domenica 27 luglio 2008

African way.


La falsa tirranica democrazia.

Quando democrazia fa rima con occupazione del potere, luoghi comuni, scempio delle regole, assenza di rispetto, populismo, razzismo e demagogia, io dico che stiamo vivendo qualcosa di terribile, lontano mille miglia da un vivere civile. Quando vedo respingere barche di esseri umani, morire bambini ed imprigionare le loro mamme, allora mi dico che c'è qualcosa nel mondo dell'Occidente che si è inceppato. Quando vedo logiche mafiose occupare le stanze dei saggi, allora mi dico che c'è bisogno di una rivoluzione. Quando vedo la chiesa assentire alle logiche del potere, mi dico che non mi ero sbagliato a giudicarli. Quando vedo tutto questo mi dico che anche il capitalismo ha fallito, che la proprietà privata porta all'inaridimento, che chi ha vuole tenersi per se quello che non è suo, a costo di uccidere i propri simili. No, non è questo il mondo che voglio lasciare ai miei figli. C'è bisogno di fare qualcosa.

Sisters.


sabato 26 luglio 2008

G8 di Genova. I mandanti sono in Parlamento.

"In Italia non c'è (ancora) la pena di morte, ma c'è il diritto alla tortura. Il reato di tortura non è previsto dal nostro codice penale. A Bolzaneto sono stati picchiati, minacciati, torturati dei ragazzi inermi. Se i responsabili materiali sono almeno sottoposti a un giudizio, i responsabili politici sono per sempre in salvo, al governo e alla Camera. Loro non saranno mai processati". (dal blog di Beppe Grillo).
"Mi chiamo Giorgia sono di Padova, 7 anni fa avevo 20 anni, sono stata al G8, sono partita in realtà pensando di visitare una città che non avevo mai visto, in cui c'era un mare, di spassarmela coi miei amici, poi invece mi sono ritrovata in una manifestazione enorme che sembrava più ad una guerra. Mi sono trovata in mezzo ai black block, cassonetti bruciati macchine che saltavano in aria guerriglia urbana, io non ero abituata non avevo mai fatto una manifestazione così grande, sabato penultimo giorno di manifestazione dopo la morte di Carlo Giuliani, stavo andando a cercare di recuperare il mio zaino, e mi sono ritrovata in mezzo a un cordone, che è stato spezzato in 2 dalla polizia, quindi la gente ha cominciato a scappare chi a destra chi a sinistra io ho avuto la sfiga di girare a sinistra e lì la polizia ha cominciato a dirigersi verso di noi ha cominciato a picchiarci e ci ha portato in piazzale Kennedy. In piazzale Kennedy c'era pieno di polizia ci hanno chiesto la carta d'identità e non ce l'hanno più ridata. Ci hanno caricato su una furgonetta, ci hanno portato alla fiera, presso la sede dei Carabinieri dove hanno cominciato ad insultarci, dicendo che dovevano stuprarci come facevano in Kosovo, che eravamo tutte troie e varie cose del genere…Dopodiché siamo rimasti lì non so quante ore, ci hanno chiuso i polsi con delle manette di plastica io nella furgonetta ero seduta dietro c'erano altri ragazzi che mi dicevano non ascoltare, lascia stare perché.. mi hanno dato manganellate, sulle gambe sulle braccia e sulla schiena Io stavo con le mani in alto, penso che la mia foto si sia vista ovunque, su giornali e tg, con le mani in alto e con un fazzoletto sulla testa per i lacrimogeni dietro di me c'era un ragazzo marocchino che non so se è ancora vivo, ci hanno portato a Bolzaneto, siamo rimasti in piedi nella stessa posizione, hanno cominciato a picchiare i ragazzi che erano vestiti di nero, li hanno fatti inginocchiare a file di 3, gli hanno fatto cantare "Faccetta nera" gente che non capiva perché inglese quindi se le prendeva e basta, hanno spruzzato spray al peperoncino dentro le celle, ci veniva da piangere ma non potevamo piangere non potevamo parlare non potevamo fare niente.Ad un certo punto io mi sono seduta perché non ce la facevo più e c'era un altro ragazzo di fianco a me che era di Verona che se vede questo video per favore mi contatti lui era veramente distrutto perché stava gocciolando sangue, lui non riusciva a stare in piedi ma loro non lo lasciavano stare seduto… poi c'erano un sacco di altri ragazzi, gente che arrivava col piede rotto, che non poteva stare in piedi ma ci doveva stare lo stesso, chi aveva bisogno di un medico per l'iniezione di insulina ma nessun medico poteva entrare quindi si sentivano grida di dolore continuamente, c'era un tipo in carrozzella che pure lui era stato picchiato... insomma una serie di cose molto disumane, alla fine non so dopo quanto tempo ci hanno preso le impronte digitali, ci hanno messo insieme a caso dicendo "a questi cosa gli diamo?" l'altro poliziotto che gli rispondeva "ma si mettigli un po' di tutto, devastazione saccheggio e offesa a pubblico ufficiale" tutte accuse che io non sapevo nemmeno cosa fossero, non potevo chiedere perché se chiedevo mi rispondevano che dovevo stare zitta.Dopo un tempo interminabile ci hanno preso a gruppi, ci hanno ammanettato ci hanno portato in carcere a Varese. In confronto il carcere è stata una passeggiata perché i funzionari del carcere sapevano che era temporaneo che non avevamo fatto nulla perciò saremmo stati scarcerati in breve, ci trattavano meglio: ci davano da mangiare, certo non è stata una bella esperienza.. poi ho avuto la fortuna che la mia richiesta d'arresto è arrivata troppo tardi rispetto ai tempi giudiziari utili, quindi dopo 4 ore di carcere mi hanno lasciata andare. Alla fine mi sono costituita parte civile al processo, ho testimoniato e riconosciuto tutti coloro che dovevo riconoscere, è stato emozionante e basta, non voglio più andarci in un'aula di tribunale per nessun motivo.La difesa della polizia cercava di screditare tutto ciò che stavo dicendo, ma pur essendo emozionata avevo detto cose che risultavano vere sia al pm che agli altri ragazzi. 10 minuti prima della nostra udienza, mentre attendevo il mio turno in tribunale, ho incontrato il ragazzo che è stato con me in caserma ci siamo guardati e ci siamo riconosciuti.Ma durante il processo hanno cercato di screditare ciò che io raccontavo perché credevano mi fossi accordata con lui ma in realtà non era così, insomma si sono impegnati abbastanza anche con gli altri testimoni per cercare di screditare le nostre versioni dei fatti. Ora non vivo più in Italia, quindi non sono riuscita ad assistere all'udienza finale del processo, a me è stato soltanto detto com'è finito, cosa in caso abbiamo diritto però non so esattamente chi sia stato imputato chi sia stato, cosa gli abbiano fatto e chi no, però certamente, questi poliziotti solo per il fatto che sono poliziotti non passeranno mai tutto quello che hanno fatto passare a noi, perché il problema è che loro essendo protetti dallo Stato hanno una marcia in più, quindi in carcere non ci finiranno mai, nessuno li torturerà mai come hanno torturato noi, va bene io non sono per la vendetta quindi non sto dicendo che dovrebbero trattarli allo stesso modo, tuttavia pignorargli un po' di stipendio non mi sembra la stessa cosa, vorrei solo che i poliziotti, mandanti e quelli più crudeli coinvolti nella vicenda, non ricoprissero più la funzione, per il bene della credibilità delle forze dell'ordine, sia perché se si sono macchiati di certe cose non ha neanche più senso che si schierino dalla parte della giustizia". (Giorgia Partesotti)

Chris.


sabato 19 luglio 2008

Box.


Rifiuti in Campania. Il grande bluff.

