indagini parte proprio dall’onorevole Berlusconi con la sua impropria sequela di telefonate alla questura di Milano per raccomandare una inesistente nipote di Mubarak.
Si tratta di una favola accusatoria bella e buona a cui l’onorevole Berlusconi e la sua clac hanno fatto sempre ricorso per sfuggire al doveroso controllo dell’autorità giudiziaria, chiamata a giudicare i suoi comportamenti penalmente rilevanti. Perché ci sono e non perché qualcuno glieli addebita ingiustamente, soltanto che finora non è stato processato in quanto si è fatto leggi apposite per evitarlo o per depenalizzare i reati.
Una favola che oggi viene riproposta per invocare un’inesistente persecuzione giudiziaria e per coprire la vergogna di un presidente del Consiglio che non ha il coraggio di andare a giustificarsi presso la magistratura per quel che ha commesso. Ma chi non ha il coraggio delle proprie azioni non è degno di rappresentare l’Italia, specie all’estero. Una favola che può e deve essere sfatata, chiedendo ai cittadini indignati di dirlo a gran voce, scendendo in piazza e facendo sentire la loro voce.
Una favola che soltanto gli italiani che non ne possono più possono fermare, perché in questo Parlamento, dove tutti pensano soltanto a salvare la propria poltrona, non si riesce a trovare una maggioranza che abbia la dignità di mandarlo a casa. Una favola che deve essere affrontata dal popolo, in modo democratico nelle piazze.
Chiediamo, perciò, ai cittadini di prendere parte alle manifestazioni che si stanno svolgendo e che sono in programma affinché con una grande partecipazione popolare faccia sentire al presidente del Consiglio l’inutilità e la dannosità della partecipazione a questo governo.
Chiediamo, inoltre, ai cittadini di recarsi alle urne a votare il referendum sul legittimo impedimento proposto dall’Italia dei Valori sulla legge, in parte già bocciata dalla Corte Costituzionali. Vi annuncio che poco fa la Corte di Cassazione ha ammesso il nostro quesito referendario, perciò si andrà a votare per dire se vogliamo o non vogliamo vivere in un Paese in cui un presidente del Consiglio tiene impegnato il Parlamento sempre e solo per fare leggi ad personam e non per pensare ai problemi del Paese.
Quel referendum esprimerà un giudizio universale su questo comportamento del presidente del Consiglio. Invito i cittadini a uscire, a presentarsi alle urne e mettere fine a questa barbarie del diritto. Cittadini italiani dovete rendervi conto che solo voi ora potete mandare a casa questo raìs nostrano, potete salvare la democrazia prima che questo Paese diventi lo zimbello del mondo. Il governo Berlusconi ha trascinato il Paese in un baratro politico, economico, sociale, morale, raggirando le regole democratiche ha calpestato la libertà d’espressione e l’autonomia della magistratura. Mentre il debito pubblico aumenta, mentre c’è bisogno di intervenire per sistemare i problemi del Paese, noi abbiamo visto di tutto: compravendita di parlamentari, leggi varate nell’interesse particolare, smantellamento dello stato sociale.