"Carissimi,è con la rabbia in corpo che vi scrivo questa lettera dai bassi di Napoli, dal Rione Sanità nel cuore di quest’estate infuocata. La mia è una rabbia lacerante perché oggi la Menzogna è diventata la Verità. Il mio lamento è così ben espresso da un credente ebreo nel Salmo 12:“ Solo falsità l’uno all’altro si dicono:bocche piene di menzogna,tutti a nascondere ciò che tramano in cuore.Come rettili strisciano,e i più vili emergono,è al colmo la feccia.”Quando, dopo Korogocho, ho scelto di vivere a Napoli , non avrei mai pensato che mi sarei trovato a vivere le stesse lotte. Sono passato dalla discarica di Nairobi, a fianco della baraccopoli di Korogocho alle lotte di Napoli contro le discariche e gli inceneritori.Sono convinto che Napoli è solo la punta dell’iceberg di un problema che ci sommerge tutti.Infatti, se a questo mondo, gli oltre sei miliardi di esseri umani vivessero come viviamo noi ricchi (l’11% del mondo consuma l’88% delle risorse del pianeta!) avremmo bisogno di altri quattro pianeti come risorse e di altro quattro come discariche ove buttare i nostri rifiuti. I poveri di Korogocho, che vivono sulla discarica, mi hanno insegnato a riciclare tutto, a riusare tutto, a riparare tutto, a rivendere tutto, ma soprattutto a vivere con sobrietà.E’ stata una grande lezione che mi aiuta oggi a leggere la situazione dei rifiuti a Napoli e in Campania, regione ridotta da vent’anni a sversatoio nazionale dei rifiuti tossici.Infatti esponenti della camorra in combutta con logge massoniche coperte e politici locali, avevano deciso nel 1989, nel ristorante “La Taverna” di Villaricca”, di sversare i rifiuti tossici in Campania.Questo perché diventava sempre più difficile seppellire i nostri rifiuti in Somalia. Migliaia di Tir sono arrivati da ogni parte di Italia carichi di rifiuti tossici e sono stati sepolti dalla camorra nel Triangolo della morte (Acerra-Nola- Marigliano), nelle Terre dei fuochi (Nord di Napoli) e nelle campagne del Casertano. Questi rifiuti tossici “bombardano” oggi, in particolare i neonati, con diossine, nanoparticelle che producono tumori, malformazioni , leucemie.Il documentario Biutiful Cauntri esprime bene quanto vi racconto.A cui bisogna aggiungere il disastro della politica ormai subordinata ai potentati economici-finanziari.Infatti questa regione è stata gestita dal 1994 da 10 commissari straordinari per i rifiuti,scelti dai vari governi nazionali che si sono succeduti. In 15 anni i commissari straordinari hanno speso oltre due miliardi di euro, per produrre oltre sette milioni di tonnellate di “ecoballe”, che di eco non hanno proprio nulla : sono rifiuti tal quale, avvolti in plastica che non si possono nè incenerire, né seppellire perché inquinerebbero le falde acquifere. Buona parte di queste ecoballe, accatastate fuori la città di Giugliano, infestano con il loro percolato quelle splendide campagne denominate “Taverna del re “.E così siamo giunti al disastro! Oggi la Campania ha raggiunto gli stessi livelli di tumore del Nord-Est, che però ha fabbriche e lavoro.Noi, senza fabbriche e senza lavoro, per i rifiuti siamo condannati alla stessa sorte. Il nostro non è un disastro ecologico -lo dico con rabbia- ma un crimine ecologico, frutto di decisioni politiche che coprono enormi interessi finanziari. Ne è prova il fatto che Prodi, a governo scaduto, abbia firmato due ordinanze:una che permetteva di bruciare le ecoballe di Giugliano nell’inceneritore di Acerra, l’altra che permetteva di dare il Cip 6 (la bolletta che paghiamo all’Enel per le energie rinnovabili) ai 3 inceneritori della Campania che “trasformano la merda in oro -come dice Guido Viale- Quanto più merda, tanto più oro!”.Ulteriore rabbia quando il governo Berlusconi ha firmato il nuovo decreto n.90 sui rifiuti in Campania. Berlusconi ci impone, con la forza militare, di costruire 10 discariche e quattro inceneritori. Se i 4 inceneritori funzionassero, la Campania dovrebbe importare rifiuti da altrove per farli funzionare. Da solo l’inceneritore di Acerra potrebbe bruciare 800.000 tonnellate all’anno! E’ chiaro allora che non si vuole fare la raccolta differenziata, perché se venisse fatta seriamente (al 70 %), non ci sarebbe bisogno di quegli inceneritori. E’ da 14 anni che non c’è volontà politica di fare la raccolta differenziata. Non sono i napoletani che non la vogliono, ma i politici che la ostacolano perché devono ubbidire ai potentati economici-finanziari promotori degli inceneritori. E tutto questo ci viene imposto con la forza militare vietando ogni resistenza o dissenso, pena la prigione. Le conseguenze di questo decreto per la Campania sono devastanti. ”Se tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge (articolo 3 della Costituzione), i Campani saranno meno uguali, avranno meno dignità sociale-così afferma un recente Appello ai Parlamentari Campani Ciò che è definito “tossico” altrove, anche sulla base normativa comunitaria, in Campania non lo è; ciò che altrove è considerato “pericoloso”qui non lo sarà. Le regole di tutela ambientale e salvaguardia e controllo sanitario, qui non saranno in vigore. La polizia giudiziaria e la magistratura in tema di repressione di violazioni della normativa sui rifiuti, hanno meno poteri che nel resto d’Italia e i nuovi tribunali speciali per la loro smisurata competenza e novità, non saranno in grado di tutelare, come altrove accade, i diritti dei Campani ...Per questo sono andato con tanta indignazione in corpo all’inceneritore di Acerra, a contestare la conferenza stampa di Berlusconi, organizzata nel cuore del Mostro, come lo chiama la gente. Eravamo pochi, forse un centinaio di persone. (La gente di Acerra, dopo le botte del 29 agosto 2004 da parte delle forze dell’ordine,è terrorizzata e ha paura di scendere in campo). Abbiamo tentato di dire il nostro no a quanto stava accadendo.Abbiamo distribuito alla stampa i volantini :”Lutto cittadino.La democrazia è morta ad Acerra.Ne danno il triste annuncio il presidente Berlusconi e il sottosegretario Bertolaso.” Nella conferenza stampa (non ci è stato permesso parteciparvi!) Berlusconi ha chiesto scusa alla Fibe per tutto quello che ha “subito” per costruire l’inceneritore ad Acerra! (Ricordo che la Fibe è sotto processo).Uno schiaffo ai giudici! Bertolaso ha annunciato che aveva firmato il giorno prima l’ordinanza con la Fibe perché finisse i lavori! Poi ha annunciato che avrebbe scelto con trattativa privata, una delle tre o quattro ditte italiane e una straniera, a gestire i rifiuti.Quella italiana sarà quasi certamente la A2A ( la multiservizi di Brescia e Milano) e quella straniera è la Veolia, la più grande multinazionale dell’acqua e la seconda al mondo per i rifiuti. Sarà quasi certamente Veolia a papparsi il bocconcino e così, dopo i rifiuti, si papperà anche l’acqua di Napoli.Che vergogna! E’ la stravittoria dei potentati economici-finanziari, il cui unico scopo è fare soldi in barba a tutti noi che diventiamo le nuove cavie. Sono infatti convinto che la Campania è diventata oggi un ottimo esempio di quello che la Naomi Klein nel suo libro Shock Economy, chiama appunto l’economia di shock! Lì dove c’è emergenza grave viene permesso ai potentati economico-finanziari di fare cose che non potrebbero fare in circostanze normali. Se funziona in Campania, lo si ripeterà altrove. (New Orleans dopo Katrina insegna!)...Non abbandonateci. E’ questione di vita o di morte per tutti. E’ con tanta rabbia che ve lo scrivo.Resistiamo!". (Padre Alex Zanotelli, Napoli, 12 luglio 2008)

martedì 15 luglio 2008

Singapore Airlines.


Noi, quelli di piazza Navona, siamo tantissimi.

Renato Mannheimer ha pubblicato sul “Corriere della sera” del 13 luglio un sondaggio clamoroso sulla manifestazione di piazza Navona. Sulla base di un campione rappresentativo – per sesso, età, titolo di studio, professione, area geografica, ampiezza del comune di residenza - dell’intero corpo elettorale, solo il 55.3% giudica la manifestazione negativamente, il 15,3% non esprime giudizi, e un incredibilmente alto 29,4% la giudica positivamente.Si badi, questi giudizi non vengono espressi sulla base di una conoscenza diretta di quanto avvenuto a piazza Navona (una diretta tv, per esempio), ma di una informazione (per la maggior parte degli italiani esclusivamente televisiva) che ha violentemente manipolato e distorto i fatti, ha “demonizzato” l’evento, ha cancellato come inesistente la maggior parte degli interventi, e ha ridotto quella che – se fosse giornalismo - dovrebbe essere una cronaca imparziale, ad alcune battute estrapolate da due interventi di due comici.Malgrado questo, malgrado la tv abbia fatto di tutto (e di più) per presentare la manifestazione come ignobile, vergognosa, estremista (senza mai dire nulla dei suoi veri contenuti), le cifre del giudizio del corpo elettorale lasciano felicemente sbalorditi. Proviamo a confrontare i numeri di Mannheimer con i risultati elettorali di alcuni mesi fa. Il 15,3% che si astiene dal giudizio corrisponde, se si votasse, a chi non si reca alle urne, o vota scheda bianca e scheda nulla. Perciò il 29,4% che approva la manifestazione equivarrebbe, in termini di voti validi, al 34,7%. Il partito di Veltroni, alle scorse elezioni, ha ottenuto il 33,2.Altro che estremisti isolati, dunque. Oltre un terzo del corpo elettorale che si esprime, sta dalla parte di piazza Navona. Neppure ai tempi di piazza san Giovanni nel 2002 il riscontro di opinione era stato tanto positivo. E allora i cittadini avevano potuto seguire la manifestazione in diretta su “La7” e i telegiornali, benché non abbiano praticato neppure allora una “imparzialità anglosassone”, erano restati ben lontani all’indecenza di manipolazione del TgUnico dei giorni scorsi. Ma ancora più clamorosi sono i dati di Mannheimer nella loro forma disaggregata, riferita ai vari settori del corpo elettorale. Sempre trascurando gli astenuti, e quindi ricalcolando le percentuali in relazione ai soli “voti validi”, il 23% degli elettori leghisti (praticamente uno su quattro!) “vota” per piazza Navona. E a favore della manifestazione si esprime perfino il 14% degli elettori di Berlusconi/Fini (probabilmente molti di più tra gli ex di Alleanza nazionale che non di Forza Italia). E’ evidente, insomma, che un’opposizione coerente e intelligente, capace di mostrare come “giustizialismo” e “garantismo” siano due facce di una sola medaglia, quella di una intransigente politica della legalità, può strappare consensi popolari, di massa, nello schieramento opposto, tra cittadini illusi dalle sirene populiste ma rapidamente delusi (se l’opposizione si oppone, anziché dialogare e offrire puntelli) dalla evidente logica dell’interesse “particulare” di Berlusconi a cui si piega tutta la sua coalizione.Infine, tra noi “estremisti” di piazza Navona (ripeto: nella versione demonizzante delle tv) e Veltroni che quella manifestazione condanna, la maggioranza degli elettori di Veltroni non ha dubbi, sta con piazza Navona, 48,2 contro 39,2, il che, ricalcolato senza tener conto del 12,4 di astenuti, significa 55% con piazza Navona contro il 45% col segretario del Pd. Che dunque, contro un candidato di piazza Navona, perderebbe oggi le primarie dentro il suo stesso partito!Chi ha parlato di fallimento della manifestazione, e di irresponsabilità di chi l’ha promossa, ha materia su cui riflettere, se gli resta ancora qualche oncia di buonafede. Perché un conto è sostenere che in una manifestazione politica si preferirebbe ascoltare certi accenti e toni piuttosto che altri, fin qui siamo nel campo delle preferenze soggettive (io stesso ho le mie, molto nette). Un conto è parlare di fallimento e di irresponsabilità, con il che, in genere, si pretende di dare un giudizio “oggettivo”, che trascura le intenzioni (anche le migliori) e guarda alle conseguenze, ai risultati (voluti o non voluti, previsti o non previsti: non averli saputi prevedere costituirebbe, appunto irresponsabilità).I risultati sono ora sotto gli occhi di tutti. Lo stesso Mannheimer ne sembra impressionato, e riconosce che “un orientamento critico verso l’operato del Cavaliere … sta emergendo anche all’interno la maggioranza” il che “rappresenta un fatto nuovo nel panorama politico che si è evidenziato proprio a seguito dell’evento di piazza Navona” (sott. mia).Tutto questo grazie all’impegno di quattro gatti per un paio di settimane, impegno che è bastato a far da catalizzatore alle infinite energie sopite della società civile democratica, che si sono rapidamente auto-organizzate con generosità e sacrificio personale.Che cosa potrebbe fare un’opposizione degna del nome, con le gigantesche risorse del Pd e non dei quattro gatti, lo capisce chiunque. Ecco perché ho parlato tante volte di “inciucio per omissione”. Ma temo che ora Veltroni, D’Alema, Rutelli, di nuovo in reciproco sgambetto permanente, abbiano deciso qualcosa di peggio: l’alleanza organica con il Partito di Cuffaro (pseudonimo: Udc). Speriamo che i militanti del Pd sappiano - prima che il Pd sia definitivamente ingaglioffito a nuova Dc - lanciare l’ultimatum: “Usque tandem abutere patientia nostra?”. (Micromega)

Lasciate in pace gli elefanti!

Dopo un divieto lungo 19 anni, sta per ritornare in commercio l'avorio. Il Cites, l'organismo delle Nazioni Unite che veglia sugli scambi di fauna e flora che rischiano l'estinzione, si riunirà domani a Ginevra per autorizzare la vendita di oltre cento tonnellate del materiale ricavato dalle zanne degli elefanti. L'allarme viene lanciato dagli ambientalisti: temono l'inizio di una nuova strage di dimensioni simili a quella che negli anni '80 portò all'abbattimento di circa settecentomila esemplari solo nel continente africano. La decisione è spinta dall'aumento esponenziale della domanda cinese. "Questo significherà un ritorno ai vecchi tempi bui con gli elefanti a rischio estinzione", denuncia Allan Thernton, dell'Agenzia per la tutela dell'ambiente (Eia). Fu proprio l'Eia a fornire la documentazione sul rischio di estinzione degli elefanti in Africa, prove che porteranno alla messa al bando dell'avorio. Solo tra il 1980 e il 1989 gli animali passarono da 1,3 milioni a 625mila. Già nel 1997, nonostante la proibizione, il Sudafrica, la Namibia, il Botswana e lo Zimbabwe, convinsero la Cites ad autorizzare il commercio delle zanne di elefanti morti per cause naturali. La battaglia fu guidata allora dal presidente dello Zimbabwe Robert Mugabe. Due anni dopo venne così autorizzata la cessione di 50 tonnellate di avorio, ma solo ad "acquirenti selezionati", ovvero quei Paesi in grado di dimostrare un forte impegno contro il commercio illegale di avorio. La Cina allora venne esclusa. Lo sviluppo vertiginoso di Pechino ha aumentato la fame di oggetti di lusso: se martedì la Cites darà il via libera alla vendita di 108 tonnellate, il Paese sarà il maggiore acquirente, sempre che riesca a farsi riconoscere lo status di nemico del traffico illegale.
Pare incredibile che esista un collegamento tra un cinese che mangia una ciotola di riso e un elefante che viene ammazzato dall’altra parte del mondo. Eppure proprio la richiesta di bacchette d’avorio potrebbe far riprendere nei prossimi mesi la strage di pachidermi. Alla riunione del Cites, la Convenzione sul commercio internazionale delle specie di fauna e flora minacciate di estinzione, che si è aperta ieri a Ginevra, la Cina preme per ottenere l’autorizzazione a comprare avorio da alcuni Stati africani come Namibia, Botswana e Zimbabwe. Da diciannove anni era stata imposta una moratoria.In ballo ci sono oltre cento tonnellate d’avorio, 108 per la precisione; un business di tutto rispetto, se si considera che al mercato nero giapponese e cinese le zanne di elefante vengono pagate 750 dollari al chilo. La denuncia proviene da alcune associazioni ambientaliste, tra cui l’Environmental Investigation Agency (Eia), che attraverso il presidente Allan Thernton ha paventato il rischio di un ritorno agli Anni Ottanta, quando gli elefanti africani passarono da un milione e trecentomila esemplari a 625.000. Già i pachidermi sono costretti a vivere in territori sempre più ristretti dal taglio delle foreste e dall’espansione indiscriminata delle piantagioni: un’eventuale ripresa degli abbattimenti potrebbe dar loro il colpo di grazia. Alla Cites, dunque, il compito di verificare se esistono i presupposti per la vendita: nel 1997 quattro Paesi africani, Sudafrica, Namibia, Botswana e Zimbabwe, convinsero la Cites ad autorizzare il commercio delle zanne di elefanti deceduti per cause naturali. Due anni dopo la Convenzione autorizzò la vendita di poco meno di 50 tonnellate di avorio solo ad «acquirenti autorizzati», cioè a Paesi in grado di dimostrare il proprio impegno contro il commercio illegale. L’unico Paese a cui venne riconosciuto tale status fu il Giappone. Non stupisce dunque che la Cina, ora, sostenga di essersi impegnata molto nel contrastare il traffico illegale di animali protetti: un funzionario della Cites ha riconosciuto a Pechino di aver fatto importanti passi avanti nella lotta al commercio illegale.Nonostante le leggi, però, il traffico illegale continua. I principali acquirenti di avorio, si legge in un «report» del Wwf svizzero, sono la Cina e Hong Kong, che lo lavorano e rivendono. Spesso l’avorio illegale viene offerto su Internet. Il prezioso materiale è commercializzato anche in Paesi dove non esistono elefanti. Così, per esempio, l’avorio giunge in Egitto attraverso gli Stati confinanti, come ad esempio il Sudan, una nazione in cui non viene effettuato alcun controllo. Per lungo tempo l’Egitto è stato uno dei principali mercati di scambio dell’avorio in Africa. Negli ultimi anni, grazie ai controlli delle autorità, le vendite di questo materiale si sono drasticamente ridotte.Ma il rischio di estinzione degli elefanti è sempre in agguato. Non solo con la responsabilità dei cinesi: il traffico è alimentato da turisti, faccendieri, residenti europei, nordamericani o dell’estremo oriente e in qualche caso persino del personale di alcune ambasciate.

lunedì 14 luglio 2008

Ghana friends.