La misura è colma, occorre la mobilitazione sociale, occorre scendere in piazza e soprattutto, se ci fosse un minimo di dignità, occorre respingere la relazione di maggioranza. Ma in questo Parlamento non c’è più dignità ormai". (Intervento di Antonio Di Pietro al Parlamento il 3.2.11)

"Cosa ci è rimasto? E' importante rispondere a questa domanda per capire dove ci troviamo, come ripartire. Per sapere di quali armi dispone ancora il cittadino in questa pseudo democrazia. Andiamo per esclusione. Non abbiamo più il voto, non possiamo esprimere la preferenza per l'elezione di un parlamentare. Il Parlamento è quindi andato. Se Camera e Senato sono sottratte alla volontà popolare lo è anche la presidenza della Repubblica, eletta dalle Camere riunite, nominate dai capi dei singoli partiti. Quindi ci siamo giocati anche Napolitano insieme ai presidenti di Camera e Senato.I referendum, quando vengono accettati dalla Corte di Cassazione, sono collocati in date balneari per far saltare il quorum, come è avvenuto per il referendum sulla legge elettorale. Nel caso miracoloso in cui si ottengano le firme, si raggiunga il quorum e prevalga la volontà popolare i partiti se ne fregano. Esempi non ne mancano come i referendum, vittoriosi, per l'abolizione dei finanziamenti pubblici ai partiti e del nucleare in Italia totalmente ignorati. I partiti incassano un miliardo di euro e sono in cantiere cinque centrali.Se si raccolgono le firme per una legge di iniziativa popolare vengono seppellite nelle cantine del Senato. 350.000 firme certificate per la legge "Parlamento Pulito" attendono dal dicembre del 2007 senza speranza di essere prese in esame. Di quali strumenti dispone il cittadino senza il voto, la rappresentanza parlamentare e istituzionale, il referendum e le leggi popolari? E' un separato in casa della democrazia. Una casa di cui non ha più le chiavi. La reazione è la frammentazione in mille piazze con sette manifestazioni alla settimana, mille proposte in cui, almeno, si ha l'illusione di contare qualcosa, oppure l'indifferenza di quel 40% di italiani che non votano più nulla, non credono più in nulla. In entrambi i casi, protesta o oblio, il potere di pochi rimane inalterato.La prima riforma è restituire ai cittadini il controllo del Paese che gli è stato sottratto. Ci troviamo a combattere con i bastoni chi dispone di un bazooka, e i padroni di casa siamo noi. Le chiavi ci devono essere restituite. Il primo passo è la discussione in Senato della proposta "Parlamento Pulito" per dare all'elettore il diritto di scegliersi il candidato e di mandare a lavorare i professionisti della politica che hanno superato i due mandati. Il secondo è disporre di referendum propositivi e senza quorum. Chi non va a votare conta zero. Il terzo è l'elezione diretta del presidente della Repubblica che deve rispondere al Paese e non ai partiti. Il quarto è l'eliminazione dei finanziamenti pubblici ai partiti. Il quinto è la copertura finanziaria per ogni spesa dello Stato. Un passo alla volta. Sul primo vorrei che Schifani stabilisca al più presto una data per la discussione in Senato di "Parlamento Pulito" come ha promesso più di un anno fa. 350.000 cittadini non possono essere ignorati (e presi per il culo) più a lungo. Loro non si arrenderanno mai (ma gli conviene?). Noi neppure". (dal blog di Beppe Grillo)

"Tutti si domandano, nel mondo, come possa l’Italia adattarsi a vivere con un primo ministro malato, un governo inerte, in cui sia il ministro degli Esteri sia quello della Giustizia fanno i galoppini elettorali, e una opposizione malleabile anziché antagonista.
La domanda è seria perché siamo al di la della buona reputazione del Paese.
Siamo in una fase in cui i cittadini, i commentatori, i politici di altri Paesi si domandano se non ci sia qualcosa di malato non solo nel premier, il cui squilibrio mentale è segnalato, come avviene quasi ogni giorno, da solenni promesse di crescita del Paese seguite da violente invettive contro la magistratura e offese gravi e gratuite al Capo dello Stato (per esempio il decreto con cui il Consiglio dei ministri approva d’urgenza il federalismo poche ore dopo che il Parlamento lo aveva respinto). Ma qualcosa di malato c’è anche nello schieramento eterogeneo della attuale, provvisoria maggioranza che ha deciso di sostenere Berlusconi non solo con il voto ma anche con un grande applauso.
Il Primo ministro aveva appena fatto dire che era stato lui a ordinare alla polizia di Milano di rilasciare una prostituta minorenne e ladra e di affidarla alla consigliera regionale Minetti. Aveva fatto dire, sempre a sua difesa, di avere davvero saputo e creduto che la giovanissima ragazza in vendita fosse la nipote del presidente egiziano Mubarak, evidentemente ben consigliato dal suo Ministro degli Esteri.
Come è noto, la consigliera Minetti, ha subito affidato la minorenne nipote di Mubarak nelle mani di una prostituta brasiliana. Una volta ottenuta, anche con la partecipazione di alcuni deputati comprati all’ultimo istante, l’approvazione di una simile incredibile storia che screditerebbe chiunque, è scattato l’applauso della maggioranza berlusconiana dell’Aula, quasi una ovazione, segno che la storia folle non turba e non disturba centinaia di deputati, uomini e donne adulti, molti con figli della stessa età della prostituta comprata e venduta. Eppure bisognava sentire l’on. avv. Paniz celebrare a voce altissima, come nella parodia di una arringa giudiziaria da commedia all’italiana, il percorso seguito con scrupolo dallo statista Berlusconi, inseguito dai giudici “benché non ci sia stata denuncia”. E ha finto di non sapere, lui, principe del Foro, che alcuni reati di una certa gravità, come la frequentazione della prostituzione minorile sono perseguibili d’ufficio.
Parla di crescita e gli credono ancora
Ma se l' immagine impressionante, e grave per la reputazione italiana, è lo scroscio di applausi che la maggioranza del Parlamento dedica alla prostituzione minorile praticata dal presidente del Consiglio e dai suoi amici di serate, non è meno grave e dannoso ciò che stava accadendo nello stesso giorno. Berlusconi aveva fatto all’improvviso sapere che d’ora in poi si sarebbe dedicato alla “crescita” del Paese. Crescita è una parola codice. Vuol dire occuparsi almeno un po’, almeno part-time, di governare l’Italia. Subito una buona parte dei media e, l’intera Confindustria, non hanno esitato a salutare l’evento come se ci fosse un piano, come se qualcosa fosse iniziato, come se ci fossero indicazioni tecniche, organizzative, politiche, del grande annuncio del governo. Una vera celebrazione, sia pure durata un giorno. Ma utile per svelare l’incredibile sottomissione che stravolge ancora tanta parte della opinione pubblica e dell’opinione politica, con cui in tanti si adattano prontamente al comportamento evidentemente squilibrato dell’uomo carico di ricchezza ma privo di soglia critica e di senso della realtà.
Ma il caso più difficile da spiegare è quello di una opposizione variabile e malleabile, che non c’e la fa a diventare e restare antagonista e ad assumersi la responsabilità di rappresentare i cittadini che davvero vogliono cambiare il Paese e non sopportano più a lungo l’umiliazione di essere governati da una persona con seri disturbi della personalità e una immensa forza finanziaria che gli consente di comprare consenso, assenso, distrazione e – quando serve in luogo del servaggio –intimidazione e sottomissione spontanea.
Il problema torna a replicarsi in questi giorni quando voci autorevoli del fronte della opposizione tornano a dire che è importante, anzi essenziale “abbandonare l’antiberlusconismo ”(una versione alternativa è “superare il berlusconismo”). L’operazione funziona in due modi, ovvero produce due gravi conseguenze, capaci di bloccare ogni vera possibile opposizione. La prima è di negare, insieme con la propaganda di Berlusconi, che vi sia qualcosa di anomalo, di radicalmente malato o in Berlusconi (il personaggio, il suo mega conflitto di interesse, la sua salute mentale, il suo evidente e brutale percorso contro la Costituzione) o nella poderosa e quasi del tutto illegale macchina politica messa in moto dalla potenza economica e dalla visione distorta del leader anormale di cui stiamo parlando. Negando la eccezionalità legale, mentale, morale, distruttiva e anti istituzionale di Berlusconi vuol dire privarsi di tutti gli strumenti più importanti della realtà che si è abbattuta sull’Italia e ne ha deviato la storia, fisiologia, patologia, carattere ed errori. Tutto è diverso, qualunque sia il giudizio del passato. E niente può essere fatto con una normale politica di opposizione, perché, buono o cattivo, niente qui, adesso, è normale, a cominciare dalle condizioni psichiche dell’uomo che governa.