Noi siamo l'Italia di piazza Navona.

"Questa è stata un'altra grande settimana per l'informazione italiana. Sono riusciti a raccontare che in Piazza Navona c'era poca gente, mentre Piazza Navona era piena l'8 luglio. Sono riusciti a raccontare che in Piazza Navona si è fatto un grosso favore a Berlusconi, poi Berlusconi ha smentito chiamando spazzatura chi ha manifestato contro di lui. Sono riusciti a raccontare che in Piazza Navona si è insultato e vilipeso il Capo dello Stato, il capo di uno Stato straniero cioè Papa Ratzinger, il povero Veltroni. Invece ci si è dimenticati di parlare dell'argomento che aveva dato il via alla manifestazione cioè le leggi canaglia e, in realtà come tutti sanno, si è parlato quasi esclusivamente di Berlusconi, del Caimano e delle sue leggi canaglia e se si è parlato di altri è perchè gli altri sono i suoi volontari o involontari alleati e aiutano meglio a spiegare la sua resistibile terza ascesa o meglio seconda resurrezione. Ci hanno raccontato che la gente scappava spaventata da Piazza Navona invece non se n'è andato nessuno. Che la gente non applaudiva, mentre in realtà applaudiva entusiasta. E alla fine ci hanno raccontato che per il cittadino italiano le priorità non sono queste, il cittadino italiano se ne infischia della giustizia, della legalità, della legge uguale per tutti. E' indifferente al lodo Alfano sull'immunità delle quattro cariche dello Stato o meglio a seguire Berlusconi, che definisce le manifestazioni "spazzatura", le alte discariche dello Stato. Poi, per fortuna, è uscito, molto nascosto sul Corriere della Sera, con un titoletto piccolo, un sondaggio di Renato Mannheimer che dimostra quanto segue: gli italiani, per il 29.4%, hanno condiviso la manifestazione. Badate che gli italiani rispondevano non su quello che è effettivamente accaduto perchè i telegiornali e i giornali non hanno raccontato quello che è effettivamente accaduto ma quello che volevano far credere che fosse accaduto. Bene, anche su quell'immagine completamente distorta di un'orgia di insulti, di attacchi, di violenze, di oltraggi alla democrazia e alle istituzioni, un terzo degli italiani si è detto favorevole. La cosa più stupefacente è che di questo terzo degli italiani che erano favorevoli alla manifestazione così com'è stata presentata ci sono un elettore del Partito Democratico su due - il 48% - e solo un terzo degli elettori del Partito Democratico ha seguito Veltroni nella sua dissociazione totale - tra l'altro non si capisce bene da cosa si dissocia perchè non si è mai associato, questi qua che prendono le distanze senza mai essere stati vicini fanno abbastanza ridere. Ma addirittura che quella piazza, quella manifestazione contro le leggi canaglia, contro l'immunità per le alte cariche, contro la legge bavaglio sulle intercettazioni e la libertà di stampa, contro il blocca processi, è piaciuta al 22% degli elettori leghisti - un elettore leghista su cinque - ed è piaciuta al 12% degli elettori del Popolo delle Libertà, cioè del partito di Berlusconi e di Fini. La piazza, a differenza dei leader del centrosinistra, è riuscita a parlare a una parte importante e a convincere una parte importante degli elettori del centrodestra. Questa è la realtà rispetto alle fantasie, agli incantesimi messi in moto dal sistema mediatico alla greppia dei partiti. Abbiamo, per fortuna, affermato che in questa democrazia malfamata, sempre più menomata, c'è qualcuno che vuole ancora esercitare fino in fondo non il suo diritto all'insulto - perchè nessun insulto è stato lanciato - ma il suo diritto alla critica anche forte come avviene nelle democrazie: più alta è la poltrona dove il politico si siede, più ampio è il diritto-dovere di critica che hanno i cittadini, gli intellettuali, gli scrittori, i comici, i falegnami, i salumieri o chiunque voglia esercitarlo. La libertà di parola non è stata conquistata al prezzo del sangue per applaudire il potere, perchè quel tipo di libertà di parola c'è anche nelle tirannidi. La libertà di parola è stata conquistata al prezzo del sangue per poter criticare il potere e la satira, con il suo linguaggio, può fare molto di più rispetto alla critica - magari spesso paludata - dei professori, degli intellettuali e dei giornalisti. La satira si è sempre potuta permettere ciò che gli altri non si potevano permettere, proprio perchè la satira è la satira. Come dice Daniele Luttazzi, la satira fa esattamente quel cazzo che le pare, l'unico limite è il codice penale. Insomma, abbiamo affermato il diritto di critica e lo abbiamo esercitato fino in fondo. E' il contrario del diritto all'applauso ed è la ragione per cui le democrazie si distinguono dalle dittature, dove è possibile parlare per applaudire il potere ma non per criticarlo. Nelle democrazie si possono fare entrambe le cose senza, in teoria, subire conseguenze. Che cosa è accaduto? Questo sondaggio non ha suscitato nessun dibattito, è stato immediatamente accantonato perchè gli elettori, quando si dimostrano maturi, debbono essere criminalizzati, occultati, bisogna fare in modo che la gente non sappia di essere un popolo matura, quando si comporta in maniera matura. Quindi quando arrivano buone notizie dai sondaggi, per i cittadini, vengono nascoste. La teoria è sempre la stessa: i partiti hanno sempre ragione, la gente se segue i partiti bene se no ha torto, non capisce, va educata. Va educata al culto dell'impunità, della legge diseguale per tutti, delle violazioni della Costituzione. Va abituata, poco alla volta. Va tenuta in uno stato di torpore per evitare che si svegli, che capisca, che reagisca e anche che si incazzi visto quello che sta succedendo. Da questo punto di vista è spettacolare quello che accade a meno di una settimana dalla manifestazione, cioè che i partiti sono tornati a fare esattamente quello che facevano due-tre anni fa prima dell'uscita del libro "La Casta", prima del V-Day, prima di tutta la polemica salita dal basso nei confronti di una classe dirigente ormai chiusa, autoreferenziale, che parla soltanto a se stessa e di se stessa...
Ne è dimostrazione questo spettacolare convegno indetto da Massimo D'Alema, questo Andreotti perdente, che ritorna continuamente, ciclicamente dalle sue ceneri ma non riesce mai a vincere un'elezione a differenza di Andreotti che, se non altro, le elezioni le sapeva vincere. Questo è un Andreotti, perchè è eterno, ma è un perdente perchè non ha mai vinto niente. Ora ha lanciato un'idea davvero da leccarsi le dita: partire con un bel dibattito sulla riforma elettorale alla tedesca! Un tema appassionante: chiunque frequenti bar, cinema, metropolitane, autobus sente un chiacchiericcio, la gente non parla d'altro! "A quando un sistema tedesco? Evvai, finalmente! Torna D'Alema e ci darà il sistema tedesco!" E tutti a parlare del sistema tedesco come se fosse il problema numero uno del Paese. Perchè? Perchè costoro ritengono che, dato il salvacondotto a Berlusconi con il lodo incostituzionale Alfano, lodo che ancora prima di essere firmato già ci hanno fatto sapere dal Quirinale che verrà firmato, anche se tutti scrivono e sanno che è incostituzionale, adesso la Casta si può rimettere comoda. Perchè? Per il passo successivo. Ne parlano già i giornali, c'è un altro genio del centrosinistra, tale Mantini... bisogna dare l'immunità anche agli altri. Perchè soltanto a Berlusconi e agli altri no? Tra l'altro oggi hanno arrestato Del Turco con mezza giunta della regione abruzzese. Anche questo è ciclico: già nel '93 fu arrestata in blocco e l'andarono a prendere con l'accalappiacani, li portarono tutti in galera per abuso d'ufficio e infatti si dovette depenalizzare l'abuso d'ufficio per tirarli fuori dal processo. Purtroppo uno restò dentro lo stesso. Era il presidente Salini, aveva anche una condanna per falso, non solo per abuso, e dato che con la condanna non poteva più fare il presidente della regione, nemmeno il consigliere regionale ma neanche il sindaco del suo paese, il presidente della sua provincia, nemmeno il consigliere circoscrizionale, si