Più grave del fascismo
Anzi non governa, non ha governato mai. Una ragione in più per non collaborare mai. Infatti Berlusconi non governa, occupa. Il dramma del Paese è il più grave dai tempi del fascismo. É più grave, infatti, a causa della falsificazione di tutti i percorsi, dell’uso privo di ritegno della parola “democrazia” ogni volta che si cerca il plebiscito e si ottiene la sottomissione. E nella riuscita operazione di eliminare – tra voto e leader e dunque tra popolo e adorazione del capo – ogni regola parlamentare e istituzionale. Non dimentichiamo che ciò che si verifica oggi, in queste ore, un violento e calcolato scontro istituzionale fondato su una presunzione di cedimento del presidente della Repubblica, sta avvenendo in solitario tra il Capo dello Stato, da un lato, e tutta la forza politica, tutta la forza mediatica, tutta la forza finanziaria del capo del Governo che rende ancora possibile quasi ogni nuovo acquisto. Si dovrebbe chiudere qui, con una dichiarazione di separazione irreversibile – nelle Commissioni e nell’aula del Parlamento – con questa situazione malata e illegale, che ha cominciato a girare intorno a modalità burocratiche e pregolpiste di piena violazione della Costituzione. Tale separazione, che dovrà essere irreversibile, dovrà escludere ogni forma di disciplinato assenso all’agenda sempre più folle, sempre più lontana dalla legalità dell’attuale governo. È (sarebbe) il solo modo di rendere chiara e pubblica quella campagna di liberazione che ormai viene invocata da molta parte del Paese e che dovrebbe realizzarsi con la proposta di alleanza fra tutte le opposizioni. Le condizioni che a suo tempo hanno reso necessario, nella storia italiana, il CNL, adesso ci sono tutte.
Il “buon lavoro” per migliorare nelle loro leggi ciò che si può migliorare, è futile e pericoloso, anzi è complicità, prolungamento della vita di un simile modo di governare, e materiale offerto spontaneamente per la loro campagna elettorale, che ci sarà comunque fra poco.
La sordità di tutto ciò che avrebbe dovuto essere opposizione è durata a lungo (diciassette anni di dominio quasi ininterrotto della egemonia berlusconiana).
É bene, ma è anche necessario, urgente, che si interrompa subito. Se si hanno dubbi sulle ragioni politiche (e mi sembra impossibile) si tenga conto delle condizioni mentali di Berlusconi, che ormai sono un dato acquisito nel giudizio del mondo sull’Italia". (Furio Colombo-Il Fatto Quotidiano)

giovedì 3 febbraio 2011

Gorgonion


Io non sono un perverso

"La parola "perversione" continua a frullarmi in testa, come il basso continuo di una società in cui sfruttamento e manipolazione del prossimo proliferano ben oltre i sotterranei di Arcore. I festini a luci rosse che riempiono da settimane le cronache non hanno nulla di giocosamente licenzioso, presentano piuttosto i caratteri della perversione sessuale: serialità, ripetizione ossessiva di un copione, ricorso a travestimenti e messinscena, la riduzione della donna a un feticcio anonimo, stereotipato, sostituibile. Nelle grandi aziende avvelenate dal mobbing, nel mondo dei grandi speculatori come nei dipartimenti universitari, ovunque si sono affermate forme di perversione morale, qualitativamente diversa da quella sessuale, e ancor più grave: un'epidemia di atti e comportamenti disumanizzanti (dunque: perversi) che innescano a cascata una corruzione contagiosa. Molte giovani donne degradate a oggetti trattano a loro volta i vecchi pervertiti come macchine sputasoldi e se stesse come merce di scambio. Come fanno, d'altro canto, anche gli "onorevoli" sedicenti "responsabili". Manipolare le persone a proprio uso e consumo, ridurre i rapporti a transazioni, le persone a merce o strumento: oggi sembra una costante. Chi ha la pazienza di addentrarsi nelle riflessioni di psichiatri e psicologi (segnalo Il genio delle origini di Racamier e Molestie morali di Hirigoyen) troverà pagine illuminanti. La perversione morale (o narcisistica) scaturisce dal bisogno di affermare se stessi a spese di altri: il perverso ha bisogno