decise di promuoverlo in Parlamento. Voi sapete che con una bella condanna non si può più entrare negli enti locali ma nel Parlamento nazionale si. Quindi tornò trionfalmente in Parlamento da pregiudicato, perchè non gli era mai capitato da incensurato. Ce lo portò Forza Italia, poi Mastella lo vide e, invidioso - voi sapete che Mastella quando vede un pregiudicato in un altro partito gli viene subito voglia di abbracciarlo e di portarlo da se - riuscì a convincerlo e a portarlo nell'Udeur. Adesso hanno arrestato Del Turco, degno successore di questo Salini. Non sappiamo ovviamente come andrà il processo, si parla addirittura di una tangente di 6 milioni di euro - cosa volete che sia? Sarebbe il caso di bruciare le tappe. Tanto lo sappiamo che se dovessero, sventuratamente, condannarlo o dichiararlo colpevole ma salvo per prescrizione come spesso è accaduto - Andreotti, Berlusconi, D'Alema stesso sono tutti prescritti eccellenti - poi lo porterebbero in Parlamento per premiarlo. Allora, io direi: è inutile fare il processo. Invece di processarlo, rinviarlo a giudizio, fare le indagini, fare le udienze che costano un sacco di soldi, facciamo così: dichiariamolo immediatamente parlamentare di diritto. Evitiamo questa lunga fase di perdita di tempo che è il processo: quando uno viene arrestato per tangenti va di diritto al Parlamento nazionale. Potrebbe essere una riforma che snellisce le procedure giudiziarie, libera i magistrati da questi processi inutili che vengono fatti ai pubblici amministratori e ai politici, tanto lo sappiamo che se lo condannano lo promuovono al Parlamento. E' inutile aspettare: promuoviamolo subito! Diamolo già per condannato e promuoviamolo subito, visto che la sanzione accessoria in caso di condanna per tangenti di solito è un seggio sicuro alla Camera o al Senato. L'alternativa, naturalmente, è il ritorno all'immunità parlamentare come ai bei tempi di Tangentopoli, quando i parlamentari se ne stavano trincerati nel loro castello, alzavano tutti i ponti levatoi onde evitare che potessero entrare Carabinieri, Polizia o Guardia di Finanza: non sia mai che le forze dell'ordine o il magistrato violino il sacro suolo del Parlamento e quindi gettavano olio bollente sotto forma di dinieghi dell'autorizzazione a procedere ai magistrati che volevano perseguire i parlamentari per reati comuni. Questo sarebbe il replay di una scena già vista e già se ne sta parlando. A questo punto io dico: ma perchè limitare l'immunità parlamentare soltanto a mille uomini politici, quelli che hanno avuto la fortuna di autonominarsi nell'ultima legislatura? Perchè tener fuori, ad esempio, i presidenti delle regioni? Abbiamo Del Turco in carcere, Cuffaro che, poveretto, è dovuto scappare quando è stato condannato per favoreggiamento di alcuni mafiosi e quindi ha trovato rifugio al Senato, abbiamo Bassolino che è stato rinviato a giudizio per lo scandalo della monnezza, abbiamo un altro ex presidente di regione, Fitto, che poco prima che chiedessero il suo arresto ha trovato scampo alla Camera e adesso è anche ministro - perchè non ci facciamo mancare nulla -, abbiamo il presidente della Regione Lombardia Formigoni ancora imputato - hanno proprio chiesto la sua condanna pochi giorni fa per lo scandalo della fondazione Bussolera Branca. Altri magari ne verranno, non poniamo limiti alla Provvidenza: abbiamo indagato anche il Presidente della Regione Basilicata nelle indagini di De Magistris, abbiamo una Regione come la Calabria che ha 33 consiglieri su 50 sotto inchiesta, sotto processo o già condannati - sono il 66% - compreso il Presidente Loiero, anche lui pluriindagato. Allora facciamo così: facciamo un'immunità parlamentare extra-large che abbracci anche tutti gli amministratori locali. Si potrebbe arrivare addirittura al numero di 400.000: voi sapete che, secondo il libro "La Casta", coloro che vivono di politica in Italia fra incarichi elettivi, incarichi di giunta e consulenze, sono 400.000 le persone che vivono a spese nostre di politica. Potremmo stabilire che queste 400.000 persone possono fare o aver fatto tutto quello che vogliono ma il patentino di politici gli regala l'immunità, così almeno non si parlerà più di privilegi per quelle quattro alte cariche, tre delle quali tra l'altro ancora non hanno processi e quindi non si è capito per quale motivo vengano immunizzate. Così facendo, si farebbe qualcosa di un po' più equo perchè effettivamente è un po' poco ripristinare l'immunità soltanto per mille parlamentari lasciando tutti gli altri alla mercè dei magistrati. In fondo, come il Cavaliere ha bisogno di serenità, di tranquillità e anche di tempo per potersi fare i cazzi suoi senza che i magistrati lo disturbino con dei processi, è giusto che anche un sindaco, un presidente di circoscrizione, un consigliere provinciale abbiano la giusta serenità e il giusto tempo per farsi a loro volta i cazzi propri derubandoci. Rendiamoli immuni tutti, creiamo una categoria di immunodeficienti acquisiti o immunodelinquenti acquisti. Come diceva il grande Claudio Rinaldi su L'Espresso, l'autorizzazione a procedere, in Italia, diventa immediatamente autorizzazione a delinquere. Sappiamolo, che se vogliamo delinquere tranquillamente dobbiamo almeno arraffare un posticino in un consiglio comunale, altrimenti pazienza: ci rassegniamo a fare il ruolo dei derubati, che tra l'altro è il ruolo che esercita ciascuno di noi da decine e decine di anni a seconda della nostra data di nascita. Ecco, l'importante è sapere - e lo stanno già facendo - che quando ci verranno a raccontare di una volta, ai tempi belli, quando la Costituzione veniva rispettata c'era l'immunità parlamentare che metteva al riparo i parlamentari dalle indagini, mentono. Nel senso che l'immunità parlamentare come la raccontano loro non è mai esistita. L'immunità parlamentare intesa come scudo spaziale che protegge il parlamentare dalle indagini non è mai esistita nel Parlamento italiano. Esisteva un'altra cosa, molto diversa, molto più limitata che era l'autorizzazione a procedere. Cosa vuol dire? Che un magistrato, prima di poter indagare su un politico doveva chiedere al Parlamento se avesse nulla in contrario. Il Parlamento non poteva bloccare l'indagine: aveva il dovere di concedere l'autorizzazione a procedere, salvo un caso eccezionale, cioè che ci fossero le prove che quell'indagine a un parlamentare aveva finalità politiche. Cioè, non c'erano elementi di accusa - non avevano trovato soldi, non avevano trovato prove, non avevano testimoni, non avevano collaboratori, non avevano chiamate in correità - ma avevano semplicemente un teorema che faceva pensare a una persecuzione. Cioè non c'erano i soldi a Mills, non c'era la lettera di Mills che dice "Mr. B. mi ha dato i soldi", non c'erano le telefonate di Berlusconi a Saccà che mercanteggia ragazze in cambio di soldi o di senatori che fanno il ribaltone, non c'erano telefonate di politici che scalavano banche. Ecco, non c'era niente se non, appunto, un'invenzione di un magistrato probabilmente politicizzato che voleva colpire questo parlamentare per finalità politiche. Su chi era ritagliata questa norma? Era ritagliata su eventuali esponenti dell'opposizione che, magari, avessero fatto qualche gesto un po' estremo: una denuncia pubblica un po' esagerata, un blocco stradale, un'occupazione delle terre, un picchettaggio, uno sciopero, una manifestazione in ferrovia per bloccare i treni a fini dimostrativi, un'obiezione di coscienza in piazza come quelle di Pannella che distribuiva gli spinelli contro il proibizionismo. Cose di questo genere: indagini su reati politici magari fatti da magistrati che, si temeva nel '46-'48 da parte dei Padri Costituenti, fossero talmente omologati, asserviti alla cultura, al ceto sociale del potere, del governo da poter fare un servizio al governo per liberarlo da qualche oppositore scomodo. Questa era la "ratio" di questa norma. Tant'è che finchè il Parlamento è stata una cosa seria questa norma è stata usata con estrema prudenza. Poi si cominciò a