di un pubblico e di "prede", che tratta non come esseri umani, ma come utensili. Tratti tipici del perverso? Indifferenza verso l'altro, aggressività, manipolazione, sfruttamento, denigrazione, distruttività. La perversione morale va a braccetto col cinismo, con cui giustifica se stessa: non esiste nulla di buono e nobile, niente vale, tutto ha un prezzo. La perversione avvelena i pozzi, lavorando su debolezze profonde e molto comuni: dall'insicurezza, alla paura, al bisogno di affermazione personale. I perversi hanno un vero talento a tirar fuori il peggio dagli altri. Sfruttano le inclinazioni segrete, gli antagonismi latenti, somministrando piccoli o grandi vantaggi materiali. Con un mix di prebende, ricatti e sentimenti inconfessabili, saldano rapporti di fedeltà molto resistenti. Per consolidare il proprio dominio, i perversi sfruttano la segretezza, l'intimidazione, la menzogna, il confondere le carte e le idee, la dissimulazione, l'abuso di fiducia, l'abuso di potere e la squalifica violenta di coloro che non si sottomettono. Perché il nemico giurato della perversione è, semplicemente, la verità. Nel sistema creato dal perverso, "la verità non ha più esistenza propria, altro non è che quel che lui decreta, e la sua parola terrà luogo di prova" scrive Racamier. È una strategia molto efficace: disorienta e paralizza chi cerca di reagire. Contro questa mistificazione costante occorre armare il pensiero, per restare saldi, distinguere, smascherare. Non è certo un caso che questi meccanismi perversi siano emersi più che mai palesi attorno allo sfruttamento e alla degradazione del corpo femminile. Trovo sia molto simbolico. Pravda in russo, Wahrheit in tedesco, vérité in francese, verdad in spagnolo: tutti sostantivi femminili. Verità, oggi più che mai il tuo nome è donna. Per la dignità della verità e della donna - entrambe violate, svilite, manipolate, zittite e umiliate - è tempo di scendere in piazza". (Benedetta Tobagi-La Repubblica)

mercoledì 2 febbraio 2011

Io, talebano britannico

"È evidente l’estremo imbarazzo dell’Occidente (con ciò intendendo l’America e tutti i Paesi cosiddetti democratici che le fanno da codazzo) di fronte alle rivoluzioni popolari, laiche, emerse improvvisamente in Tunisia, in Albania, in Egitto. Perché ci mette di fronte alla nostra contraddizione di fondo: da una parte noi siamo i grandi vessilliferi dell’ideale democratico tanto che non esitiamo a imporlo, anche a suon di “bombe blu” e all’uranio impoverito, a popoli che non ne vogliono sapere (Afghanistan), dall’altra se emergono forze, democraticamente elette, che non ci sono amiche, o che sospettiamo che non lo siano, preferiamo le dittature, anche quelle particolarmente infami e corrotte (una nostra specialità è appoggiare i regimi più corrotti del mondo, perché sono più facilmente manovrabili).La prova si ebbe nel 1991 quando in Algeria si tennero le prime elezioni libere e democratiche di quel Paese dopo trent’anni di una dittatura militare sanguinaria. Vinse il Fis, Fronte Islamico di Salvezza, col 75% dei consensi. Allora aiutammo i generali tagliagole algerini ad annullare quelle elezioni con la motivazione che il Fis avrebbe instaurato un regime totalitario. Cioè in nome di una dittatura ipotetica si ribadiva quella che già c’era. I dirigenti del Fis furono arrestati e decine di migliaia di militanti messi in galera. Quando si vuole schiacciare una forza che ha il consenso di tre quarti della popolazione la conseguenza non può che essere la guerra civile, che infatti ha insanguinato l’Algeria per più di dieci anni con centinaia di migliaia di vittime che pesano in buona parte sulla nostra adamantina coscienza di occidentali. Comunque la lezione algerina aveva questa pedagogia: le elezioni democratiche valgono solo quando le vinciamo noi.Un discorso apparentemente diverso ma sostanzialmente analogo va fatto per la Rivoluzione khomeinista. Per decenni l’Occidente ha sostenuto lo Scià di Persia, un dittatore patinato (quanti servizi su Soraya, “la principessa triste”, e Farah Diba abbiamo dovuto sorbirci nella nostra giovinezza) quanto spietato, la cui polizia, la Savak, era la più famigerata del