svaccare: negli anni Settanta e Ottanta, quando partirono seriamente le indagini sulla corruzione, sui rapporti mafia-politica, quell'autorizzazione a procedere cominciò a essere negata noi in quei casi eccezionale, quando la Costituzione prevedeva che potesse essere negata, ma quasi automaticamente, quasi sempre per coprire indagini che di persecutorio e politico non avevano niente ma in compenso avevano i soldi, i rapporti con la mafia, tutte le accuse, tutte le prove e i riscontri. Si diceva che c'era comunque un fumus persecutionis e si negava l'autorizzazione a procedere. Lo scandalo era tale che la gente non ne poteva più, tant'è che nel '92 questi signori erano asserragliati nel Palazzo non solo per proteggersi dai giudici ma anche per proteggersi dai loro stessi elettori che, avendo scoperto come usavano il potere, volevano fargli la pelle. Qualcuno ricorderà degli episodi molto spiacevoli come lanci di monetine, politici inseguiti per le strade al grido di "ladro! ladro!". Fu l'ultimo momento felice di una democrazia dove i cittadini ancora avevano a cuore le sorti del proprio futuro e andavano a dire quello che pensavano direttamente ai loro rappresentanti. A quel punto, nel tentativo di recuperare un minimo di credibilità, il Parlamento si spogliò di quell'istituto che era diventato abusivo. Un po' come adesso che votano per il loro vicino - fanno i pianisti - e fanno una legge per impedirsi di votare per il loro vicino. Si rendevano conto che la tentazione era troppo forte: o facevano una legge per tagliarsi le mani oppure quelle mani avrebbero continuato ad usarle per rendersi immuni. Quindi, con legge Costituzionale, fu abrogata l'autorizzazione a procedere per le indagini. Rimase, naturalmente, per l'arresto - non si può arrestare nessun parlamentare senza il consenso del Parlamento -: il Parlamento non da mai il consenso. Proprio l'altro giorno il Parlamento ha negato l'autorizzazione all'arresto per il senatore del Popolo delle Libertà Nicola De Girolamo, eletto nella circoscrizione Europa candidandosi all'estero e dichiarando di essere residente in Belgio, mentre non era per niente vero. Cioè, si è travestito da straniero mentre risiedeva assolutamente non in Belgio. Stiamo parlando di una truffa agli elettori, se fosse dimostrata, ma essendo lui stato eletto non può essere arrestato. Quindi, per l'arresto la negano sempre perchè ci vuole ancora l'autorizzazione a procedere. Per le intercettazioni la negano sempre perchè ci vuole ancora. D'altra parte, a nessun magistrato verrebbe in mente di avvertire un parlamentare dicendo "guarda, ti stiamo per intercettare, tant'è che chiediamo a te e ai tuoi amici o compari il permesso di intercettarti". O si fa a sorpresa o non si fa. Idem per quanto riguarda le perquisizioni. Rimase, quindi, l'autorizzazione salvo che per fare le indagini. Poi rimase un ambito di insindacabilità quando parli nell'ambito delle tue funzioni o quando voti nell'esercizio delle tue funzioni. Non ti posso processare perchè hai votato in un modo anzichè in un altro, in Parlamento, e non ti posso processare nemmeno quando hai parlato da parlamentare, facendo una denuncia, un esposto, un'interrogazione parlamentare. Anche di questo si è stra-abusato facendo rientrare nelle esternazione nell'esercizio delle funzioni tutta una serie di insulti - pensate a Sgarbi mentre insulta mezzo mondo: finchè era parlamentare si piccava di essere immune dalle conseguenze degli insulti. Lui insulta un cittadino e quello non può avere giustizia. Il cittadino critica lui e lui lo querela, perchè "io so' io e voi non siete un cazzo", come diceva giustamente il Marchese del Grillo citando Gioacchino Belli. Ecco, questa immunità c'è in quasi tutti i Paesi solo che per le parole dette e per i voti espressi, mentre l'immunità che vogliono ripristinare è pessima, nel senso che mette al riparo, preventivamente, il parlamentare da indagini che possono riguardare reati comuni, reati legati alla funzione, reati commessi durante l'esercizio del mandato parlamentare ma anche prima. E' quindi l'autorizzazione a delinquere, l'incentivo a delinquere e poi a buttarsi in Parlamento. Oppure, l'incentivo a quelli che già stanno in Parlamento a delinquere impunemente perchè tanto poi si nega l'autorizzazione a procedere. Il fatto che la vogliano ripristinare e che abbiano dichiarato di volerla ripristinare perchè così non sarebbe nemmeno necessario il lodo Alfano, in quanto Berlusconi verrebbe coperto dall'immunità anche retroattivamente per i processi già cominciati prima - che si bloccherebbero insieme a quelli di Dell'Utri, di Cuffaro, di tutti gli esponenti di centrodestra e centrosinistra che abbiamo raccontato nel libro "Se li conosci li eviti" - vuol dire che non vogliono ripristinare quello che i Padri Costituenti avevano istituito, cioè quella possibilità eccezionale di bloccare le indagini persecutorie per fini politici. Vogliono ripristinarne la versione che loro avevano trasformato in un abuso, quella che automaticamente bloccava i processi. Perchè evidente che mai, nemmeno col vecchio articolo 68 della Costituzione abolito nel '93, si sarebbe potuto pensare di bloccare il processo Mills o il processo Saccà. Per quale motivo? Perchè il processo Saccà è pieno di prove e le hanno fornite proprio Berlusconi e Saccà con le loro telefonate, non c'è ombra di politica in tutto quello perchè sono loro che parlano! Dove sta il fumus persecutionis? Sono loro che si sono incastrati da soli con le loro parole. Allo stesso modo mai il processo Mills potrebbe essere bloccato in base all'articolo 68 reintegrato com'era prima del '93 perchè nel processo Mills c'è la confessione di Mills al suo commercialista nella quale dice appunto "Mr. B. mi ha fatto avere 600.000$ in cambio della mia testimonianza falsa o reticente". Quella che loro vogliono ripristinare non è la norma dei nostri Padri Costituenti, che oggi non ha più nessun senso perchè per fortuna non abbiamo più una magistratura asservita al governo che potrebbe colpire uomini dell'opposizione, ma abbiamo l'esatto contrario. Un governo che vorrebbe bloccare le indagini della magistratura contro membri del governo, non contro membri dell'opposizione. Una magistratura accusata di essere troppo indipendente dal governo e dalle maggioranze del momento. Prepariamoci, naturalmente, perchè io credo che ci proveranno e probabilmente ci riusciranno: c'è un ampio consenso trasversale, credo che finora soltanto Di Pietro abbia detto che dell'immunità non se ne parla neanche mentre nel centrosinistra ci sono vaste aree di permeabilità a questo richiamo della foresta. Tutti immuni e non se ne parla più. Tant'è che il PD vuole allearsi con l'UDC che viene sempre presentato come il partito dell'avvenente Casini e ci si dimentica che l'UDC non esisterebbe se non avesse Cuffaro e i suoi amici degli amici in Sicilia e se non ci fosse quell'altra praeclara figura di moralità pubblica che è Lorenzo Cesa, leader dell'UDC molto attivo - come voi sapete - anche in Calabria, vedi indagini di De Magistris che adesso stanno smontando i suoi cosiddetti colleghi. Quindi, parlano di legge elettorale tedesca, parlano di dialogo con l'UDC, preparano un'immunità urbi et orbi, plenaria in secula seculorum. Come se il libro "La Casta" non fosse uscito, come se i V-Day non ci fossero mai stati per la classe politica. Per fortuna, come abbiamo detto, per i cittadini "La Casta" è un libro importante, il V-Day è una cosa importante, manifestazioni come quelle di Piazza Navona sono applaudite da un terzo degli italiani, dalla metà degli elettori del PD e addirittura da un quinto degli elettori della Lega e da un decimo di quelli del centrodestra. Insomma, gli elettori sono qualche chilometro più avanti della nostra classe dirigente, basta semplicemente non farli sentire soli e non farli sentire stupidi. Fargli capire che pensare così e sentire così è cosa buona e non cosa di cui vergognarsi. Come al solito, passate parola e prepariamoci a un autunno di referendum". (Marco Travaglio)

sabato 12 luglio 2008

E allora che ci schedino tutti!

"Non uno schedario metallico, né un armadio polveroso, ma un moderno database conterrà le informazioni sull’identità, i fotorilievi e le impronte digitali, raccolti durante le operazioni di censimento dei rom che risiedono a Roma, Milano e Napoli. Ma, nonostante la modernità informatica, queste informazioni rimarranno comunque a disposizione delle Prefetture, del Ministero dell’Interno e degli organi di polizia, a prescindere dal fatto che le persone censite, cittadini italiani, comunitari o extracomunitari, abbiano commesso un qualche reato o si trovino in una situazione di irregolarità amministrativa.Si realizza così un tragico deja vù della storia europea: si costruisce una anagrafe parallela, indipendente dalla cittadinanza e dalle legislazioni su migranti comunitari ed extracomunitari, e basata soltanto su un confuso, ma costante, richiamo alla identità etnica, razziale e culturale degli “zingari”. All’interno di questo nuovo confine che attraversa e scompone la società, finiscono ovviamente anche i bambini, che, nel più classico dei rovesciamenti di ruolo, vengono definiti dal Ministro dell’Interno vittime dello sfruttamento dei genitori e diventano l’obiettivo primario di censimenti e rilevazioni antropometriche. Alle spalle di tutto questo le “disposizioni d’emergenza” emanate nel maggio scorso dal presidente del consiglio che danno corso nella legislazione e negli interventi di polizia a quella ossessione per la sicurezza che domina ormai da anni il dibattito pubblico in Italia.Per capire bene fin dove questa ossessione stia conducendo istituzioni e società italiana, conviene accostare questa ultima iniziativa alla recente sentenza del Tribunale di Cassazione di Verona con la quale vengono di fatto depenalizzati le espressioni e le iniziative politiche basate sull’attribuzione ad un gruppo “etnico” di caratteristiche negative e stigmatizzanti, come le dichiarazioni del sindaco di Verona Tosi sul presunto legame inscindibile fra rom e criminalità.Si compone così un quadro chiaro nella fenomenologia del razzismo, in cui il senso comune su un gruppo “razziale” o “etnico” naturalmente dotato di caratteristiche pericolose per l’intera società viene esplicitamente tollerato fino ad essere acquisito dalle istituzioni, fino a motivare la creazione di un registro anagrafico ad hoc. E davvero a questo punto non fa differenza che l’etichetta in questione sia quella di “asociali”, “nomadi” o “soggetti pericolosi”: il confine risulta tracciato in maniera evidente e univoca, e su questo confine poggia una stigmatizzazione chiara, l’indicazione del “nemico della sicurezza”.Eppure, assumendo una prospettiva di ricerca sui fenomeni sociali, risulterebbe chiaro a chiunque che censimenti e rilievi biometrici non sono né necessari né utili a costruire un quadro chiaro delle presenze dei rom in Italia. Secondo le ultime stime dello stesso Ministero dell’Interno almeno la metà di questi sono cittadini italiani, quindi regolarmente iscritti nelle anagrafi municipali. Un’altra fetta rilevante dei rom, quelli arrivati negli anni ’70, ’80 e ’90 dalla ex-Yugoslavia, risiedono invece nei campi sosta autorizzati e gestiti dalle amministrazioni comunali delle maggiori città italiane, le quali dovrebbero aver garantito legalità e certezze amministrative in questi spazi. Infine, i più recenti flussi di rom dalla Romania, quelli che a forza di baracche e di elemosina hanno se possibile moltiplicato l’ossessione per la sicurezza urbana, hanno subito a Roma e in tutta Italia una serie impressionante di interventi da parte degli organi di polizia, tanto da essere perfettamente noti alle autorità e, soprattutto, costretti ad un nomadismo forzato che rende oggi vano qualsiasi tentativo di fissarne il numero e la localizzazione con un censimento. Infine appare quantomeno ambiguo, soprattutto nel caso dei minori, il legame fra i censimenti e l’obiettivo dichiarato di difendere diritti e promuovere integrazione.A cosa serve, allora, e cosa produce questa ossessione per il controllo dei rom in Italia ?In prima battuta verrebbe da dire che serve soprattutto a costruire un legame forte fra quei segmenti della società italiana, protagonisti dei raid di Ponticelli e di Opera, delle molotov di Roma e di Livorno, e il governo appena insediato; la saldatura fra la xenofobia diffusa nella società italiana e il razzismo istituzionale sembra infatti il frutto di un progetto politico mirato a incrementare il consenso con la costruzione sempre più precisa dell’ “altro” come nemico.Ma l’effetto più preoccupante di queste misure consiste nell’utilizzo della paura come strumento di governo indiretto dell’intera società italiana. Da un lato la legittimazione di pregiudizi stigmatizzanti e la costruzione di registri anagrafici separati non fa che confermare la sensazione di estraneità e di pericolo degli italiani “brava gente” verso i rom e gli stranieri in generale. D’altra parte queste misure spingono i migranti tutti, regolari e non, ad avere timore di qualsiasi occasione di rapporto con la società italiana, anche quando si tratta dei servizi socio-sanitari e di situazioni di grave emergenza. Inutili dal punto di vista pratico, queste misure non fanno altro che aumentare le distanze fra migranti e società italiana, costringendo i primi in una situazione di maggiore invisibilità, e quindi di irregolarità amministrativa che, nel lavoro in nero, negli affitti non dichiarati, appare sempre a tutto vantaggio dei secondi.Questo esito appare davvero drammatico se si considera che, scomponendo l’universo rom ci si ritrova di fronte ad una frazione rilevante di cittadini italiani, ad una porzione di cittadini extracomunitari ormai arrivata alla terza generazione e ad un numero consistente di cittadini comunitari; tutti segmenti che dovrebbe costituire la parte più visibile e meno problematica dell’immigrazione in Italia.Il fallimento storico delle politiche migratorie del nostro paese e la saldatura ormai esplicita fra razzismo popolare e istituzionale stanno quindi a segnalare che sui censimenti dei rom si gioca una partita che va ben al di là la singola “etnia”: in questione è la stessa idea di una convivenza non discriminatoria, di uno spazio pubblico di cittadinanza in cui diritti e doveri siano garantiti in egual forma e misura a tutti e tutte.Conviene per questo riprendere con forza l’invito già formulato da intellettuali e associazioni, rom e gagè: se si comprendono le possibile conseguenze di queste “disposizioni d’emergenza” e di questi “semplici atti amministrativi”, conviene allora che la schedatura riguardi tutti, italiani e stranieri, adulti e minori, vittime e carnefici di una società che rischia di risolvere i suoi momenti di crisi e di insicurezza costruendo confini e barriere sempre più violenti per i nemici di oggi e per quelli di domani". (Ulderico Daniele-Micromega).

Patisserie.


Padania assassina.

Un soccorso arrivato troppo tardi, un'agonia andata avanti due ore e più sotto un sole che non dà respiro. Era clandestino, Vijay Kumar, era indiano e non doveva morire in quel campo: l'agricoltore sarebbe finito nei guai. Ci è finito lo stesso, decisamente di più. Vijay Kumar, 44 anni, raccoglieva meloni e angurie nella breve e intensissima stagione estiva. Il 27 giugno la giornata era iniziata come tutte le altre a Viadana, nella bassa mantovana, solo il Po a dividerla dalla Brescello di Peppone e Don Camillo: sveglia all’alba e poi nei campi della contrada Salina per guadagnarsi quegli otto euro che gli davano - chissà quanti erano realmente per lui - per spaccarsi la schiena. Finché tra le quattro e mezza e le cinque il sole e la fatica lo piegano: un infarto e Vijay crolla a terra. Ma non muore subito. Lo lasciano in mezzo al campo a rosolare, perché Vijay non doveva essere soccorso lì: lavorava in nero, sarebbe successo un macello. Per questo ora i padroni della tenuta agricola dove Vijay lavorava - Mauro Costa e la moglie - sono accusati di omicidio volontario e omissione di soccorso. Secondo le ricostruzioni degli inquirenti alcuni colleghi di Vijay sarebbero stati mandati a prendere una loro automobile per portare via dai loro campi quell'uomo diventato ormai troppo ingombrante. La macchina arriverà, ma solo dopo oltre due ore. I suoi colleghi - sarebbe stata presente anche la moglie di Costa - lo trasportano poco lontano, in uno spiazzo a fianco di una roggia, all'ombra del granturco che costeggia via Bordenotte. E allora, e solo allora, chiamano soccorso. Sono quasi le otto, l'agonia di Vijay è infinita. Per primo arriva un medico di base e lo trova malmesso ma ancora vivo. Tenta di rianimarlo, fa chiamare il 118. Quando arriva l’ambulanza, però, Vijay è già morto sotto questo afoso cielo bianco della Padana riarsa. Un secondo infarto sembra gli sia stato fatale. Chiarirà tutto l’autopsia, disposta per il 15 luglio. I carabinieri, l’ispettorato del lavoro di Mantova e la polizia locale ricostruiscono il tutto nel corso di un blitz condotto nei giorni scorsi nell'azienda agricola: trovano 13 compagni di fatica di Viay, quattro in nero, tre senza permesso di soggiorno, altri reclutati illegalmente. Molte reticenze, tanti «non so, non ricordo», ma qualcuno confida il trattamento riservato al compagno. Le autorità denunciano i Costa dapprima per omicidio colposo, ieri trasformato in volontario. Chiamano in causa pure il «caporale» di turno, che qui porta il nome ottocentesco di Cooperativa Facchini Vitelliani. Questa, guidata dal presidente Giuliano Minghetti, è accusata di somministrazione irregolare di lavoratori. Costa per il momento dovrà pagare 90 mila euro di sanzione e 200 giorni di contributi non versati. Per ritrovare Le tracce di Vijay in questa terra «dove l’11% della forza lavoro è extracomunitario, ma mai era accaduta una cosa del genere, siamo sconvolti», come dice il sindaco Pd Giovanni Pavesi, bisogna spostarsi solo qualche chilometro da dove è morto, alla frazione Cavallara, in via Bugno. Lì gli italiani fan finta di non averlo mai né visto né conosciuto; al contrario Memipal, connazionale indiano di 28 anni («Ma io lavoro in fabbrica»), se lo ricorda bene. «Viveva in quella casa là con suo fratello Baljit, che avrà quarant'anni e che adesso è in India, è partito prima che succedesse la tragedia». Ora Baljit dovrà trovare le parole giuste per spiegare la morte di Vijay alla vedova che con i due figli era sempre rimasta a Begampur, nella regione del Punjab da dove era partito il sogno di Vijay. Al campanello di questa casa isolata al limitare di un bosco di pioppi non risponde nessuno. È mezza diroccata, ha molte finestre murate. In mezzo allo squallore, dal tetto, spuntano due antenne paraboliche per restare collegati con casa, con l'India. Alla cascina dei Costa, tutto tace. Restano i carretti carichi di angurie, un'Audi parcheggiata sotto le volte. Mauro non c'è, sua moglie neppure. C'è la figlia che la prende male: «Non dico niente. State ingigantendo tutto, state solo sputtanando mio padre». Cala la sera su Viadana e su Salina. Sfrecciano le biciclette degli indiani e di qualche turista. Sul luogo della morte di Vijay, nemmeno un fiore. (Francesco Spini-La Stampa)