Medio Oriente, il che è tutto dire. Lo Scià rappresentava una sottilissima striscia, il 2%, di borghesia occidentalizzante ricchissima che si poteva vedere in quegli anni, tutta in ghingheri a Londra e a New York, mentre il resto del Paese era alla fame. Finché il tappo è saltato ed è arrivato Khomeini che, poiché noi ragioniamo sempre e solo con le nostre categorie, dapprima fu scambiato dalle sinistre per un bolscevico (“Baktiar = Kerenski, Khomeini = Lenin” scriveva l’Unità) e in seguito, quando fu chiaro che proponeva una via allo sviluppo del mondo islamico che non fosse né comunista né capitalista, divenne per tutti “il demonio”. Tanto è vero che gli opponemmo un dittatore vero, e particolarmente criminale, Saddam Hussein, mentre la teocrazia non è certo la democrazia, ma non è nemmeno il potere assoluto nelle mani di un solo uomo. La stessa cosa sta avvenendo in questi giorni in Egitto. Hosni Mubarak sarebbe saltato da tempo come un tappo, sotto la pressione dell’ebollizione strisciante di un’intera popolazione che non ne poteva più del suo prepotere, del suo nepotismo, della corruzione sua e del suo clan, dei metodi illiberali e polizieschi (non per nulla gli americani quando hanno catturato illegalmente, violando ogni norma di diritto internazionale, l’imam di Milano Abu Omar, lo hanno spedito subito nelle prigioni del Cairo perché vi potesse essere adeguatamente torturato), se gli Stati Uniti non lo avessero sostenuto per decenni con miliardi di dollari l’anno e costruendogli addosso uno dei più imponenti eserciti del mondo, in funzione antiraniana e pro israeliana (ma era stato Sadat, un uomo probo, e non quel pendaglio da forca di Mubarak, ad avere il coraggio di alzare il telefono e dire al nemico di sempre: piantiamola). Anche qui la lezione è che, nonostante i nostri roboanti proclami, i regimi dittatoriali, i calpestatori professionali dei “diritti umani”, ci stanno bene purché stiano ai nostri ordini e servano i nostri interessi. Così abbiamo sostenuto Musharraf, il sanguinario dittatore del Pakistan, perché ci ha aperto le porte dell’Afghanistan, così come sosteniamo, per lo stesso motivo, il corrottissimo e altrettanto dittatoriale, sotto false forme democratiche, Sali Berisha, Alì Zardari, o il re Abdullah dell’Arabia Saudita dove la sharia è applicata in modo più sistematico di quanto avvenga in Iran e di quanto avvenisse sotto il demonizzato regime talebano, e tiranni e tirannelli di mezzo mondo, purché “amici” e sensibili ai dollari.Adesso la tentazione, anzi il progetto, è di pilotare le rivoluzioni tunisina, albanese e egiziana a nostro uso e consumo. Di giocare sulla carne e sulla pelle di chi ha avuto il coraggio – che manca in Italia – di ribellarsi all’ingiustizia, perché torni tutto come prima e quei Paesi restino a fare da servi agli interessi dell’Occidente. Io credo che questa politica imperiale, di “gendarmi del mondo” che si sono autonominati tali, non paghi più, nemmeno in termini di realpolitik. Credo che sia venuto finalmente il momento di lasciare agli altri popoli il diritto elementare di autodeterminarsi da sé, secondo la propria storia, le proprie tradizioni, la propria cultura, la propria vocazione e anche i propri interessi. E forse allora scopriremmo che l’evidente ostilità che circonda l’Occidente, in Medio Oriente, in America Latina, in quel che resta dell’Africa nera, in Asia centrale, in Afghanistan, non è dovuta a motivi ideologici o religiosi, ma alle prepotenze militari, economiche e politiche di cui li facciamo oggetto da decenni se non da secoli. Usando costantemente la pratica dei “due pesi e due misure”. Questo sarebbe anche un modo per spazzar via il radicalismo terrorista, che peraltro è un fenomeno marginale. Dopo gli attentati londinesi di qualche anno fa, il sindaco di Londra, Livingstone, molto amato dai suoi concittadini, li condannò, ma disse anche: “Se il popolo inglese avesse dovuto subire le ingerenze che noi anglosassoni stiamo perpetrando da più di un secolo su quelli arabi e musulmani, credo che io sarei diventato un terrorista britannico”. (Massimo Fini-Il Fatto Quotidiano)