La Reine.


giovedì 10 luglio 2008

Europa: "No all'Italia razzista".

Il Parlamento europeo . Basterebbe questo paragrafo della lunga risoluzione approvata dal parlamento europeo contro la politica dl governo italiano nei confronti dei rom per dare la misura di quanto sia caduta in basso l’immagine internazionale del Paese.
Adesso da parte del governo e della maggioranza si aprirà la solita polemica contro quegli eurodeputati italiani del gruppo liberale, socialista, verde e della sinistra, che hanno lavato i panni sporchi in Europa. E ancora una volta assisteremo alla riedizione moderna della favola di Fedro sul lupo e l’agnello. Ma la colpa di questo degrado dell’immagine italiana di chi è? Di chi sporca i panni del tricolore con leggi razziste? O di chi li porta in Europa, perché è rimasto l’unico spazio politico dove cercare di porre rimedio alle malefatte del governo nazionale? (Andrea Bonanni)

venerdì 4 luglio 2008

Coke.


Onu. La debacle.

Vitaly Churkin è l’inflessibile ambasciatore russo all’Onu che più di una volta ha tenuto in scacco il Consiglio di sicurezza su Iran e Kosovo, ma è anche un accanito tifoso di calcio e quando la sua nazionale ha guadagnato le semifinali degli Europei non ha esitato a chiedere - e ottenere - il rinvio di un’importante seduta sul Medio Oriente, per potersi vedere in tranquillità il match con la Spagna. In altri tempi la diplomazia del Cremlino avrebbe fatto scelte differenti per difendere i propri interessi sullo scacchiere arabo-israeliano ma il passo di Churkin, come il fatto che nessuno si sia opposto, è la cartina di tornasole di un fenomeno che un crescente numero di veterani del Palazzo di vetro descrive parlando, con amarezza, di «irrilevanza dell’Onu». Il riferimento non è tanto al fallimento del negoziato sul Kosovo o alle trattative multilaterali sul nucleare di Iran e Corea del Nord gestite fuori dal Palazzo di Vetro quanto a una miriade di episodi che si sono succeduti a ritmo incalzante negli ultimi mesi mettendo in evidenza una lampante carenza di credibilità dell’Onu. Per accorgersene basta guardare a quanto sta avvenendo in Birmania dove l’inviato Onu, Ibrahim Gambari, nominato dopo la repressione dello scorso settembre, è da quattro mesi in attesa di un visto di entrata che la giunta di Rangoon continua a rinviare. «Non abbiamo idea di quando Gambari tornerà in Birmania», ammette il portavoce Brandon Varma. Ma ai berretti blu del contingente Onu in Darfur è andata anche peggio: senza indossarli le forze del contingente di pace africano non possono rappresentare a pieno titolo le Nazioni Unite e il governo del Sudan, che non vede di buon occhio la missione, non ha fatto altro che tenerli sequestrati per oltre tre mesi dentro un container nello scalo di Karthum. Il braccio di ferro fra Onu e governo sudanese per sbloccare circa quattromila berretti ha trasformato quasi in «farsa» - questa è l’espressione che alcune feluche adoperano - una missione umanitaria che a parole l’intero mondo afferma di volere per bloccare il genocidio di civili in Darfur. Il presidente sudanese Omar al-Bashir aveva già saggiato la vulnerabilità dell’Onu in primavera, riuscendo a bloccare con un semplice veto l’arrivo in Darfur di ingegneri scandinavi incaricati di costruire strade nel deserto, facendo invece entrare quelli cinesi dei quali si fida di più. Ma sul Darfur la vicenda più imbarazzante riguarda gli elicotteri del contingente. Il Segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, non riesce a trovare i 12 velivoli da pattuglia e trasporto senza i quali nessuna operazione nel deserto potrà svolgersi. Li va cercando dal luglio 2007, quando li chiese anche all’allora premier Romano Prodi durante una visita a Roma, ma tanto l’Italia quanto altri Paesi come Francia, Stati Uniti, Gran Bretagna e Germania si sono tirati indietro, facendo presente che le rispettive forze impegnate in Libano, Afghanistan o altrove sono tante e tali che al Darfur dovrà pensarci qualcun altro. Se il Sudan tiene facilmente nell’angolo l’Onu pur essendo soggetto a una risoluzione redatta sotto il capitolo VII della Carta - che prevede l’uso della forza militare se il Paese in questione si oppone - l’Eritrea è addirittura riuscita a metterla in fuga. Risale a febbraio la decisione del governo di Asmara di tagliare i rifornimenti di carburante ai 1700 uomini del contingente «Unmee», schierati dal 2000 lungo i confini con l’Etiopia dopo un conflitto che fece circa 70 mila morti. Asmara rimproverava ai caschi blu di non riuscire a far rispettare il confine internazionale all’Etiopia e il taglio del carburante ha obbligato i soldati a levare le tende. Il Consiglio di sicurezza non è stato in grado di trovare altre fonti di approvvigionamento e così a fine giugno ha iniziato a discutere lo scioglimento dell’«Unmee» che sarà rimpiazzato da un «avamposto di osservatori in territorio etiope», ovvero un pugno di uomini per sorvegliare una frontiera che si estende per circa mille chilometri. A Shola Omoregie, inviato di Ban in Guinea Bissau, va anche peggio. La sua missione è combattere il traffico della droga che arriva dal Sud America e viene da lì inviata verso l’Europa o il Sud Africa. I narcotrafficanti gestiscono operazioni imponenti grazie a una flotta di barchini veloci nelle acque del Golfo e a pesanti complicità locali ma Omoregie per fronteggiarli non ha né gommoni né veicoli a motore, al punto da essere obbligato a far muovere in taxi i suoi pochi collaboratori. Pur spostandosi in quest’anomala maniera gli investigatori Onu sono comunque riusciti a intercettare un carico di droga. E c’è chi giura che se la sarebbero venduta, per comprare finalmente una macchina. «Ma ora l’auto è ferma perché non hanno i soldi per la benzina», racconta un diplomatico al corrente della vicenda, aggiungendo un ulteriore dettaglio: «Hanno i telefonini con le batterie rotte, per farli funzionare devono attaccarli alla corrente in un negozio locale». (Maurizio Molinari)

giovedì 3 luglio 2008

La vera democrazia.

Cari Amici,mentre esprimo la mia solidarietà per la vostra manifestazione (l'8 luglio 2008 a piazza Navona contro le leggi canaglia), vorrei che essa servisse a ricordare a tutti due punti che si è sovente tentati di dimenticare: (1) Democrazia non significa che la maggioranza ha ragione. Significa che la maggioranza ha il diritto di governare. (2) Democrazia non significa pertanto che la minoranza ha torto. Significa che, mentre rispetta il governo della maggioranza, essa si esprime a voce altra ogni volta che pensa che la maggioranza abbia torto (o addirittura faccia cose contrarie alla legge, alla morale e ai principi stessi della democrazia), e deve farlo sempre e con la massima energia perché questo è il mandato che ha ricevuto dai cittadini. Quando la maggioranza sostiene di aver sempre ragione e la minoranza non osa reagire, allora è in pericolo la democrazia. (Umberto Eco)

Djoula.